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![]() NOTIZIE EST #56 - JUGOSLAVIA/KOSOVO KOSOVO: QUALI POTREBBERO ESSERE GLI OBIETTIVI NATO La dichiarazione del Consiglio di Sicurezza e l'approvazione da parte dei ministri della difesa della NATO di un documento nel quale si afferma che devono essere preparati in breve tempo piani militari per "fermare e fare cessare le violenze" in Kosovo, organizzando nel frattempo manovre aeree di forze dell'alleanza in prossimità di tale regione, erano ormai attese. La messa in guardia da parte del segretario generale dell'Alleanza occidentale sul fatto che si prevede la possibilità di effettuare attacchi aerei e (in ultimo) di intervenire con forze militari NATO "all'interno del Kosovo" ha portato a un comprensibile surriscaldamento della temperatura dei media serbi e stranieri. Facendo un parallelo con la guerra in Bosnia e analizzando gli avvertimenti che sono venuti dalle grandi potenze, finora è possibile concludere che lo scenario del coinvolgimento della NATO nella crisi in Kosovo sarà il seguente: blocco dei confini della Jugoslavia, regime di divieto dei voli sulla provincia meridionale, invio di osservatori sul posto e, solo alla fine, un più intenso impegno militare: attacchi aerei e invio di truppe. Varie voci affermano che alcuni di questi modelli sperimentati per esercitare pressione verranno applicati anche ora, ma con intervalli di tempo che si prevedono di gran lunga ridotti rispetto al passato. [...] PRIMO: "NO-FLY-ZONE" Nel corso della guerra in Bosnia del 1992-1995, le prime richieste di condurre attacchi aerei contro obiettivi serbi sono provenute dai media occidentali, soprattutto da quelli americani, già alla fine del 1992. Accanto a tali allarmanti richieste, sono emersi anche testi che indicavano alcuni dei potenziali obiettivi, sia militari, che civili - soprattutto le vie di comunicazione (in particolare ponti e rotte stradali). Tuttavia, le azioni contro obiettivi della Repubblica Serba di Bosnia sono venute solo nel settembre 1995. Per un periodo di tre anni è stato condotto un lavoro di preparazione prima mediale, e successivamente militare, perché nel momento delle prime richieste di un intervento nella regione la NATO non disponeva di forze sufficienti per tali azioni. Una delle fasi intermedie è stata quella della creazione di zone interdette al volo ("no-fly-zone") sopra il territorio della Bosnia-Erzegovina. Ora, nel 1998, la situazione è del tutto diversa: la Federazione Jugoslava si trova quasi circondata da forze NATO e i politici occidentali possono lanciare i loro avvertimenti con una buona dose di sicurezza che possano essere realizzati. Ingenti forze NATO si trovano in Bosnia-Erzegovina, nell'ambito dell'operazione SFOR, mentre sotto la denominazione di contingente UNPREDEP altre forze di paesi NATO sono presenti in Macedonia e un contingente iniziale si trova in Albania dal 1995. Lo spazio aereo della Jugoslavia è attraversato da aerei "Boeing" con sistemi del tipo "AWAKS" per il controllo degli spazi aerei, e sistemi di comunicazione del tipo "JOINT STARS" per il controllo del movimento delle truppe sul terreno. Tutto ciò crea una base solida per un avvertimento e una successiva azione. Le ultime notizie, secondo le quali dall'Atlantico è partita la portaerei americana "Eisenhower", fanno intendere che la principale componente offensiva è in viaggio e che con la successiva presenza di manovre militari con portaerei lungo le coste albanesi, la minaccia militare diventerà del tutto evidente. Nel frattempo, mentre si attende il completamento della concentrazione delle forze di attacco, verranno realizzate manovre aeree che avranno come fine quello di effettuare una dimostrazione di forza, di mettere a punto uno scenario di attacco, ma anche di "riempire il tempo" e di tenere alta la tensione fino a quando il grosso delle forze prevista per l'attacco non sarà arrivato. LA SCELTA DEGLI OBIETTIVI E' GIA' STATA FATTA Con le operazioni militari condotte fino a oggi in questa regione, le forze NATO sono riuscite ad acquisire tutte le conoscenze necessarie sulla forza, la preparazione al combattimento, le attività, i tipi di armi e le ubicazioni di tutte le unità dell'Esercito jugoslavo e in una certa misura anche delle forze del Ministero degli Interni serbo. Lo stesso risultato è stato ottenuto anche attraverso l'accordo per il controllo dei traffici di armi nella ex Jugoslavia. Non vi sono dubbi che la selezione dei potenziali obiettivi (per ora) militari da distruggere in Serbia e in Montenegro sia stata messa a punto da tempo e che gli esperti della NATO debbano lavorare solo sulla messa a punto delle azioni da compiere, visto che gli obiettivi sono loro noti già da prima. Quali sono i potenziali obiettivi? Si tratta di una delle domande che oggi viene posta più spesso. E' difficile prevedere se la NATO, sfruttando la sua superiorità globale, agirà solo su obiettivi nello stesso Kosovo, che è l'ipotesi più probabile, oppure se approfitterà dell'occasione per eliminare altri obiettivi militari in punti diversi del territorio serbo. Il fatto che le azioni della guerriglia albanese, in generale limitate solo all'interno della provincia del Kosovo, non si siano mai allargate ai tre comuni a maggioranza albanese all'interno della Serbia "propriamente detta", parla a favore della tesi secondo cui un'eventuale azione della NATO avrà obiettivi solo sul territorio del Kosovo. Almeno nella prima fase dell'internazionalizzazione militare della crisi. Se si fa un parallelo con gli obiettivi che sono stati oggetto di bombardamenti nella Repubblica Serba di Bosnia nel 1995, si può concludere che il medesimo tipo di obiettivi sarà nel mirino dell'aviazione NATO. Esistono due tipi di obiettivi potenziali. Il primo è costituito dagli obiettivi fissi e definiti già prima dell'inizio delle azioni come obiettivi. Si tratta in particolare delle stazioni radar, delle centrali telefoniche e dei ritrasmettitori della televisione, ma anche le batterie antiaeree jugoslave, nonché infine gli stessi aeroporti dai quali l'aviazione jugoslava potrebbe esercitare una resistenza contro gli aggressori. In Kosovo sono presenti tutti questi tipi di obiettivi: una base missilistica, una stazione radar e una base aerea presso Pristina, con due squadroni di caccia MIG 21. [...] UN'OCCASIONE PER PROVARE NUOVE ARMI L'altro segmento di potenziali obiettivi è costituito da tutti gli obiettivi militarmente attivi al momento. Si tratta delle zone in cui sono concentrate le forze del Ministero degli Interni e del corpo d'armata dell'Esercito jugoslavo a Pristina. Nel mirino sarebbero anche le armi pesanti: i carriarmati e gli altri veicoli da combattimento, l'artiglieria di calibro più grosso, e in misura decisamente minore le caserme e gli edifici. La presenza di forze eccezionalmente forti dell'Esercito jugoslavo in, o intorno a, tutte le principali città del Kosovo (Kos. Mitrovica, Vucitrn, Pristina, Urosevac, Prizren, Pec, Djakovica) porta a un altro lungo elenco di obiettivi militari. E' nostra convinzione che in questo caso la NATO, e gli americani prima di tutti, sfrutteranno l'occasione per provare diverse nuove armi [come è già avvenuto con i proiettili radioattivi all'uranio in Bosnia - N.d.T.]. Sono realistiche le ambizioni della NATO di risolvere con questa azione aggressiva un problema di lunga data come quello del Kosovo? Le motivazioni di questo atteggiamento aggressivo ci sembrano basarsi su due elementi: da una parte il fatto che in un periodo di "prova" durato alcuni mesi, l'azione militare-poliziesca jugoslava non sia riuscita a sradicare la guerriglia nazionale albanese, dall'altra la previsione che la risposta militare jugoslava sarà fiacca e che sarà possibile paralizzarla con mezzi politici. Basata su queste tesi, l'improvvisa aggressività dell'alleanza militare occidentale, sembra non tenere conto del fatto che l'esercito jugoslavo, guidato soprattutto da suoi impulsi interni, è in grado di esercitare una forte resistenza. Dai vertici dell'esercito sono già giunte voci che chiedono di difendere il Kosovo con tutti i mezzi militari di cui si dispone. Una resistenza decisa e le eventuali perdite umane presso le forze che verranno utilizzate per l'intervento, potrebbero in una certa misura fare vacillare un azione già avviata da parte della NATO. Per finire, ci poniamo la domanda: cosa verrà dopo gli attacchi aerei? Inizieranno trattative politiche? Si darà il via a un'insurrezione generale degli albanesi? Arriveranno truppe di terra NATO in Kosovo? E la NATO conta su una piena passività militare dell'esercito jugoslavo/serbo? (fonte: "Nasa Borba", 23 giugno 1998 - traduzione dal serbo di A. Ferrario) |