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"SECI: l'iniziativa economica USA per i Balcani"
Intervista a John Scanlon, ex-ambasciatore americano a Belgrado, a cura di Ljiljana Smajlovic
[Quello che avviene in Albania non può essere compreso a fondo senza
tenere presente il contesto balcanico e, più ampiamente, quello
dell'Europa Orientale. Mi è sembrato quindi interessante tradurre
questo articolo che non riguarda direttamente i problemi
dell'Albania, ma aiuta a comprendere meglio le dinamiche in atto che
non mancano di incidere direttamente o indirettamente sulla crisi
albanese, in particolare per quanto riguarda i conflitti di interesse
USA-Europa e il ruolo di personaggi come il miliardario
serbo-americano Panic - a.f.]
John Scanlon, penultimo ambasciatore degli USA nella Federazione socialista jugoslava (nella primavera del 1989 è stato sostituito da Voren Zimerman) rimane ancora oggi uno dei partecipanti al dramma jugoslavo. Fa parte del comitato consultivo del Progetto per i rapporti etnici (l'organizzazione americana che ha recentemente organizzato a New York i colloqui serbo-albanesi), è presidente del Consiglio commerciale americano-jugoslavo ed è alto consulente di Milan Panic alla ICN Galenika [Milan Panic è il miliardario serbo con passaporto americano, già premier della Jugoslavia e battutto nel 1991 da Milosevic nelle elezioni presidenziali. E' di recente tornato in politica, a fianco della coalizione Zajedno. La ICN Galenika è un'azienda farmaceutica jugoslava da lui recentemente acquistata - n.d.t.). Negli ultimi tempi è impegnato nella SECI (Southeast European Cooperative Initiative), la più recente iniziativa americana per l'accelerazione della collaborazione economica dei 12 stati dell'Europa sud-orientale. Dei 12 paesi ai quali gli americani hanno proposto l'iniziativa, hanno preso attivamente parte a questo progetto iniziale Albania, Bosnia, Bulgaria, Macedonia, Grecia, Moldavia, Romania e Turchia. Croazia e Slovenia partecipano alle riunioni, senza avere firmato la relativa Lettera di intento, mentre l'invito rivolto inizialmente alla Jugoslavia affinché partecipasse alla riunione inaugurale del forum SECI, svoltasi il 5 e 6 dicembre dell'anno scorso a Ginevra, è stata temporaneamente sospesa in seguito ai brogli elettorali del dicembre scorso.
Nell'intervista concessa a Vreme, Scanlon ci ha spiegato come è cominciato il suo entusiasmo, così come quello di Milan Panic, per la SECI. Questo entusiasmo risale ai tempi in cui Panic, come premier della federazione, si era fatto fautore di una collaborazione economica regionale che spingesse i popoli confinanti a vivere insieme in pace. Quando il presidente Clinton ha comunicato l'idea della SECI al suo uomo nel Consiglio di Sicurezza Nazionale, Richard Shifter, quest'ultimo si è successivamente trovato sulla stessa lunghezza d'onda di Panic e gli ha offerto un ruolo nel Business Advisory Council, una specie di consiglio d'affari della SECI. La prima riunione di questo consiglio si è tenuta di recente a Salonicco e Milan Panic, secondo quanto afferma John Scanlon, intende organizzare nei prossimi sei mesi una conferenza che ne amplierà sia la composizione che il raggio di azione.
Shifter ha detto a Panic di avere letto i suoi articoli su questo tema, di conoscere quali siano le sue idee e di essere convinto che entrambi dicano "le stesse cose". Complessivamente, l'investimento operato da Panic nella Galenika è con ogni probabilità il maggiore investimento americano nella ex-repubblica jugoslava. Ammonta a circa 260 milioni di dollari... I governi possono mettere in atto una politica, ma lo stimolo fondamentale deve venire dall'uomo d'affari. [...] A quanto mi risulta, la sospensione del diritto della Jugoslavia di partecipare come osservatore, conseguente ai fatti del novembre scorso, è ormai scaduta e il paese potrà quindi prendere parte alla SECI.
"VREME": Fino a quando non verrà eliminata la "parete esterna" di sanzioni, la Jugoslavia non potrà contare sulla partecipazione ai progetti finanziati dalla Banca Mondiale o da altre istituzioni internazionali, ma non vi saranno comunque impendimenti all'entrata di capitali privati, non è così?
Sì, ma per il capitale privato è più difficile, perché non ci possono essere crediti, lettere di credito, non c'è il trattamento di nazione favorita e c'è tutta una serie di altri impedimenti
Quali sono allora per la Jugoslavia i vantaggi di una partecipazione alla SECI, prima di un'abolizione della "parete esterna" di sanzioni?
Può partecipare alle trattative, prendere contatti con gli uomini d'affari, ma è chiaro che gli interventi di investimento di maggiore entità saranno difficilmente attuabili. Non saranno vietati, ma saranno ugualmente di difficile realizzazione, poiché costituiscono politicamente ed economicamente un grande rischio.
Se mi ricordo bene, l'idea della SECI ha subito varie evoluzioni, visto che cinque anni fa esisteva già un'iniziativa americana per i Balcani di tipo simile, nel periodo in cui la Serbia era uno stato "paria" e l'obiettivo di questa iniziativa era quello di aggirare la Serbia e di costruire un corridoio alternativo da Durazzo all'Ungheria e all'Europa Occidentale.
Evidentemente lei ne sa più di me, ma penso che sia stata messa a punto solo perché ai confini c'erano dei forti rallentamenti e tutto ciò costituiva un problema per il trasporto delle merci da quelle regioni all'Occidente. Lei può parlare di uno stato "paria", ha un suono molto drammatico, ma qui si trattava di un problema anche pratico. Per quanto mi ricordi, la Turchia ha giocato un ruolo chiave in questo caso. Non sono nemmeno sicuro che l'idea sia stata completamente abbandonata, specialmente adesso che ci sono dei problemi con l'Albania... Ma si tratta comunque di qualcosa che è ancora sulla carta.
Washington insiste affinché il criterio di accettazione di questi 12 stati ai quali si rivolge l'iniziativa SECI sia innanzitutto geografico.
E' chiaro, naturalmente, che un aspetto importante di tutto il nostro lavoro è quello di promuovere la stabilità politica della regione attraverso lo sviluppo economico. Se si realizza la prosperità economica, cominciano a esistere i presupposti per una stabilità politica.
L'America ha dovuto dare una "bacchettata" ad alcuni stati per spingerli ad aderire alla SECI?
Per quanto ne so io, se ci sono state delle "bacchettate" sulle mani di qualche stato, ciò ha riguardato principalmente la Croazia e la Slovenia.
Questi due paesi non hanno ancora aderito formalmente all'iniziativa?
La Croazia no, mentre con la Slovenia si tratta soprattutto di una questione di natura procedurale. La Slovenia, essendo molto pragmatica, sa che è utile per lei svolgere il ruolo di un ponte tra l'Europa centrale e quella sudorientale. Per quanto riguarda la Croazia, sembra che sia in preda a un complesso emozionale e politico. L'utilità della SECI è così evidente che la Croazia troverà il modo di superarlo. Nel frattempo questi due paesi rimangono osservatori.
A giudicare da quello che scrive la stampa croata, nel paese si ha la paura che rinasca dalle ceneri qualcosa di simile a una nuova Jugoslavia, da una parte, mentre dall'altra si parla anche di un'intromissione dell'America negli affari dell'Europa e di uno sforzo del governo americano per aprire la strada dei Balcani alle imprese americane...
Penso che tra gli obiettivi non vi sia quello di aprire la strada alle imprese americane. Non è assolutamente quello a cui punta Shifter. E' spinto solo dal desiderio di portare stabilità nella regione, di prevenire una situazione come quella che ha portato alla Seconda guerra mondiale. Nemmeno Milan Panic ha obiettivi nascosti. Non ci sono motivi per cui alcuno dei paesi della ex-Jugoslavia debba perdere in tal modo parte della sua sovranità. E' solo una questione di libero mercato. L'Ungheria perde sovranità per il fatto di avere un'associazione per il libero commercio con la Repubblica Ceca? Si tratta solo di paure politiche ed emozionali, comprensibili se si guarda agli avvenimenti degli ultimi anni.
Come risponde a chi obietta che l'America qui cerca di ottenere influenza e potere...
Penso che non abbia di tali mire. L'America sta spendendo nella regione una quantità enorme di denaro. Tutte le spese, i soldati e gli altri... si tratta di un costo che all'incirca arriva a due miliardi di dollari all'anno. Come contribuente americano non vedo perché dovremmo dare un contributo tale, senza ottenere nemmeno la possibilità di convincere i paesi della regione che è nel loro interesse reciproco collaborare. L'alternativa sarebbe quella di ritirarsi, di spingere anche i nostri partner europei a ritirarsi e di lasciare che questi paesi vadano in rovina. Si tratta di una questione su cui ho una posizione molto chiara. E' ridicolo per qualunque paese dire: aiutateci, prenderemo i vostri soldi, prenderemo tutto quello che ci offrirete, aiuti militari - ma non potete aspettarvi di esercitare un'influenza qui.
...influenza e potere con le potenze europee, con l'Unione Europea?
Io naturalmente non parlo a nome del governo americano. Ma penso che non ci sia un'unità di intenti con l'Europa. L'Unione Europea fa quello che può, ma all'interno dell'UE ci sono delle posizioni che spesso impediscono una maggiore efficacia. Penso che qui ci sia posto sia per l'UE che per l'America. Se l'Europa fosse stata in grado di risolvere i problemi dell'Europa sudorientale in modo soddisfacente, gli USA non sarebbero qui. E devo dirvi che in America non è stata una decisione così popolare quella di mandare soldati americani nell'ex-Jugoslavia, né lo è quella di sostenere tante spese in questa regione... I politici non hanno tolto il loro appoggio a queste decisioni, perché ritengono che siano indispensabili, ma ciò non vuol dire che siano popolari. Vi ripeto che i motivi di Richard Shifter sono privi di ogni aspirazione di potere.
Il motivo primario per la SECI è la stabilità della regione...
Sì. Non vogliamo che qui continui la guerra, in nessun modo.
Si sottolinea che questo non è un programma di massicci aiuti statali, non è un piano Marshall, ma piuttosto un piano di autoaiuto per questi 12 paesi, come per suggerire che l'autoaiuto è meglio di qualsiasi piano Marshall. E perché non invece un nuovo piano Marshall per l'Europa sudorientale?
[...] Se gli europei ritengono che ci sia la situazione giusta per un piano Marshall, dell'organizzazione e del finanziamento del quale si intendono prendersi carico, lo possono fare. Ma in America non c'è entusiasmo sufficiente per il tipo di sforzo che abbiamo attuato dopo il 1945. Penso che un piano Marshall non sia indispensabile. Oggi ci sono, oltre la SECI, anche il FMI, la Banca Mondiale e una grande quantità di istituzioni che allora non esistevano. Quello di cui abbiamo davvero bisogno, qui, è un ampio piano di privatizzazione, di abbattimento delle barriere commerciali, o, come direbbe Panic, di abbattimento delle barriere economiche. E questi sono i due obiettivi principali dell'iniziativa SECI. [...] Se un programma come quello della SECI riuscirà ad avere successo, i potenziali investitori si troveranno di fronte a una regione economicamente integrata, con 150 milioni di abitanti, una zona di libero scambio dalla quale trarrà profitto ogni singolo paese. L'investitore privato si dirà: se costruiamo una fabbrica in Romania, possiamo lavorare per l'intera Europa sudorientale. Guardate, la sola Turchia ha 60 milioni di abitanti.
La Turchia desidera investire in Bosnia. Perché mai avrebbe a tal fine bisogno della SECI?
La Bosnia rappresenta un mercato piccolissimo. La Turchia desidera investire in Bosnia per motivi politici e non economici. E la SECI è un tentativo di superare il livello politico. La SECI non è qui per favorire i rapporti bilaterali, ma piuttosto quelli multilaterali. Ma il miglioramento dei rapporti bilaterali ne sarà una conseguenza. Per esempio, la SECI può svolgere un ruolo aiutando la Grecia e la Turchia, entrambe stati che partecipano all'iniziativa, a superare le proprie differenze politiche, perché le loro differenze non sono economiche, ma piuttosto politiche.
In che modo l'America intende sfruttare l'influenza che esercita nelle istituzioni internazionali a vantaggio del progetto SECI?
Non so cosa farà il governo americano, ma i progetti che hanno ottenuto l'approvazione della SECI hanno automaticamente ottenuto l'approvazione degli USA e dell'UE. [...] Un nuovo impulso a tutto ciò è stato dato dal fatto che Richard Shifter è passato dal Consiglio di Sicurezza Nazionale al Dipartimento di Stato, dove è diventato consulente speciale di Madeleine Albright per la SECI. Ciò vuol dire che egli è in grado di sfruttare tutte le risorse del Dipartimento di Stato, che è molto più operativo che coordinativo, come invece è il Consiglio di Sicurezza Nazionale. Si tratta di una testimonianza anche dell'impegno che l'amministrazione ha messo in atto da vari anni per questa iniziativa, così come dell'appoggio personale di Madeleine Albright alla SECI.
(da: "Vreme", 26 aprile 1997)
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