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KOSOVO IN SERBIA O... ?

di Milutin Milenkovic

Nascosti dietro le tesi, ben finanziate e poco provate, dell'aggressione serba e la paura ossessiva da parte dell'Occidente della creazione di una "Grande Serbia", i sostenitori del pericoloso piano di modificare alcuni confini statali (non amministrativi!) nei Balcani al fine di dare vita al progetto di una Grande Albania, stanno ancora indubbiamente godendo di un forte supporto da parte dei centri più influenti dell'alleanza euro-americana. La storia alterata, le valutazioni strategiche e politiche sbagliate, le illusioni delle grandi potenze, che decidono sempre più del destino anche delle altre nazioni senza nemmeno un mandato legittimo per farlo e, soprattutto, il denaro proveniente da fonti di cui non si parla apertamente, vengono usati per spianare la strada a un'altro pericolo diguerra secessionista imposta, forzata, nel punto di crisi più sensibile d'Europa. [...] In genere, le organizzazioni internazionali aderiscono alla loro opinione generale secondo la quale la modifica di confini internazionali validi e riconosciuti è inaccettabile e che la provincia del Kosovo e Metohija è di conseguenza parte della Repubblica di Serbia. Tuttavia, richieste e minacce vengono sparate a raffica contro quel paese, la Serbia, che, secondo loro, dovrebbe tornare a garantire ai suoi cittadini di etnia albanese tutti i diritti di cui godevano sotto la costituzione della ex-Repubblica Socialista Federativa Jugoslava (SFRJ).

[...] Coloro che fanno le diagnosi, e indicano le cure, per le malattie dei Balcani, possono fare conto sull'eccessiva complessità delle circostanze [che hanno portato all'attuale situazione] e sulla troppo scarsa informazione della loro opinione pubblica sui conflitti balcanici. L'immagine semplificata diffusa dalla propaganda (la cui prima regola è: identificare prima la vittima e il boia, e poi tutto diventa facile) e le esagerazioni dei media [...] portano necessariamente a raccomandazioni irrealistiche e completamente irrealizzabili. Questo porta addirittura a un annullamento della tesi iniziale.

Sentiamo spesso la richiesta di reintrodurre i diritti della provincia autonoma introdotti con la Costituzione della SFRJ del 1974. I leader dei separatisti degli albanesi etnici e gli emigranti che rappresentano la Repubblica fantasma del Kosovo fanno riferimento al ripristino di tali diritti come una delle loro principali richieste. Molte persone in Occidente, e negli USA in particolare, collaborano più o meno apertamente con il movimento illegale supportandone le richieste, spesso senza sapere cosa effettivamente significhino queste richieste. A causa della loro ignoranza genuina o di comodo riguardo a fatti facilmente accessibili, non fanno riferimento, tra le altre cose, anche ad alcune disposizioni della Costituzione del 1974 che davano alle province autonome della Serbia (che era l'unica repubblica Jugoslava con province autonome) facoltà maggiori di quelle dello stesso governo della Serbia. Per esempio, secondo quella Costituzione, non era possibile apportare alcun emendamento alla Costituzione della Repubblica di Serbia senza il consenso (non solo l'opinione) delle autorità provinciali. I rappresentanti delle province autonome avevano il diritto di veto su tutte le decisioni prese a livello repubblicano dalle entità legislative, esecutive e giudiziarie, dalle organizzazioni sociopolitiche, dai sindacati ecc. Belgrado non godeva di diritti nemmeno paragonabili, e ancor meno uguali, in relazione alle decisioni riguardanti i rapporti e gli affari nel "loro" territorio, mentre il governo centrale della Serbia era nei fatti privato della propria sovranità. Tuttavia, tutte le altre repubbliche costituenti godevano di una sovranità senza restrizioni, poiché le loro leggi e risoluzioni avevano un maggiore peso delle corrispondenti leggi e norme federali.

Le province erano rappresentate direttamente anche a livello di Federazione (SFRJ), da loro delegazioni indipendenti dalla delegazione serba, anche se avevano una quota dei loro mandati anche nella delegazione della rispettiva repubblica. Ci sono stati molti casi in cui le delegazioni provinciali hanno contestato a livello federale le posizioni assunte dai rappresentanti della Serbia. Come semi-stati sovrani e privilegiati, esercitavano il diritto di supervisione sul governo centrale della Serbia senza alcuna reciprocità, sebbene fossero "elementi costituenti della Federazione" che esistevano "nell'ambito della RS di Serbia".

Il diritto di veto provinciale non dichiarato, ma nella realtà assolutamente esistente, riguardante il funzionamento delle entità della repubblica, valeva anche per l'intera politica di assegnazione delle cariche in Serbia. Nessuno poteva essere nominato a una posizione importante nella Repubblica o nella Federazione per conto di quest'ultima senza l'assenso dei governi di Prishtina (Kosovo) e Novi Sad (Vojvodina). Non vi era reprocità nemmeno a questo proposito: quando nominavano loro uomini a posizioni guida a livello provinciale, di repubblica o statale, i leader delle province non dovevano ricevere nemmeno l'opinione delle autorità della repubblica.

Si trattava pertanto di qualcosa che andava al di là della sovranità regionale: era un caso di sovranità delle regioni sulla Repubblica di Serbia, e non al suo interno. A quei tempi, molte persone avevano la sensazione che la situazione fosse più difficile di quanto non sarebbe stata nel caso di una chiara secessione del Kosovo e Metohija. Il nucleo dominante Croato e Sloveno ai livelli più alti della Federazione Jugoslava riteneva che una tale frammentazione della maggiore nazione della SFRJ, e il conseguente controllo su di essa, avrebbe fornito un equilibrio interno delle forze jugoslave adatto per un arbitrato dall'alto. Tuttavia, la crescita dello sciovinismo nei piccoli paesi di nuova creazione, si è rivelata essere una vera e propria carica esplosiva destinanta a distruggere la federazione jugoslava monopartitica e multietnica con delle ondate di separatismo.

Il ritorno alle clausole costituzionali del 1974 che regolano lo statuto della Serbia e delle province autonome, valide fino alla reinstaurazione di un singolo governo sull'intero territorio della Repubblica di Serbia nel 1988/1989, sarebbe assolutamente contrario al principio del rispetto dei confini statali e dell'opinione generale secondo la quale la provincia di Kosovo e Metohija è una parte della Repubblica di Serbia. Non è possibile appoggiare entrambe le opinioni allo stesso tempo. Eppure si tratta proprio di quello che molti osservatori ed esperti di Balcani dell'Europa Occidentale e americani stanno facendo.

Anche i bene informati e bene intenzionati mediatori stranieri, il numero dei quali, per fortuna, è abbastanza ampio, dimostrano di avere il fiato corto di fronte alle pressioni della satanizzazione internazionale dei serbi e della Serbia, quando si fermano a metà strada nella valutazione del problema del Kosovo oggi. Ripetono senza alcuna esitazione la richiesta al governo di Serbia e ai leader albanesi del Kosovo di aprire un dialogo caratterizzato dalla pazienza e dalla tolleranza, al fine di prevenire una possibile esplosione delle animosità venutesi a creare e ancora in crescita. Questo consiglio è indubbiamente ragionevole e del tutto accettabile per la parte serba. Tuttavia diventa ilusorio se la richiesta dei separatisti etnici albanesi è quella di negoziare con lo stato di cui sono cittadini, senza riconoscere la sovranità di quello stato sul Kosovo e la Metohija e richiedendo che vengano condotti negoziati al di fuori della Serbia e in presenza di mediatori internazionali. In altre parole, quello che cercano è il riconoscimento di fatto da parte dei negoziati internazionali del loro stato separato, la "Repubblica del Kosovo", come futura parte di una Grande Albania. L'attuale leadership dell'etnia albanese non è disponibile a impegnarsi in negoziati riguardanti la parità dello status di cittadini con tutti i diritti all'autonomia etnico-culturale e all'autogoverno garantiti dalla Costituzione e dalle leggi della Serbia. Inoltre, vengono scarsamente, se non addirittura per nulla, criticati per questo da parte di coloro che aderiscono al futile e vago riferimento al principio di inviolabilità dei confini statali.

[...]

(da: http://www.yugoslavia.com/, sito ufficiale del governo jugoslavo)