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Notizie in breve
23 luglio 1997
- Berisha si dimette - Dopo lunghi mesi di resistenza, Sali Berisha ha dato finalmente le dimissioni da presidente, mentre il nuovo parlamento si è riunito per la prima volta. Berisha rimane comunque politicamente attivo come deputato del Partito Democratico. Nel frattempo gravi scontri, con vittime, vengono ancora segnalati ad Argirocastro, Tepelene e Valona.
- Clamoroso furto d'armi - Persone non identificate hanno rubato il 20 luglio da un deposito militare segreto nei pressi del confine con la Grecia un vasto numero di missili da combattimento, alcuni dei quali a lunga gittata. La notizia è stata resa nota soltanto ieri. Si tratta delle armi più sofisticate in dotazione dell'esercito albanese, importate dalla Cina nel 1995. La maggior parte dei mezzi di informazione riporta una cifra di circa 15 missili rubati, mentre differiscono i particolari in merito alle loro caratteristiche: per alcuni sarebbero 10 missili terra-terra e cinque terra-aria, per altri sarebbero 15 terra-aria. Quello che è sicuro è che tra questi missili vi è una versione dei Silkworm di produzione cinese, in grado di colpire obiettivi fino a 70 km. di distanza. Si tratta di dispositivi estremamente pericolosi per la popolazione, se maneggiati da persone inesperte: secondo il quotidiano "Koha Jone" possono dare luogo a contaminazioni radioattive in un raggio di 20 km. Il loro valore sarebbe di circa 10 milioni di dollari. (Fonti: Reuter, ATA)
- Dini: è l'ora della NATO - Il Ministro degli Esteri italiano Dini ha chiesto ieri alla NATO, nonché all'Unione Europea Occidentale, di accelerare l'adozione di misure di intervento per stabilizzare l'Albania. Dini ha scritto in merito un messaggio al segretario della NATO Solana e al Ministro degli Esteri tedesco Kinkel. A quest'ultimo, attuale presidente della UEO, Dini ha chiesto di prolungare fino a ottobre il mandato della Forza di Polizia [sic] Internazionale in Albania. Secondo Dini la NATO dovrebbe addestrare i militari albanesi e riprendere le attività della Partnership per la Pace che coinvolgono l'Albania. Il Consiglio Atlantico dovrebbe autorizzare oggi l'invio di una prima missione NATO in Albania, al fine di identificare misure concrete da adottare. (Fonte: ANSA)
- Rimpatrio forzato in massa dalla Grecia - Le autorità greche stanno rimpatriando forzatamente negli ultimi giorni un gran numero di immigrati albanesi. Secondo le testimonianze, molti di loro verrebbero rimpatriati pur essendo in possesso di regolari documenti. In alcuni casi sarebbe stata la stessa polizia greca a distruggere i documenti di immigrati regolarizzati. Vengono segnalati anche maltrattamenti ed episodi di razzismo da parte delle forze dell'ordine. Secondo l'agenzia albanese ATA sarebbero 2.000 gli immigrati rimpatriati a forza negli ultimi dieci giorni, molti dei quali dall'isola di Corfù. Negli ultimi giorni era inoltre rimasto chiuso il posto di frontiera greco-albanese di Kakavije, in seguito a sconfinamenti di "bande" albanesi. (Fonte: ATA)
- Crisi politica in Macedonia - Il PDP, partito albanese di Macedonia che fa parte della coalizione di governo, è rimasto insoddisfatto delle spiegazioni fornite dal Primo Ministro macedone e ha deciso di sospendere la propria partecipazione alle riunioni dell'esecutivo. Nel frattempo la situazione nelle regioni albanesi della Macedonia rimane tesa, ma calma. A Tirana si sono svolte numerose manifestazioni di studenti a sostegno degli albanesi di Macedonia, alle quali hanno preso parte anche esponenti di spicco del Partito Democratico. La televisione di Tirana, inoltre, ha accusato la Serbia di essere all'origine dei disordini verificatisi nei giorni scorsi in Macedonia, mentre il leader albanese del Kosovo Rugova ha avuto toni moderati nei confronti del governo di Skopje, limitandosi a chiedere a Gligorov a trovare una soluzione dei problemi del paese soddisfacente anche per gli albanesi (Fonti: MILS, ATA, Kosova Daily Report)
- Kosovo: l'opinione USA e quella degli albanesi - Januz Bugajski, co-direttore dell'Institute for International and Strategic Studies, un "think-tank" americano, ha affermato che in Kosovo vi è "un grande scettiscismo riguardo alle possibilità di una democratizzazione della Serbia" e che "nessuno dei leader albanesi ha fiducia nell'opposizione serba". Bugajski ha inoltre affermato che durante il suo ultimo viaggio in Kosovo ha notato come sia sempre più diffusa l'opinione che gli USA e l'UE siano pronti ad abbandonare la causa degli albanesi della regione, per sposare quella dell'opposizione serba e della rimozione di Milosevic dal potere. Bugajski ha chiesto alla Casa Bianca di nominare un proprio rappresentante speciale per il Kosovo, con un rango paragonabile a quello di Holbrooke per la Bosnia, proponendo inoltre di tenere una conferenza internazionale sul Kosovo a Pristina in un prossimo futuro e di aprire un'Università americana nella stessa città. Intanto, l'Università di Prishtina (controllata dalla leadership albanese) e finanziata dalla fondazione Open Society del miliardario americano Soros e dal British Council, organizzazione governativa inglese, ha svolto un'indagine sull'opinione degli albanesi del Kosovo riguardo ai problemi della regione. Le persone interrogate sono state 810, in 21 diversi comuni della regione. Secondo i dati rilevati, più del 95% degli intervistati si è pronunciato a favore dell'"indipendenza incondizionata", mentre solo il 3,7% a favore della Confederazione balcanica proposta da Adem Demaqi, leader del PPK. Circa il 50% degli intervistati ha valutato come buono il sistema politico "parallelo" degli albanesi, mentre il 26% lo ha giudicato come negativo e il 18% non ha dato risposta in merito. Secondo l'indagine, il 62% degli albanesi del Kosovo riterrebbe che la politica di Rugova raggiungerà gli obiettivi a cui mira. Inoltre, il 26% degli intervistati si è detto favorevole a un ritorno degli albanesi nel sistema scolastico "con qualunque mezzo", il 26% si è dichiarato a favore dell'accordo Rugova-Milosevic. Infine, secondo il 23% degli albanesi kosovari il problema più importante sarebbe lo statuto del Kosovo, secondo il 21% sarebbe invece la repressione messa in atto dalle autorità serbe e secondo il 15% la massiccia disoccupazione. (Fonti: Kosova Daily Report, ATA)
11 luglio 1997
- Gravissimi scontri in Macedonia - A Gostivar, uno dei due capoluoghi di provincia della Macedonia dove dall'autunno scorso governa il partito albanese PDA (Partito Democratico Albanese) e città a maggioranza albanese, si sono verificati il 9 luglio degli scontri di piazza che hanno causato la morte di due persone e il ferimento di circa 200 persone. Gli scontri si sono verificati dopo che la polizia, applicando una sentenza della Corte Costituzionale emessa due mesi prima, avevano tolto dal municipio le bandiere albanese e turca, fatte esporre permanentemente dal sindaco. Il giorno prima, l'8 luglio, il parlamento macedone aveva approvato a larga maggioranza (con i voti favorevoli di socialdemocratici, socialisti e albanesi moderati) una legge che consentiva l'esposizione delle due bandiere sugli edifici delle autorità locali, ma solo in occasione delle festività nazionali e non permanentemente. Secondo il Ministero degli Interni macedone, dopo che le bandiere sono state tolte, una folla di 1000 cittadini di etnia albanese ha cercato di sfondare i cordoni di polizia. Le forze dell'ordine avrebbero sparato in aria e, subito dopo, sarebbero state oggetto di lanci di pietre e spari da parte della folla e di cecchini appostati su edifici circostanti. La versione degli albanesi è invece opposta. Le vittime sono due uomini di etnia albanese. Una terza persona è in fin di vita, a quanto pare si tratterebbe di un cittadino dell'Albania. Dei 200 feriti, 8 sono poliziotti. Mentre il partito di maggioranza SDSM si è limitato ad appelli alla calma, e quello albanese di governo (PDP) ha criticato l'operato della polizia, il partito nazionalista macedone VMRO-DPNE ha accusato il governo e il presidente Gligorov di avere organizzato gli scontri per distogliere l'attenzione della popolazione dai problemi economici e sociali che assillano il paese. Oggi a Gostivar la situazione era ancora tesissima, ma calma. Le strade erano vuote e pattugliate da ingenti forze di polizia, ma non si è verificato alcuno scontro. A Tetovo, altra città a maggioranza albanese, in passato teatro di gravi scontri etnici, nella quale erano state esposte le bandiere, non si sono verificati incidenti, nonostante la polizia abbia provveduto come a Gostivar a togliere i vessilli. Durante l'azione i poliziotti si sarebbero lasciati andare ad atti di vandalismo, secondo quanto riportano le principali agenzie giornalistiche. Anche a Tetovo l'atmosfera rimane molto tesa. Questi fatti sono avvenuti in coincidenza con il varo di un nuovo piano economico, concordato dal governo con il FMI, che prevede una fortissima svalutazione, lungo il tempo, della moneta nazionale e il congelamento degli stipendi. In questi stessi giorni, si è avuta un'improvvisa crisi nelle trattative tra governo e AUDI (la casa automobilistica del gruppo Volskwagen) per un contratto che sembrava ormai concluso, riguardante l'apertura di un'importante linea di produzione in Macedonia. I tedeschi hanno all'ultimo momento vincolato l'eventuale firma di un contratto definitivo all'adesione da parte della Macedonia al Trattato per il libero commercio mondiale in virtù del quale, contrariamente a quanto lascerebbe pensare il nome del trattato, la produzione AUDI verrebbe riconosciuta come "nazionale macedone" e quindi protetta rispetto alla concorrenza estera. Intanto, sempe il 9 luglio, a Madrid, in occasione del vertice NATO, Gligorov ha insistito per un allargamento dell'alleanza atlantica anche al sud-est europeo, accennando a tale proposito ai disordini avvenuti lo stesso giorno di Gostivar. (Fonti: MILS, MIC, Dnevnik)
7 luglio 1997
- Primo obiettivo: disarmare le "bande" - "Ora il primo problema è quello di disarmare le bande", afferma Stefano Silvestrini, esperto dell'Istituto di affari internazionali, un "think tank" della politica italiana, in un'intervista pubblicata oggi dal "Corriere della Sera". Secondo Silvestrini, "per i soldati italiani è arrivato il momento di tornare alla base", e il governo Prodi deve "intervenire in altre forme: aiutare il paese a ricostituire la polizia e l'esercito. Sostenerne la ricostruzione. Stimolare la rinascita economica". Ci vorrà un'Alba 2, continua l'esperto, "che punti alla ricostruzione dell'Albania. Ma attenzione: sempre con un mandato internazionale. Che coinvolga quindi diversi paesi, oltre all'Italia. La classe politica albanese, non dimentichiamolo, ha problemi di popolarità interna. Se nel paese delle aquile rimanessero solo gli italiani, a molti resterebbe sempre la tentazione di rafforzarla a nostre spese". Silvestri, dopo avere nuovamente ribadito la necessità di disarmare le "bande", precisa che "non dobbiamo essere noi [italiani] a svolgere compiti di polizia. Magari con il nostro aiuto, ma questi spettano agli albanesi. [...] Possiamo anche pensare di lasciare sul posto una forza di pronto intervento, che serva da deterrente alle bande". Le prospettive per il futuro? "L'ideale sarebbe la formazione di un governo che non sia proprio di parte. Anche se non di unità nazionale, più larga è la maggioranza, anche con forme di appoggio esterno, meglio sarà. [E se tutto dovesse scivolare verso il caos] bisognerà tornare all'Onu e ottenere un nuovo mandato. Si ricomincerebbe tutto da capo. Ma da una situazione ben più grave. [...] Se il disordine prenderà il sopravvento, vorrebbe dire il fallimento dell'opzione democratica. E sarebbe difficile individuare nuove prospettive". (Fonte: Corriere della Sera)
- Bufala n. 1: Nord contro Sud - Delle elezioni del 29 giugno (ampiamente commentate dalla stampa italiana ed estera) va rilevato un dato che conferma quello che fin dall'inizio tanti avevano affermato: non esiste un conflitto etnico, in Albania. Mentre molti mezzi di informazione erano stati immediatamente disponibili a fare propria l'ipotesi lanciata da Berisha di un conflitto tra Nord e Sud, i dati elettorali dimostrano con chairezza che la "tranquillità" che regnava a Nord non era espressione di un appoggio a Berisha e al suo governo, ma dal controllo esercitato sul territorio dalle milizie del presidente. Nel segreto delle urne elettorali, a Scutari (che è stata definita in questi mesi una "roccaforte di Berisha"), il PD ha subito una sconfitta pressoché totale, a vantaggio dei socialisti. Ma anche a Kavaja, dove in passato il PD aveva ottenuto l'80% dei voti, il PD è dovuto andare al ballottaggio con i socialisti in tutte le circoscrizioni. (Fonte: ATA)
- Bufala n. 2: Il re - Lo spoglio delle schede era iniziato da qualche ora, in condizioni difficilissime, e già televisione e giornali italiani segnalavano che "la monarchia, a quanto pare, avrebbe vinto il referendum". Sfogliando la stampa estera, tuttavia, nascevano alcuni dubbi: da Parigi a Londra, da Washington a Belgrado, nessuno riportava questa notizia. La cosa si chiariva subito andando a verificarne la fonte in una notizia di agenzia: i dati che indicavano la vittoria della monarchia e citati dalla RAI e da tutti i più "autorevoli" quotidiani italiani provenivano da una fonte attendibilissima... il partito monarchico! Un fatto che all'estero è giustamente sembrato sufficiente per ignorare la "notizia", a differenza di quanto è avvenuto in Italia. Senza questa amplificazione "italiana", tuttavia, è difficile che Leka Zogu avrebbe tentato la prova di forza dei giorni scorsi, con l'accerchiamento da parte di suoi miliziani armati dell'edificio della Commissione Elettorale. Il referendum sulla monarchia era stato indetto con decreto del Presidente Berisha, senza che nessuna forza popolare o politica lo avesse richiesto. Va notato infine che la carta monarchica (tenuta come opzione di riserva anche in Jugoslavia, Bulgaria e Romania) è stata giocata in Albania negli stessi giorni in cui il governo Prodi metteva a punto il decreto che consentirebbe ai Savoia di tornare in Italia come liberi cittadini.
- Il "Wall Street Journal" e la destra europea non abbandonano Berisha - Mentre Mastella, Casini, Dini e gli altri amici italiani di Berisha preferiscono per ora il silenzio, l'organo della finanza internazionale, il Wall Street Journal, non recede dal suo aperto appoggio al presidente albanese. In due articoli pubblicati nei giorni successivi alle elezioni, il quotidiano statunitense, che in passato si era a più riprese schierato a fianco dell'ex-cardiologo di Hoxha, lamenta "le eccessive critiche espresse in passato dalla comunità internazionale nei confronti di Berisha" e il ritorno dei "comunisti" al governo. Dopo avere descritto i cittadini di Valona come una banda di criminali dediti in massa al traffico di droga, il quotidiano afferma che "se c'è una cosa utile che la Forza di intervento multinazionale avrebbe potuto fare, sarebbe stata quella di spazzare l'Albania da cima a fondo per costringere i ribelli a riconsegnare le armi". Lo studioso che scrive di Balcani per il giornale finanziario di New York, Mark Almond, ha fatto parte del gruppo di osservatori americani ed è stato oggetto nei giorni scorsi di un attentato mentre si trovava in un bar di Tirana con il segretario del PDA Tritan Shehu. Nel frattempo, l'EDU, l'associazione dei partiti conservatori e democristiani europei, ha espresso ufficialmente la propria contrarietà per l'esito del voto albanese: "Le elezioni non sono state per nulla libere e corrette", per le minacce subite dai membri del Partito Democratico. Il comunicato dell'organizzazione loda Berisha per la disponibilità al compromesso di cui avrebbe dato prova con la decisione il 9 marzo di accettare la formazione di un governo di riconciliazione nazionale. Il presidente dell'EDU, l'austriaco Alois Mock, termina invitando esplicitamente i governi dei paesi balcanici a protestare per l'esito delle elezioni. (Fonte: Wall Street Journal, ATA)
- Bruciato uno stabilimento italo-albanese - A Elbasan, nell'Albania centrale, è stato distrutto da un incendio uno stabilimento dell'impresa mista "Italdruri". L'impresa, nella quale, dopo la privatizzazione, erano stati investiti ben 9 milioni di dollari, aveva interrotto la produzione da tre mesi a causa dei disordini. (Fonte: ATA).
- Ai confini dell'Albania - In Macedonia, il presidente Kiro Gligorov, ha dichiarato in un'intervista per il quotidiano greco "To Vima" che, a sua opinione, "il governo di Belgrado ha compiuto un grande errore a non dialogare con i leader degli albanesi del Kosovo, per trovare una soluzione accettabile, che preveda l'indipendenza del Kosovo nell'ambito della Repubblica Federale Jugoslava". In Kosovo, intanto, prevale l'attendismo nei commenti delle forze politiche schipetare riguardo alle elezioni in Albania. Solo il Partito Democristiano, il Partito Liberale e il Partito Democratico Nazionale (tutti dalla scarsa influenza politica) hanno apertamente condannato la vittoria dei socialisti, accusando, oltre alle "bande armate", anche l'UE e gli USA per avere tolto il loro appoggio a Berisha. L'LDK e il PPK, i due partiti che insieme raccolgono il 90% dei consensi degli elettori albanesi, non hanno emesso alcun comunicato ufficiale. I rispettivi leader hanno dichiarato, specificando tuttavia che si trattava di una loro opinione personale, di ritenere che il nuovo governo continuerà ad appoggiare la causa del Kosovo, a breve e a lungo termine. Infine, in Grecia il governo ha varato una sanatoria che consentirà agli immigrati presenti nel paese e in possesso di un lavoro di regolarizzarsi. Il decreto, tuttavia, ha suscitato forti proteste da parte delle organizzazioni umanitarie, perché varrà solo per i cittadini di paesi che non confinano con la Grecia, escludendo così dalla sanatoria i circa 250.000 immigrati albanesi presenti nel paese. (Fonte: Reuter, Greek Helsinki Committee).
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