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I Balcani


NOTIZIE EST #126 - JUGOSLAVIA/SERBIA
15 dicembre 1998


**** COSA STA SUCCEDENDO IN SERBIA? / 2 ****


LA "SVOLTA" DEGLI USA NEI CONFRONTI DELLA SERBIA

[Nei primi giorni di dicembre dalla Casa Bianca è venuta tutta una serie di dichiarazioni particolarmente aspre contro il regime di Belgrado. I funzionari di Washington hanno affermato che il vero problema nei Balcani è Milosevic, che gli Stati Uniti appoggeranno le forze democratiche in Serbia, che il presidente jugoslavo deve essere rimosso ecc., mentre alcuni giornali hanno parlato di presunti piani segreti degli USA per rovesciare il regime di Belgrado e altro ancora. Tutto questo è avvenuto quasi in contemporanea con le purghe in corso ai massimi vertici politico-militari della Serbia, di cui abbiamo riferito, e nel momento in cui si delineava il pesante stallo nelle trattative tra Pristina e Belgrado per il Kosovo, concretizzatosi poi in questi giorni. Riportiamo qui sotto una serie di materiali dalla stampa serba e macedone - a.f.]


"Nova Makedonija", Skopje, 7 dicembre 1998:

LE DICHIARAZIONI DEGLI USA SU MILOSEVIC: UN AIUTO O UNO SGAMBETTO? (di Tatjana Stankovic)

[...] Dopo la serie di dichiarazioni rese da deputati americani, nele quali il nome di Milosevic è stato menzionato in relazione al Tribunale dell'Aia per i crimini di guerra, e dopo la serie di articoli apparsi su giornali britannici relativamente a supposti piani per compiere un attentato contro l'attuale presidente jugoslavo mentre si trovava in viaggio per trattative di pace, nonché all'esistenza di unità speciali britanniche pronte a compiere azioni come il rapimento di un serbo accusato di crimini di guerra in Serbia, è venuto lo "scoop" secondo il quale il presidente americano avrebbe dato semaforo verde a un progetto per rimuovere Milosevic dal potere. Questa notizia, riportata dall'"Observer" di Londra, è stata seguita dall'affermazione secondo cui l'iniziativa di un'azione contro Milosevic è stata approvata all'unanimità da tutti i consulenti di Clinton, il quale avrebbe reso esecutiva tale decisione già da alcuni giorni. [...] Si afferma inoltre che il principale architetto della svolta di Washington nei confronti di Milosevic sarebbe Robert Gelbard, il quale già in precedenza aveva avanzato la propria tesi che Milosevic deve essere rimosso dal potere.

Dopo di lui è venuto il senatore repubblicano Richard Lugar, che ha messo fortemente in dubbio l'opportunità della politica condotta fino a oggi da Washington, che si è basata sempre su Milosevic, limitando l'appoggio ai cambiamenti democratici in Jugoslavia e in Serbia, senza i quali, secondo Lugar, non vi può essere una soluzione del dramma del Kosovo. [...] [Il portavoce del Dipartimento di Stato James Rubin ha approvato ufficialmente quanto dichiarato da Lugar e ha proseguito affermando che] Washington non si fa alcuna illusione in merito a Slobodan Milosevic, né tantomeno lo ritiene il garante della stabilità in Kosovo o nella rimanente parte della Jugoslavia, sottolineando inoltre che durante l'ultimo decennio il leader serbo è stato al centro di tutte le crisi in Jugoslavia e che non è solo parte di tali problemi, bensì ne è sempre il principale fattore scatenante.

[...] L'opinione pubblica serba si trova tuttavia di fronte a un dilemma: questa svolta americana è davvero giunta all'ultimo momento per impedire a Milosevic di soffocare nella sua marcia tutti coloro che non pensano come lui o come il gruppo di persone che lo circondano, oppure si tratta in realtà di un grande aiuto che non farà che rafforzare il potere di Milosevic? Comunque, a tali domande fa immediatamente seguito quella relativa a chi gli americani eventualmente sceglieranno di appoggiare nella loro intenzione di democratizzare la Serbia. Per ora, l'unica alternativa, almeno così si ritiene in generale, è l'Alleanza per i cambiamenti - l'alleanza delle forze di opposizione democraticamente orientate che, nella loro composizione, sono molto eterogenee, molto divise e nei fatti troppo deboli per potere avere qualche possibilità reale di opporsi effettivamente alle forze nazionaliste ben più eterogenee guidate dal Partito Socialista e dalla JUL. [Il coordinatore dell'Alleanza per i cambiamenti è Nebojsa Covic, ex alto funzionario del Partito Socialista e sindaco di Belgrado, il suo leader più noto è il miliardario serbo-americano ed ex premier Milan Panic e della compagine fa parte il movimento dei serbi del Kosovo guidato da Trajkovic, una forza ultrareazionaria e sciovinista. E' davvero difficile, quindi, concordare con l'autore dell'articolo che si tratti di forze di opposizione democraticamente orientate - a.f.]. Gli osservatori stranieri ritengono che sia necessario appoggiarsi anche ad alcune altre forze, individuandole, innanzitutto, nei circa 90 mila poliziotti, dei quali fino a ieri si sosteneva che fossero la più forte base del potere di Milosevic, nonché nel generale Momcilo Perisic e nel capo della sicurezza nazionale Jovica Stanisic. In particolare, gli osservatori stranieri affermano che l'insoddisfazione della polizia dopo gli eventi in Kosovo è talmente alta che essa è pronta a muoversi contro Milosevic e vuole solo essere sicura di ritrovarsi tra i vincitori. Il fatto che, come ha dichiarato James Rubin, l'amministrazione americana sia rimasta molto preoccupata dalla recente rimozione dei due alti funzionari è importante non solo perché è evidente che si ritiene che in loro assenza Milosevic sia in grado di iniziare una guerra aperta contro il Montenegro, ma anche perché in essi evidentemente gli USA vedono dei possibili nuovi leader di molti di coloro che si oppongono al potere di Milosevic e che potrebbero vincere alle prossime elezioni. E' tuttavia ancora difficile prevedere se Perisic e Stanisic entreranno in politica, anche se sono già molti coloro che si sono dati da fare per promuovere il primo come il nuovo Lebed serbo. [...]


"Dnevni Telegraf", Belgrado, 5 dicembre 1998:

LA "SVOLTA AMERICANA" NEI CONFRONTI DI BELGRADO E' IL SINTOMO DI UN CAMBIO DELLA GUARDIA, AFFERMA PREDRAG SIMIC
E' Gelbard, al posto di Holbrooke, a guidare il nuovo corso dell'America.

"L'America continuerà a seguire una linea a doppio binario, a trattare con le autorità serbe e a sostenere allo stesso tempo l'opposizione", ha dichiarato a DT Predrag Simic dell'Istituto per la politica e l'economia internazionale di Belgrado riguardo alla dichiarazione con la quale James Rubin, portavoce del Dipartimento di Stato, ha affermato che gli Stati Uniti non sostengono più politicamente Milosevic nei Balcani. "La dichiarazione pubblica della svolta di Washington rispetto a Belgrado non sorprende. Questa svolta è stata suggerita dagli esperti dell'Istituto per la pace [questo istituto, vicino alla Casa Bianca, ha di recente messo a punto anche uno "scenario" sull'imminente destituzione di Tudjman in Croazia e sulla sua sostituzione con forze democratiche, che ha scatenato le ire del regime di Zagabria, come ha riferito il settimanale Globus a settembre - a.f.] già all'inizio di quest'anno, così come da un gruppo di importanti personalità americane che hanno inviato nello stesso momento una lettera aperta a Bill Clinton. Nel Consiglio per la sicurezza nazionale ha cominciato a rafforzarsi la posizione di Robert Gelbard rispetto a quella di Richard Holbrooke, il quale altrimenti è stato fino a oggi il principale architetto della politica americana nei Balcani", afferma Simic. Secondo le sue parole, molti fattori della politica americana sono giunti alla conclusione che le trattative con Belgrado non hanno portato a sostanziali progressi, che la soluzione del problema del Kosovo prosegue con grande difficoltà e che le parti del conflitto continuano a essere ancora lontane dal sedersi al tavolo delle trattative. La politica americana nei Balcani, secondo Simic, per ora cerca di risolvere il problema del Kosovo senza impegnare la forza, cercando in ogni modo di evitare di ripetere i deludenti risultati degli accordi di Dayton. "L'obiettivo degli USA è quello di diminuire l'influenza della Serbia in Kosovo, ma di impedire che il Kosovo si separi dalla Serbia", afferma Simic. "In ogni caso gli americani non si fanno più illusioni, vale a dire che sanno che il tempo per risolvere la crisi del Kosovo sta per scadere", continua. Gli americani, inoltre, sono delusi da come vengono realizzati gli accordi di Dayton, soprattutto dopo le elezioni di settembre in Bosnia. "La loro idea è che esercitando forti pressioni politiche sulle autorità di Belgrado e sostenendo contemporaneamente le forze di opposizione in Serbia, sia possibile evitare una nuova Dayton e avvicinare le posizioni di serbi e albanesi", conclude Simic.


"Danas", Belgrado, 5-6 dicembre 1998:

LO ZIO SAM COLPISCE DI NUOVO?

[...] E' difficile per ora stabilire se [le dichiarazioni di Rubin rappresentano] questa volta un distanziamento definitivo di Washington da Milosevic e il riconoscimento che il corso finora seguito, cioè quello di una collaborazione pragmatica con il leader serbo-jugoslavo non ha dato i frutti sperati. La difficoltà viene soprattutto dal fatto che negli anni scorsi vi sono stati già molti episodi come questo o simili, oppure manovre tattiche, che si sono conclusi tutti, senza eccezioni, con Milosevic che "all'ultimo minuto" ha trovato il modo e i mezzi per "risolvere le incomprensioni" con gli USA e, grazie a svariate concessioni, per relativizzare la determinazione degli americani nel risolvere "la questione balcanica" a loro modo. Nel frattempo, non a caso, gli Stati Uniti hanno cambiato a più riprese i propri rappresentanti, lanciando tutta una nuova pleiade di politici, da Holbrooke a Gelbard e a Hill, che sulla Serbia e su Milosevic hanno fatto carriera, mentre Milosevic si trova ancora lì dove era - sul trono, forte fino al punto in cui le attuali circostanze glielo consentono, ma, a quanto sembra, deciso a non cedere in un prossimo futuro il proprio potere diretto.

Cosa ha convinto Clinton, come si afferma, che ogni ulteriore collaborazione e comunicazione con Milosevic non è possibile e che la Serbia sotto di lui continuerà a essere una fonte di crisi permanente nei Balcani? E quale è il motivo diretto che ha portato, dopo avere parlato prima del "macellaio dei Balcani" (questa era l'epiteto usato dagli americani ai tempi della guerra in Croazia e in Bosnia) e poi del "garante della pace e della stabilità nei Balcani (ai tempi di Dayton e dopo di esso), a parlare oggi di un leader che "non è parte del problema, ma è il problema stesso"? Gli Stati Uniti, a quanto pare, hanno creduto troppo a lungo che l'Europa potesse andare da sola fino in fondo con Milosevic. Poiché la "vecchia signora" non è assolutamente riuscita ad affermarsi per tutta una serie di motivi strategici, storici e geopolitici, Washington ha "dovuto intervenire". Non solo per aiutare i propri alleati occidentali, quanto piuttosto per dimostrare che, dopo la caduta del blocco sovietico, gli Stati Uniti sono rimasti l'unica superpotenza, ma anche per impedire che a causa della loro eventuale indifferenza non rafforzassero i propri interessi e la propria influenza alcuni altri paesi dell'Europa Occidentale, in primo luogo la Germania. Alla tattica del "bastone e della carota", che evidentemente è convenuta a tutti per tenere i Balcani sotto un relativamente accettabile controllo, Washington ha aggiunto la disponibilità di Milosevic a collaborare, le grandi concessioni riguardo alla Croazia e alla Bosnia, più tardi anche riguardo al Kosovo. Fino a quando l'amministrazione americana ha creduto di potere in tal modo mantenere la propria influenza, Milosevic ha ottenuto in cambio della propria collaborazione il diritto a ripulire quasi senza ostacoli il proprio "cortile di casa", eliminando una dopo l'altra quasi tutte le sfide al suo potere. E durante il periodo in cui la comunità internazionale, in particolare gli USA, sono stati contenti della collaborazione di Milosevic, la situazione in Serbia e in Jugoslavia si è fatta insostenibile [...] smentendo le previsioni dell'Occidente secondo cui l'accordo sulla Bosnia avrebbe potuto riflettersi positivamente anche sulla situazione della democrazia in Serbia e nella Jugoslavia.

La decisione di Washington di fare conto sull'opposizione democratica serba (che per volontà sia propria che del regime è in parte in dissoluzione, in parte in ibernazione) o su quei pochi media indipendenti che attualmente stanno passando attraverso la più pesante fase di repressioni e di sopravvivenza giorno per giorno, o magari di puntare sul fatto che Stanisic, Vucelic e Perisic possano svolgere qualche ruolo importante nell'"abbattimento di Milosevic", sembra davvero troppo debole e troppo poco fondata per potere portare a qualche svolta in Serbia. Come di sicuro gli stessi Stati Uniti si rendono conto, è fortissimo il timore negli ambienti politici serbi che l'intera (eventuale) azione potrebbe portare a delle forzature eccessive e all'intensificarsi dello scontro tra Belgrado e Pristina o Podgorica (indipendenza per il Kosovo e/o il Montenegro), cosa che renderebbe ancora più incandescente la crisi nella regione, con delle conseguenze che difficilmente si possono prevedere.


"Vreme", Belgrado, 5 dicembre 1998

BUONGIORNO, COLOMBO (di Dejan Anastasijevic)

[...] Nessuno [degli articoli della stampa estera] cerca di spiegare perché gli Stati Uniti hanno dovuto accettare Milosevic come partner negli ultimi dieci anni circa. Sono stati il potere e l'influenza di Milosevic, e non i suoi principi democratici e umanitari, che gli hanno consentito di essere nella posizione per agire come un partner degli USA negli affari balcanici. I media occidentali parlano in termini generali di "alternative democratiche" e di "opposizione", ma è ancora assolutamente non chiaro chi esattamente gli Stati Uniti appoggeranno per fare sì che "una nuova, democratica Serbia possa entrare a fare parte della famiglia Europea". Il fatto che dei compari di Milosevic come Stanisic, Perisic e Vucelic, recentemente caduti in disgrazia, vengano menzionati come le possibili avanguardie della resistenza dà solo una misura di quanto lontane le aspettative degli USA siano dalla realtà. Anche se gli Stati Uniti possono avere comunque dei dubbi sull'alternativa a Milosevic, i leader dell'opposizione locale di sicuro non ne hanno. "Io sono l'alternativa" hanno gridato tutti senza un'eccezione, ma il leader del Movimento del Rinnovamento Serbo (SPO), Vuk Draskovic è stato il più veloce a farlo. Perfino i direttori di alcuni media non governativi si sono uniti alla competizione [una chiara allusione al direttore del "Dnevni Telegraf", fino a pochissimi mesi fa uomo di Mira Markovic, moglie di Milosevic, oggi caduto in disgrazia e in questi giorni a Washington per un viaggio "promozionale" - a.f.]. Sono convinti di essere tutti alleati naturali degli Stati Uniti nella campagna per abbattere Milosevic. Il resto, ritengono, è una questione di risorse e di tecnologie che verranno messe a disposizione dagli sponsor di Washington. Non si può fare altro che consigliare loro di tornare con i piedi per terra e di considerare quanto sono essi stessi responsabili per la posizione in cui si trova la Serbia. [...] In ogni caso, il messaggio degli Stati Uniti a Milosevic è quello di tenere sotto controllo i propri "falchi" piuttosto che quello di farsi da parte. Le autorità statunitensi hanno ancora bisogno di Milosevic per il Kosovo e per la Repubblica Serba di Bosnia, essendo evidente che il presidente jugoslavo è ancora più che influente nelle due regioni. I cambiamenti democratici in Serbia dipendono più dalla popolazione della stessa Serbia che dagli Stati Uniti, anche se tutto lascia intendere che i cittadini del paese sono ancora incerti in merito a fino a quale punto siano stanchi di Milosevic. [...]

(dalle fonti citate nel testo - selezione e traduzione dal serbo e dal macedone di A. Ferrario)