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![]() NOTIZIE EST #36 - JUGOSLAVIA/KOSOVO da "Vreme" [Un'altra coppia di articoli dal settimanale di Belgrado "Vreme", questa volta relativo al contesto degli accordi sul sistema educativo recentemente firmati tra albanesi e serbi con la mediazione dell'italiano Vincenzo Paglia, della Comunità di Sant'Egidio] UN MATRIMONIO PER INTERESSE di Zoran B. Nikolic [...]La protesta Pristina 98 organizzata dagli studenti serbi è cominciata lunedì [23 marzo - n.d.t.]. Il rappresentante del comitato di protesta, Zivojin Rakocevic ha letto pubblicamente nella mattina di quel giorno le richieste degli studenti davanti all'edificio del centro studentesco di Pristina. La prima delle richieste era quella di una regolamentazione del sistema educativo secondo le leggi esistenti e in accordo con le convenzioni internazionali sui diritti delle minoranze nazionali. La proclamazione è terminata con l'affermazione che ogni accordo segreto sull'educazione con gli albanesi avrebbe rappresentato un tradimento e l'inizio della svendita del Kosovo e della Metohija. Un protocollo sull'implementazione dell'accordo relativo al sistema educativo era stato firmato due ore prima ad appena 200 metri di distanza, nell'edificio della biblioteca universitaria. Questo documento, che stabilisce tempi precisi per il ritorno degli studenti albanesi nelle strutture dell'università è diventato il bersaglio della protesta di serbi e montenegrini solo un'ora dopo. Il rettore dell'Università di Pristina, Radivoje Papovic ha detto, mentre partecipava alla protesta, che "le persone che hanno firmato l'accordo e quelle che intendono applicarlo non dovranno venire all'Università di Pristina, dove tutti possono venire a studiare, ma solo in serbo". Il documento che ha attirato su di sé la rabbia dei serbi del Kosovo (e dei serbi le cui famiglie hanno sempre vissuto in Kosovo e che ricordano le gravi persecuzioni subite dal 1981 al 1989 a opera degli albanesi) è stato firmato dal ministro serbo Ratomir Vico e dal consigliere di Rugova, Fehmi Agani, per la parte albanese. Entrambi sono membri del gruppo 3+3 che nei venti mesi trascorsi non era riuscito a trovare un accordo su punti chiave nell'applicazione dell'accordo. Il documento firmato lunedì è stato il primo di cui il pubblico è a conoscenza che includa date e numeri. Dice che il primo posto in cui torneranno gli studenti albanesi sarà l'Istituto di Albanologia. Successivamente, torneranno gradualmente alle altre strutture universitarie e i corsi ritorneranno alla normalità all'inizio del prossimo anno scolastico. I corsi verranno tenuti in turni separati, rispettivamente per i soli albanesi e per i soli serbi.Gli studenti serbi e il consiglio universitario di Pristina non intendono accettare questo piano. Hanno discusso se chiudersi negli edifici dell'università per impedire l'applicazione dell'accordo, ma hanno poi deciso che se si procederà all'applicazione se ne andranno. Il ritorno di Zekerijah Cana, Rexhep Qosia e Ibrahim Rugova ai loro uffici di un tempo presso l'Istituto di Albanologia avrà un grande valore simbolico per gli albanesi. La firma del protocollo ha aumentato la loro sicurezza. E' interessante notare a questo proposito che alcuni degli albanesi che si sono apertamente opposti alle politiche pacifiste di Rugova, hanno affermato che sarebbe stupido lanciare degli attacchi. La serie di trionfi di Rugova è cominciata con le elezioni etnicamente pure per il parlamento e per il presidente dell'autoproclamata repubblica del Kosovo. Queste elezioni, boicottate dai suoi oppositori che erano guidati da Adem Demaqi, hanno visto una partecipazione di circa il 90% degli elettori albanesi registrati. La maggiore parte degli albanesi che si sono recati alle urne non ha votato per Rugova quanto piuttosto contro Milosevic e il suo regime. La maggior parte degli osservatori stranieri concorda su questo punto. Nessuno si è preoccupato del fatto che le liste elettorali sono state redatte dalla Lega Democratica del Kosovo di Rugova o che il fatto di non essere sulle liste non era un motivo per non votare. Non importa che alcuni elettori avessero documenti di identità mentre altri ne erano del tutto sprovvisti. "Conosciamo i nostri elettori", ha detto un membro della commissione elettorale. Gli elettori a loro volta conoscono i membri delle loro famiglie e in molti casi il capofamiglia ha votato per tutti i membri del suo nucleo familiare. Sebbene gli oppositori di Rugova abbiano detto che le elezioni non sono state democratiche, nessuno di loro ha osato fare qualcosa per il rischio di essere marchiato come traditore. [...] Rugova ha usato la sua vittoria per prendere l'iniziativa. Martedì ha nominato un gruppo di consultazione per preparare una piattaforma per i negoziati con il gruppo serbo. Rugova ha incluso nel team tutti i suoi opponenti. Sebbene alcuni di questi 15 membri non siano stati nemmeno consultati, il gruppo si è riunito per la prima volta mercoledì. Con ogni probabilità formeranno una piattaforma che consentirà l'apertura di negoziati su una soluzione transitoria, come una terza repubblica all'interno della federazione jugoslava. L'unica piattaforma di Rugova fino a oggi è stata quella di un Kosovo indipendente. E' costretto ad avviare trattative a causa della pressione internazionale e del pericolo di una guerra etnica che potrebbe rafforzare i suoi attuali oppositori. Ha bisogno di una piattaforma flessibile, ma non vuole essere il primo a dire che si stanno abbandonando temporaneamente gli obiettivi nazionali. In questo modo saranno i suoi oppositori i primi a doverlo dire. Questa soluzione non andrà male nemmeno per Milosevic, perché prevede cambiamenti costituzionali, che a lui sono particolarmente graditi, e nuove elezioni a livello federale e del Kosovo. Ha bisogno di due cose per ottenere successo. Una forte pressione internazionale per giustificare le sue concessioni a livello interno e un aiuto finanziario per stabilizzare il Kosovo. [...] (da "Vreme", 28 marzo 1998) ****************
UN CATTIVO AVVIO La giornalista Slobodanka Ast, di "Vreme", ha intervistato Dusan Janjic, direttore del Forum per le relazioni interetniche e tra i partecipanti a numerosi negoziati tra serbi e albanesi:
JANJIC: "L'accordo o è un trucco, oppure porta il Kosovo a diventare una repubblica. A un secondo esame risulta chiaro che non nega agli albanesi il diritto di tornare nelle scuole e nell'università con i loro insegnanti, il loro programma, le conoscenze e i diplomi esistenti in precedenza. Le autorità, in particolare Milosevic, non discutono mai i problemi chiave. Attendono un'opportunità per mettere nel sacco i loro oppositori, ma devo ammettere che non sono riuscito ad afferrare la strategia dello stato serbo. Penso che non abbia alcuna strategia. Non vi è alcuna coordinazione che prenda in considerazione come vivremo insieme in queste scuole e università. Il problema viene risolto in fretta e furia per migliorare la propria posizione politica".
VREME: "E' stato così anche due anni fa, quando è stato firmato il protocollo Milosevic-Rugova..."
JANJIC: "Solo che ora la situazione è ancora peggiore, a causa della crisi di Drenica, delle vittime, delle repressioni poliziesche... Il mio primo commento dopo l'accordo Milosevic-Rugova è stato che si tratta di un fatto positivo e utile, ma che si presta, come sempre accade nella politica balcanica, a manipolazioni. All'accordo non si è arrivati spontaneamente e perché entrambe le parti lo desideravano sinceramente, ma nel giro di una notte, sotto pressioni: Milosevic è stato sottoposto alle forti pressioni degli americani affinché mettesse la sua firma su quel pezzo di carta e Rugova, la cui leadership era messa in discussione, lo ha fatto sotto la pressione interna degli albanesi. Aveva bisogno di vedersi attribuire il prestigio di essere lui quello che conduceva le trattative. E' un accordo nato male, che renderà più difficile l'intero processo di normalizzazione nel Kosovo.
VREME: "Il protocollo è stato interpretato in maniera diversa in casa e all'estero?"
JANJIC: "L'accordo Milosevic-Rugova è stato firmato dando per scontato che alcune cose importanti siano state risolte, vale a dire lo status del Kosovo. E' da lì che vengono le diverse interpretazioni: Milosevic, cioè la Serbia ufficiale, ha detto esplicitamente che la firma dell'accordo non significa che il Kosovo ottiene lo status di repubblica, ma che riguarda esclusivamente la reintegrazione degli albanesi nel sistema educativo. Rugova e la maggior parte degli albanesi hanno detto che significa il riconoscimento del leader albanese come presidente della Repubblica del Kosovo e che il suo sistema parallelo è stato accettato. Poi, quando l'applicazione dell'accordo non è stata avviata, hanno avuto inizio le proteste degli studenti albanesi, molto probabilmente organizzate dai politici albanesi. Le dimostrazioni degli studenti hanno reso la scena politica molto più radicale. Allo stesso tempo anche la scena politica serba si è fatta più radicale, attraverso le elezioni, i boicotti, i conflitti e le rotture e così, invece di smorzare le tensioni, l'accordo è stata una fonte di tensioni ancora maggiori". [...]
VREME: "Il rettore dell'Università di Pristina, Radivoj Papovic, ha detto che la firma dell'accordo è incostituzionale e illegale, che l'accordo è un tradimento".
JANJIC: "Papovic non è un rettore come gli altri: per lungo tempo è stato l'unica istituzione statale serba in Kosovo. Ha una sua impresa privata, un'influente attività nel settore del petrolio e tutto quello che consegue da questo tipo di potere. Poi c'è Ivanovic: è più potente dei fratelli Karic [sono il corrispondente serbo dei fratelli Berlusconi - possiedono un impero finanziario che controlla tra le altre cose anche importanti televisioni e giornali - n.d.t.], falsifica le elezioni come gli pare e nessun tribunale è riuscito a condannarlo. Bisogna tenere presente che la città di Pec [uno dei maggiori centri del Kosovo - n.d.t.] è diventata la borsa non ufficiale del mercato nero e che i più importanti affari vengono conclusi lì, che vi confluiscono enormi somme di denaro. Questa è la struttura dei serbi che sono pronti a terrorizzare gli stessi serbi per affermarsi come i guardiani della situazione. Penso che dietro a queste manifestazioni ci siano loro". VREME: "Vuole dire che i serbi del posto non sono il problema?" JANJIC: "I serbi del posto non comprendono la loro posizione sotto molti aspetti. In particolare, i serbi dell'Università di Pristina vengono quasi tutti da fuori del Kosovo. Gli studenti vengono qui da tutto il resto della Serbia, dalla Repubblica Serba di Bosnia e dal Montenegro. Ora stanno per perdere la possibilità di ottenere un diploma più facilmente che presso altre università. Anche studenti greci vengono qui per studiare spendendo poco. E' un enorme business e una modifica dello status quo comporterà la perdita di grossi privilegi". [...] (da "Vreme", 28 marzo 1998) |