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TUTTE LE OPZIONI PER IL KOSOVO

di Zoran Lutovac

Autonomia

Instaurazione di un'autonomia simile a quella del 1974 - è questa la proposta che viene auspicata negli ambienti della "comunità internazionale", almeno per quanto riguarda i suoi membri più influenti. Sotto l'influenza della comunità internazionale l'autonomia del 1974 è stata accettata in via di compromesso anche dall'Albania ufficiale, in quanto "livello minimo sotto il quale non si può scendere", e quindi come "base di partenza" per le trattative tra la Serbia e l'Albania relativamente al Kosovo.

Questa proposta ha due sottovarianti: la prima è l'"autonomia 1974 meno" - che sta a indicare la modifica della vecchia autonomia nel senso dell'abolizione degli elementi di statualità. Questa sottovariante è gradita sia al governo attuale che a buona parte dell'opposizione. Essa rappresenta , più o meno, la modifica dell'attuale autonomia, ovvero la combinazione tra l'autonomia del 1974 e l'autonomia prevista dalla Costituzione serba del 1990. La seconda variante - l'"autonomia 1974 più" è il presupposto per un passo avanti rispetto al'autonomia dalla SFRJ (Repubblica Socialista Federale Jugoslava). L'accento viene messo in questo caso sul rafforzamento degli elementi "statuali", che costituirebbe "una soluzione transitoria" sulla strada verso l'indipendenza del Kosovo - l'obiettivo finale da un punto di vista strategico. Questa variante viene accettata dalla cosiddetta "corrente morbida", in genere dagli albanesi fuori dal Kosovo. Sia la parte serba che quella albanese, quando parlano dell'autonomia del 1974, fanno presente anche l'esperienza negativa: i serbi dicono che di fatto una soluzione del genere porta al separatismo, mentre per gli albanesi del Kosovo si tratta di una soluzione superata dopo l'esperienza della sua abolizione e delle repressioni che sono avvenute in seguito. Le modalità "più" e "meno" rappresentano più una costrizione imposta (dalla "comunità internazionale"), che lascia la sensazione amara che qualcosa venga "dato" o, a seconda dei casi, veng preso", che uno spirito di compromesso e di buona volontà per una convivenza comune.

La "Balcania"

Una federalizzazione aggiuntiva, o nuova, della SRJ (Repubblica Federativa Jugoslava), di cui parlano alcuni intellettuali "indipendenti" di orientamento democratico civile, in base alla quale, accanto alla Serbia e al Montenegro, anche il Kosovo acquisirebbe lo status di unità federale a parte - cioè quello di Repubblica. Si tratta esattamente di quello che gli albanesi del Kosovo chiedevano con le dimostrazioni del 1981, ma che dopo il disfacimento della SFRJ considerano ormai come una rivendicazione "superata". L'accento di questa sottovariante cade sulla statualità interna che in prospettiva dovrebbe trasformarsi nella creazione di uno stato indipendente sul modello delle ex-repubbliche della SFRJ. Quello della confederalizzazione è uno scenario che viene nella maggior parte dei casi associato con il nome di Adem Demaqi, presidente del Partito Parlamentare del Kosovo, e con il suo progetto di confederazione balcanica, conosciuto con il nome di "Balcania". Guidato dall'obiettivo, in primo luogo, di soddisfare le decise richieste, da parte della "comunità internazionale", di non modificare i confini con metodi violenti, Demaqi ha presentato un progetto di confederazione imperniato sull'unione di "tre stati liberi, secolari e sovrani - Kosovo, Serbia e Montenegro". Ogni membro avrebbe il diritto di uscire dalla "Balcania" e avrebbe una propria rappresentanza all'ONU e presso le altre organizzazioni internazionali. Con questo progetto si prevede inoltre che i cittadini di ogni futuro stato membro si pronuncino con voto segreto, in un referendum in cui vincerà la maggioranza, sull'intenzione di aderire alla "Balcania", mentre l'ammissione di nuovi membri sarebbe condizionata alla previa approvazione da parte dei rimanenti membri della federazione, mediante referendum. Anche questo progetto mette l'accento sull'alto grado di indipendenza degli stati membri.

Regionalizzazione

La regionalizzazione della SRJ è l'idea che è stata elaborata e argomentata in maniera più esaustiva dall'accademico Miodrag Jovicic. Proponendo, come spiega lui stesso, di unire "i lati buoni sia dello stato unitario che di quello federale, eliminando allo stesso tempo alcuni singoli punti deboli di entrambi i modelli di forma statale", Jovicic ha illustrato il concetto di stato regionale. Lo studioso propone la divisione della SRJ in 13 regioni, nell'ambito delle quali il Kosovo e la Metohija sarebbero due regioni separate. A differenza delle altre assemblee regionali, quelle del Kosovo e della Metohija sarebbero a due camere, delle quali una verrebbe creata "mediante elezioni generali e dirette con un sistema misto maggioritario-proporzionale, mentre l'altra sarebbe composta, in numero paritario, da rappresentanti eletti degli schipetari, da un parte, e degli altri cittadini della regione - serbi, musulmani, turchi e zingari, dall'altra...". Per le decisioni delle assemblee generali delle regioni del Kosovo e della Metohija, sarebbe necessaria l'approvazione di entrambe le camere, mentre per alcune decisioni particolari, stabilite dalla legge e dallo statuto, sarebbe prevista una maggioranza dei due terzi presso entrambe le camere. Quello che in generale viene ritenuto il punto debole di questa idea è la riduzione del Montenegro a regione, poiché presso l'opinione pubblica, ma anche presso i partiti politici, del paese è molto sentita l'identificazione con il Montenegro come stato. Tenendo presente ciò, la soluzione rimane potenzialmente attraente solo per la Serbia, che nuovamente si imbatterebbe nel problema del Kosovo. Dei partiti parlamentari della Jugoslavia, solo il DSS si è pronunciato a chiare lettere per il concetto di regionalizzazione, mentre i partiti degli albanesi del Kosovo, data la loro strategia unitaria mirata principalmente a un Kosovo indipendente, rifiutano tale concetto, che nella sua essenza nega ogni elemento di statualità.

Stato unitario

La trasformazione della Repubblica Federativa Jugoslava in uno stato unitario è una delle proposte di trasformazione costituzionale radicale, che non ha una base politica chiara e ampia. A parte il Partito Radicale Serbo (SRS) di Vojislav Seselj, che viene considerato un partito di estrema destra per quanto riguarda la questione nazionale, nessun partito parlamentare della Jugoslavia si dichiara favorevole a una tale idea, nella sua essenza contraria alle tendenze teoriche democratiche contemporanee sull'organizzazione territoriale del potere, che sottintendono un'ampia decentralizzazione e l'autogoverno (perfino il SRS, nell'ambito del suo concetto di stato unitario prevede la possibilità di un ampio autogoverno locale). Il Partito Socialista Serbo al potere, e il suo partner di coalizione JUL (Sinistra Jugoslava Unita), sono favorevoli al mantenimento dello status quo dal punto di vista costituzionale. Ritengono che la Costituzione della Serbia preveda già l'autonomia territoriale per il Kosovo e la Metohija. La conservazione della condizione attuale sarebbe, per così dire, la variante iniziale per avviare una discussione con gli albanesi del Kosovo sulle modalità della creazione di un autonomia che funzioni e che "la comunità internazionale pone come precondizione essenziale per la cancellazione del 'muro esterno di sanzioni'. Il partito al governo dimostrerebbe la propria buona volontà diminuendo in maniera visibile le repressioni e rispettando in generale i diritti umani.

Kosovo indipendente

E' in gioco anche l'opzione della creazione di un Kosovo indipendente, che non viene scartata dalla comunità internazionale come completamente inaccettabile, ma sottintendendo che in tal caso è necessario rispettare il principio di modifica dei confini solo con mezzi pacifici, in presenza di un accordo delle parti interessate. Nel frattempo, tenendo conto della situazione reale, ma anche dei più importanti soggetti politici in Serbia e nella Federazione Jugoslava, che respingono categoricamente una tale possibilità, la realizzazione di questa opzione è possibile unicamente pagando il prezzo di un conflitto che nessuna parte desidera. I fautori della strategia "passo dopo passo" tra gli albanesi del Kosovo, tenendo conto di questa realtà, sono favorevoli alla variante della creazione di uno status di repubblica o di unità confederale, che in prospettiva potrebbe aprire la possibilità di una secessione indolore. Nel caso, poi, di un tentativo di secessione partendo dallo status di autonomia, si creerebbe un precedente, che potrebbe spingere minoranze di altri stati, che costituiscono una maggioranza compatta su un territorio a parte, a intraprendere una determinata strada - che trasformerebbe la questione etnica in una questione globale di sicurezza. Il pericolo della creazione di un Kosovo indipendente non consiste solo nel fatto che si opporrebbe alla Belgrado ufficiale, ma che porterebbe anche al pericolo della tendenza, da parte dello stato di nuova creazione, a unirsi con i territori confinanti abitati da albanesi, fatto che di per se stesso minaccerebbe la sicurezza e la stabilità della regione. Eppure, si tratta dell'opzione su cui punta il più forte dei partiti degli albanesi del Kosovo - la Lega Democratica del Kosovo - e in merito alla quale, in occasione degli incontri di New York, non è stato raggiunto un consenso interbalcanico relativo a una piattaforma unitaria nei confronti di Serbia e Federazione Jugoslava.

Il Kosovo nell'Albania

L'unione del Kosovo all'Albania è l'idea di cui è fautrice la corrente più dura del movimento nazionale albanese - quella dell'accademico Redzep Cosja. Secondo questa idea, il Kosovo sarebbe parte di uno stato unitario albanese nei Balcani. In particolare, attorno alla madre Albania, si raggruperebbero tutte le terre albanesi, vale a dire dei terrirori abitati in maggioranza da albanesi, come la Macedonia occidentale, una parte del Montenegro, la regione di Bujanovac-Presevo-Medveda nel sud della Serbia, la parte di Grecia abitata da albanesi... Nel frattempo, dopo i sommovimenti creati dal crollo delle banche private "piramidali", nelle quali era coinvolto anche il governo albanese e che ha portato l'Albania sull'orlo della guerra civile, questa idea è finita completamente in secondo piano da entrami i lati del confine: gli albanesi dell'Albania, messi a confronto con l'insurrezione e la guerra civile sul piano tribale e regionale, hanno escluso il Kosovo dai loro orizzonti politici primari, mentre tra gli albanesi del Kosovo si è spenta la disponibilità a buttarsi, in nome di grandi idee romantiche, in un abbraccio nuziale contrassegnato da povertà e discordia, con la madre originaria.

Divisione del Kosovo

La divisione del Kosovo, in base a criteri etnici, economici e (o) storico-culturali, è una proposta che implica molti problemi di tipo concettuale e pratico, relativi alla creazione di confini accettabili per entrambe le parti, un motivo di per se stesso sufficiente a farne uno scenario ad alto rischio. Questa proposta ha anche un suo "sottoscenario": la creazione di due entità secondo il modello della "Bosnia di Dayton", che rende possibile legami stretti con la "madrepatria". Il discorso della divisione del Kosovo, che di norma viene legato al nome dell'accademico Dobrica Cosic, primo presidente della Repubblica Federale Jugoslava, ha agitato le acque sia della scena politica kosovara, che di quella serba, se non addirittura dell'intera regione circostante, dopo il discorso del presidente dell'Accademia delle scienze serba Aleksandr Despic, in occasione della riunione annuale del giugno 1996. Il partito al governo, ma anche l'opposizione, hanno condannato l'idea della divisione, anche in considerazione delle elezioni federali e locali che allora erano imminenti (novembre 1996). I leader politici albanesi hanno valutato positivamente l'idea di una determinazione dei confini, identificandola con una secessione del Kosovo con confini identici a quelli amministrativi allora in atto, con la possibilità di eventuali aggiustamenti di minore entità, conformemente al principio "una parte di territorio del Kosovo per una parte del territorio della Serbia meridionale".

Protettorato

Il protettorato internazionale come "modus vivendi" rappresenta una soluzione transitoria che renderebbe possibile un'integrazione o una separazione indolori, o qualche altra soluzione durevole. Una soluzione transitoria sotto forma di protettorato è la proposta che finora si è potuta sentire soprattutto tra gli albanesi del Kosovo. In base a tale scenario, il Kosovo verrebbe smilitarizzato e messo sotto un'amministrazione civile che risponderebbe di fronte a un organo internazionale per un periodo di tempo delimitato, dopo il quale gli abitanti del Kosovo deciderebbero autonomamente del proprio status successivo. Di protettorato ha parlato il leader del LDK, Ibrahim Rugova, ponendo l'accento sia sul termine relativamente breve della sua durata, che sul suo obiettivo finale: uno stato sovrano. Anche il presidente del Partito Democristiano del Kosovo, Mark Krasniqi, si è detto favorevole al protettorato internazionale come "primo passo verso una soluzione definitiva ed equa", mentre la preferenza per una tale soluzione viene espressa anche da intellettuali albanesi indipendenti di "reputazione proeuropea", come Vetton Suroj e Skeljzen Maliqi.

Consociazione

I fautori della consociazione, di solito teorici orientati alla società civile, ritengono che dal punto di vista sovranazionale, così come dal punto di vista degli stati eterogenei, nei quali i partiti, i gruppi di interesse, gli istituti culturali, i mezzi di comunicazione di massa, le organizzazioni non governative e le associazioni non politiche si formano lungo linee di spaccature segmentali - il pluralismo democratico deve essere arricchito da una democrazia consociativa. La democrazia consociativa, secondo le parole dei suoi ideatori, è la forma del movimento democratico, applicata a una società variegata dal punto di vista etnico, nazionale, culturale, religioso o ideologico. Sono quattro le principali caratteristiche della democrazia consociativa: a) una grande coalizione dei leader politici di tutti i segmenti significativi in tutti i corpi statali importanti in cui si prendono decisioni importanti; b) il principio del consenso con la possibilità di ricorrere al veto riguardo ad alcune questioni precedentemente fissate; c) principio della proporzionalità o della parità nella rappresentanza in occasione delle nomine di funzionari statali e nell'assegnazione dei fondi pubblici; d) un alto grado di autonomia di ogni segmento nella decisione delle questioni interne. I critici di questa soluzione, sia da parte serba che da parte albanese, fondano le loro obiezioni a questo concetto sul fatto che una sorta di consociazione esisteva già con l'approvazione della costituzione del 1974 e che essa si è rivelata inefficace, o che, a differenza dei paesi nei qauli essa viene applicata con successo (Olanda, Austria...) qui si è in presenza di un contesto socio-culturale completamente diverso. Nel frattempo, accanto a tutte le critiche che si possono fare di tale modello, andrebbe ricordato che è stata proprio l'assenza di democrazia la caratteristica predominante della Jugoslavia socialista: le élite delle varie repubbliche non sono state costituite sulla base della volontà del popolo, espressa con libere elezioni, ma si potrebbe dire che invece si è trattato più di una "autocrazia consociativa" che di una democrazia consociativa. D'altra parte, quando si parla di "modelli", non si intende sempre, nè principalmente, l'assunzione di un modello così come è, ma piuttosto un suo adattamento al contesto storico-sociale esistente.

Struttura eclettica

Una combinazione eclettica di decentralizzazione (mediante province), di regionalizzazione e consociazione (l'autore della proposta è il professore della Facoltà di Giurisprudenza di Belgrado, Dragoljub Popovic) prende le mosse dalla federazione con due stati membri (Serbia e Montenegro), indirzzando l'attenzione su una riorganizzazione della Repubblica Serba. L'idea di fondo è quella di creare in Serbia un numero di province compreso tra cinque e sette, e in ogni provincia da tre a sette regioni con statuto di autonomia. Le regioni verrebbero suddivise in comuni, che sarebbero molto meno di quelli attuali... Di questa struttura eclettica farebbero parte anche alcuni elementi consociativi, come la possibilità di veto per le minoranze, che verrebbe applicata a diversi livelli dell'organizzazione territoriale, ma in maniera restrittiva, solo per questioni previste dalla Costituzione della Repubblica o, eventualmente, da un atto provinciale o regionale. Come utile consiglio consociativo, l'autore propone anche la partecipazione a un organo esecutivo, a tutti i livelli con l'esclusione di quello della Repubblica, di ogni lista elettorale che abbia superato il 20 per cento dei mandati presso il corpo rappresentativo dell'unità territoriale... Si tratta di una proposta relativamente recente (aprile 1997) e pertanto non si sono ancora fatte sentire voci critiche, ma dalle proposte e dalle critica esposte sopra, così come dalla struttura eclettica della concezione, potrebbero emergere delle obiezioni relative a ogni suo singolo concetto costituente, parallelamente a una critica generale del concetto come insieme contradditorio.

Guerra

Quello di un conflitto armato è uno scenario che riportiamo qui come ultimo, ma non in base a un criterio di probabilità, bensì in base a un criterio di (in)desiderabilità. Si tratta di uno scenario che non desiderano né la parte serba, né quella albanese, con l'eccezione degli estremisti, che sono inclini a tali conflitti per loro natura. Un conflitto armato non lo desidera neppure la "comunità internazionale", ma si tratta di uno scenario più che certo nel caso in cui, non importa da quale parte, il problema del Kosovo venisse affrontato in maniera irresponsabile. Mostrando a entrambe le parti le vie (autonomia nell'ambito della Federazione Jugoslava) e le modalità (dialogo), nonché offrendo i propri servizi (in prima luogo tramite l'OSCE), la "comunità internazionale" è, nei fatti, anche il "principale garante del circuito elettrico del Kosovo". Dalla determinatezza dei suoi membri più potenti dipenderà molto la pace in questa area, ma una soluzione temporanea o durevole del suo status, dipenderà in primo luogo dalla saggezza politica dei leader dei serbi e degli albanesi del Kosovo. Tuttavia, che in questa area la saggezza sia più un ideale che una realtà, lo hanno dimostrato i numerosi esempi storici finora verificatisi, e soprattutto quello più recente relativo al disfacimento della Repubblica Socialista Jugoslava. Per questo non va esclusa neppure l'eventualità di un conflitto armato. Questo conflitto potrebbe essere: a) limitato al solo Kosovo (cosa poco probabile), con due possibili sottovarianti - in forma di "terra bruciata", in maniera simile a quanto è avvenuto in quelli che erano i territori serbi della Krajina in Croazia, oppure sotto forma di una resistenza mediante guerriglia o di azioni terroristiche da parte degli albanesi nel caso in cui la prima variante cada; b) allargato alla più ampia regione dei Balcani (l'eventualità più probabile), soprattutto al territorio abitato in maggior parte da albanesi, ma anche in una regione più ampia; c) conflitto di dimensioni più ampie (quasi per nulla probabile).

Dialogo

Mostrando ai poteri della Serbia e della Federazione Jugoslava cosa sarebbe necessario fare per potere eliminare completamente le sanzioni (un alto grado di autonomia per gli albanesi) e agli albanesi del Kosovo a fronte di cosa possono aspettarsi un appoggio (diritti umani e autonomia) oppure possono perderlo (secessione) - i rappresentanti della "comunità internazionale" hanno dato una cornice di riferimento per la futura azione politica in questa area. Quanto più tale cornice verrà accettata come realtà politica, tanto più si arriverà a una normalizzazione dei rapporti tra serbi e albanesi e tra le loro élite politiche, nonché alla stabilizzazione dei rapporti politici all'interno della Serbia e della Federazione Jugoslava in genere, e tanto più tutti quanti potranno creare le condizioni indispensabili per la tolleranza e il dialogo. Naturalmente, la pressione internazionale svolgerà un ruolo positivo solo nella misura in cui darà il via alla creazione di un potenziale autenticamente democratico. Quello che in questo momento è più conveniente e che renderebbe più facile la vita nel Kosovo sarebbe un autogoverno o un'autonomia che funzionasse. La strategia di pacificazione "step by step" è una soluzione del problema del Kosovo partendo da una strategia "dal generale al concreto". Dunque, una soluzione graduale dei problemi quotidiani fino ad arrivare ai problemi globali, quelli riguardanti lo status. In una società come quella della Federazione Jugoslava, è indispensabile coinvolgere in un consenso politico di base anche gli albanesi del Kosovo, accanto al rispetto del principio del diritto alla differenza, che costituisce il requisito indispensabile per una soluzione pacifica dei contrasti e per un funzionamento stabile della comunità politica.

L'autore è ricercatore presso l'Istituto di scienze sociali dell'Università di Belgrado.

(da "Vreme", 10.5.1997 - traduzione di a.f.)