![]() |
![]() IN KOSOVO, GUERRA DI NOTTE di Chris Hedges PREKAZ I PERM, Serbia - Un oscuro gruppo guerrigliero albanese che ha devastato 11 stazioni di polizia serbe nel corso del mese scorso, nell'ambito del suo primo vasto attacco coordinato, sembra non solo essere ampiamente rifornito di armi di recente acquisizione, ma anche pronto a scatenare una guerra secessionista che potrebbe sprofondare il paese in una crisi di entità pari alla lunga guerra civile in Bosnia-Erzegovina. Gli abitanti dei villaggi della provincia meridionale serba del Kosovo, la cui popolazione è per più del 90 per cento di etnia albanese, raccontano che quando l'oscurità cala, ampi tratti di questa area sono ora in mano ai ribelli dell'Armata di Liberazione del Kosovo. "Non appena cala la notte", dice uno dei contadini, che ha chiesto di non essere identificato, "questo diventa un territorio liberato". I ribelli, che rivendicano l'indipendenza dalla Serbia e un successivo referendum per l'unione con l'Albania, sono stati visti scendere dalle montagne coperte di boscaglia nella sera, con muli che si trascinavano sotto il peso di nuove armi automatiche, molte delle quali contrabbandate dall'Albania. Questi ribelli ora controllano alcune strade polverose non più utilizzate dalla polizia srba, che si avvicina a questi colli solo durante il giorno e all'interno di sicuri veicoli corazzati. E, per la prima volta dopo gli attacchi cominciati circa 18 mesi fa, i ribelli hanno respinto le autorità serbe sufficientemente lontano da potersi costruire dei rifugi remoti, che usano come basi per i loro attacchi. In tre giorni di viaggio lungo questi colli, cosparsi di villaggi contadini dalle case bianche con i tetti a tegole, i cortili sporchi pieni di polli e pieni di legioni di bambini a piedi nudi, è stato impossibile entrare in contatto con i guerriglieri. Ma la loro presenza si è fatta spesso sentire nelle risposte nervose, negli sguardi obliqui e nei sussurri soffocati di fronte alle domande su dove sarebbe possibile trovarli. E in tutti i villaggi, uno dopo l'altro, gli abitanti hanno detto che la presenza dei ribelli si faceva sentire la notte. L'ascesa del movimento guerrigliero sembra segnare una pericolosa caduta del supporto in Kosovo per la campagna di disobbedienza civile non violenta guidata da Ibrahim Rugova a partire dal 1989, quando il governo serbo ha revocato lo statuto di autonomia della provincia. Da allora, i 2,2 milioni di abitanti di etnia albanese del Kosovo hanno rifiutato la leva militare, non hanno pagato le tasse e hanno boicottato le istituzioni dello stato, ivi incluse le scuole e gli ospedali. Un governo ombra, il cui obiettivo è la reinstaurazione dell'autonomia del Kosovo, ha creato delle proprie istituzioni parallele, anche se è stato necessario chiuderne alcune per mancanza di fondi. Gli attacchi dei ribelli, oltre alle recenti uccisioni di quattro funzionari della polizia e di cinque funzionari civili, si sono verificati nel momento in cui i diplomatici occidentali hanno segnalato che centinaia, forse migliaia, delle 650.000 armi saccheggiate in Albania durante le agitazioni di quest'anno, sono state introdotte illegalmente nel Kosovo. Gli attacchi alle 11 stazioni di polizia hanno anch'essi fruttato ai guerriglieri il bottino di alcune centinaia di fucili d'assalto, affermano le fonti diplomatiche. Più di 30 persone, albanesi e serbi, sono state uccise in attacchi dei ribelli. L'aumento degli atti violenti è coinciso con la sfida lanciata dagli studenti dell'università di Pristina, la capitale del Kosovo, alla messa al bando da parte di Rugova delle manifestazioni di strada. la prima sfida pubblica alla sua autorità. Il 1° ottobre, circa 3.000 studenti dell'università albanese clandestina creata nel 1989, che richiedevano il ritorno dell'Università di Pristina sotto il controllo dell'etnia albanese, hanno cercato di marciare sulla città. Sono stati dispersi dai manganelli branditi dalla polizia serba e 50 persone sono rimaste ferite. Gli studenti hanno altre marce in programma per questo mese [le ultime notizie parlano della data del 29 ottobre - n.d.t.]. L'università è attualmente gestita dai serbi, che rifiutano di tenere lezioni in albanese e tutti i suoi 18.000 studenti sono serbi. "Se in queste proteste vengono uccisi degli studenti," ha affermato un diplomatico americano, "potrebbe accendersi la rabbia della popolazione, che è in preda a una terribile povertà e non ne può più di quella che è diventata un'occupazione coloniale serba, oltre ad avere perso la fede nei propri dirigenti moderati. Si tratta di un momento molto delicato". Ma è nei villaggi remoti che con ogni probabilità verrà combattuto il prossimo round. In queste aree vi è un'assenza di giovani uomini che colpisce immediatamente. Alcuni lavorano all'estero, in Germania o in Svizzera, e invia a casa delle magre rimesse. Ma altri si sono evidentemente dati alla macchia. Shaban Jashar, di 70 anni, il patriarca di un clan che domina la città montana di Acareva, a circa 10 miglia da Prekaz ed Eperm, ha tre figli che le autorità serbe considerano attivi nel movimento di guerriglia. Nel 1992, quando la polizia è venuta ad arrestarli, i tre hanno aperto il fuoco. Hanno tenuto a bada la polizia per 12 ore, poi sono scappati. Shaban Jashar è stato arrestato dopo lo scontro a fuoco, racconta descrivendo le forti percosse inflittegli dai serbi. Ma negli anni scorsi, continua, "non si è vista una pattuglia della polizia nel mio villaggio. Il maggiore dei miei figli è in Germania, mentre gli altri due sono in Kosovo, ma non mi incontro con loro. Non so cosa stiano facendo". (da: "New York Times", 19 ottobre 1997) |