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NOTIZIE EST #24 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
4 marzo 1998

SITUAZIONE IN KOSOVO: AGGIORNAMENTI
a cura di Andrea Ferrario

[Proseguiamo con la rassegna di notizie tradotte dal quotidiano di Belgrado "Nasa Borba", da quello di Skopje "Nova Makedonija" e dall'agenzia balcanica "AIM" - il primo serbo (finanziato però da un'istituzione legata direttamente alla Casa Bianca, come la Fondazione Soros), in netta opposizione rispetto al governo di Milosevic, ma critico anche verso le forze politiche albanesi del Kosovo; il secondo macedone, controllato dalla SDSM, il partito ex-comunista al governo a Skopje, generalmente ostile ai movimenti albanesi del Kosovo e macedoni; la terza un'agenzia con corrispondenti albanesi da Prishtina (finanziata soprattutto da organismi vicini all'UE e, in minor parte, all'amministrazione americana), schierata a fianco delle forze politiche albanesi. Nel leggere le notizie è dunque necessario tenere presente i rispettivi schieramenti. Non ci è stato possibile consultare il quotidiano "Politika", controllato dal Partito Socialista di Milosevic, non ancora reperibile in linea. La qualità delle traduzioni risente ovviamente dai tempi strettissimi per poterle mettere a disposizione in maniera tempestiva. Per un'ampia rassegna di notizie di fonte albanese, americana, inglese e serba in lingua INGLESE, visitate la sezione "Documenti" (http://www.ecn.org/est/albania/english/albadocu.htm) di "Albania in rivolta" - a.f.]

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"Nova Makedonija" ha pubblicato nel suo numero di ieri (3 marzo) tre corrispondenze, rispettivamente da Pristina, da Belgrado e da Tirana, e un commento della redazione.

Scrive Dimitar Culev da Pristina: "A Pristina oggi prima di mezzogiorno vi sono stati violenti scontri tra la polizia e alcune migliaia di cittadini di nazionalità albanese. Secondo le ultime informazioni, in questi violenti scontri, i più gravi degli ultimi anni verificatisi nelle vie di Pristina, non vi sono vittime, ma molti feriti. La polizia, ricorrendo all'uso di idranti, di gas lacrimogeni e della violenza fisica, ha disperso i partecipanti alla protesta pacifica, i quali hanno reagito con lanci di pietre ai nutriti cordoni di polizia. Lo scontro è durato poco meno di un'ora, dopo la quale nel centro della città la situazione è andata leggermente normalizzandosi. Tuttavia, nelle ore del pomeriggio Pristina è stata sorvolata da elicotteri che si dirigevano verso l'insediamento di Vrabenac, dato che la polizia non ha ancora un controllo completo sul terreno. [...] Lo scontro nel centro di Pristina, così come gli scontri dei giorni precedenti nel comune di Drenica, hanno portato in Kosovo ha una situazione i cui esiti sono estremamente incerti. Sono interrotte le comunicazioni con Poduevo, mentre Drenica è completamente assediata dalla polizia. Blocchi della polizia sono disposti anche lungo tutte le vie di comunicazione che portano a Pristina. [...]

E' difficile valutare il numero dei partecipanti alle proteste che sono cominciate alle 10 del mattino. Secondo una valutazione approssimativa della maggior parte dei giornalisti, che da oggi sono numerosi nella città capoluogo del Kosovo e Metohija, da diversi punti della città oltre 10.000 dimostranti si sono diretti verso le vie del centro. I dimostranti hanno risposto all'appello del cosiddetto comitato di coordinazione dei partiti politici di Pristina, che in una seduta straordinaria ha invitato i cittadini albanesi a una protesta generale. All'appello hanno aderito anche i Sindacati Indipendenti del Kosovo, L'Unione indipendente degli Studenti, l'Unione dei prigionieri politici, l'Unione delle donne albanesi e l'organizzazione Donne in nero. La protesta, che ha ottenuto anche il sostegno del leader degli albanesi del Kosovo, Ibrahim Rugova, aveva come fine quello di esprimere l'insoddisfazione della popolazione per l'intervento dei militanti serbi a Drenica.

Sui numerosi striscioni portati dai giovani e scritti in inglese e in albanese, c'erano i seguenti slogan: Stop al terrore serbo, Drenica siamo con te, No alla violenza, Stop alla pulizia etnica. La protesta non è stata autorizzata dalle autorità ufficiali di Pristina, poiché si prevedeva già da prima che se ne sarebbe perso il controllo.

E' esattamente quello che è successo quando i rappresentanti delle forze dell'ordine hanno tentato di impedire il raggruppamento di alcune migliaia di persone. Nello scontro più violento, di fronte all'edificio della Facoltà di Filosofia, in prossimità della mensa (dove erano cominciati i violenti scontri del 1981) la polizia ha caricato usando idranti, gas lacrimogeni e manganelli. Nei contatti diretti sono stati usati mazze da baseball, spranghe di ferro, catene e sono apparsi anche dei coltelli. Nello scontro ci sono state anche violente colluttazioni tra gli studenti regolari dell'università di Pristina con alcuni dei manifestanti albanesi. Un gruppo di studenti di varie città della Serbia (e di nazionalità serba), che abbiamo incontrato subito dopo gli scontri, alcuni ancora con le mani insanguinate, ci hanno detto: "Abbiamo difeso l'Università che ci vogliono occupare con la forza". Dopo di che ci hanno mostrato spranghe e coltelli che, come ci hanno detto, avrebbero preso dai dimostranti. Dopo circa un'ora la folla è stata dispersa nelle vie circostanti, lungo le quali si sono subito disposte le forze di polizia in tenuta completa, con giubbotti antiproiettile e armi automatiche, accompagnati da autoblindo e altre vetture della polizia. Per tutto il tempo degli scontri gruppi d poliziotti hanno difeso gli edifici più importanti della città, dalle banche e gli uffici postali, fino alle istituzioni statali.

La mattina, le vie di accesso a Pristina sono rimaste bloccate per alcune ore, con il tentativo delle autorità di impedire l'accesso di manifestanti da altri punti del Kosovo. Nelle stesse ore, sono state interrotte le linee telefoniche della città. Una parte dei dimostranti si è ritirata nel quartiere di Vranjebac, all'uscita da Pristina in direzione di Poduevo. Questa parte della città, composta da case circondate da alti muri nelle quali vivono esclusivamente albanesi, è rimasta circondata dalla polizia tutto il giorno, mentre le vie di accesso erano bloccate da mezzi blindati della polizia, contro i quali venivano lanciate continuamente pietre. [...]"

L'articolo prosegue descrivendo in breve le vie del centro pattugliate da poliziotti armati di kalashnikov e lo svolgimento sempre a Pristina dei funerali di uno dei poliziotti uccisi il precedente sabato, ai quali hanno partecipato alcune migliaia di cittadini di nazionalità serba e di poliziotti. Il giornalista macedone riporta in alcune righe gli attacchi contro case di cittadini serbi [dei quali abbiamo già riferito ieri - n.d.t.], concludendo poi così: "Secondo le ultime informazioni raccolte sul terreno, da oggi molte formazioni di polizia stanno setacciando la zona intorno a Drenica alla ricerca di terroristi. Le comunicazioni con questa area sono totalmente interrotte. Sia i giornalisti, che gli ambienti politici locali, attendono con ansia e paura la prossima notte e il prossimo giorno. Alcuni ritengono che si stia ripetendo lo scenario del 1981, ma questa volta con conseguenze molto più gravi".

Così scrive invece la corrispondente da Belgrado di "Nova Makedonija", Tatjana Stankovic: "Il Ministero degli Interni della Serbia ha dichiarato ufficialmente di avere disperso con efficacia le dimostrazioni dei separatisti kosovari a Pristina, Poduevo e Vucitrn. In una dichiarazione ufficiale è stato aggiunto che non verranno consentite altre dimostrazioni o attività simili che vengono appoggiate dai terroristi del Kosovo. Il ministero, altrimenti, ha confermato che negli scontri tra polizia e sostenitori dell'Armata di Liberazione del Kosovo (UCK) sono morti quattro poliziotti e 16 terroristi". La giornalista riferisce poi dei telegrammi inviati dal presidente jugoslavo Milosevic e da quello serbo Milutinovic alle famiglie dei poliziotti uccisi. Il secondo, in particolare, si dichiara "amareggiato per i disgustoso e terrorista attacco dei terroristi albanesi contro le forze dell'ordine". Tatjana Stankovic infine segnala che "secondo informazioni riportate dai media indipendenti e confermate anche dall'agenzia italiana ANSA, venerdì è giunto a Belgrado monsignor Vincenzo Paglia, uno dei fondatori della Comunità di Sant'Egidio, che fa da mediatrice nelle trattative tra Belgrado e gli albanesi del Kosovo per un accordo sulla normalizzazione del sistema educativo. Paglia, alla partenza da Roma, aveva dichiarato che il raggiungimento di un consenso per l'effettiva applicazione dell'accordo è molto vicino e che rimangono unicamente da risolvere alcuni particolari. Queste dichiarazioni sono arrivate nel momento dei più violenti scontri a fuoco dello scorso fine settimana tra la polizia jugoslava e gli albanesi.

Da Tirana scrive per "Nova Makedonija" Gordana Risteska, che segnala tra le altre cose quanto segue: "L'Albania ha condannato in maniera e segue con preoccupazione i fatti del Kosovo. Il presidente albanese Mejdani oggi ha chiamato la comunità internazionale a intervenire rapidamente, per riportare la pace in Kosovo, mentre il governo del premier Nano, così come tutti i partiti politici, hanno condannato con forti parole la violenza serba, chiamando anch'essi la comunità internazionale a intervenire immediatamente. Nano in particolare ha affermato di essere in continuo contatto con il leader degli albanesi del Kosovo Ibrahim Rugova, con il quale conduce una valutazione ininterrotta della situazione". Lo stesso Nano, riferisce Risteska, "mantiene contatti anche con politici dei paesi confinanti e soprattutto con il primo ministro greco Simitis, al quale ha chiesto di intervenire presso il governo di Belgrado per esercitare pressione al fine di porre termine agli interventi violenti in Kosovo". Infine, la corrispondente del giornale di Skopje segnala che "Sali Berisha ha chiamato gli USA, l'UE, l'OCSE e il Gruppo di Contatto a una reazione immediata e a inviare forze di pace, o comunque un nutrito contingente civile straniero. Berisha ha inoltre ribadito che gli albanesi reagiranno come un'unica nazione".

Infine, questo è il commento di Nevenka Mitrevska, pubblicato ieri da "Nova Makedonija": "Sono tre le testimonianze del significativo cambiamento del rapporto di forze tra i principali attori, che l'ultimo lungo fine settimana di scontro del Kosovo ha lasciato dietro di sé: il più alto numero di morti e feriti in uno scontro ravvicinato tra la polizia serba e i terroristi albanesi; manifestazioni disperse prima del loro termine da parte della polizia (che altre volte ha saputo guardare dall'altra parte); un mucchio di pietre rimaste sulla piazza e sulle vie di Pristina - l'arma dei dimostranti destinata a essere usata in una protesta altrimenti definita pacifica. Ciascuno di questi elementi per sé e tutti e tre insieme, non fanno che drammatizzare quello che si sapeva già - che nella ribollente provincia serba si stanno esaurendo anche le ultime riserve di pazienza da entrambi i lati. E che se non si fa qualcosa immediatamente, quella che finora è stata la resistenza gandhiana di Rugova sarà sostituita da un'intifada albanese, e quella che fino a oggi è stata una repressione in difensiva da parte serba - diventerà una offensiva spietata e una dimostrazione di forza. Sulla base di questi indizi è forse tropo presto e troppo pessimista affermare che il Kosovo è arrivato al punto appena prima dell'esplosione, ma in alcun caso non è affrettata la constatazione che l'evoluzione della situazione in Kosovo ha subito una forte accelerazione e che i dieci anni di status quo, ovvero di testo equilibrio tra il funzionamento parallelo del potere serbo e del para-potere albanese, non possono più proseguire.

Il peso e l'influenza di quello che finora è stato il più grave scontro tra serbi e albanesi sui destini futuri del Kosovo può essere misurato in termini reali solo se lo si analizza su due piani, vale a dire nel contesto dell'attuale situazione politica , e in quello dei fatti recenti che lo hanno preceduto o che ancora devono venire. Alcuni giorni fa il moderato Ibrahim Rugova ha conseguito una vittoria di Pirro sui suoi collaboratori più impazienti, dopo la quale non si esclude che si possa verificare una frattura all'interno della Lega Democratica del Kosovo, fino a oggi la forza politica più grande e influente della provincia. La conferma o negazione della credibilità di quella che finora è stata la tattica politica della LDK, che consisteva nel prendere tempo per arrivare fino a una completa indipendenza, verrà data dalle prossime elezioni generali nella repubblica del Kosovo, indette per l'8 marzo [tutte le altre fonti parlano del 22 marzo - n.d.t.].

Per coloro tra gli albanesi del Kosovo che sono più militanti (dei quali nel comunicato della polizia serba si afferma, e loro stessi non lo hanno negato, che hanno provocato l'ultimo incidente, vale a dire che hanno sparato per primi) questi due fatti, di per se stessi, possono essere un modo per ribadire le proprie posizione e le proprie richieste intransigenti e massimaliste. Il mosaico della situazione in Kosovo viene in questo momento completato da una parte dal mancato raggiungimento di una stabilità in Albania, la quale con il Kosovo mette l'accento sulla questione panalbanese nei Balcani, e dall'altra, dalle sempre più insistenti pressioni che vengono esercitate negli ultimi tempi su Belgrado e sui leader albanesi del Kosovo affinché aprano un dialogo e rifiutino il ricorso alla forza come modo per risolvere il problema del Kosovo" [...]

"Nasa Borba", nel numero di oggi (4 marzo) mette l'accento sulle reazioni internazionali e apre con un'intervista esclusiva con l'inviato degli USA per la Bosnia (che ormai si occupa costantemente anche del Kosovo), Robert Gelbard, alla quale si affianca un resoconto delle posizioni ufficiali assunte dall'Unione Europea negli ultimi giorni.

Ecco alcuni passaggi delle dichiarazioni rese da Robert Gelbard al suo intervistatore S. Pavlovic:

"- Nel corso della mia ultima conversazione a Belgrado ho offerto al presidente Milosevic due possibilità. Una era quella di conformarsi alla comunità internazionale e il modo per indicargli questa strada che porta a uscire dall'isolamento è stato quello di dare il via ad alcune piccole, ma significative iniziative. L'altra, invece, porta direttamente alla fine del suo governo. La situazione economica in Jugoslavia è disperata e continua a peggiorare. E noi possiamo renderla ancora peggiore, molto peggiore di come già è... Siamo pronti a ritirare le quattro iniziative che abbiamo avviato la scorsa settimana e a dichiarare di nuovo l'embargo! Anche l'Unione Europea ha assunto una posizione analoga" [...] "Solo alcuni giorni fa, in una conversazione che abbiamo avuto, l'UE ha accennato all'iniziativa per il rinnovo delle facilitazioni economiche nei confronti della Jugoslavia. In quell'occasione ho detto loro che era prematuro farlo e penso che oggi - con quello che sta accadendo in Kosovo - abbiano perfettamente chiaro perché non era il caso di correre". Dopo essersi pronunciato, come tutti, a favore del dialogo e delle iniziative di pace come quella della Comunità di Sant'Egidio, Gelbard sottolinea: "Tutti sanno bene che gli USA non appoggiano l'indipendenza del Kosovo, ma riteniamo che all'interno della Federazione Jugoslava vi siano molte possibilità per risolvere la situazione del Kosovo. Soprattutto nell'ambito di un significativo aumento del livello di autogoverno" e, aggiunge, "i leader albanesi del Kosovo, devono innanzitutto tracciare una linea di differenziazione tra coloro che si ritengono leader democratici e coloro che sono a favore della violenza. Non solo, essi devono anche avviare un dialogo in modo positivo. Un dialogo basato sul fatto che per loro non verrà alcuna sorta di salvezza dall'estero... E se i leader albanesi non saranno pronti al dialogo, allora tutta la responsabilità di questa situazione sarà loro".

Così invece riferisce "Nasa Borba" dell'incontro svoltosi ieri a Bruxelles tra il commissario dell'Unione Europea Van Den Bruk e il Ministro del Commercio jugoslavo Borislav Vukovic: "Van Den Bruk ha affermato che 'l'Unione Europea ha un chiaro interesse allo sviluppo dei rapporti con un paese così importante come la Jugoslavia", ma che le prospettive per un tale sviluppo sono 'molto cupe', visto che vi è tutta una serie di precondizioni che la Jugoslavia deve soddisfare, e non lo ha ancora fatto, come la questione del Kosovo. Van Den Bruk ha tenuto tuttavia a sottolineare che l'Unione Europea "non è a favore del separatismo e dell'indipendenza del Kosovo, ma si preoccupa affinché alla popolazione albanese della regione vanga garantito un ampio grado di autonomia". La delegazione di Vukovic era in visita a Bruxelles per l'avvio di un processo di riavvicinamento tra l'UE e la Jugoslavia, che prevede aperture commerciali e lo stanziamento di fondi nell'ambito del programma europeo PHARE di finanziamenti all'Europa Orientale per la trasformazione economica. Insieme a Vukovic, Van Den Bruk si è incontrato anche con il neoeletto premier della Repubblica Serba di Bosnia, Milorad Dodik. Ai due, il commissario europeo ha dichiarato: "'Il Kosovo è un problema interno della Jugoslavia', aggiungendo tuttavia che potrà rimanere un suo problema interno... 'solo fino a quando la crisi locale non avrà un'escalation e non si riverserà al di fuori dei confini della Serbia e della Jugoslavia, minacciando la stabilità della regione'. In questo caso, secondo Van Den Bruk, la comunità internazionale non potrà rimanere "un tranquillo osservatore esterno", ma sarà necessario impegnare il Consiglio di Sicurezza e il segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, potrebbe compiere 'un'altra missione come quella che ha recentemente compiuto a Baghdad". Il commissario europeo ha proseguito esortando Milosevic a prendere iniziative per una soluzione pacifica, "visto che il Kosovo è una questione interna jugoslava", altrimenti "non dovrà meravigliarsi se sarà qualcun altro a prendere l'iniziativa", insistendo poi che è necessario evitare un "trabordare della crisi". Alla domanda di un giornalista che chiedeva se ciò voleva dire anche un nuovo embargo, Van den Bruk ha risposto che "può volere dire tutto". Al termine della riunione con Dodik, il commissario ha firmato un accordo con il quale l'UE stanzia quest'anno un finanziamento 200 miliardi di lire alla Repubblica Serba di Bosnia.

In due brevi servizi, infine, "Nasa Borba" riferisce le reazioni ufficiali del Ministro della Difesa jugoslavo Bulatovic e di quello degli Interni Sokolovic, dopo gli scontri di questi giorni. Il Ministro della Difesa Bulatovic ha dichiarato ai giornalisti: "Né la NATO, né alcun'altra organizzazione del mondo può proteggere il terrorismo e in Kosovo si tratta di terrorismo", queste sono state le sue parole quando gli è stato ricordato che il consiglio della NATO probabilmente adotterà una risoluzione riguardo agli eventi in Kosovo. "La NATO non può risolvere la questione della posizione degli albanesi del Kosovo. La soluzione può venire solo dalla Serbia", ha dichiarato Bulatovic, aggiungendo che "non è una questione per la quale il Consiglio supremo della NATO è competente". Il ministro ha infine lodato l'intervento della polizia contro la manifestazione di Pristina, perché "non si è trattato di una manifestazione con rivendicazioni sociali, ma di una manifestazione di separatisti che voglio separare il Kosovo e Metohija dalla Serbia".

Estremamente cinico il Ministro degli Interni serbo Sokolovic: "La situazione in Kosovo è assolutamente stabile", e alle osservazioni meravigliate dei giornalisti ha ribadito, "a parte il disgustoso fatto che ha portato all'uccisione di quattro persone [si tratta dei poliziotti serbi, dei 21 albanesi (sicuramente) uccisi il ministro non fa parola - n.d.t.], tutto il resto ha le caratteristiche di una situazione assolutamente normale".