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NOTIZIE EST #134 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
29 dicembre 1998


PRIMA DELL'OFFENSIVA DI PODUJEVO - 2
a cura di Andrea Ferrario


IL CONTESTO DIPLOMATICO E INTERNAZIONALE

[Pubblico con un giorno di ritardo la seconda parte del servizio sulle settimane che hanno preceduto l'offensiva di Podujevo. Con l'occasione comunico che la pubblicazione del testo dell'ultima proposta di pace americana ("seconda proposta Hill), iniziata con "Notizie Est" #125, non è più proseguita perché il quotidiano serbo "Danas", senza fornire alcuna spiegazione, ne ha interrotto l'uscita dopo averne pubblicato un primo brano. Per il momento non mi risulta che altri ne abbiano pubblicato il testo - a.f.]

Dopo la nuova proposta Hill di inizio dicembre e il suo rifiuto da parte sia degli albanesi che dei serbi le acque diplomatiche si sono smosse nuovamente il 15 dicembre, con un nuovo viaggio di Holbrooke a Belgrado (e successivamente a Pristina), con il quale il diplomatico statunitense per l'ennesima volta ha preso in mano la politica americana in Kosovo, mentre contemporaneamente Hill annunciava il suo ritiro dalla scena, in un primo momento fino a metà gennaio e anticipando poi la scadenza all'Epifania. La visita di Holbrooke è cominciata con qualche "esorcismo" di rito: "Sappiamo cosa stiamo facendo, sappiamo dove ci stiamo dirigendo e cosa vogliamo fare", ha dichiarato Holbrooke ai giornalisti appena sceso a Belgrado e prima di incontrarsi con Milosevic (AFP, 15 dicembre), smentendo l'impressione opposta della maggior parte di coloro che seguono il conflitto in Kosovo. Holbrooke ha proseguito affermando che "è molto difficile per gli albanesi fare dei passi avanti", facendo riferimento alla mancanza di unità tra i moderati di Rugova e chi è sulle posizioni dell'UCK. In merito alla politica degli USA rispetto a Milosevic e alle recenti dichiarazioni di esponenti dell'amministrazione di Washington secondo cui sarebbe il leader serbo la causa del conflitto, Holbrooke ha dichiarato: "Non credo che sia in alcun modo utile dare caratterizzazioni di natura personale nel mezzo di negoziati straordinariamente difficili e delicati" (ancora AFP, 15 dicembre) e, inoltre, "non vi sono stati cambiamenti fondamentali da Dayton fino a oggi, perché gli obiettivi degli USA, dell'UE e della NATO rimangono la messa in atto degli accordi di pace e la stabilità della regione" ("NIN" 17 dicembre). Riguardo alle stragi del 14 dicembre, Holbrooke ha affermato: "Tutti gli incidenti che minacciano la stabilità e portano alla violenza vanno condannati... ma quello che troviamo terrificante oltre ogni dire è il deliberato attacco contro un gruppo di ragazzi nel caffè Panda di Pec" (Deutsche Presse Agentur, 15 dicembre), un linguaggio dalla durezza mai impiegata durante gli ultimi dieci mesi di stragi e massacri. Un funzionario statunitense ha dichiarato a proposito al Washington Post: "se l'UCK è responsabile dell'attacco al caffè di Pec, ai ribelli non dovrà essere consentito di partecipare ai negoziati di pace" ("Washington Post", 17 dicembre). Il giorno dopo il rappresentante dell'UE Petritsch ha dichiarato riguardo alla situazione in Kosovo: "E' mia convinzione che il tempo della diplomazia 'pendolare' [quella di Hill tra Belgrado e Pristina - a.f.] terminerà fra brevissimo tempo, visto che non ha avuto successo. Quindi ora è l'UE che deve trovare una soluzione da imporre [sic] alle parti in conflitto prima dell'inverno..." (ARTA, 16 dicembre). Qualche giorno dopo Petritsch ha dichiarato anche: "l'UCK si sta rendendo conto che la situazione è estremamente seria e che deve decidere se proseguire sulla via militare oppure se vuole prendere parte al processo di negoziato politico". Adem Demaci, portavoce politico dell'UCK, ha dato immediatamente la disponibilità dell'organizzazione a partecipare alle trattative, ma Belgrado ha rifiutato categoricamente l'eventualità di un partecipazione dell'organizzazione a un processo di pace (Reuters, 20 dicembre). Negli stessi giorni Demaci ha dichiarato inoltre che non è possibile arrivare ad accordi con Rugova, che gli occidentali chiedono ancora a tutte le forze albanesi di nominare come proprio rappresentante alle trattative, "perché egli continua a sottostimare l'UCK". Demaci ha criticato anche Holbrooke, affermando, "con tutto il dovuto rispetto per la politica degli Stati Uniti, che è più progressiva di quella degli europei, non sono soddisfatto dell'impegno di Hill e Holbrooke, perché da quando hanno cominciato a essere coinvolti, gli spargimenti di sangue sono aumentati" (AFP, 15 dicembre). A proposito di Rugova va detto che sembra essere scomparso dalla scena kosovara, mentre tutta la conduzione della politica dell'ala moderata viene portata avanti da Agani, il quale tuttavia è su posizioni meno moderate del presidente-ombra del Kosovo. Rugova si è fatto vivo solo il 18 dicembre, con un'intervista concessa non a caso a un'emittente controllata dall'amministrazione americana come Radio Free Europe. Nell'intervista egli ha detto che i serbi se vogliono possono sterminare gli albanesi in un paio di giorni, la primavera prossima, e che i kosovari quindi mostreranno la "massima flessibilità" nei negoziati, aggiungendo che essi hanno capito come non vi sia altra alternativa se non trattare con Milosevic. Riguardo all'UCK Rugova ha avuto parole sprezzanti: si tratterebbe di gruppi frammentati e altamente dispersi, tra cui alcuni estremisti che non vengono controllati da nessuno. Secondo Rugova alcuni osservatori hanno di gran lunga sovrastimato la forza dell'UCK, scambiando dei contadini che hanno imbracciato il fucile per autodifendersi per una guerriglia organizzata, mentre questi contadini ora se ne sono tornati alle loro case ("Balkan Report", 23 dicembre 1998). Nei giorni seguenti la dose degli attacchi contro l'UCK veniva rincarata da altre dichiarazioni. L'inviato dell'UE Petritsch ha dichiarato infatti il 19 dicembre, dopo le stragi e le successive vaste operazioni militari jugoslave, che "finché l'UCK condurrà attività militari e sarà impegnata in atti di violenza noi non vediamo alcuna possibilità" di includerla nei negoziati. A tale dichiarazione, il moderato Agani ha risposto che "tutte le forze politiche albanesi, inclusa l'UCK, devono essere rappresentate in eventuali trattative con Belgrado" (AFP, 19 dicembre), mentre l'UCK ha ribadito di essere pronto a negoziati con le autorità serbe (AFP, 22 dicembre). Negli stessi giorni, il portavoce della Casa Bianca Rubin ha giustificato le azioni dell'esercito jugoslavo quando ha affermato che "i verificatori hanno visto la polizia condurre un'operazione militare nei pressi del villlaggio di Glodjane" e che "i verificatori hanno sentito spari dai villaggi dai quali la maggior parte degli abitanti è fuggita prima che arrivassero le forze di sicurezza", ma ha aggiunto che "le forze di sicurezza hanno il diritto di cercare gli assassini finché lo fanno senza usare una forza eccessiva" (Reuters, 20 dicembre). Il presidente dell'OSCE Geremek a sua volta dichiarava che "vi è la mancanza di un minimo di volontà da parte di entrambe le parti. Voglio sottolinearlo - di entrambe le parti" (Reuters, 21 dicembre), ma lo stesso giorno veniva diffuso in tutto il mondo un messaggio "trasversale" all'UCK, un attacco durissimo di un anonimo "alto diplomatico occidentale" che partecipa al processo di pace (diffuso dalla sede Reuters di Tirana il 21 dicembre). "Francamente, vi è sempre più la sensazione che il problema sia l'UCK. Ignorano il cessate il fuoco. Sono brutali, beffardi e non collaborano. E sanno essere sconvolgentemente brutali, non solo contro i serbi, ma anche contro i loro connazionali. Sono disgustato dalla loro attitudine e dalle loro azioni", ha affermato l'anonimo diplomatico, aggiungendo sulla falsariga di Rugova: "Non so chi diavolo pensino di essere o con chi pensino di stare trattando, ma per della gente che non ha fatto nulla sul campo se non mettersi in situazioni imbarazzanti sono incredibilmente arroganti". Inoltre, il diplomatico ha affermato, senza citare nessun particolare, che vi sono prove di torture e uccisioni da parte dell'UCK contro presunti collaboratori. Nel commento dell'inviato della Reuters a queste dichiarazioni si scrive che è tuttavia difficile "immaginarsi che la NATO lanci degli attacchi aerei contro una forza così dispersa sul terreno e di basso livello tecnologico come l'UCK". Nelle stesse ore le forze serbe preparavano l'offensiva di Podujevo, scattata poi subito dopo, il 24 dicembre.

Il settimanale di Belgrado "NIN" ha pubblicato il 17 dicembre due ampi servizi sul conflitto in Kosovo, nel primo del quale si afferma, tra le altre cose, che "l'ultima versione del piano Hill può essere interpretata come un avviso agli albanesi che hanno perso quella che ormai era l'ultima chance e quindi otterranno di meno". Nel secondo si scrive dello scontro in atto a Washington tra il Congresso e l'Amministrazione in merito al Kosovo. Dietro gli ultimi attacchi verbali contro Milosevic e l'appoggio dichiarato all'opposizione di Belgrado vi sarebbero il Congresso e alcuni esponenti dell'amministrazione come Gelbard (ma anche il comandante NATO Wesley Clark), mentre Holbrooke e il suo entourage sarebbero favorevoli a proseguire la collaborazione con Milosevic, visto come unico garante della stabilità nell'area. A tale proposito "NIN" scrive che l'intervista del Washington Post a Milosevic sarebbe in realtà frutto dell'opera di Holbrooke e costituirebbe una contromossa messa in atto in seguito all'iniziativa con la quale il Congresso ha invitato a Washington, negli scorsi giorni, numerosi esponenti dell'opposizione serba. Secondo "Nova Makedonija" (22 dicembre), invece,"fonti diplomatiche europee [...] affermano che trattative dirette per il Kosovo potrebbero cominciare in gennaio. Rimane comunque non chiaro su quali basi dovrebbero essere condotte tali trattative e se ciò significa che gli Stati Uniti hanno deciso di lasciare all'Europa l'iniziativa per risolvere la crisi del Kosovo, dopo l'evidente insuccesso di Hill. Coloro che se ne intendono di Balcani fanno un parallelo con il processo delle trattative in Bosnia e aggiungono particolari secondo i quali gli Stati Uniti, lasciando il processo delle trattative agli europei in un momento di stallo, sono riusciti nuovamente a mettere l'Europa in una situazione che ne dimostrerà la disunità e l'impotenza, nonché l'incapacità, così disunita, di trovare una soluzione seria per il Kosovo; in seguito a ciò gli americani si farebbero nuovamente vivi come salvatori con una soluzione finale del dramma kosovaro".

A Belgrado, in seguito all'offensiva, si respira un clima di nuova unità nazionale, che vede per esempio molte testate opposte al regime schierarsi in questo caso al suo fianco (il caso più eclatante è quello del "Dnevni Telegraf", ma anche un giornale critico come "Vreme" avalla pienamente le versioni date dalle autorità serbe e "Danas" non scrive praticamente nulla su quanto accade); l'unica voce di dissenso, se tale lo si può definire, è quella di Draskovic, per il quale per salvare il Kosovo e mantenerlo all'interno della Serbia è necessario che Belgrado si schieri sulle posizioni della NATO e degli USA, perché in realtà questo è anche il loro obiettivo ("Dnevni Telegraf", 28 dicembre 1998), mentre Milosevic, con la sua politica di "scontro con l'occidente", secondo Draskovic, favorirebbe le mire dei "separatisti schipetari". Intanto il presidente jugoslavo ha sostituito sabato 26 dicembre venti tra i più alti ufficiali dell'esercito della federazione, nominando tra gli altri il gen. Ljubisa Pavkovic a comandante della 3a armata, con sede a Nis, ma che copre anche l'intero Kosovo. Pavkovic è stato quest'anno comandante dei corpi d'armata di Pristina ed è stato quindi strettamente impegnato nell'offensiva serba di questa estate in Kosovo (AFP, 28 dicembre 1998).

Infine, non è certo casuale che in questi giorni si siano moltiplicati gli annunci di nuovi, grandi contratti di ditte estere con la Jugoslavia, che prevedono impegni a lungo termine. Intanto la Iveco, del gruppo Fiat, ha firmato il rinnovo della società mista con la divisione autocarri dell'azienda statale serba Zastava di Kragujevac, anche se in forma ridotta per quanto riguarda la produzione destinata all'esportazione. Il direttore generale del Gruppo Zastava, Milan Beko (fino a poche settimane fa ministro del governo serbo) è intervenuto personalmente per smentire che vi sia stata la firma di un procollo d'intesa con la Peugeot, annunciata in precedenza, precisando che trattative sono ancora in corso con altre società straniere e che l'avvio di una cooperazione internazionale, previsto in un primo momento a novembre, si avrà invece in primavera. Negli scorsi mesi, secondo il quotidiano "Danas", oltre che con la Peugeot, la Zastava ha condotto trattative con Fiat, Renault e Volkswagen ("Danas", 26-27 dicembre) [di Iveco, Peugeot e Zastava avevamo scritto in "Notizie Est" #129]. I francesi comunque hanno realizzato un altro grosso affare, con l'acquisto da parte della Lafarge della più grande società produttrice di cemento della Jugoslavia, la BFC, il cui valore è stato stimato pari a 130 miliardi di lire. La Lafarge è riuscita a spuntarla sulla società britannica Rudimex dopo un braccio di ferro durato un anno. Secondo "Danas", la società britannica offriva migliori prospettive a lungo termine e maggiori garanzie sociali ai dipendenti, e per tale motivo il collettivo dei lavoratori si era espresso a suo favore, ma la Lafarge ha vinto perché ha concesso la messa a disposizione immediata di un ingente prestito al governo serbo, che ha l'ultima parola sulle privatizzazioni (sempre "Danas", 26-27 dicembre). Infine, il gruppo svedese Ericsson ha firmato un contratto da quasi 350 miliardi di lire con la società serba Mobtel per lo sviluppo della rete GSM nel paese (AFP, 22 dicembre).

(fine)