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NOTIZIE EST #28 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
15 marzo 1998
ANCORA DAL KOSOVO E DAI BALCANI
a cura di Andrea Ferrario
IL RUOLO DEGLI STATI UNITI
Il settimanale di Belgrado "Vreme" ha pubblicato nel suo ultimo numero una nutrita serie di articoli sul Kosovo e sulle reazioni in Serbia di fronte agli ultimi avvenimenti. In un lungo commento, Stojan Cerovic ricorda gli eventi che hanno preceduto la crisi e in particolare la visita di Gelbard, compiuta solo alcuni giorni prima della strage del 28 febbraio, durante la quale l'emissario americano ha calorosamente lodato Milosevic per il suo contributo nell'instaurare il governo del filoccidentale Dodik nella Repubblica Serba di Bosnia e condannato per la prima volta esplicitamente l'Esercito di Liberazione del Kosovo come organizzazione terroristica. Cerovic ritiene questa visita un presupposto importante dei successivi violenti eventi, perché ha aperto un importante credito di fiducia da parte degli americani nei confronti del leader serbo, mandando allo stesso tempo un segnale negativo "agli estremisti albanesi, i quali possono avere inteso che l'America, sulla quale avevano riposto tante speranze, stesse passando dalla parte di Milosevic e che quindi non c'era più tempo e bisognava agire".
COSA E' VERAMENTE SUCCESSO NELL'AREA DI DRENICA?
In un altro articolo pubblicato dallo stesso settimanale, il giornalista Dejan Anastasijevic, che da tempo segue la situazione in Kosovo, richiama l'attenzione su alcuni fatti. Secondo il Ministero degli Interni serbo gli scontri a fuoco sono cominciati il 28 febbraio a mezzogiorno, con un'imboscata tesa nei pressi di Likosane a una pattuglia della polizia, che avrebbe fatto a tempo a chiamare rinforzi dopo che due suoi membri erano stati uccisi. Gli altri scontri a fuoco che ne sarebbero seguiti avrebbero poi coinvolto altri villaggi. Anastasijevic rileva alcune fondamentali incongruenze in questa spiegazione: "Il ministero degli interni serbo non si è minimamente preoccupato di comunicare i nomi dei 'terroristi' uccisi, né dei nove che ha comunicato di avere arrestato [...]. Inoltre, dal novembre scorso non ci sono pattugliamenti regolari nella regione centrale di Drenica e nei comuni ai suoi confini, cioè Glogovac, Mitrovica e Klina, dove l'UCK deteneva un controllo effettivo dell'area. Si sono verificati molti scontri di minore entità, tutti terminati con il ritiro della polizia. Da allora, le pattuglie di polizia che svolgono missioni nella zona di Drenica vengono sempre scortate da elicotteri e veicoli corazzati. E' quindi difficile immaginare che la pattuglia, della quale si dice che è stata vittima di un'imboscata, si trovasse in una missione di routine. Inoltre, le vittime per la maggior parte non sono terroristi". Il giornalista poi riferisce che secondo tutti i testimoni oculari gli scontri sarebbero cominciati la sera prima e non a Likosane, ma a Srbica, il più grosso centro abitato della zona, quando individui non identificati hanno aperto il fuoco contro una scuola nella quale vengono ospitati profughi da altre zone della ex-Jugoslavia. Anastasijevic conclude così il suo reportage dalla zona: "Gli eventi di Drenica si sono verificati solo alcuni giorni dopo che il diplomatico americano Robert Gelbard aveva duramente condannato l'UCK come organizzazione terroristica. I leader della comunità albanese hanno ritenuto questo gesto come equivalente a un semaforo verde a Milosevic per scatenare un assalto, tanto che molti albanesi ora dicono ai diplomatici e ai reporter occidentali, "mandate i nostri saluti a Gelbard". L'amministrazione americana ora è costretta a spiegare che incoraggiare Milosevic non era nelle sue intenzioni. Quello che è successo lo scorso fine settimana non farà che aumentare le divisioni nella comunità internazionale. Alcuni degli alleati europei degli Stati Uniti, infastiditi da quella che chiamano la "politica-buldozzer" degli americani nei Balcani, sono ora molto contenti del fatto che gli USA si ritrovino invischiati nel Kosovo e cercheranno sicuramente di sfruttare ogni occasione per capitalizzare su eventuali errori di Washington. Vi sono molti indizi che suggeriscono che il massacro di Drenica sia in realtà il risultato di una strategia cinica. Le dichiarazioni ottimistiche del presidente serbo Milutinovic relative all'accordo sull'educazione e all'imminente visita di diplomatici occidentali a Belgrado potrebbero essere il preludio a una "Lex Specialis" sul Kosovo. Peccato che nessuno lo abbia spiegato agli abitanti di Likosani e Cirez, perché avrebbero potuto preferire passare il fine settimana in un altro posto." In un altro articolo, Filip Svarm richiama anch'egli l'attenzione su un particolare che semina dubbi sulle versioni del ministero degli interni serbo. Nei suo comunicati il ministero ha affermato semplicemente di avere "ucciso sedici terroristi e arrestato nove individui" sequestrando numerose armi (nessuna parola relativamente alle vittime civili, delle quali le autorità serbe non hanno mai negato l'esistenza, ma hanno semplicemente ignorato nei loro comunicati). Svarm fa notare: "Manca ogni informazione sui nomi degli albanesi uccisi, sul numero dei feriti, su quanti poliziotti e con quali armi hanno preso parte agli scontri, se le persone uccise erano armate, se erano state precedentemente incluse in elenchi di persone ricercate, se vi sono state vittime civili e se sì, in quali circostanze [...]. Dai dettagli disponibili si può concludere che il ministero degli interni della Serbia ha compiuto quella che è una vera e propria operazione di guerra per catturare e ripulire un territorio nemico".
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REAZIONI E COMMENTI: MACEDONIA, MONTENEGRO, ITALIA, UE E USA
MACEDONIA
Il giornale di Skopje "Dnevnik" e quello di Belgrado "Nasa Borba" riportano brani di un'intervista rilasciata da Arben Xhaferri, leader del DPA, il partito d'opposizione degli albanesi della Macedonia (vi è un altro partito, il PDP, che è al governo in coalizione con il partito del presidente Gligorov) al quotidiano greco "Eleftherotipia". Eccone alcuni passi: "Quello che bisogna fare in questo momento è aprire un dialogo senza condizioni con la mediazione di soggetti internazionali [...]. Un altro fattore che deve essere risolto è la politica di Milosevic, il cui elemento portante è la creazione di una zona di destabilizzazione che riaffermi la sua posizione di soggetto politico irrinunciabile per una sua soluzione, con il conseguente rafforzamento della sua influenza politica [...] E' necessaria una soluzione complessiva della questione albanese nei Balcani. Ciò non significa affatto una soluzione uguale per tutti gli albanesi, bensì delle singole soluzioni conformi alla condizioni in ciascuno dei paesi nei quali vivono albanesi. [...] L'UCK è il frutto delle lunghe e intense repressioni della Serbia, da una parte, e della politica pacifica improduttiva degli albanesi, che ha suscitato una reazione negli elementi più combattivi della regione. L'UCK è un gruppo piccolo, forte e bene addestrato, che svolge un ruolo positivo e intorno al quale nel giro di un paio di giorni è possibile creare un esercito di 100.000 persone", ha dichiarato Xhaferri.
MONTENEGRO
Il governo serbo ha incassato con la sanguinosa operazione in Kosovo anche un primo assenso dalla repubblica del Montenegro, con la quale, dall'elezione a presidente di Milo Djukanovic, i rapporti a livello federale sono tesissimi. Il premier montenegrino Vujanovic ha pubblicamente lodato il governo di Belgrado per la disponibilità al dialogo con gli albanesi: "La decisione di accettare l'invito del Gruppo di contatto ad aprire un dialogo è un atto molto positivo da parte del governo serbo [...], ora i leader albanesi devono accettare la sua disponibilità". Vujanovic ha anche affermato che nell'ambito del governo federale, il governo montenegrino deve avere un "atteggiamento collaborativo con quello di Belgrado riguardo alla soluzione del problema del Kosovo". Permangono comunque conflitti tra Belgrado e Podgorica anche in questo campo. Il presidente del parlamento montenegrino Marovic, riferisce Radio B92, ha accusato il presidente jugoslavo Milosevic di volere escludere ogni coinvolgimento del presidente montenegrino Djukanovic relativamente alla crisi del Kosovo, rimandando a data da definirsi una riunione del Consiglio Supremo della Difesa, nell'ambito del quale Djukanovic si opporrebbe a un'eventuale intervento militare nella zona. Secondo Marovic, Milosevic conta su un approfondirsi della crisi del Kosovo, per potere poi affermarsi nuovamente nel ruolo di salvatore e pacificatore.
ITALIA
Il viceministro degli esteri italiano Piero Fassino ha rilasciato al giornale greco "Eksusia" un'intervista, nella quale ha affermato tra l'altro, a proposito del Kosovo: "Desidero essere chiaro: non è illegale che qualcuno pensi all'indipendenza e che la desideri. Tuttavia, le conseguenze sarebbero drammatiche e a livello politico è necessario valutare quanto un obiettivo è reale e se è possibile conseguirlo. Io ritengo che obiettivamente, l'indipendenza del Kosovo sia oggi un obiettivo che non è possibile raggiungere. Non so come staranno le cose tra 20 o 30 anni". L'agenzia ANSA, riporta invece il 12 marzo alcune dichiarazioni del ministro degli esteri italiano Lamberto Dini, rilasciate al giornale "L'Unità": "Anche la popolazione locale [albanese - n.d.t.] è in parte colpevole della crisi", ha affermato Dini, e dopo avere sottolineato che Belgrado ha agito "violentemente e brutalmente" in Kosovo, il ministro ha messo in guardia gli albanesi: "una soluzione della crisi dipende anche da un approccio costruttivo da parte della popolazione del Kosovo, che potrebbe vedere la simpatia internazionale svanire rapidamente se essi non faranno la loro parte". Dini ha aggiunto che il governo serbo sta dando segni di disponibilità a un dialogo e "noi stiamo aspettando che anche l'altra parte faccia altrettanto". Il ministro degli esteri italiano ha infine affermato di essersi messo numerose volte in contatto, negli ultimi giorni, con il presidente serbo Milutinovic, che avrebbe "dato segni della sua disponibilità a conformarsi" alle richieste di apertura di un dialogo. ["I Balcani" pubblicherà a brevissimo tempo un mini-speciale sulla visita compiuta da Dini a Belgrado nel dicembre scorso e sulle sue intense attività diplomatiche con la Serbia, il Montenegro e la Repubblica Serba di Bosnia negli ultimi mesi]
UNIONE EUROPEA
Anche a livello europeo arriva un'importante apertura di credito a Milosevic e un invito alla leadership albanese ad accettare le sue proposte di dialogo. Con il titolo "Fischer: cerchiamo di convincere Rugova a trattare", il quotidiano di Belgrado "Nasa Borba" pubblica un servizio sulla visita nella capitale serba di una delegazione del Consiglio d'Europa, guidata da Leni Fischer. "Ho avuto un incontro positivo con il presidente Milosevic", ha affermato Fischer durante la conferenza stampa, continuando: "La nostra delegazione è venuta per discutere con le autorità serbe e i rappresentanti degli albanesi, al fine di constatare la loro disponibilità a una soluzione politica della crisi e posso solo dire che la nostra visita è venuta nel momento giusto, perché appena prima del nostro arrivo, come tutti sapete, è stato rivolto un invito alla discussione ai leader degli albanesi del Kosovo. Quello che ora è importante, è condurre trattative per una soluzione politica dell'attuale situazione. E' di essenziale importanza che a tale fine nessuna delle parti ponga condizioni preventive e riteniamo che la parte albanese debba conformarsi a questo invito [...], è essenziale che vengano a dialogare".
STATI UNITI
Tutt'altra aria spira da Washington, in questo momento. Personaggi di primissimo piano della politica estera americana, come Zbigniew Brzezinski e Frank Carlucci, hanno richiesto esplicitamente un intervento militare in Kosovo. Anche Richard Holbrooke (ex-inviato speciale degli Stati Uniti per i Balcani) ha parlato esplicitamente di una tale eventualità. Lo stesso ha lasciato intendere anche l'attuale inviato speciale americano per la ex-Jugoslavia, Richard Gelbard, sebbene non in maniera esplicita: "cercheremo di fermare la violazione dei diritti umani degli albanesi del Kosovo con tutte le sanzioni economiche e le altre misure diplomatiche possibili", se tuttavia non otterranno successo, "non escluderemo alcuna altra opzione". Va inoltre notato che Gelbard, alle domande dei giornalisti che gli rimproveravano, dal punto di vista diplomatico, di avere condannato l'UCK come organizzazione terroristica proprio prima delle azioni brutali del governo serbo, ha precisato che l'UCK "ha compiuto azioni terroristiche, ma non è ancora legalmente classificata dal governo degli USA come organizzazione terroristica".
LE ELEZIONI
Domenica 22 marzo si svolgeranno le elezioni per il nuovo "presidente-ombra" e per il nuovo "parlamento-ombra" del Kosovo. Il precedente parlamento era stato eletto nel 1992 e il suo mandato doveva scadere nel 1996, ma è stato prorogato per decreto da Ibrahim Rugova due volte, la seconda, nel 1997, mentre era in corso la rivolta in Albania, su esplicito invito degli USA. In sei anni, il parlamento non è mai stato chiamato a riunirsi in sessione plenaria e non ha quindi svolto alcuna attività, un fatto di cui l'opposizione ha in passato accusato Rugova. In parlamento, la Lega Democratica del Kosovo (cioè il partito di Rugova, membro dell'Internazionale democristiana) ha il 75% dei seggi. Per le elezioni presidenziali, l'unico candidato di un certo rilievo è lo stesso Rugova, dopo che il suo principale rivale Adem Demaci ha rinunciato a candidarsi. La zona di Drenica non parteciperà alle elezioni, perché la maggior parte degli abitanti ne é fuggita dopo le azioni del ministero degli interni serbo.
(fonti: "Vreme", "Dnevnik", "Nasa Borba", Radio B92, ANSA, Albanews)
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