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Albania in rivolta


AIUTI ALLO SVILUPPO CRIMINALE

di Antonello Mangano

"Albanesi tutti criminali." Ma dietro gli slogan razzisti c'è una realtà fatta di corruzione, traffico di armi, droga ed esseri umani che ha i propri terminali da entrambe le parti dell'Adriatico.

"Più mafiosi che profughi", secondo l'"Espresso". "Più delinquenti che profughi", per "il Giornale". I mass media italiani impegnati nell'ennesima campagna razzista hanno ancora una volta dimostrato memoria corta e grande superficialità. Già dimenticati i furti della cooperazione? E i trafficanti di esseri umani non si arricchiscono grazie alle leggi dell'Europa-fortezza? E il più grande sistema di riciclaggio del denaro mafioso non è forse stato messo su da Berisha, salutato dall'Occidente come il padre della rinnovata democrazia albanese?

La punta massima della disinvoltura (cioè della corruzione) è stata raggiunta durante il periodo in cui il ministro degli Esteri si chiamava Gianni De Michelis: nel '91, per esempio, furono assegnati 20 miliardi alla Levant.Co di Bari. Secondo una denuncia di "Ctm Movimondo" di Lecce, gran parte di quei soldi non si è mai concretizzata in aiuti per l'Albania. L'affermazione è confermata da una analoga presa di posizione della Croce Rossa di Durazzo, che nel '92 denunciò il mancato arrivo dei beni alimentari destinati alla popolazione, provenienti dall'Italia e affidati alla Levant. La parte della merce effettivamente fornita era in buona parte diversa da quella richiesta e fu fatturata dalla Levant a prezzi persino superiori a quelli di mercato.

LA PIRAMIDE DEL MINISTRO

Sono molte altre le incongruenze e le sparizioni. La rete di complicità coinvolgeva i governi - con in prima i fila i socialisti dei due paesi - e anche l'ambasciata italiana a Tirana, che ha avuto in questi anni un ruolo di rilievo nel sistema della corruzione. Il referente albanese di De Michelis era Haidjin Sejdia, proprietario della Illyria Holding, arrestato nel '92 in Svizzera per bancarotta e uno dei principali responsabili della mega-truffa finanziaria delle piramidi. Nel 1990, la Illirya si è aggiudicata parte delle commesse derivate dai 400 miliardi di investimenti avviati dalla Farnesina guidata da De Michelis. I soldi della cooperazione italiana all'Albania, secondo le indagini della magistratura sulla corruzione DC-PSI, erano generalmente divisi tra i partiti e gli uomini di Sejdia. Il settimanale svizzero "Weltwoche" ha affermato che il rapporto tra De Michelis e Sejdia non si è interrotto: al contrario, i due investono tuttora in Vietnam e Indonesia, utilizzando presumibilmente i fondi truffati ai risparmiatori albanesi.

I danni fatti dagli affaristi italiani - mascherati da operatori della Cooperazione - non sono certo dovuti al solo De Michelis e ai socialisti. Nel settembre 1994, il deputato progressista Calzolaio denunciava in un'interrogazione parlamentare la cessione a titolo gratuito, da parte delle Ferrovie italiane, di traversine di legno dismesse. Secondo il parlamentare, le traversine dismesse vanno considerate rifiuti tossici nocivi e come tali devono essere stoccati e smaltiti, non riutilizzati. Al contrario, le Ferrovie le avrebbero cedute a vari paesi tra cui, appunto, l'Albania.

Nel 1991, dopo la prima ondata di profughi, fu avviata una vasta campagna di "aiuti". Un recente rapporto della Corte dei Conti dedicato alla cooperazione italiana rivela che una parte degli aiuti (pari a 10 miliardi su 250) furono distribuiti gratuitamente alla popolazione, sotto forma di alimenti e farmaci. Il resto fu messo in vendita. Le modalità, i prezzi, i criteri delle vendite sono rimasti ignoti: non si sa per esempio come e a chi furono venduti gli autoveicoli e le autoambulanze italiane.

La Corte dei Conti ha ipotizzato la vendita sottobanco e al mercato nero. Quello che invece è noto è che il ricavato finì su un conto corrente della Banca centrale albanese e che le imprese coinvolte sono almeno una decina, tra cui le note Ferruzzi, Mira Lanza, Casillo Grani. Quest'ultima è una delle aziende più importanti di Pasquale Casillo, ex presidente del "Foggia calcio" e titolare di una serie di imprese del settore cereali per un fatturato che ha superato i duemila miliardi. Casillo è stato accusato di truffe all'Aima e alla CEE e di intrattenere stretti rapporti con la camorra, provati dai legami d'affari con Giuseppe Sciorio, affiliato al clan Maisto e tramite tra la criminalità campana e la mafia dei Bontade.

I TRAFFICANTI DI ESSERI UMANI

La partenza, di solito, è da Valona o a Durazzo. Novanta chilometri, un'ora di motoscafo. La prima tappa è gestita dai gruppi criminali albanesi, che comprano i motoscafi coi soldi dei mafiosi pugliesi, portano gli immigrati all'imbarco, incassano da ciascuno anche un milione. Il calcolo dei profitti, considerando il numero approssimativo di albanesi che arrivano clandestinamente in Italia, è di tre miliardi l'anno solo per la "Sacra Corona Unita". Si parla, nel complesso, di centinaia di miliardi.

All'arrivo sulla costa, se tutto va bene, ci sono gli italiani: vendono vestiti asciutti e documenti falsi. I trafficanti italiani, specializzati da decenni nel contrabbando di tabacchi e successivamente nel traffico dell'eroina turca, hanno velocemente investito mezzi e competenze in questo nuovo, redditizio settore. Di solito funziona così: il motoscafo (o il gommone carenato) corre subito velocissimo, deve arrivare il più in fretta possibile. Talvolta incrocia una motovedetta della Guardia di Finanza, come nella notte del 4 maggio '95: trenta uomini vengono buttati in mare dai trafficanti, che così possono scappare. Gli scafi della capitaneria di Otranto spesso salvano gli immigrati dal mare e dalla morte, poi, in caserma, foglio di via e rimpatrio. In genere c'è un secondo tentativo, ancora 90 chilometri schiacciati in un altro scafo.

Il primo dicembre del '95 è finita in tragedia: in 22 su un gommone, solo cinque si sono salvati. Sono tantissimi i naufragi e le morti di cui non si sa nulla.

Se la mafia pugliese gestisce il traffico di albanesi, le "triadi" cinesi smistano in Albania e quindi nel nord Europa gli immigrati dell'Estremo Oriente. È una attività tradizionale dei cinesi, da molti decenni: pensano ad alloggio, viaggio e documenti, in cambio di (circa) 25 milioni di lire. Nel maggio del '94, un'operazione condotta dalla procura di Lecce ha messo in evidenza le dimensioni raggiunte dal traffico: mille profughi imbarcati su quattro potenti scafi, per attraversare il braccio di mare che separa l'Albania dalla Puglia. I mezzi erano stati predisposti da trafficanti pugliesi, cinesi e albanesi. Mille dollari era il prezzo per gli immigrati albanesi; quasi ottomila per i cinesi che avevano già viaggiato dai piccoli centri agricoli della Cina fino a Mosca: da qui il viaggio proseguiva fino a Durazzo, dove gli scafi erano pronti a compiere l'ultima parte del tragitto, con l'arrivo in Occidente.

I mass media italiani - pochissime le eccezioni - hanno deciso di seguire una linea molto precisa su questo argomento: colpevolizzare le vittime, evidenziare l'elemento "mafia & profughi" e criminalizzare i clandestini: come se la scelta della clandestinità (con il rischio di annegamento e i soldi da pagare) fossero libera scelta dei profughi e non una conseguenza di leggi liberticide, le stesse che tentano di creare la "fortezza Europa".

RIMESSE E ALTRI TRAFFICI

Una grande fonte di ricchezza, forse la principale, è costituita dalle rimesse degli immigrati. Si parla di 400 milioni di dollari l'anno, circa un terzo delle ricchezze totali del Paese. Questo ha provocato uno squilibrio monetario, con la necessità di bruciare una quota di lek in esubero riequilibrando i conti statali (secondo le direttive deflazionistiche del FMI). Le finanziarie piramidali hanno garantito questo risultato: in più, hanno permesso di rastrellare denaro fresco per le bande di affaristi e le lobbie politico-criminali che dominano l'Albania.

Dal Procuratore nazionale antimafia Vigna al quotidiano inglese "The Indipendent" (vedi articolo), tutti si sono detti convinti che la principale attività delle finanziarie era il riciclaggio del denaro ottenuto dalle attività criminali.

Va poi ricordato il traffico d'armi. È stato giustamente sottolineato che le organizzazioni che negli ultimi anni si sono specializzate nel traffico di "clandestini" già da tempo erano impegnate nel contrabbando di tabacchi e successivamente nel trasporto di stupefacenti (in particolare, l'eroina che passa dalla Turchia). Queste sono le stesse vie utilizzate per il traffico delle armi, che spesso sono usate come pagamento dei carichi di droga.

Ma l'Albania è anche uno snodo del traffico di armi che si è sviluppato grazie alla guerra nella ex-Jugoslavia: le forniture passano in genere per il Montenegro e giungono in Puglia via Albania. A questo punto sono acquisite negli arsenali delle mafie italiane.

In Italia si formano inoltre molti "quadri" militari. La legislazione italiana non prevede infatti alcun divieto per l'addestramento dei militari stranieri. Di conseguenza, nelle scuole di guerra italiane vengono istruiti militari provenienti da tutto il mondo, anche da regimi oppressivi. Secondo Amnesty International (rapporto 1994), negli anni accademici 1992/93 e 1993/94, allievi albanesi erano presenti nell'Accademia aeronautica di Pozzuoli. Il generale Biagio Rizzo, ispettore delle Scuole dell'Esercito, ha dichiarato a "Panorama Difesa" (agosto-settembre 1994) che "negli ultimi anni è da segnalare la frequenza di allievi albanesi presso l'Accademia militare di Modena".

Si deve infine sottolineare che buona parte delle organizzazioni criminali coinvolte hanno goduto o godono di ottimi legami con i vari centri del potere politico (Italia, Albania e Russia ne sono buoni esempi). L'appoggio occidentale offerto al presidente-criminale Berisha è stato il caso più chiaro di sostegno ad un sistema politico-economico basato sulle attività criminali.