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![]() NOTIZIE EST # 41 - MACEDONIA L'OMBRA DEL KOSOVO SULLA MACEDONIA Nel corso dello scorso fine settimana [23-24 marzo] in Macedonia si attendevano con pari attenzione due terremoti politici. Nel giorno in cui ha avuto inizio la primavera, Vasil Tuporkovski, l'ultimo rappresentante della Macedonia nella Presidenza della ex-federazione socialista jugoslava, un politico che negli ultimi anni si era autoesiliato dalla politica, ha fondato un proprio partito (Alternativa Democratica - DA). Il ritorno di Tupurkovski sulla scena politica proprio nell'anno in cui sono previste per l'autunno le elezioni parlamentari, è stato atteso con grande attenzione, speranze, trepidazione, soprattutto, si direbbe, dai prognostici che hanno formulato le prime valutazioni in merito a chi, e in quale misura, Tupurkovski porterà via voti. Secondo tutti i "libri di aritmetica", Vasil Tupurkovski sarà quasi sicuramente uno dei candidati alle elezioni presidenziali che si svolgeranno alla fine dell'anno, quando scadrà il mandato di Kiro Gligorov. Un altro terremoto politico atteso era quello del giorno dopo, domenica, quando il sindaco di Gostivar [uno dei centri della Macedonia a maggioranza albanese - n.d.t.], Rufi Osmani, doveva essere arrestato dopo che la condanna a sette anni di prigione emessa contro di lui è diventata esecutiva. Osmani è stato condannato per avere causato disordini a Gostivar l'anno scorso, quando, nel corso di scontri tra polizia e popolazione locale riguardo al divieto di esposizione della bandiera albanese nel centro della città, sono morte quattro persone. In un primo momento, il tribunale aveva condannato Osmani a 12 anni di carcere, ma successivamente la pena è stata ridotta a sette anni. Alcuni giorni prima che Osmani dovesse infine entrare in prigione a Gostivar e nelle altre città della Macedonia occidentale dove è al potere il Partito Democratico degli Albanesi erano attesi incidenti. Il vicepresidente di questo partito, Ilijas Halimi, ha dichiarato al quotidiano di Skopje "Dnevnik" di non escludere "proteste spontanee" che potrebbero degenerare "in qualcosa di incontrollabile". Osmani nel frattempo si è ammalato e non è andato in prigione, e così sono stati rimandate anche le "proteste spontanee". Nello stesso fine settimana durante il quale si prevedevano terremoti di natura politica, il presidente Gligorov ha preso parte a una conferenza sulla collaborazione nei Balcani, organizzata a Ocrida. Rivolgendosi a coloro che partecipavano a tale conferenza, Gligorov ha fatto sapere che Skopje non organizzerà alcuna iniziativa in comune con Belgrado contro gli albanesi. Il presidente della Macedonia ha così reagito direttamente ad alcune tesi che sono state pronunciate in quel consesso, secondo le quali Belgrado e Skopje, nonostante le tensioni e i dissidi nei reciproci rapporti, avrebbero potuto "dare vita a un'unione slava contro gli albanesi" e questo in un momento in cui la "tensione tra slavi e albanesi si è fatta acuta". Coloro i quali interpretano l'attuale linea del potere macedone esclusivamente come un'elaborazione delle tesi che arrivano a Skopje da Washington affermano che anche a Ocrida Gligorov non ha fatto altro che elaborare ciò che alcuni giorni prima aveva detto Strobe Talbott, vicesegretario di stato degli USA, durante una visita nella capitale macedone. Talbott [...] ha tenuto una lezione alla MANU (Accademia delle Scienze Macedone), durante la quale ha definito la Macedonia un'"oasi di pace" e stabilità nei Balcani. Questo concetto, un tempo tanto amato dalla politica ufficiale macedone, ha cominciato a impallidire sempre più nella testa di molte persone ed è ormai oggetto di aperta derisione tra la popolazione di questo stato. Il fatto è che l'immagine che l'alto funzionario americano ha di questo paese è molto più bella e piacevole di quella che vedono i suoi cittadini nel proprio specchio. Talbott ha affermato con la massima serietà che la Macedonia è la "negazione vivente" dello stereotipo che il mondo si è fatto dei Balcani e dei suoi abitanti come soggetti che non fanno che ripetere sempre le medesime incomprensioni, massacrandosi nel nome della storia, della religione o dell'appartenenza tribale. Una domanda a Talbott Tra coloro che assistevano alla lezione di Talbott presso la MANU, c'era anche il leader del Partito Democratico degli Albanesi, Arben Xhaferri, un uomo che molti considerano il più influente e radicale tra tutti gli albanesi di Macedonia (il suo partito ha sette rappresentanti nel parlamento macedone, ma gode allo stesso tempo di un vasto potere grazie al successo ottenuto nelle ultime elezioni amministrative in quasi tutte le città della Macedonia occidentale). Questo professore di filosofia di Tetovo (diplomatosi all'università di Belgrado e appartenente alla generazione del '68) si è preso cura di causare l'unico "incidente" durante il soggiorno di Talbott a Skopje. Subito dopo la lezione del vicesegretario di stato americano, Xhaferri ha in un primo tempo cercato di porre una domanda in lingua albanese, ma nella sala della MANU in quel momento non c'era nessun traduttore. Dopo un breve scompiglio e le proteste dei presenti, Xhaferri [...] ha infine spiegato a Talbott, in lingua macedone, che in Macedonia la situazione non è per nulla così idillica come può forse sembrare agli occhi di un americano. Per illustrare la sua tesi, ha citato l'esempio della stessa MANU, della quale, come ha affermato, non fa parte nemmeno un albanese. "Gli albanesi in Macedonia sono ghettizzati e marginalizzati", ha detto il giorno dopo in una conversazione con "Vreme" Arben Xhaferri. "Per questo motivo ho organizzato quel piccolo scandalo alla MANU, della quale davvero non fa parte alcun albanese. Camminando per le strade della Macedonia si può constatare come dappertutto sia pieno di albanesi. Ma nelle istituzioni di questo paese non ci siamo. [...] Gli albanesi in Macedonia sono un terzo della popolazione, mentre nella vita pubblica sono un trentesimo. Nel sistema giuridico, per esempio, siamo l'1,7 per cento, nell'amministrazione centrale siamo il 2 per cento, nella polizia il 3,4 per cento, nel sistema militare l'1,8 per cento. Nell'orchestra sinfonica o nell'opera non c'è nemmeno un albanese, non ci sono albanesi nemmeno nell'Istituto di Statistica, nella biblioteca statale e su circa 2 milioni di libri, solo 225 sono in lingua albanese. Gli albanesi che lavorano nelle istituzioni statali, inoltre, fanno parte della nostra nazione solo fisicamente. Sul lavoro sono obbligati a parlare esclusivamente macedone," dice Xhaferri. Il professore della Facoltà di Legge di Skopje, Dr. Dordi Marjanovic, ritiene che Xhaferri e gli altri politici albanesi della Macedonia parlino in maniera completamente sbagliata della rappresentazione dei loro connazionali nelle istituzioni statali. Loro, dice il professore, temporaneamente impegnato in politica, si comportano alla vecchia maniera comunista, chiedendo la restituzione delle quote nazionali. Il Dr. Marjanovic afferma che tra gli stessi albanesi in passato regnava la convinzione che nell'amministrazione statale lavorassero solo gli "stupidi", perché è un lavoro poco retribuito. "Nell'orchestra sinfonica c'è un albanese, che suona la viola, ma si trova lì non come albanese, bensì come artista. Personalmente non mi piacerebbe come spettatore starmene seduto all'opera, a un balletto o a un teatro nei quali gli artisti venissero scelti su base nazionale", dice Marjanovic. La maggior parte dei media macedoni ha reagito in maniera simile e con argomenti analoghi, alle affermazioni di Xhaferri secondo cui nella MANU non vi è alcun albanese. Hanno ricordato a Xhaferri che nel governo macedone siedono sette ministri albanesi, tutti del PDP, un partito albanese che conduce una politica più moderata di quella di Xhaferri. Oppure che nelle Accademie delle Scienze non si entra per decreto, perché la scienza è "un atto individuale". l'arrivo di Talbott a Skopje non ha fatto che intensificare tutte queste scaramucce e dispute, ma i veri motivi sono incomparabilmente più profondi e seri. I rapporti tra macedoni e albanesi stanno da mesi lentamente scivolando verso una radicalizzazione e gli ultimi avvenimenti in Kosovo non hanno fatto che riaprire vecchi dilemmi. Indipendentemente dal fatto che appoggino l'attuale governo oppure no, tutti i partiti che rappresentano gli albanesi del Kosovo hanno all'incirca la stessa posizione - e ciop che la Costituzione macedone non è equa e che dovrebbe essere modificata in modo tale che gli albanesi, invece di avere lo status di minoranza nazionale, acquisiscano, come i macedoni, quello di nazionalità costitutiva. Tutti i membri del Parlamento che fanno parte dei partiti albanesi hanno a suo tempo rifiutato di votare per la costituzione, da loro definita "inaccettabile". La maggior parte dei partiti e dei politici macedoni ritiene che una tale modifica porterebbe alla federalizzazione della Macedonia e subito dopo alla sua frantumazione e all'unione delle regioni occidentali di questo stato con la cosiddetta "Grande Albania". Rapporti coloniali Come principale sostenitore della modifica della costituzione, Arben Xhaferri ritiene che in Macedonia e in Serbia oggi si svolgano processi simili. Sia Milosevic che Gligorov, afferma, cercano di realizzare uno stato mononazionale su di uno spazio multietnico, cosa che può essere molto pericolosa e che necessariamente porta al conflitto. In questo modo, dice Xhaferri, instaurano dei rapporti coloniali in base ai quali una nazione è dominante rispetto alle altre, che si trovano in posizione sottomessa. Alla domanda perché allora gli albanesi del Kosovo e della Macedonia reagiscono in maniera differente, Xhaferri risponde: "Gli albanesi del Kosovo desiderano un proprio stato indipendente. Una volta erano una nazionalità costitutiva dello stato jugoslavo, che si è frantumato. Il fattore internazionale dà loro il diritto di cercare ciò che un tempo gli apparteneva, ma dice loro allo stesso tempo di fare le cose passo dopo passo, mentre loro vogliono l'indipendenza, e subito. Noi, albanesi di Macedonia, siamo maggiormente rappresentati nelle strutture della popolazione di quanto non lo siano gli albanesi nella Jugoslavia. Non vogliamo uno stato indipendente e accettiamo di andare passo dopo passo con le nostre richieste politiche. E non otteniamo nulla. Per questo a volte mi sembra che gli albanesi in questi spazi funzionino come un gruppo su cui effettuare effettuare esperimenti. Non ottengono nulla né coloro che vogliono tutto in una volta, né quelli che vanno passo dopo passo", dice Xhaferri. Tra i politici macedoni, soprattutto quelli dell'opposizione, aumenta la convinzione che gli albanesi di Macedonia molto presto abbandoneranno la strategia del "passo dopo passo" per passare alla formazione di un sistema di istituzioni parallele, simili a quelle in atto nel Kosovo. La maggior parte dei politici macedoni (con l'esclusione di quelli al potere) ha condannato di recente le manifestazioni organizzate dal DPA e dal PDP a Skopje, Tetovo e Debar in solidarietà con i loro connazionali del Kosovo. Di quelle manifestazioni, soprattutto di quella di Skopje, si è detto che sono state tenute "con un allestimento che sarebbe stato più adatto a Tirana". Nella piazza centrale di Skopje si è parlato quel giorno esclusivamente in lingua albanese, sono state innalzate unicamente bandiere albanesi e sono state bruciate una bandiera jugoslava e una macedone. L'atmosfera che regnava nella piazza è stata descritta come "un chiaro insulto alla Macedonia", ma anche "una chiara manifestazione della forza degli albanesi", che potrebbe presto essere utilizzata "in maniera ancora più aperta". Alcuni politici hanno definito la dimostrazione come un'aperta ingerenza nelle faccende interne della Jugoslavia. Quelli della VMRO-DPMNE [partito di destra all'opposizione, filobulgaro e antialbanese - n.d.t.] ritengono che una pari ingerenza sia stata compiuta dal presidente Gligorov quando ha dichiarato che la Macedonia, nel caso di un conflitto nel Kosovo, aprirà un corridoio umanitario attraverso il quale gli albanesi potrebbero fuggire dalla zona dei conflitti armati. Dimitar Dimitrov, vicepresidente della VMRO-DPMNE, dice che l'idea del corridoio è un'assoluta follia: "L'anno scorso quando sono scoppiati scontri in Albania, un grande numero di albanesi ha cercato a ogni costo di scappare dal proprio paese. Gli albanesi oggi vivono meglio che ovunque in Macedonia, e in secondo luogo in Kosovo, mentre senza dubbio vivono peggio in Albania. Nel caso venisse aperto un corridoio, di sicuro non scapperebbero in Albania, ma cercherebbero di rimanere in Macedonia". Se ci sarà la guerra Su quello che succederebbe nel caso in cui in Kosovo dovesse avere inizio un conflitto aperto ha riflettuto nella sua conversazione con "Vreme" anche Arben Xhaferri. Il nostro interlocutore ritiene che l'insoddisfazione degli albanesi in Macedonia si sia fatta, dopo gli eventi di Drenica, ancora più pronunciata. Alla domanda diretta - cosa succederebbe se nel Kosovo dovesse scoppiare un conflitto di grosse dimensioni - Xhaferri ha risposto in maniera ancora più diretta: "Stiamo parlando di una situazione ipotetica: cosa succederà se... Se scoppia una guerra in Kosovo, tutti i serbi ci si butteranno - sia quelli della Vojvodina, che quelli della Bosnia e del Montenegro. Lo stesso faranno tutti gli albanesi. In primo luogo noi della Macedonia. Gli albanesi del Kosovo sono nostri connazionali, abbiamo vissuto 80 anni insieme e ora, dopo il disfacimento dell'ex-Jugoslavia, tra di noi è stato posto un confine che è un fenomeno del tutto nuovo. La nostra mentalità è la stessa e pertanto è logico aspettarsi che saremo insieme se scoppia una guerra. Personalmente vedo tre fasi di un nostro coinvolgimento in questo possibile conflitto. La prima è politica e porta all'appoggio da parte nostra dei fratelli del Kosovo attraverso le proteste e le manifestazioni. Si tratta di una fase che è iniziata da lungo tempo. La seconda fase è quella degli aiuti umanitari, economici e finanziari, e anch'essa è già cominciata. La terza fase verrà se in Kosovo non si arriverà a un dialogo, oppure se cominceranno manovre militari. In quel caso si avrebbe un coinvolgimento diretto degli albanesi di Macedonia", dice Xhaferri. In Macedonia, nell'ottobre di quest'anno, si svolgeranno nuove elezioni politiche il cui esito è incerto come non lo è mai stato in passato. I radicali del DPA di Xhaferri hanno forti chance si riuscire a estromettere dai settori albanesi dello spazio politico il finora potente PDP, che fa parte della coalizione di governo guidata dai socialdemocratici di Branko Crvenkovski. La caduta di questa coalizione farebbe probabilmente crollare l'intera filosofia sulla quale finora il governo e il presidente Gligorov hanno creato la falsa immagine di una Macedonia come "oasi di pace e stabilità nei Balcani". Tra i partiti dell'opposizione sembra che stiano nuovamente crescendo le azioni della VMRO-DPMNE di Ljupco Georgievski, fautore di una posizione senza compromessi nei confronti degli albanesi. A Skopje in questi giorni è pieno di gente che, quando sente che siete di Belgrado, vi esprime la "propria gratitudine" per le azioni poliziesche di Drenica, aggiungendo che "solo Milosevic sa come ci si deve comportare con loro, gli albanesi". Alcuni giorni fa, quando era scaduto il termine per l'arresto del sindaco di Gostivar e quando si guardava con ansia alla possibilità che scoppiassero disordini nella Macedonia occidentale, uno degli osservatori locali delle vicende politiche macedoni ha così descritto quello che sta accadendo da ormai molti mesi: "Se Rufi Osmani non va in prigione, il governo cade e alle elezioni vincerà di sicuro la VMRO. Se lo mandano in carcere e dimostrano che qui vi è uno stato di diritto, i socialdemocratici hanno la possibilità di mantenersi al governo". Indipendentemente dalla fondatezza di queste valutazioni, la situazione per l'attuale governo davvero non è facile. Da mesi ormai cammina lungo un filo sottile sotto il quale non c'è nessuna rete di sicurezza. L'anno scorso, quando la polizia ha reagito crudamente a Gostivar, anche al prezzo di alcune vittime, è riuscito a eliminare la bandiera albanese dal centro della città. L'UE ha cancellato l'aiuto finanziario promesso alla Macedonia e ha tolto il paese dall'elenco dei paesi favoriti. Ora la situazione economica è decisamente peggiorata, il sindaco di Gostivar potrebbe presto andare in prigione e gli albanesi che lo hanno eletto affermano che sono possibili delle "proteste spontanee". E le elezioni stanno per arrivare. (da "Vreme", 28 marzo 1998) |