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![]() Le "Chiavi dell'Adriatico" I rapporti tra Italia ed Albania dall'inizio del secolo alla Seconda guerra mondiale di Marcello Graziosi [Pubblichiamo questo articolo per gentile concessione della rivista "Il Calendario del Popolo" - Via Rezia 4, 20135 Milano - Tel. 02/55015584] Quando, nell'ultimo ventennio del secolo scorso, l'Italia cominciò ad estendere la propria influenza commerciale verso la penisola balcanica, essa, di fatto, si inserì nelle trame e negli scontri tra le Grandi Potenze dell'epoca peril controllo di quell'area strategicamente fondamentale. Oltreall'Austria-Ungheria ed all'Impero Ottomano, che direttamente controllavano parti consistenti delterritorio balcanico, anche Gran Bretagna, Francia e, certamente non ultima, la Russia dovevano difendere le rispettive aree di influenza in quella tormentata regione. Quando, al termine della I Guerra Balcanica(1912-1913), la Conferenza degli Ambasciatori riconobbe, il 29 luglio 1913, la costituzione di uno stato albanese indipendente gestito dal principe tedesco Guglielmo di Wied, il Ministrodegli Esteri italiano, marchese Antonino di San Giuliano, non osteggiò tale decisione pur nutrendo seri dubbi sulla stabilità e le prospettive future della neocostituita Albania. Un tale atteggiamento daparte del governo italiano è comprensibile soltanto alla luce di quello che era il suo principale obiettivo: mettere in difficoltà, ovunque fossepossibile, l'Austria-Ungheria. Dal momento che la costituzione diuno stato albanese indipendente permetteva di raggiungere, anche solo parzialmente, questo obiettivo, essa diveniva, in virtù di questa sola ragione, bene accetta ed auspicabile agli occhi del governo di Roma. Non era trascorso nemmeno un anno dalla costituzione dell'Albania indipendente quando la situazione mondiale precipitò. Il 28 giugno 1914 venne ucciso a Sarajevo l'Arciduca Francesco Ferdinando ed il mese successivol'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia e, indirettamente, anche alla Russia. Francia e Gran Bretagna confermarono la loro alleanza con la Russia (Triplice Intesa), mentre laGermania decise di sostenere l'Austria-Ungheria. L'Italia, il2 agosto, dichiarò la propria neutralità. Nonostante questo, ebbe inizio un negoziato tra il governo di Roma e le potenze dell'Intesa al fine di creare le condizioni per una futura alleanza contro gli Imperi Centrali. Se da una parte, infatti, Francia, Gran Bretagna e Russia volevano garantirsi l'appoggio del governo italiano e premevano per un superamento della sua posizione neutrale, dall'altra quest'ultimo era in grado di avanzare le proprie rivendicazioni e richieste. Anche i Balcani, ed in particolarel'Albania, divennero oggetto del negoziato segreto. Il San Giulianopreparò, nella notte tra l'8 ed il 9 agosto 1914, un primoprogetto di accordo che conteneva le richieste italiane. Dopo aver richiesto la sovranità italiana sul Trentino Alto-Adige, il Ministro degli Esteri italiano sottolineò quanto segue:"ottenendo questo, l'Italia non si oppone a che l'Albania, se Francia e Inghilterra lo desiderano, venga divisa tra Grecia e Serbia, purché le sue coste da Capo Stylos [oggi Kepi i Stillos, ultimapropaggine meridionale della costa albanese] al confine montenegrino vengano neutralizzate e Valona col suo distretto venga nonsolo neutralizzata ma anche dichiarata autonoma ed internazionalizzata a condizioni analoghe a quelle adottate per Tangeri e con la partecipazione dell'Italia, al pari delle altre Potenze adriatiche, alla suaamministrazione". Il governo italiano accettava, di fatto, una spartizione dell'Albania tra Grecia e Serbia alla sola condizione di ottenere vantagginella zona della baia di Valona e del territorio circostante. Attraverso Valona, posta di fronte al porto di Brindisi, il governo italiano avrebbecontrollato l'accesso al Mare Adriatico. Il progetto con le richieste italiane, dopo essere stato sottoposto dal San Giuliano a Salandra ed al Re, venne trasmesso il giorno 11 agostoall'ambasciatore italiano a Londra, Imperiali, affinché lo sottoponesse al Ministro degli Esteri britannico Edward Grey. La risposta di quest'ultimo fu generica ma sostanzialmente positiva. Nel frattempo, lo stesso giorno 11, l'ambasciatore italiano a S. Pietroburgo, Carlotti, comunicò al San Giuliano le intenzioni di Sazonov, Ministro degli Esteri dello zarNicola II. Il progetto russo prevedeva la concessione alla Serbia di unosbocco sull'Adriatico, un allargamento verso nord del confine epirota greco-albanese, che avrebbe portato il governo di Atene a controllare i distretti meridionali albanesi di Coriza ed Argirocastro e la concessione all'Italia dellabaia di Valona e della costa dalmata da Zara a Ragusa (Dubrovnik). La generosità di Sazonov nei confronti del governo di Roma aveva come unico scopoquello di soddisfarne i desideri coloniali e spingerlo così a scenderein campo a fianco dell'Intesa. Nel momento in cui l'Italia confermò la propria neutralità, l'atteggiamento russo si modificò notevolmente. L'11 settembre 1914 Carlotti riferì al San Giuliano quanto segue: "Sebbene questioni albanesi attraggano scarsa attenzione dell'opinione pubblica russa, si scorge però in modo chiaro una dichiarataavversione al mantenimento dell'Albania quale fu delimitata dallaConferenza degli Ambasciatori ed una forte tendenza ad una ripartizione, giusta la quale le regioni del nord con Scutari passerebbero al Montenegroe l'Epiro alla Grecia, mentre il nucleo centraleottomano [ musulmano diverrebbe un piccolo Stato sotto il protettorato di una grande Potenza, e Valona rimarrebbe all'Italia.Quanto alla Serbia, secondo l'idea più diffusa, se essa ottenessecon la Bosnia la Dalmazia, più un tratto del litorale albanese per avere l'agognato sbocco sull'Adriatico, non si opporrebbe alla ripartizione dell'Albania". Le differenze di quest'ultimo progetto russo rispetto al primo sono evidenti. La Serbia, anche attraverso il Montenegro, avrebbe notevolmente ampliato i propri possedimenti, ottenendo assai dipiù di un semplice sbocco al mare. Quanto all'Italia, essa avrebbe mantenuto lasovranità sulla baia di Valona ed il suo territorio circostante, a diretto contatto con uno stato albanese musulmano. A talproposito, la Russia sembrava ora voler riconoscere la presenza di unaspecificità albanese nell'area balcanica, ma la strumentalitàdel progetto è evidente. Questo nuovo stato albanese, senza alcuno sbocco al mare, compresso tra i possedimenti italiani, serbo-montenegrini e greci, sembra esserestato ideato da Sazonov per allettare, ancora una volta, il desiderio espansionistico italiano. Se Roma avesse deciso di entrare in guerra a fiancodell'Intesa, infatti, avrebbe probabilmente ottenutosenza alcuna fatica il protettorato sullo stato musulmano albanese che, difatto, si sarebbe trovato inglobato all'interno dei possedimenti italiani. Le pressioni di Sazonov sull'Italia continuavano ogni giorno ad aumentare. Il 14 settembre 1914 Carlotti comunicò al San Giuliano che il Ministro degli Esteri era convinto di poter sconfiggereda solo l'Austria-Ungheria nei Balcani e che, di conseguenza, la Serbia avrebbe ottenuto ulteriori vantaggi. Il San Giuliano ritenne a questo punto opportuno formulare nuove richieste per tentare di scongiurare uno strapotere slavo nei Balcani. Il 25 settembre sottopose aCarlotti e Tittoni, ambasciatore italiano a Parigi, un progetto cheprevedeva la non opposizione italiana ad una "spartizione"dell'Albania tra Montenegro, Serbia e Grecia, "previa neutralizzazione di quelle coste", in cambio della sovranità di Roma su Valona ed i territori circostanti. Ancora una volta prevalseall'interno del progetto italiano la logica spartitoria e non venne tenuta in alcuna considerazione la proposta russa di riconoscere, anche solo simbolicamente, una specificità albanese all'interno della penisola balcanica. Il 14 ottobre 1914 il San Giuliano morì senza aver ultimato definitivamente le modifiche al progetto iniziale. Il nuovo Ministro degli Esteri, il barone Sidney Sonnino, decise di perseguire una politica più rigida ed intransigente nei confronti della "questione adriatica" in generale ed in quella albanese inparticolare. Prima della riapertura dei negoziati con l'Intesa, egli approfittò delle difficoltà nelle quali si trovaval'Albania, ormai priva di governo dopo la fuga del principe Guglielmo di Wied, per dare inizio al progetto coloniale ed espansionista italiano nei Balcani. La copertura, e questo la dice lunga sulla classe politicaitaliana dell'epoca, fu una missione sanitaria. Valona, infatti, era stata invasa da un'ondata di profughi provenienti dal sud del paese per sfuggire ai massacri perpetrati dalle truppe greche, che avevano nel frattempo invaso l'Albania meridionale. Il 28 ottobre 1914 partì unamissione sanitaria italiana alla volta di Valona per tentare di portare aiuto ai profughi. Il giorno seguente, con l'ignobile motivazione di garantire la riuscita della missione e l'incolumità degli italiani presenti in Albania, la Regia Marina italiana prese possesso di Valona e dell'Isola di Saseno. L'Italia conquistò, in questo modo, per la prima volta, "le chiavi dell'Adriatico". Il 26 aprile venne firmato a Londra un Trattato Segreto tra le potenze dell'Intesa e l'Italia che prevedeva,di fatto, la spartizione di gran parte del territorio albanese tra Grecia, Italia e Serbia-Montenegro. L'Italia avrebbe ricevuto, secondo quanto previsto dall'articolo VI, "la piena sovranità su Valona, l'isola di Saseno e un territorio sufficientemente esteso per assicurare la difesa di questi punti...". L'articolo VII del Trattato prevedeva, oltre alla neutralizzazione delle coste da Capo Stylos al possedimento italiano di Valona, la costituzione di "un piccolo Stato autonomo neutralizzato" nell'Albania centrale. Fino a che punto questo piccolo stato albanese fosse inrealtà autonomo è comprensibile da quanto affermato poche righe più sotto nello stesso articolo: "L'Italia sarà incaricata di rappresentare lo Stato d'Albania nelle sue relazioni con l'estero". Questo Trattato rimase segreto fino al 1917, anno in cui l'Unione Sovietica ne divulgò i contenuti. Il fatto che l'Italia fosse riuscita adottenere, di fatto, un protettorato sull'Albania, pur mutilata digran parte dei suoi territori, spinse il governo italiano a rivendicare,fin dal 1917, la ricostituzione di un'Albania indipendente all'interno dei confini che le erano stati riconosciuti nel 1913. L'obiettivo reale di Roma era, inrealtà, quello di ottenere il protettorato sull'intero territorio albanese prebellico, in nodo da poter estendere ulteriormente il proprio dominio coloniale. Le truppe italiane occupavano ormai gran parte del territorioalbanese, compresa la parte meridionale fino alla strada che collegava il porto di Santi Quaranta a Coriza. Il governo greco richiese con insistenza alla Conferenza della Pace di Parigi(febbraio 1919) la sovranità sui distretti meridionali albanesi di Coriza ed Argirocastro ("Epiro del nord"). Tittoni, ora Ministro degli Esteri del governo Nitti e capo della delegazione italiana alla Conferenza di Parigi, aprìun negoziato diretto con il governo greco. Il 29 luglio venne firmato un accordo tra il nostro Ministro degli Esteri ed il suo pari grado greco Venizelos. Esso prevedeva un appoggio da parte dell'Italia alle rivendicazioni greche tanto sulla Tracia,occidentale ed orientale, quanto sui distretti meridionali albanesi; igreci, da parte loro, si impegnavano ad appoggiare tanto le rivendicazioni italiane suValona quanto la richiesta da parte di Roma di ottenere un protettorato sull'intero territorio albanese. Italiani e greci, al pari di tutte le altre potenze europee, non tennero però sufficientemente conto della crescita delmovimento nazionalista albanese, che tenne il suo primo Congresso a Lushnje. tra il 28 ed il 31 gennaio 1920. Il 5 giugno scoppiò a Valona una rivolta di massacontro gli occupatori italiani che furono costretti ad abbandonare ilpaese. Alla fine di dicembre del 1920 l'Albania entrò a far parte della Società delle Nazioni. Nonostante questo, l'instabilità e le divisioni interne, nonultime quelle tra nord e sud, continuavano ad essere l'elemento caratterizzante della vita politica albanese. Nel mese didicembre del 1921 il colonnello Ahmet Zog, approfittando della debolezza complessiva del governo uscito dalle elezioni del 5 aprile 1921, nel quale ricopriva la carica di Ministro degli Interni, conquistò il potere con un colpo di mano.Soltanto pochi giorni prima, la Conferenza degli Ambasciatori aveva respinto le pretese territoriali greche sui distretti meridionali albanesi, confermando, però, il "diritto" italiano di intervenire in Albania a tutela dell'integrità territoriale e della stabilità politica. In Italia,intanto, l'ascesa al potere del fascismo segnò una ripresa dei progetti espansionistici e coloniali tanto in Africa quanto nella penisola balcanica. Forte della decisione della Conferenza degli Ambasciatori del 1921, il regime si impegnò in una vasta campagna propagandistica volta a dimostrare la necessità e la positività di una presenza italiana in Albania per garantire la "civilizzazione" del piccolo paese balcanico. Pietro Maravigna, nella sua opera insignita delle più alte onorificenze letterarie del regime (Gli italiani nell'Oriente balcanico, in Russia e in Palestina, 1915-1919,Roma 1923), così ricostruisce, con una retorica tanto roboante quanto stucchevole, l'intervento militare italiano a Valona dell'ottobre 1914: " Il grido di dolore lanciato dagli Albanesi all'Europa civile non poteva in quel momento essere raccolto che dall'Italia, anzitutto perché essa non era ancora impegnata nella conflagrazione europea, in secondo luogo perché essa era la solanazione che, leale propugnatrice del diritto di nazionalità, aveva sino allora nei congressi diplomatici, nella stampa e nelle relazioni commerciali dato prove palesi e luminose del suo interessamento per la rinascita e la costituzione in istato libero ed indipendente dell'Albania... La missione umanitaria non poteva, in un paese ridotto in così tristi condizioni ed in un momento tanto eccezionale, esplicare in piena sicurezza l'opera umanitaria alla quale era chiamata ed a cui tuttavia attendeva con mirabile spirito di sacrificio: era, quindi, necessario proteggerla militarmente. D'altra parte nella situazione politica generale creata dalla guerra europea, l'Italia non avrebbe potuto rimanere molto tempo ancora impassibile spettatrice. La questione adriatica era per noi questione vitale ed in essa la sorte futura dell'Albania rappresentava se non il principale, certamente uno dei capisaldi fondamentali...". L'occasione propizia attesa dal regime per intervenire direttamente nella politica albanese si presentò alla fine del 1924. In precedenza, tra il maggio ed il giugno 1924, un'insurrezione armata anti-zoghista, alla quale presero parte i partiti di ispirazione liberale ed i primi gruppi comunisti, aveva costretto Zog a riparare in Jugoslavia. Il nuovo governo albanese, con un programma democratico ed antifeudale, era guidato da Fan Noli ed annoverava tra lesue fila alcuni dei principali esponenti dell'opposizione anti-zoghista. Il 26 dicembre 1924, però, appoggiato dalle truppe jugoslave e dai proprietari terrieriinterni, Zog riconquistò il potere. Applicando quanto previsto dalla Conferenza degli Ambasciatoridel 1921, Mussolini decise di intervenire direttamente nella vita politica albanese obbligando, di fatto, Zog ad accettare il pieno appoggio italiano al suo regime che,di fatto, equivaleva ad un protettorato di Roma su Tirana. Il 6 gennaio1925 Zog formò il nuovo governo con due soli ministri oltre se stesso, Libohova e Kota.Il 31 gennaio Zog venne eletto Presidente della Repubblica albanese, purmantenendo gli incarichi di Presidente del Consiglio dei Ministri e diComandante in capo dell'esercito. Il 2 settembre 1925 venne firmato a Roma l'atto che concedeva all'Italia la Banca nazionale d'Albania e, contemporaneamente, venne fondata la SVEA (Società per lo sviluppodell'economia albanese). Quest'ultima avrebbe attuato, negli anni successivi fino all'invasione militare del 1939, una sistematica politica di rapina nei confronti delle risorse albanesi, con particolare riferimento a quelle minerarie. Il 27 novembre 1926venne firmato il "Patto quinquennale di amicizia e di sicurezza" tra Italia ed Albania, che, di fatto, equivaleva ad una formalizzazione del protettorato fascista sulla repubblica balcanica. A tale Patto fece seguito, il 22 novembre 1927, la stipula del "Secondo patto di Tirana" o "Trattato dialleanza difensiva", che dava la possibilità a Mussolini di intervenire militarmente nel caso in cui fosse minacciata l'integrità territorialealbanese. Galeazzo Ciano, ricostruendo il 15 aprile 1939 alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni le relazioni tra Italia ed Albania, sottolineò quanto segue: "E' agli inizi del 1925 che Ahmed Zog assume la presidenza del piccolo Stato. Gli esordi delle sue relazionicon l'Italia fascista, troppo moralmente lontana dalle sue concezioni della vita pubblica (Benissimo) non sono buoni; ma successivamente, sotto l'impulso della necessità, cerca di avvicinarsi a noi. Si giunge in talmodo alla stipulazione del Patto di amicizia di Tirana del novembre 1926, nonché al Patto di alleanza del 22 novembre 1927". Nel settembre 1928, all'apertura dei lavori dell'Assemblea Costituente albanese incaricata della revisione generale dello Statuto costituzionale, Zog si autoproclamò Re d'Albania col nome di Zog I. La nuova costituzione monarchica, che avrebbe sostituito la precedente repubblicana, venne prontamente approvata dal regime fascista e dalla monarchia sabauda.E' assai probabile che tale sceneggiata, perché di una vera e propria sceneggiata si trattò, fosse stata organizzata per rafforzare ulteriormente i legami italo-albanesi. Nonostante questo, però, nel 1932 i legami tra Zog e Mussolini si deteriorarono rapidamente. A seguito della crisieconomica del 1929, che inferse un duro colpo alla già debole economia albanese, Zog fu costretto a richiedere, attraverso la SVEA, un prestito all'Italia di centomilioni di franchi-oro (1931). L'anno seguente, dal momento che ilmonarca albanese non era in grado di pagare alla SVEA la prima rata del prestito, Mussolini bloccò ogni ulteriore prelievo di franchi-oro da parte albanese e chiese, come ulteriore condizione di accesso al prestito, la stipula di un'unione doganale tra Italia ed Albania. Zog era accerchiato: rinunciare al prestito avrebbe significato un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita della popolazione ed un conseguente allargamento delle già numerose rivolte; piegarsi alle condizioni imposte da Mussolini avrebbe significato perdere, agli occhi dell'opinione pubblica albanese e mondiale, quel poco di autonomia formale rimastagli. Zog decise di non piegarsi al volere di Mussolini e nonrinnovò l'accordo italo-albanese del 1926. Il 1 aprile 1933, per piegare Zog alleproprie condizioni, Mussolini decise di sospendere i crediti precedentemente concessi all'Albania. Il 22 giugno 1934, in seguito ad un tentativo fallito da parte diZog di allacciare rapporti economici e politici con la Francia, Mussoliniinviò, a scopo intimidatorio, ventidue navi da guerra nel porto di Durazzo. Giunti a quel punto, il monarca albanese venne costretto a cedere e ad assoggettarsi al volere del regime fascista diRoma. Nel marzo 1936 vennero siglati nuovi accordi tra Italia ed Albania.Tra questi, il più importante fu un patto militare segreto che permetteva all'esercito italiano di controllare direttamente le forze armate albanesi. Dal punto di vista amministrativo, funzionari civili italiani sostituirono pari grado albanesi. Di fatto, il regime fascista aveva deciso di esportare oltre-adriatico il proprio modello economico, politico e sociale. Venne costituito un Partito Fascista albanese, con una propria struttura collegata al Partito Nazionale Fascista, e l'italiano venne introdotto come lingua obbligatoria nelle scuole. Prima di poter tentare qualsiasi intervento direttoin Albania, però, il regime fascista avrebbe dovuto ottenere almeno la neutralità jugoslava. Nella seconda metà del mese di gennaio del1939, dopo una lunga serie di colloqui bilaterali iniziata nel marzo 1937, venne firmato aBelgrado un protocollo di intesa tra Ciano e Strojadinovic.In cambio della neutralità jugoslava nel caso di un intervento armato italiano in Albania, Romapropose a Belgrado una vantaggiosa alleanza militare ed il proprio appoggio nel caso in cui la Jugoslavia fosse riuscita ad espandersi fino a Salonicco, ed avesse così portato a termine la riunificazione di gran parte del territorio macedone a danno della Grecia. Ecco come Ciano,pochi mesi dopo, ricostruì l'intera vicenda: "Da qualche tempo le ragioni del nostromalcontento per il suo [di Zog] atteggiamento ambiguo erano divenute più numerose e profonde, al punto che ritenemmo necessario, in occasione del viaggio da me compiuto in gennaio in Jugoslavia, ed in considerazione deicordiali vincoli che ci legano a questo Paese (vivissimi,generali e prolungati applausi), di richiamare l'attenzione delGoverno di Belgrado sulla possibilità di una crisi nelle relazioniitalo-albanesi, o, per meglio dire, fra noi e Zog, dato che invece sempre più manifesti erano i segni della simpatia popolare e numerosi appelli giungevano da partedei più eminenti Capi dell'Albania onde ottenere il nostro aiuto per liberarsi dall'oppressione zoghiana (Applausivivissimi)". Risulta in tal modo evidente che sin dal gennaio1939 il regime fascista si stava apprestando ad abbandonare il suo precedente alleato, divenuto ormai scomodo e di ostacolo al nuovo progetto coloniale ed imperialista italiano. La crisi definitiva tra Zog e Mussolini si consumò tra lafine di marzo ed i primi di aprile del 1939. Ciano, nel suo discorso del 15aprile 1939, riporta un messaggio che il Duce stesso avrebbe inviato al monarca albanese attraverso il Ministro Jacomoni: "La questione di una modificazione dei rapporti fra l'Italia e l'Albania non è stata sollevata da me. Ma dal momento che è stata sollevata, deve essere risolta nel sensodi rafforzare l'alleanza fino ad accomunare nello stesso destino i due Stati e i duepopoli per garantire, soprattutto il pacifico progresso del popolo albanese. Invito Re Zog a considerare che gli ho dato durante tredici anni prova sicura della mia amicizia; sono disposto a continuare nella stessa linea di condotta, ma se ciò fosse inutile le conseguenze ricadrebbero su Re Zog". La minaccia verbale di Mussolini non tardò adessere messa in pratica. Il 6 aprile Zog fuggì in Grecia insieme ai suoi collaboratori e con l'erario statale. Il giorno seguente, 7 aprile 1939, 400.000 soldati italiani, agli ordini del generale Guzzoni, invasero il territorio albanese permettendo così a Roma di ottenere, per la seconda volta, le "chiavi dell'Adriatico". |