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NOTIZIE EST #82 - KOSOVO/ALBANIA
7 ottobre 1998


BERISHA: NO ALL'UCK, SI' A RUGOVA E ALLA NATO

I giornali italiani insistono molto, negli ultimi tempi, su un collegamento diretto tra gli eventi in Kosovo e le sommosse organizzate dai sostenitori di Berisha tre settimane fa a Tirana. Se l'esistenza di un nesso è evidente, così come lo è la massiccia presenza di profughi dal Kosovo, anche armati, proprio nelle zone del nord dell'Albania controllate da Berisha, è invece del tutto fuorviante l'equazione diretta che molti organi di stampa (in particolare "Il Manifesto") fanno tra l'UCK e Berisha. L'intera questione, infatti, va inserita nel complicato contesto delle lotte intestine tra gli albanesi del Kosovo, che coinvolgono ormai la dirigenza politica albanese di Pristina, il governo in esilio di Bukoshi a Ginevra e il Movimento Popolare del Kosovo (LPK), braccio politico dell'UCK in Svizzera, le FARK, organizzazione armata del governo in esilio di Bukoshi fuoriuscita dall'UCK, e l'UCK stessa, che continua comunque a essere priva di organismi dirigenti bene identificabili, sia a livello politico che a livello militare. Nonostante questo quadro complicato, alcuni fatti sono chiari e uno di questi è che tra Berisha e le forze che evidentemente stanno prendendo il sopravvento nell'UCK attualmente i rapporti sono pessimi. Già alcuni giorni fa "Notizie Est" (NE #77, 24 settembre 1998) aveva pubblicato i due più recenti comunicati dell'UCK, con i quali si condanna chiaramente l'azione di Berisha e si accusa Rugova di essere in realtà il suo effettivo sostenitore. Ora, a conferma di questi pessimi rapporti, giunge anche una dichiarazione ufficiale di Berisha, diffusa il 3 ottobre a Tirana. Si tratta di un fortissimo attacco dell'ex presidente albanese contro l'UCK che, in mezzo all'usuale delirante linguaggio di Berisha, fornisce indicazioni estremamente interessanti. Ne citiamo alcuni passaggi. Secondo Berisha, la responsabilità del dramma attuale nel Kosovo è da attribuirsi "in primo luogo all'attuale governo [di Tirana] che dopo avere capitolato in occasione del summit di Creta dell'anno scorso [in quell'occasione Fatos Nano aveva avuto un cordiale incontro di due ore con Milosevic - a.f.], ha presentato Milosevic come l'uomo della pace" e, prosegue Berisha, "in secondo luogo, entrambi i servizi segreti, sia quelli albanesi che quelli serbi, [...] sono riusciti a mettersi alla testa dell'UCK, che collabora con Milosevic, presentandosi come "rappresentanti" degli interessi di due milioni di albanesi, esibendo l'etichetta di marxisti-leninisti in Europa e quella di Fatos Nano in Albania, dando inoltre a quest'ultimo il monopolio nella vendita di armi. Questi elementi sono riusciti a mettersi alla guida di centinaia e migliaia di combattenti del Kosovo. [...] Chiedo ai combattenti dell'UCK di evitare ogni affinità, imitazione o accettazione tra i propri dirigenti di avventurieri marxisti e di ispirarsi invece nella loro lotta per la libertà ai propri eroi. Questi avventurieri marxisti albanesi, come tipici avventurieri, hanno preferito imitare nel loro aspetto Guevara e non gli eroi del Kosovo, e così si sono presentati di fronte alla comunità internazionale [...] dandole la prova che in questo caso quello con cui abbiamo a che fare è un'avventura marxista e non un movimento che lotta per l'esistenza di 2 milioni di albanesi. Questi avventurieri a capo dell'UCK si sono presentati come persone anonime di fronte a tutto il mondo, ma hanno comunicato regolarmente con Milosevic e Fatos Nano". Da queste righe traspare con chiarezza la rabbia di Berisha per il trovarsi di fronte a un movimento che sfugge al suo controllo. Ma ancora più interessante è quello che Berisha dice immediatamente dopo: "Queste persone sono direttamente responsabili della trappola in cui sono caduti i combattenti del Kosovo a causa della tattica che esse hanno seguito quando tutti gli amici degli albanesi consigliavano loro di evitare una guerra frontale e di passare a una tattica di guerriglia. Hanno fatto l'opposto, con l'unico obiettivo di bloccare il fattore politico del Kosovo, le istituzioni legali, come il presidente Rugova e le altre istituzioni [corsivo mio - a.f.], mentre Fatos Nano e Paskal Milo provvedevano alla copertura politica di questa attività; da un lato hanno ingannato la comunità internazionale, facendo credere che avrebbero partecipato ai negoziati, dall'altro hanno considerato Rugova una figura totalmente priva di potere e hanno creato quella che è stata definita una "situazione di stallo", una situazione che ha dato mano libera a Milosevic [...]".Quello che rimprovera Berisha all'UCK è quindi il fatto di non avere ascoltato i consigli della "comunità internazionale" (in occasione del noto incontro tra l'inviato americano Holbrooke e due rappresentanti dell'UCK, nel luglio scorso?) che chiedeva ai guerriglieri di adottare una tattica conveniente a Rugova e di aprire trattative con Milosevic. Berisha prosegue affermando che "un elemento di questo scenario antialbanese è stata l'uccisione da parte dei servizi segreti albanesi del Ministro della Difesa del Kosovo Ahmet Krasniqi", comandante delle FARK del governo in esilio di Bukoshi, che è l'altro punto di riferimento di Berisha ed è anch'esso in collisione con le forze che evidentemente stanno prendendo il sopravvento nell'UCK, contrariamente ai desideri di Berisha, che prosegue: "Sottolineo che coloro che seguono la politica del 'tutto o niente' agiscono a detrimento del popolo del Kosovo. Lo ho detto numerose volte, in passato. La risoluzione dei problemi del Kosovo è un processo che passa attraverso difficoltà estremamente serie, è un processo che deve essere portato avanti e richiede un'ampia collaborazione di tutte le forze politiche, ignorando gli anonimi [l'UCK - a.f.]". Berisha invita poi i kosovari a prestare ascolto a Rugova e alle richieste dell'Occidente: "Spetta al popolo del Kosovo, ai rappresentanti, alle istituzioni e alle forze politiche del Kosovo, con la loro saggezza, spingere per progredire verso una soluzione in collaborazione con la comunità internazionale" e chiede poi, in una lunga tirata retorica, l'immediato intervento della NATO (che Rugova chiede da lungo tempo), invocando bombardamenti che 'distruggano gli strumenti militari' serbi". Infine, Berisha conclude affermando: "Ritengo vi debba essere una seconda Dayton, senza la quale il problema del Kosovo non può essere risolto. Vi deve essere un nuovo accordo del tipo di quello di Dayton nel quale il principio secondo il quale i confini non devono essere cambiati con la violenza [corsivo mio - a.f.] e il principio della autodeterminazione vengano armonizzati". Queste affermazioni, insieme ai comunicati in cui l'UCK prende le distanze da Berisha e condanna Rugova per esserne il punto di riferimento, danno un quadro ben diverso da quello dipinto dalla stampa italiana secondo cui Berisha ha usato l'UCK per destabilizzare il governo socialista e spinge allo stesso tempo per un'escalation della violenza in Kosovo. Altri materiali che pubblicheremo nei prossimi giorni aiuteranno a chiarire ulteriormente la complicata crisi interna all'UCK e i suoi riflessi all'esterno dell'organizzazione. (dal comunicato ufficiale distribuito nella mailing list "Albanews" il 5 ottobre 1998).


AGGIORNAMENTI SULLA SITUAZIONE POLITICA IN KOSOVO

DEMACI TORNA ALLA POLITICA ATTIVA, MENTRE SI FORMA UNA NUOVA COALIZIONE DI FORZE CHE SI OPPONGONO A RUGOVA

Il quotidiano serbo "Nasa Borba" ha riportato ieri la notizia telegrafica secondo la quale il Partito Parlamentare del Kosovo ha ufficialmente annunciato il ritorno sulla scena politica di Adem Demaci, suo leader e allo stesso tempo portavoce ufficiale dell'UCK. L'assenza di Demaci è pertanto durata solo un paio di settimane.

Sempre lo stesso quotidiano, segnala che a Pristina è stata formata una nuova coalizione di partiti che si oppongono a Rugova: "A Pristina si è tenuta ieri una riunione comune delle presidenze della Lega Democratica Albanese, del Partito Parlamentare del Kosovo, del Partito per l'Unione Nazionale Albanese e del Partito Liberale Albanese, durante la quale è stata decisa l'unione di queste forze in un unico movimento politico, denominato "Unione Movimento Democratico" (UMD).

Questo movimento, secondo le dichiarazioni di Bajram Kusumi, membro della presidenza dell'UMD, rimane aperto a tutti gli altri partiti che desiderano farne parte e che accettano i principi e gli obiettivi del programma sulla base del quale è organizzato. Il principale obiettivo politico di questo movimento è quello di giungere a un Kosovo libero e indipendente. Kosumi ha affermato che i partiti politici che lo formano hanno conservato parte della propria qualità di soggetti politici e che il movimento è stato creato soprattutto come blocco di soggetti che hanno le stesse idee politiche, in particolare di partiti che si oppongono alla Lega Democratica del Kosovo di Rugova e agli altri partiti politici parlamentari.

Il movimento è diretto da una Presidenza, composta da 11 membri. Alla sua guida è stato eletto l'accademico Rexhep Qosja, che è allo stesso tempo presidente della Lega Democratica Albanese [fuoriuscita dalla LDK di Rugova - N.d.T.]. Vi è poi una presidenza unitaria della quale fanno parte i presidenti delle singole forze politiche partecipanti.

Il promotore di questa unione è stato, già da un po' di tempo, Adem Demaci, il rappresentante politico dell'UCK, il quale ha assistito come ospite alla seduta di fondazione. Tra gli altri promotori vi è anche la Lega Democratica Albanese e in particolare lo stesso Rexhep Qosja.

Il movimento viene formato in un momento in cui i disaccordi e le diverse vedute dei partiti politici albanesi si sono fatti cronici. Uno dei suoi obiettivi è quello di consolidare i rapporti tra i partiti politici e in particolare, come ha detto Kosumi, di fare in modo che 'il popolo albanese parli con una sola voce'". (da "Nasa Borba", 6 ottobre 1998).


MALIQI SULL'EVOLVERSI DELLA SITUAZIONE

Il quotidiano di Belgrado "Danas" ha pubblicato una conversazione con lo studioso kosovaro Skelzen Maliqi, nella quale vi sono alcune osservazioni interessanti sulla situazione attuale in Kosovo:

"Affinché la cerchia di politici moderati guidati da Rugova possa svolgere il ruolo di rappresentante ufficiale [degli albanesi del Kosovo] nelle trattative è necessaria una passivizzazione dell'ala militante e dei suoi sostenitori. Molti ritengono che la comunità internazionale abbia volutamente chiuso gli occhi di fronte alle azioni della polizia serba e dell'Esercito jugoslavo proprio per questo motivo - si tratta di un'opinione molto diffusa [...]. Non penso che esista un accordo preciso o che vi sia stata un'intesa implicita con la quale si dava il via libero agli interventi della polizia, ma non è da escludersi la possibilità che alcuni fattori internazionali, per così dire, abbiano chiuso gli occhi".

"Gli americani hanno provato sul terreno a convincere l'UCK ad andare alle trattative, ma i loro segnali non sono stati né raccolti, né accettati. Non solo con Holbrooke in occasione del suo primo incontro a Junik, ma anche con Gelbard e Hill successivamente. I leader dell'UCK erano in preda all'euforia, perché controllavano un terzo del territorio del Kosovo e pensavano di potersi espandere ulteriormente. Per questo hanno perso l'occasione di proclamare una tregua e di entrare in un governo di coalizione, partecipando come una delle parti nelle trattative. Se lo avessero fatto, ne sono convinto, le cose sarebbero andate diversamente".

"[All'atteggiamento militante, soprattutto dei giovani] ha contribuito in primo luogo la sfiducia nei confronti di Rugova. [...] Tra l'altro, nel contesto delle divergenze ideologiche, l'opzione più militante ha posto degli obiettivi irreali come la liberazione di tutti i territori abitati da albanesi, ivi inclusi quelli in Grecia, una pura utopia. Ritengo che non abbiano valutato bene né il proprio potenziale, né quello della parte avversaria.

"Un'intera generazione [di kosovari] è passata attraverso le terribili repressioni del regime, molti giovani hanno passato anni in prigione, chi è rimasto è stato sottoposto a soprusi e chi se ne è andato e ha ottenuto asilo è frustrato sia per il proprio esilio che per la situazione in Kosovo. Queste persone desideravano ardentemente una vendetta. Fino agli accordi di Dayton questa corrente non ha avuto un'influenza importante, perché gli organi kosovari alimentavano la speranza che attraverso Dayton sarebbe stata risolta anche la questione del Kosovo. Dopo gli accordi, Rugova è passato totalmente sulla difensiva e ha cominciato sempre più a fare assegnamento su un gruppo ristretto di persone, si può dire che egli stesso sia diventato qualcosa di irreale. L'appoggio dell'Occidente era manifesto, lo invitavano a Washington, Bonn, Londra e così Rugova ha ceduto all'illusione di rappresentare gli albanesi del Kosovo e di potere conservare, grazie a questo appoggio così esibito, la propria influenza. E' andata così più o meno fino al 1996, quando è iniziata un'erosione. In quello stesso hanno l'UCK ha condotto i primi attacchi contro la polizia. L'intero movimento albanese si trovava in uno stato di enorme fermento, Demaci era entrato in politica, gli studenti si erano mossi contro Rugova, l'UCK ha fatto con chiarezza la sua entrata sulla scena e la spirale della resistenza attiva ha cominciato a svilupparsi innanzitutto attraverso formazioni guerrigliere. Allo stesso tempo Milosevic è passato dalla posizione di presidente della Serbia a quella di presidente della Federazione jugoslava e c'è stata la rottura con il Montenegro. Dopo di che ha cominciato a giocare le carte più sicure, ha mobilitato la nazione, ha comprato Seselj e Draskovic, provocando un pandemonio nella scena politica serba, favorendo il revanscismo e la destra. Ha sfruttato il radicalismo albanese di gruppi minori per accelerare e portare a termine il massacro di civili, prima a Drenica e poi in altri luoghi. E' indicativo che, addirittura, in un determinato momento sono stati "consentiti" anche i rifornimenti di armi dall'Albania. Evidentemente, sotto il controllo del regime. Nei fatti, Milosevic ha deciso di cambiare "partner": prima ha consentito la creazione di istituzioni parallele, che lo hanno direttamente aiutato a mantenersi al potere. Con il boicottaggio delle elezioni gli albanesi hanno consentito al Partito Socialista serbo di Milosevic di vincere due volte le elezioni. Ora ha bisogno di un'altra situazione, e per questo fa la guerra all'UCK, al cui emergere ha tranquillamente assistito. [...]". (da "Danas", 3-4 ottobre 1998).


LA SITUAZIONE IN ALBANIA E L'UCK

Il settimanale di Belgrado "NIN" riporta i commenti di due studiosi inglesi dei Balcani in merito alla situazione in Albania e al ruolo dell'UCK. Miranda Vickers afferma che "la situazione è molto tesa e la gente di Berisha, così come quella del governo, quella dell'UCK e i banditi vanno tutti in giro con la faccia mascherata e la divisa, per salvarsi da una vendetta sanguinosa. Persone armate fermano gli autobus e derubano la popolazione. Allo stesso tempo, la situazione umanitaria nel nord è molto difficile perché, nonostante il grande numero di organizzazioni umanitarie, non esiste né una buona collaborazione né una pianificazione a lungo termine". L'altro studioso inglese, James Pettifer, ritiene che non si giungerà a una collaborazione tra l'UCK e i sostenitori di Berisha per una presa del potere violenta a Tirana: "L'UCK è un nuovo movimento di guerriglia e questo tipo di movimenti ha bisogno di molto tempo per evolversi, per consolidare la propria organizzazione e i propri obiettivi. Dopo la sconfitta in Kosovo, dove dopo tutto non ci sono state così tante vittime, queste forze si sono ritirate nel Nord dell'Albania, dove si stanno riorganizzando e forse si stanno preparando a una nuova offensiva primaverile. Esercitano una pressione sulla scena politica interna albanese, ma penso che l'UCK non voglia Berisha al potere, perché in realtà la situazione attuale, con il governo di Fatos Nano in mezzo ai problemi, è quella che le conviene di più. Questa instabilità è la sua condizione ideale e inoltre nel Partito Socialista di Nano esistono correnti diverse, come per esempio quella marxista-leninista, che appoggia l'UCK. A Tirana ci sono quelli che nutrono i tradizionali pregiudizi nei confronti dei kosovari e non vogliono essere coinvolti nella crisi del Kosovo, ma ci sono anche quelli che vorrebbero fare di più, anche se sanno che non lo possono fare per motivi pratici, così come quelli che aiutano segretamente l'UCK, soprattutto mediante i rifornimenti di armi". (da "NIN", 1 ottobre 1998).