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NOTIZIE EST #80 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
28 settembre 1998


QUANDO GLI ALBANESI IMPARERANNO A TRARRE INSEGNAMENTO DAI LORO ERRORI?
di Behlul Beqaj

[L'articolo che riportiamo qui sotto, tratto dal quotidiano in lingua albanese di Pristina "Koha Ditore", dà un'idea di come si stia evolvendo nelle ultime settimane la discussione politica tra gli albanesi del Kosovo. Pur non condividendo l'invocazione finale dell'"unità nazionale" come risolutrice dei conflitti interni, ci sembra di estremo interesse l'esortazione a non cercare all'esterno la libertà del Kosovo e l'aperta opposizione a ogni intromissione della NATO, nonché alle forze albanesi che a ciò mirano, una posizione fino a pochi mesi fa impensabile all'interno degli ambienti kosovari. Purtroppo la presente traduzione è stata condotta sulla versione inglese del testo, più che approssimativa, pertanto alcuni passi possono risultare un po' oscuri; il messaggio complessivo ci sembra però del tutto chiaro - a.f.]

I fatti storici hanno insegnato alle nazioni che il destino di coloro i quali si affidano ad altri per ottenere la loro libertà è la schiavitù. Mentre tutte le nazioni del mondo hanno appreso questa lezione, sembra che questa esperienza storica non si sia ancora sedimentata nella coscienza politica albanese. Mentre in altre nazioni il coinvolgimento di stranieri equivale al tradimento, quello che accade con gli albanesi "modernizzati" sembra l'opposto. L'élite politica "modernizzata" ha vincolato la difesa fisica della nazione all'esigenza di una soluzione internazionale dello status politico del Kosovo. Sembra che i più grandi patrioti siano quelli che si affidano ai più influenti fattori internazionali e non alla piena attivazione del vasto potenziale della nazione. Gli albanesi, sotto l'influenza dell'élite politica "modernizzata", pur favorevole all'indipendenza, si affidano esclusivamente all'esterno per ottenere la loro libertà e la loro prosperità. Quanto più i "modernisti" occupano lo spazio politico, tanto più la radicalizzazione della situazione aumenta. I "modernisti" non credono (o quanto meno ne dubitano) nella libertà portata dai soldati "romantici" influenzati dall'Est, o nei soldati con tendenze "enveriste", "marxiste", "leniniste", "comuniste", "UCK". A loro volta, nemmeno i soldati influenzati dall'"Occidente", "anticomunisti", "democratici" e FARK-isti [le FARK sono le Forze Armate della Repubblica del Kosovo, una formazione recentemente staccatasi dall'UCK - N.d.T.] possono portare a questo popolo la libertà. Essi sono convinti che saranno le forze NATO, le quali stanno invece ignorando i crescenti massacri e l'escalation delle distruzioni in Kosovo, a conquistare la loro libertà e che tali forze abbiano appena portato a termine i loro preparativi e piani per un intervento militare. Come se si trattasse di sferrare un attacco alla Cina e non al fallimentare e antiumano regime serbo! Ed è ancora peggio se pensano erroneamente che un intervento NATO potrebbe costituire una liberazione del paese. I democratici "modernizzati" possono tollerare il nemico e il colonizzatore, ma non possono tollerare gli albanesi con profili politici differenti e convinti che la politica passiva possa anch'essa portare al servilismo piuttosto che alla libertà. Per questi "democratici modernizzati" le percezioni di libertà dei prigionieri politici sono più pericolose dello stato di servilismo del quale ormai sono diventati succubi. Ancor prima che la soluzione del problema nazionale sia in vista, essi affermano che i "romantici soldati della libertà" hanno portato solo morte, rovine, fiamme, massacri. Come se questi soldati fossero insorti in virtù di un'aggressione compiuta contro se stessi e non per le azioni del regime serbo e per la passività e l'indulgenza dei "democratici modernizzati". Di conseguenza, secondo loro, i risultati ottenuti dai "combattenti per la libertà" da quando hanno fatto la loro comparsa sulla scena kosovara sono più modesti di quelli conseguiti dai "politici pacifisti" nel corso del periodo durante il quale hanno avuto il monopolio della scena politica. Un'affermazione che fa a pugni con il fatto che nemmeno un primo rudimentale passo come quello della soluzione temporanea è stato compiuto prima della comparsa dell'UCK sulla scena kosovara. I "modernisti", per restare aggrappati al loro pseudogoverno, ostacolano la maturazione del paese indebolendo e ignorando i fattori realistici. Questi "democratici" sono molto severi con il loro stesso popolo quando si trova al fronte, mentre si fanno piccoli come un insetto quando si trovano di fronte al nemico nazionale. Come se la cosa importante fosse liberare gli albanesi dalle correnti di sinistra o di destra, da coloro che sono incoraggiati dall'occidente o dagli idealisti e dai professionisti nazionali! Sfortunatamente, nel profondo della coscienza e del subconscio nazionale, a causa dell'influenza dei partiti politici, la convinzione che la libertà verrà da fuori è profondamente radicata. Hanno insegnato agli albanesi ad accettare la schiavitù, invece di fornire appoggio ai tentativi autentici del loro popolo di liberarsi dalla stretta antialbanese. Spesso, anche quando la resistenza albanese era più forte e controllava un territorio più ampio, per i leader albanesi il nemico sembrava più grande di quello che in realtà era. Per i leader albanesi, anche in condizioni di guerra effettiva (e dopo una reazione tardiva da parte di coloro che erano responsabili) la cosa più importante è determinare chi organizza i liberatori e che tipo di dirigenza si vuole insediare, e non la disponibilità e la chiara intenzione a dare anche la propria vita per la liberazione nazionale. Dimenticano che ogni tipo di sistema dipende dalla libertà. Senza libertà, nulla ha senso. Un altro argomento è perché gli albanesi "modernizzati" hanno deciso di organizzare elezioni in condizioni di guerra. In prospettiva, questo atto può essere definito come il contributo originale della leadership politica del Kosovo alla creazione di una nuova disciplina - la politica patologica. Gli albanesi sono stati portati dall'élite politica a credere di non potere fare nulla indipendentemente, nemmeno organizzarsi per la difesa e la liberazione nazionale! Per l'élite politica albanese "modernizzata" è più importante quello che pensano le missioni estere che quello che pensano i loro compagni che rischiano la vita in prima linea per la libertà. Sorprendentemente, per la maggior parte dei "moderni", la vita dei combattenti per la libertà è stata storicamente meno importante della loro appartenenza ideologica, sociale e di parte. Fino a oggi, gli albanesi non hanno imparato nulla dai loro continui errori. E' difficile dire quando gli elettori hanno commesso un errore; se quando hanno scelto la leadership sbagliata oppure quando hanno creduto ancora alle promesse fatte da una leadership che non riesce a trovare copertura ormai nemmeno a Washington. E finché gli albanesi continueranno a pensare e ad agire in questo modo, rimarranno da una parte degli ordinari schiavi e, dall'altra, per le potenze, un perfetto caso di manipolazione di un'intera nazione. Ieri in Albania, oggi con il Kosovo e gli albanesi di Macedonia. E questo nonostante il fatto che la nazione albanese non sia così piccola e impotente da non potersi proteggere fisicamente, soprattutto quando si sa che la Serbia non è una superpotenza. Pertanto, gli albanesi, per sopravvivere fisicamente, devono dare prova di maturità politica scegliendo, invece di una leadership, l'unità nazionale, perché si tratta dell'unico modo per uscire vittoriosi da questa guerra imposta. Le differenze ideologiche, politiche, di parte e sociali tra gli albanesi devono essere ignorate in questo momento in cui la loro esistenza biologica è minacciata. L'individualità non è sufficiente per liberarsi dal regime antialbanese. Se non si farà così, con i "modernisti", gli albanesi si trasformeranno in una malattia cronica dei Balcani. C'è quindi bisogno di tutti. Ogni mancanza di azione unita comporterà un'autodistruzione e una servilità dalla quale tutti trarranno solo danni, sia a livello individuale che nel complesso. Infine, è davvero così importante per gli albanesi liberarsi degli "enveristi", "marxisti", "anticomunisti", "democratici", UCK-isti, FARK-isti, quando è chiaro che il compito che devono affrontare non deve essere portato a termine da fattori esterni? In realtà, gli albanesi non si meriteranno l'indipendenza fino a quando non la potranno raggiungere da soli. Il compito degli amici è quello di aiutare, non di fare quello che spetta agli albanesi. La lotta per la libertà è alla base delle azioni di ogni albanese. La schiavitù giudica tutti. Alla fine, libere elezioni verificheranno il contributo generale, anche se, tra gli albanesi, vi è ancora chi teme libere elezioni più della Serbia stessa.

(da "Koha Ditore", 21 settembre 1998 - traduzione condotta sulla versione inglese distribuita nella mailing-list "Albanews")