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![]() NOTIZIE EST #51 - BOSNIA/USA GLI USA MOBILITANO I RISERVISTI PER LA BOSNIA [Il seguente articolo del "New York Times" è utile anche per capire uno dei motivi per cui la NATO esita a decidere un intervento in merito al Kosovo, e cioè il già pesante impegno militare (che richiede anche il dispiegamento di ingenti forze civili) in atto nell'area balcanica. A tale proposito va notato anche che, come riferisce la Reuters, ieri il primo ministro britannico Tony Blair, dopo avere dichiarato che la NATO deve prendere qualche iniziativa per la crisi in Kosovo, ha aggiunto che, nel caso di un intervento militare, il suo paese in questo momento non dispone di truppe da inviare. Analoghi problemi potrebbe avere l'Italia, che è già impegnata in Bosnia e in Albania - a.f.] LUKAVICA, Bosnia - Con il proseguimento della missione militare americana in Bosnia, che continua a impegnare risorse militari, il numero di riservisti e di membri della Guardia Nazionale che si trovano a essere richiamati alla vita militare sta aumentando nettamente. I riservisti dell'esercito USA che sono stati richiamati al servizio attivo nella forza NATO in Bosnia supera quello di coloro che erano stati richiamati lungo l'intera guerra del Vietnam. Il sempre maggiore ricorso ai riservisti è dovuto in larga misura alla drastica riduzione del personale dell'esercito - pari a circa il 50 per cento durante gli ultimi dieci anni. E per la prima volta in quasi trent'anni, unità da combattimento della Guardia Nazionale vengono inviate all'estero. Allo stesso tempo è aumentato il numero di missioni per il mantenimento della pace, che coinvolge non solo unità che devono svolgere compiti pesanti, ma anche specializzazioni per cui ora si fa principalmente ricorso alla Riserva, e cioè gli affari civili. La diminuzione degli effettivi dell'esercito e le nuove missioni di mantenimento della pace hanno portato a quello che gli alti ufficiali definiscono come un fondamentale cambiamento nel modo in cui i militari prendono in considerazione le forze di cui dispongono. Non è più il caso di coinvolgere prima i militari e poi la Riserva e la Guardia Nazionale. "Sono coinvolti tutti, afferma il generale Pat O'Neal. "Tutti possono essere chiamati a partire". [..] Si prevede che l'anno prossimo il numero di membri della Riserva e della Guardia che verranno mandati all'estero raddoppierà. Ad alcuni dei riservisti di stanza in Bosnia sono stati assegnati turni di più di sei mesi. Molti ufficiali e soldati che si trovano in Bosnia si chiedono quanto spesso e per quanto tempo dei civili saranno costretti ad abbandonare le proprie famiglie e il proprio lavoro per essere inviati all'estero a compiere lavori pericolosi e scarsamente retribuiti. "Gli alti ufficiali dell'esercito si stanno ponendo anch'essi la stessa domanda", afferma il generale James Helmly, vice-capo della Riserva. "Passano un bel po' di notti a cercare di trovare una risposta". Con la fine della Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno diminuito il numero dei propri effettivi militari, ma hanno aumentato il numero delle operazioni all'estero. Solo in questo mese, per esempio, l'esercito ha 33.944 soldati in missione temporanea in 81 paesi diversi. La maggior parte svolge missioni di mantenimento della pace o esercitazioni di addestramento. Allo stesso tempo, i tipi di compiti che di norma vengono assegnati alla Riserva - come gli affari civili, le operazioni psicologiche e la creazione di un 'contesto comunitario' - diventano sempre più importanti nel ruolo di mantenimento della pace affidato ai militari. Dei circa 200 funzionari americani che si occupano di affari civili in Bosnia, per esempio, solo uno fa parte dell'esercito regolare. "Nessuno in questo edificio vede all'orizzonte una nuova crisi come quella bosniaca", ha affermato un alto ufficiale del Pentagono. "Con la Guardia e la Riserva abbiamo assorbito il colpo e stiamo andando bene, almeno, non mi sembra che ce la caviamo tanto male. Ma non penso che saremmo in grado di gestire con facilità un'altra Bosnia o qualcosa di simile e di rimanere allo stesso tempo pronti per un altro conflitto di grandi dimensioni". [...] (fonte: "New York Times", 25 maggio 1998 - traduzione dall'inglese: A. Ferrario) |