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NOTIZIE EST #67 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
17 settembre 1998

LE ATROCITA' DI KLECKA E I LORO RISVOLTI
di Dejan Anastasijevic

[Il settimanale di Belgrado "Vreme" ha pubblicato nel suo numero del 5 settembre un'ampia serie di servizi sul ritrovamento di resti umani bruciati nel paese di Klecka, in Kosovo. Riportiamo quasi per intero uno degli articoli.]

[...] Scontri furiosi si sono scatenati la settimana scorsa intorno a Klecka e a Dulja tra la polizia e l'esercito serbo, da una parte, e membri dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK), dall'altra, che avevano creato in questi luoghi delle importanti basi. Giovedì 27 agosto, la polizia ha consentito l'accesso a giornalisti selezionati della RTS [la televisione di stato serba - N.d.T.] e di Studio B, mentre due giorni dopo il Ministero degli Interni della Serbia ha organizzato un'"escursione" per altri giornalisti del paese ed esteri che risiedono a Pristina. Quello che hanno visto ha causato nausea anche ai più esperti corrispondenti di guerra.

Le trincee lunghe chilometri, i ricoveri sotterranei e i bunker intorno a Dulja, la cui creazione ha certamente richiesto settimane e settimane di lavoro, sono una testimonianza dell'importanza che la difesa di questo luogo aveva per l'UCK, in particolare dopo che aveva dovuto abbandonare il proprio quartier generale di Malisevo dopo luglio. Klecka si trova a poco più di mille metri di altezza e offre un'ottima visione delle Piane della Metohija, ivi incluse le principali strade. Quello che in ultimo ha consentito all'esercito e alla polizia di infrangere la resistenza dell'UCK con relativa facilità è stata l'eccellente posizione che essi hanno preso sul vicino picco di Chafa Dulja, dove le imponenti unità di artiglieria e corazzate sono state di stanza per alcuni mesi [...]. Si è così avuta una prova del fatto che le trincee, per quanto profonde, non possono fare molto per proteggere dall'artiglieria, specialmente se l'altra parte dispone di una potenza di fuoco di alcune volte maggiore. Subito dopo Dulja è caduta anche Klecka, una località che, oltre a essere di importanza strategica, veniva usata anche come centro principale di addestramento dall'UCK.

Nei fatti, Klecka sembra molto meno un villaggio che una base militare e farebbe la fierezza anche di un esercito come l'ex armata jugoslava. All'interno degli spessi muri alti tre metri vi è un edificio a due piani, dotato di tutti i servizi di una normale abitazione, incluse aree per dormire, sale da pranzo e magazzini. Vi è anche un'area per lo schieramento e l'addestramento, con una bandiera rossa e nera; sul prato qualcuno ha tracciato la sigla UCK in lettere alte un metro, utilizzando dei sassi. Oltre ai servizi, le caserme dispongono anche di una prigione e a circa un chilometro di distanza vi è una fornace da calce. Secondo il colonnello Bozidar Filic, portavoce del Ministero degli Interni di Serbia, la prigione ospitava civili serbi caduti nelle mani dell'UCK durante gli ultimi mesi e i loro resti sono finiti nella fornace. [...] Secondo le dichiarazioni della polizia [i resti umani ritrovati] sono tutti quello che rimane di ventidue serbi, ivi inclusi due bambini, che hanno finito i loro giorni a Klecka. Ai giornalisti è stato spiegato che queste persone sono state sottoposte a torture bestiali, e sono state successivamente fucilate e sepolte. Quando è diventato chiaro che le forze serbe sarebbero presto entrate a Klecka, gli esecutori hanno cercato dai cancellare le prove dei loro crimini disseppellendo i cadaveri e bruciandoli nella fornace. Tuttavia, le ossa più grandi si trovano ancora nella cenere, dove la polizia le ha scoperte dopo avere conquistato il villaggio. [...] Particolari aggiuntivi su questa orrenda storia vengono da due membri dell'UCK catturati, uno dei quali è stato portato davanti ai giornalisti affinché ripetesse quanto dichiarato durante le indagini. Il ragazzo di ventidue anni, di nome Bekim Mazreku, ha risposto per alcuni minuti alle domande postegli dal magistrato incaricato delle indagini, Danica Marinkovic. "Abbiamo fucilato dieci persone, qui, tre donne, due bambini e tre anziani," ha affermato in tono meccanico. "Penso che fossero serbi". Senza indicare il sesso dei bambini giustiziati, Mazreku ha detto che uno aveva sette anni, mentre l'altro ne aveva undici, affermando inoltre di essere stato uno dei membri del plotone di esecuzione, ma di non sapere cosa è successo in seguito con i corpi. Durante e dopo la conversazione con il magistrato Marinkovic, ai giornalisti non è stato consentito di porre a Bekim alcuna domanda. La stessa sera, Studio B ha trasmesso un servizio sulla confessione resa alla polizia dal cugino di Bekim, Ljuan Mazreku, che è stato arrestato lo stesso giorno di Bekim. Ljuan ha descritto nei dettagli ai giornalisti le torture alle quali i serbi catturati sono stati sottoposti [...].

Le autorità serbe evidentemente speravano che le prove riportate e le testimonianze sarebbero state sufficienti per cambiare radicalmente l'immagine che i media danno del conflitto in Kosovo e che il mondo avrebbe concordato con Belgrado che l'UCK è un'organizzazione terroristica paragonabile alle SS di Hitler e che Klecka può essere definita una "nuova Auschwitz". Tuttavia, ciò non è successo per una serie di motivi. Innanzitutto, quasi tutte le maggiori agenzie di stampa mondiali hanno incluso una buona dose di scetticismo nei loro servizi relativi all'escursione menzionata, cosa per la quale non le si può biasimare. In primo luogo, nemmeno dopo svariati giorni è stato possibile avere anche solo uno dei nomi dei serbi uccisi [va tuttavia precisato che la settimana scorsa la polizia serba ha dichiarato di avere identificato cinque cadaveri, anche se nessun dato preciso è stato ancora reso pubblico - N.d.T.] e quindi viene spontaneo domandarsi su quale base la polizia afferma che sono esattamente ventidue (avrete notato che sia Bekim che Ljuan hanno parlato solo di dieci persone giustiziate). In secondo grosso problema sono i bambini: anche i loro nomi non sono noti e non vi è nessun bambino nelle liste di persone rapite o scomparse disponibili. In terzo luogo, le confessioni rese sotto la ferrea supervisione della polizia non vengono prese automaticamente per buone nemmeno nei tribunali serbi e pertanto è irrealistico aspettarsi che i giornalisti stranieri, tradizionalmente scettici, le riportino senza commenti. Infine, il trattamento chiaramente preferenziale riservato ai reporter delle televisioni serbe RTS e Studio B, rispetto a quello riservato ai loro colleghi di altri organi di stampa, ha anch'esso avuto un certo ruolo in relazione alla versione ufficiale delle atrocità di Klecka. "Riteniamo che alcuni serbi siano stati effettivamente uccisi sul posto, ma tutto il resto è un grande punto di domanda", ha dichiarato a 'Vreme' un membro della missione di osservatori internazionali, che ha insistito per rimanere anonimo. "Ci sono troppi particolari mancanti". La stessa fonte riferisce che segnalazioni simili, con prove insufficienti, di crimini commessi contro la popolazione civile sono state diffuse da parte degli albanesi e sono stati trattati con lo stesso scetticismo.

"Abbiamo arrestato Bekim e Ljuan meno di un mese fa e già allora sapevamo che a Klecka erano in corso esecuzioni di serbi", ha affermato una fonte della polizia a 'Vreme'. "Ma dato che in quel momento non avevamo altro che le loro confessioni, abbiamo deciso di mantenere il silenzio in merito, fino al momento della conquista di Klecka e dell'acquisizione di prove". Tuttavia, la stessa fonte non è stata in grado di spiegare i già menzionati 'buchi' nella versione ufficiale, dei quali si è limitata ad attribuire la responsabilità all'inefficienza della propaganda del regime.

Date le circostanze non sorprende che gli albanesi abbiano avuto molti meno problemi a confutare unanimemente la storia delle torture e delle esecuzioni di serbi. "L'UCK non ha motivo di fare alcunché del genere, perché l'UCK non lotta contro il popolo serbo, ma contro il regime di Belgrado. Vogliamo vincere questa guerra e l'uccisione di donne e bambini non porta alla vittoria. Sono convinto che il regime serbo abbia orchestrato questo avvenimento al fine di evitare la responsabilità per giustificare i crimini che esso stesso ha commesso contro i civili. L'unico modo per arrivare alla verità è fare in modo che sull'intera vicenda indaghi un team di esperti internazionali. E' ormai da mesi che premiamo affinché un tale team venga inviato in Kosovo, ma le autorità serbe lo rifiutano. Nel caso in cui venga provato che degli albanesi sono effettivamente colpevoli di crimini contro civili serbi, li punirei severamente, perché il Quartier generale dell'UCK ha emesso tempo fa un ordine secondo il quale i civili devono essere trattati in conformità alla Convenzione di Ginevra", ha affermato Adem Demaqi, il Rappresentante Politico dell'UCK, in un'intervista a 'Vreme'.

Jakup Krasniqi, portavoce sia dell'UCK che del "Quartier generale" di tale organizzazione, ha accusato apertamente le autorità di Belgrado di mostrare falsamente vittime albanesi come serbe, affermando che i cugini Mazreku "sono noti trafficanti e collaboratori della polizia serba, che non sono mai stati membri dell'UCK". Tuttavia, queste affermazioni non sono state sostenute da alcuna prova.

Una delle rare voci ragionevoli di tutta questa macabra storia è venuta dal Dr. Zoran Stankovic, il quale guida il team di esperti che investigherà sulle ossa ritrovate a Klecka. Prima di venire a Pristina, in una conversazione con Radio B92 ha affermato: "Per ora, non disponiamo di prove sufficienti sul numero, il sesso e l'età delle vittime. Non dobbiamo affrettarci o lasciarci prendere dall'euforia [sic! - N.d.T.], perché tutto potrebbe ritorcersi contro di noi". A giudicare dalla stampa di regime di Belgrado, che in questi giorni scrive di "montagne di ossa di bambini di cui i giornalisti stranieri e indipendenti si rifiutano di parlare", difficilmente le parole di Stankovic verranno prese sul serio. [...]

(da "Vreme", 2 settembre 1998 - traduzione di A. Ferrario)