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![]() NOTIZIE EST #128 - JUGOSLAVIA/KOSOVO 18 dicembre 1998DEMACI: "QUELLO CHE GLI ALBANESI VOGLIONO NON E' UNA SCHIAVITU' ADDOLCITA" Adem Demaci è noto all'opinione pubblica albanese, serba e internazionale come Mandela del Kosovo, come vincitore del premio Sacharov all'inizio degli anni '90, come ex presidente del Comitato del Kosovo per la Difesa dei Diritti Umani, come presidente del Partito Parlamentare del Kosovo e ora come rappresentante politico dell'UCK, che ha passato 28 anni in prigione (condannato come uno degli organizzatori delle dimostrazioni del 1968). Nella seguente intervista racconta alla AIM della sua nuova funzione, dei problemi che si trova ad affrontare l'UCK, dell'inasprimento della situazione in Kosovo... AIM: Quali sono i suoi rapporti con il Quartiere Generale dell'UCK? DEMACI: Sono rapporti di profonda comprensione. Lavoriamo allo stesso obiettivo. Io qui lavoro affinché si possa giungere a una soluzione per il Kosovo mediante trattative, e loro là lavorano a modo loro. Io mantengo i contatti principalmente con l'amministrazione politica e con l'amministrazione per gli affari civili del Quartiere Generale. Esiste anche un'amministrazione militare. Loro non nasconderebbero mai nulla a me, ma io ne capisco poco di faccende militari e non potrei comunque essere d'aiuto. Oltre a ciò, dobbiamo difenderci a vicenda. Io vivo a Pristina e lavoro legalmente, per quanto ciò è possibile nelle condizioni del Kosovo. AIM: Lei conosce alcuni di loro da prima... DEMACI: Ne conosco davvero pochi. Fanno parte di una generazione che è cresciuta e maturata soprattutto dopo il 1981. Prima di ciò, io e i miei amici, in gruppi piccoli o più grandi, abbiamo vissuto e abbiamo lavorato per la causa albanese in condizioni che erano diverse. Io ho fatto 28 anni di carcere duro, sono stato arrestato per la prima volta nel 1958, quindi esattamente 40 anni fa. Ed erano davvero altri tempi. Il processo di una decisa evoluzione nella coscienza degli albanesi verso un impegno di massa e verso la disponibilità a sacrificarsi è cominciato successivamente, una ventina di anni fa, ed è questo che ha portato a dove siamo ora. E' giunta una nuova generazione di albanesi, istruita e cosciente di non potere fare progressi nelle condizioni della repressione serba che, con il tempo, si è trasformata in una schiavitù insopportabile. AIM: Eppure lei ha dei suoi uomini. DEMACI: No. Non ho lì sul campo dei miei uomini. Ho amici e conoscenti, soprattutto tra i lavoratori e i combattenti. Ho anche degli amici molto stretti. Decine di miei compagni di prigionia, che mi erano molto vicini, sono morti nella lotta per la libertà durante la guerra. Per potere capire come mi sento è necessario conoscere come crescono le amicizie in carcere. AIM: Sembra che la continuità tra la sua e l'attuale generazione sia indiscutibile... DEMACI: Sì. Non vi sono differenze nei nostri obiettivi e nella disponibilità a sacrificarci personalmente per realizzarli. E' vero, a causa del cambiamento della situazione, abbiamo dovuto apportare delle correzioni agli obiettivi. Penso in senso ampio, vale a dire per quella che viene definita l'unione di tutti gli albanesi. Si tratta di qualcosa a cui tutti dobbiamo rassegnarci a cui dobbiamo guardare come a qualcosa di realizzabile nell'ambito dei futuri processi di avvicinamento e integrazione a livello europeo e balcanico. Ma la schiavitù del Kosovo sotto la Serbia non la sopporteremo a nessun prezzo. Per gli albanesi del Kosovo è una questione di essere o non essere. Siamo l'ultima colonia d'Europa. Sotto la Serbia, gli albanesi scompariranno dal Kosovo, ovvero ne verranno scacciati. La nostra libertà non ha alternativa. AIM: Nel mondo, qui e ovunque, si parla di gruppi armati albanesi, e non di... DEMACI: Sì, non riescono a liberarsi della parola UCK. E' una parola alla quale sono allergici perché rompe loro le uova nel paniere e rappresenta un ostacolo alla realizzazione di varie loro ambizioni personali e di altro tipo. Queste persone tronfie non possono nemmeno pensare che qualcuno possa essere migliore di loro, per non dire poi che in Kosovo possa agire un esercito organizzato con una struttura ben definita e una gerarchia che va dai massimi vertici fino alle più piccole unità sul terreno. Non posso certo dire che non vi siano delle difficoltà. Ma datemi anche solo un esempio di un movimento armato nel mondo moderno che sia riuscito a tracciarsi un profilo come ha fatto l'UCK nel solo giro di un anno. Ha acquistato questo suo profilo ed è maturata nel fuoco di grandi battaglie. Gli esperti dell'UCK che hanno partecipato alle guerre in Croazia e in Bosnia dicono che i serbi là non hanno mai intrapreso delle offensive delle stesse dimensioni, e con così tanti uomini e armi moderne, di quelle messe in atto durante gli otto mesi di guerra nel Kosovo. AIM: Si parla di grossi errori nel corso del conflitto, di mancanza di coerenza nel comando, di dilettantismo... DEMACI: Conosco questi discorsi. Conoscendo un po' di fatti e come persona che vive qui, posso affermare con sicurezza che essi fanno parte delle attività di guerra speciale contro l'UCK e tutti coloro che seriamente e sinceramente hanno saputo cogliere il bisogno di libertà degli albanesi. Purtroppo, a questa guerra speciale partecipano anche alcuni segmenti del movimento albanese. Accecati dalla lotta intestina per il potere tra fazioni albanesi e non disposti a fare nulla per realizzare la libertà e l'indipendenza del Kosovo, per la quale pubblicamente si svociano più degli altri, non risparmiano mezzi per screditare l'UCK. AIM: Anche fuori si è parlato di divisioni e frazionamento. DEMACI: Sì. Fuori si è parlato così perché non si conosce la situazione o per dei giochi diplomatici. Ma qui questi due fattori non dovrebbero nemmeno esistere. Per essere più precisi: è facile parlare della guerra da un caldo appartamento di Pristina. Tutti hanno avuto la possibilità di dare il proprio contributo e a nessuno ciò è stato impedito. Quello che io posso dire è che la lotta e il modo in cui è stata condotta non dipendono solo da una parte. L'insurrezione è stata di massa e bisognava tenere conto di quello a cui la popolazione andava incontro. Le divisioni e il frazionamento sono stati un vagheggiamento di coloro ai quali l'UCK ha dato fastidio. Continueranno ancora a desiderarli, ma io sono convinto che non riusciranno a realizzare i loro desideri. L'UCK ora è molto forte sotto ogni punto di vista. AIM: Vi è anche chi afferma che mercenari stranieri lavorano a fianco degli albanesi... DEMACI: Non possiamo impedire la diffusione di storie maligne. Dalla nostra parte è chiaro e limpido. Gli albanesi stanno conducendo una guerra di liberazione, abbiamo molti esperti che non vengono impegnati a causa delle divisioni interne al movimento albanese e, soprattutto, abbiamo di sicuro molti, moltissimi albanesi che sono pronti a sacrificarsi per la loro libertà e per l'indipendenza del Kosovo. Non abbiamo alcun bisogno di soldati stranieri. Naturalmente, desideriamo e facciamo tutto il possibile per avere il maggior numero possibile di amici nel mondo e per ottenere da loro la maggiore misura possibile di sostegno politico e diplomatico. AIM: Gli osservatori e i verificatori stranieri danno colpa soprattutto all'UCK per le violazioni della tregua e affermano che i guerriglieri sono altrettanto responsabili della situazione nel Kosovo di quanto lo sono le forze serbe... DEMACI: Cosa ne penso io personalmente, come Adem Demaci, ve lo potrei dire subito in poche parole. Ma, ...va bene, mi limiterò solo ad alcuni fatti. Durante il mese di novembre, vale a dire già durante il periodo di tregua, sono stati uccisi 23 albanesi e solo nel giro di 2-3 giorni, all'inizio di dicembre, sono stati uccisi 15 albanesi. Alcuni erano membri dell'UCK. Sono stati indiscutibilmente eliminati dalle forze serbe in classiche azioni di attentato o di agguato. Durante tutto questo periodo, sono stati uccisi 6-7 poliziotti serbi dei quali alcuni erano in uniformi civili. Desidero che nessuno muoia e lavoro affinché sia così, ma non si può ignorare l'enorme differenza nei numeri. Nelle condizioni del Kosovo, si tratta di un esempio eloquente della situazione collettiva. Gli albanesi vengono maltrattati, arrestati, si applicano contro di loro tecniche di tortura bestiali e li si condanna in processi montati. A causa di ciò gli uomini albanesi non possano usare i mezzi di comunicazione interurbani né le strade principali per rifornirsi o per andare in visita da qualcuno. Non voglio affogarvi di dati, ma si tratta di migliaia di albanesi. Si era detto che dopo l'accordo Milosevic-Holbrooke questo non sarebbe dovuto accadere. Chi ha occhi e vuole vedere e chi ha orecchi e vuole sentire può facilmente valutare la responsabilità di ciascuno. Tutto si può illustrare con dati concreti e incontrovertibili relativi a case albanesi distrutte o incendiate, a senzatetto albanesi, alla sistematica distruzione dei raccolti e delle riserve di cibo, ad albanesi rapiti... Nel corso di quest'anno sono stati uccisi o massacrati oltre 1.830 albanesi, dei quali il 90 per cento sono civili. Si possono vedere e sentire senza problemi ogni tipo di movimenti militari e di spari nelle città del Kosovo, nei suoi villaggi e sulle sue strade. E' ridicolo parlare di qualche equilibrio dal punto di vista militare. Ritengo che quanto ho detto smentisca in maniera eloquente la favola delle pari responsabilità. Penso che questa tesi sia stata sapientemente calcolata per fare pressioni sugli albanesi affinché diventino più docili. AIM: Avete menzionato poco fa gli albanesi rapiti. Anche i serbi lamentano dei rapiti. DEMACI: Recentemente ho ottenuto da diplomatici stranieri un elenco con 98 nomi serbi che avrebbe potuto essere più breve almeno per quelli tra essi di cui è noto il destino. Di due si sa che sono morti nei combattimenti contro l'UCK come appartenenti alla polizia, ovvero alle unità paramilitari serbe. Come è noto, l'UCK ha liberato 40 ostaggi, ovvero persone arrestate. I 35 di Zocist vicino a Orahovac, tra i quali vi erano sette preti, erano armati. Eppure, già allora, alla fine di luglio, sono stati in breve tempo liberati. Mi sono interessato in prima persona del destino delle persone indicate nell'ultimo elenco e dal Quartiere Generale dell'UCK ho ottenuto solo la risposta che non tengono in ostaggio o in arresto alcun serbo. Sono profondamente dispiaciuto per coloro che hanno propri cari tra i nomi di quell'elenco e non sanno quale sia il loro destino. Ma i politici, i diplomatici e anche i media devono applicare gli stessi criteri per tutti. Vedo che si parla molto dei serbi scomparsi, ed è giusto. Ma non vedo nessuno fuori dal Kosovo ricordare il destino di circa 770 albanesi che vengono riportati come scomparsi nell'elenco del Comitato per i Diritti Umani di Pristina. Anche queste sono persone e anche loro hanno qualcuno che li piange. Di alcuni di loro è certo che sono stati rapiti dalla polizia, ma nessuno fino a oggi è stato liberato. Ripeto che la nostra è una lotta di liberazione e che noi non ci comportiamo come le forze serbe. Il Quartiere Generale dell'UCK e tutti i comandanti militari sul terreno sanno molto bene che uccidendo civili disarmati non otterrebbero nulla, anzi, arrecherebbero enormi danni alla nostra lotta per la libertà. AIM: La vostra dichiarazione, che si potrebbe accettare come soluzione temporanea qualcosa come lo status di terza repubblica, è stata presentata dai media stranieri come una grande notizia, mentre invece non lo è... DEMACI: E' vero, non lo è. Ma gli stranieri o non capiscono i problemi del Kosovo o non li seguono con continuità. Ancora alcuni anni fa, i soggetti politici albanesi accettavano il metodo delle soluzioni graduali e temporanee per un periodo di tempo limitato, per poi potere garantire dopo di ciò il diritto all'autodeterminazione dei cittadini del Kosovo. Sotto la Serbia, gli albanesi sono nelle mascelle di uno squalo e non possono avere né una loro vita né un'esistenza in Kosovo. Per questo dobbiamo essere molto attenti anche nei confronti dello status temporaneo. AIM: Come viene definito lo status del Kosovo nell'ultima proposta americana? DEMACI: Male. La cosa peggiore è che il Kosovo viene colpito e frammentato nella sua interezza sociale, politica ed economica e, senza tenere conto dello stato formale della sua integrità territoriale, si apre nei fatti la strada a una sua divisione territoriale. Per non parlare di altri aspetti. Per questo tale proposta non può per noi rappresentare nemmeno una base per le trattative. Sappiamo cosa vogliamo e cosa possiamo e per questo siamo sotto l'occupazione serba. Ci si può imporre una situazione simile a questa, qualcosa come un'occupazione abbellita. Ma tutti devono sapere che questa non è e non sarà la soluzione. AIM: Alla fine è stato dichiarato da tutti che le trattative sono arrivate a un vicolo cieco. Come proseguiranno le cose? DEMACI: E' stata dichiarata semplicemente quella che è sempre stata la verità di queste trattative durante l'intero anno. Penso alla ricerca e all'individuazione di una soluzione politica. L'attuale Serbia, Belgrado, non sono e non possono essere un fattore di pace. Vivono della guerra. Dall'altra parte, l'esperienza insegna che le grandi potenze tendono a cercare di ottenere le maggiori concessioni dalla parte più debole, dalle vittime. AIM: Fa parte di questa tendenza anche la richiesta da parte delle grandi potenze di cominciare quanto prima delle trattative dirette tra albanesi e serbi [senza la "mediazione" americana, ovvero come richiesto i giorni scorsi dal presidente serbo Milutinovic - N.d.T.]? DEMACI: Sì, come possono richiedere delle trattative dirette quando Belgrado non ha adempiuto la maggior parte delle richieste che sono state avanzate nei suoi confronti da parte delle stesse grandi potenze? Non solo non ha ritirato le sue forze, ma ne fa affluire delle nuove e le mette in posizioni in cui sono immediatamente pronte per un'offensiva militare. Ho già parlato della non libertà di movimento e degli arresti. Aggiungerei anche il fatto che in alcuni posti si impedisce agli albanesi di tornare alle loro case e anche, in particolare, il problema della liberazione di tutti i detenuti politici. Belgrado non pensa seriamente e sinceramente quando propaganda le trattative. Sarà tutto molto difficile. AIM: Quando dice questo pensa alla primavera? DEMACI: Certo. Gli albanesi non si rassegneranno volontariamente a una schiavitù addolcita né a nessun tipo di semischiavitù. (AIM Podgorica /Pristina/, 16 dicembre 1998 - traduzione dal serbo-croato di A. Ferrario) |