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NOTIZIE EST #53 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
11 giugno 1998

DA NANO-MILOSEVIC A RUGOVA-MILOSEVIC
di Remzi Lani

[Il seguente articolo sull'incontro Rugova-Milosevic è stato pubblicato due settimane fa, cioè quando le recenti operazioni delle autorità serbe nel Kosovo occidentale erano appena iniziate e non se ne conosceva ancora la portata - a.f.]

Nel corso di una breve dichiarazione rilasciata alla TV albanese, il premier Fatos Nano ha salutato con favore l'incontro Rugova-Milosevic, ma non ha dimenticato di ricordare il vertice di Creta, quando lui e Milosevic si sono dati per la prima volta la mano nel novembre 1997. Nel frattempo, il ministro albanese degli esteri Paskal Milo ha a sua volta salutato con favore l'incontro, ma non ha dimenticato di aggiungere che "si tratta solo del primo passo su una strada che è lunga chilometri. La dichiarazione del governo albanese con cui si è espressa soddisfazione per l'incontro, non ha dimenticato nemmeno essa di precisare che "è necessaria la presenza di una terza parte nei colloqui sul Kosovo".

Tra Tirana e Pristina, o più precisamente tra Nano e Rugova, orma da sei mesi sta l'ingombrante ombra di Milosevic, la persona che ha complicato ogni calcolo. L'incontro svoltosi a Creta e che a Pristina ha suscitato molti sospetti, non solo non ha portato il miglioramento che ci si attendeva nei rapporti tra Tirana e Belgrado, ma ha portato a un peggioramento dei rapporti tra Tirana e Pristina. Sia Nano che Rugova, dopo avere stretto la mano a Milosevic si sono trovati esposti alle critiche dei rispettivi opponenti interni. Nano è accusato di tradimento, Rugova di capitolazione.

Tralasciando i paralleli che (non) se ne possono trarre, sembra che gli attuali contatti tra Tirana e Pristina siano minimi. La Tirana ufficiale sembra essere informata delle opzioni che Rugova ha in testa più dagli articoli di giornale e dai diplomatici che si incrociano sulla rotta Tirana-Belgrado-Pristina, che attraverso i rappresentanti ufficiali di Rugova. I messaggi da una parte all'altra vengono portati, sembrerebbe, da Holbrooke e dagli altri diplomatici che hanno visitato la regione. E' da settembre dello scorso anno che i leader kosovari non si recano a Tirana per consultazioni. I numerosi diplomatici che hanno visitato Tirana nel corso degli ultimi tre mesi hanno chiesto al governo albanese di sfruttare la propria influenza presso la leadership albanese del Kosovo, affinché adottasse una posizione trattenuta e moderata. Addirittura, alcune settimane fa, a Strasburgo il ministro degli esteri russi Primakov ha chiesto insistentemente al suo omologo albanese Milo di esercitare l'influenza che Tirana ha sugli albanesi del Kosovo per porre fine a quello che il ministro degli esteri ha definito "terrorismo albanese". Allo stesso tempo, non è difficile presupporre che l'influenza di Tirana presso gli albanesi che si trovano dall'altra parte del confine, sia presso Rugova e quelli che sono per le trattative, che presso l'UCK (l'Esercito di liberazione del Kosovo) e gli altri che preferiscono le armi, sia ridotta al minimo.

Perfino il premier in esilio del Kosovo, Bukosi, in un'intervista rilasciata alla rivista "Klan" ha fatto sapere, senza mezzi termini, che il maggiore aiuto che Tirana può offrire è quello di non immischiarsi.

In effetti, la posizione dell'Albania rispetto alla questione del Kosovo è stata spesso confusa. Ciò si può spiegare come un riflesso sia della confusione dello stesso movimento politico degli albanesi del Kosovo, il cosiddetto gandhismo di Rugova, che della confusione dell'Occidente, ai cui consigli Tirana ha deciso di attenersi.

Negli ultimi tempi l'Albania chiede che per il Kosovo si applichi una "soluzione la più ampia possibile all'interno dei confini della Federazione Jugoslava", vale a dire una terza repubblica all'interno della Jugoslavia, una proposta che è mal vista dai kosovari, che non accettano alcun'altra soluzione se non l'indipendenza, ma non viene vista con molto interesse nemmeno dal Gruppo di Contatto, alla quale era indirizzata. Intanto, nonostante gli occidentali sappiano bene quale sia il grado di influenza di Nano presso Rugova, Tirana viene considerata dagli intermediari occidentali come uno dei possibili vettori di crisi, come una "parte del problema", per usare le parole di Holbrooke. In primo luogo, un'escalation del conflitto in Kosovo coinvolgerebbe l'Albania, indipendentemente dal fatto che gli uni e gli altri rispettino le rispettive leadership. In secondo luogo, anche se presso gli albanesi d'Albania non vi è una scarsa presenza di nazionalismo aggressivo, se dovessero continuare i massacri in Kosovo non è da escludere una reazione dei cittadini, soprattutto di quelli delle zone settentrionali, strettamente legati al Kosovo, tra le altre cose da diffusi legami di parentela. In terzo luogo, infine, il traffico di armi dall'Albania al Kosovo, anche se non è dell'entità descritta dalla macchina della propaganda serba, potrebbe trasformarsi in un pericoloso fattore di conflitto. Non perché qualche decina o centinaio di kalashnikov che attraversano la frontiera possano modificare l'equilibrio militare tra l'esercito americano e l'UCK, ma perché tale traffico offrirebbe un argomento per avviare ulteriori opere di pulizia lungo il confine con l'Albania.

[...] Coloro che hanno salutato con favore l'incontro Rugova-Milosevic, che sono perlopiù gli stessi che hanno accolto con favore anche l'incontro Nano-Milosevic, sono inclini a vedere tale incontro come un passo positivo. Per loro, il fatto che Milosevic sia stato costretto a incontrarsi con Rugova significa che il presidente jugoslavo ha dovuto riconoscere in maniera definitiva la legittimità di Rugova come leader eletto del Kosovo. Sempre per queste persone, vi è stata dopo tutto la presenza di una terza parte, anche se è rimasta nell'ombra e mascherata, probabilmente per non mettere in difficoltà Milosevic dopo il referendum contro una mediazione internazionale. Senza i colloqui con Holbrooke non sarebbe stato possibile, l'incontro del 15 maggio non sarebbe stato nemmeno pensabile. Per il governo di Tirana è un elemento positivo anche il fatto che il dialogo sia stato aperto a livello federale [Milosevic è ora presidente della Federazione Jugoslava, e non più della Serbia - N.d.T.] e non a livello di repubblica (serba), per cui la soluzione va cercata nel primo contesto.

Dall'altra parte, gli oppositori dell'incontro lo hanno criticato non solo per l'assenza di una terza parte, ma anche soprattutto per il fatto che i colloqui sono stati avviati in condizioni in cui sul terreno erano in corso operazioni dell'esercito jugoslavo. Alcuni giornali di Tirana hanno definito l'incontro di Belgrado come Creta II, vale a dire come un'ulteriore sconfitta per gli albanesi e un'ulteriore vittoria per Milosevic.

[...] E' noto che Milosevic è stato immediatamente compensato con una fulminea sospensione delle sanzioni che riguardano gli investimenti stranieri. Se Rugova ha offerto un compromesso, l'Occidente ha da parte sua offerto delle concessioni che si possono definire furbe. Dei colloqui sui colloqui non sono dei veri colloqui, se ci è consentito un gioco di parole.

[...] Sali Berisha, che è stato molto critico nei confronti dell'incontro di Creta, considera i colloqui Rugova-Milosevic come un "passo positivo verso la soluzione del problema". Berisha offre di nuovo il proprio sostegno a Rugova, togliendolo invece al principale rivale di quest'ultimo, Adem Demaci. Del tutto inaspettatamente, il giornale del Partito Democratico di Berisha ha attaccato negli ultimi giorni quelli che ha definito gli "atteggiamenti patriottardi e folcloristici" di Demaci. Allo stesso tempo, sembra che Berisha abbia rinunciato al suo recente antiamericanismo, che aveva pagato a caro prezzo un anno fa, chiedendo un intervento diretto degli americani nelle trattative per il Kosovo. Dall'altra parte, Berisha, che una volta aveva definito l'UCK "un prodotto di Arkan" [il capo di formazioni paramilitari serbe - N.d.T.] durante l'ultima conferenza stampa ha cambiato vocabolario e affermando che "se non si ferma la mano di Milosevic, Belgrado si troverà a confrontarsi con il più forte esercito della regione", riferendosi con tali parole all'UCK.

Anche se di solito il primo passo è il più difficile, nel caso del Kosovo vi è il rischio che quelli successivi siano ancora più difficili. Il treno di Rugova è arrivato all'ultima fermata. Oltre questa stazione non c'è più niente, se non l'UCK. Se Rugova subisce una sconfitta, significa che è stata sconfitta anche la via pacifica. D'altronde, dopo questo passo, ogni status quo non è più accettabile, o meglio, non è più possibile. Se i colloqui di pace non hanno successo, quello che può seguire è solo la guerra.

Sembra paradossale, ma proprio dopo il primo incontro tra due nemici di lunga data, si pone sempre più chiara la domanda: la via pacifica è fallita. Certo, è ancora presto per dire che la via pacifica sia fallita, ma non è presto per dire che questa via non viene più considerata l'unica da molti albanesi. Sebbene gli albanesi in Albania siano divisi riguardo alla loro opinione su Rugova, Demaci o Cosia, sembra che non vi siano differenze di posizione quando si parla dell'UCK. Anche se in Albania il nazionalismo è poco diffuso, non si è tenuto conto del fatto che l'UCK sarebbe diventata così popolare. I giornali di Tirana pubblicano interviste con i combattenti dell'UCK i quali vengono spesso definiti "combattenti armati per la libertà".

Se l'incontro di Belgrado assomiglia a quello che un giornalista albanese ha definito come un balletto sul ghiaccio, quello che succede sulle montagne del Kosovo ricorda piuttosto la Cecenia, e quello che accade nelle città la Palestina, e non è escluso che un domani non compaia anche una variante irlandese. Si pone il seguente problema: mentre Milosevic rappresenta Milosevic, il cittadino serbo comune, ma anche i poliziotti serbi che uccidono e vengono uccisi sui monti del Kosovo, Rugova rappresenta Rugova, il cittadino albanese comune che chiede l'indipendenza dalla Serbia, ma non i soldati dell'UCK che si aggirano per i monti del Kosovo.

(fonte: AIM-Tirana, 26 maggio 1998 - traduzione dal serbo-croato: A. Ferrario)