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NOTIZIE EST #85 - KOSOVO/ALBANIA
10 ottobre 1998


L'ELEMENTO KOSOVO NELLA CRISI DI TIRANA
di Arben Kola

Tre persone mascherate hanno ucciso a Tirana, nella note del 21 settembre, il colonnello Ahmet Krasniqi, ministro della difesa del governo kosovaro in esilio. Gli assassini, a quanto sembra dei professionisti, hanno teso un agguato a Krasniqi dopo che era appena uscito dalla sua auto e si accingeva a varcare la porta di casa, sparandogli tre volte e lasciandolo morto sul posto. Successivamente si sono allontanati in una direzione non nota, mentre le guardie del corpo di Krasniqi sono rimaste sul posto senza riuscire a impedire la tragedia. La polizia, che è arrivata immediatamente, è riuscita unicamente a trovare alcuni bossoli di una pistola "Zastava", con la quale è stato commesso il delitto [questo dato è in aperta contraddizione con quanto riferito da "Vreme" nell'articolo pubblicato in Notizie Est #84, che parlava di una pistola di marca Makarov - N.d.T.]. E così ha terminato i suoi giorni l'uomo di Bukoshi che da mesi viveva nell'ombra nei sobborghi di Tirana, con una missione che rimane non chiara.

L'uccisione di Krasniqi ha scosso l'atmosfera della capitale balcanica. Compiuta solo alcuni giorni dopo i tumulti provocati dall'uccisione del deputato dell'opposizione Hajdari, essa ha in grande misura acceso l'immaginazione di tutti coloro che erano inclini a fare un parallelo tra gli ultimi avvenimenti in Albania e la crisi in Kosovo. Da questo punto di vista, la scomparsa del ministro kosovaro è stata letta come una conseguenza indiretta di un processo invisibile e occulto, dipingendo in maniera confusa l'influenza ancora non provata del fattore kosovaro sulla crisi dello stato albanese.

Nonostante questo, i primi commenti della stampa di Tirana hanno indirizzato in tale direzione l'interpretazione dell'omicidio di Krasniqi. Le prime versioni date dai giornali parlavano di una rivalità tra i gruppi armati kosovari che agiscono sul terreno del Kosovo. Krasniqi era ministro della difesa e dirigeva le FARK (Forze Armate della Repubblica del Kosova), una formazione rivale dell'UCK, nota fino a oggi come ala armata del movimento separatista albanese. Ex comandante di una delle unità militari della Jugoslavia di Tito e sposato con una serba, Krasniqi è stato spesso considerato da parte della stampa kosovara come un uomo dai dubbi legami. E proprio questa sua delicata posizione a fianco del premier Bukoshi e contro l'UCK viene considerata come uno dei motivi che possono avere portato all'attentato di Tirana.

Dall'altra parte, l'opposizione di Tirana ha immediatamente dato la propria versione dell'omicidio. Berisha non ha mancato di toccare ancora una volta il delicato tema dei rapporti tra Tirana e Pristina, accusando i servizi segreti albanesi di avere collaborato all'uccisione di Krasniqi. Egli ha promesso che il suo partito condurrà un'indagine indipendente per trovare gli autori di questo tragico atto.

Esiste però un altro elemento che potrebbe rendere più complicato il dossier Krasniqi e in generale la posizione delle autorità di governo del Kosovo rispetto agli sviluppi in Albania. Un'accusa lanciata pubblicamente da un deputato socialista parla di un coinvolgimento diretto del premier kosovaro Bukoshi e dei suoi uomini negli eventi violenti del 14 settembre. Secondo Spartak Braha, membri del Governo del Kosovo, ivi compreso lo stesso Bukoshi, sapevano dei piani che l'opposizione stava preparando per la deposizione con la violenza del governo di sinistra. Ma non basta. Secondo le dichiarazioni di questo deputato, Bukoshi ha offerto a Berisha l'aiuto di suoi uomini armati per l'organizzazione di quello che il governo considera un "colpo di stato che non ha avuto successo". Le clamorose dichiarazioni del deputato della sinistra non sono state smentite né dal governo del Kosovo né dai partiti dell'opposizione di destra di Tirana. Tuttavia esse vengono prese con riserva da parte delle alte sfere politiche da entrambi i lati del confine, soprattutto perché si tratta di un tema rispetto al quale i rischi di aumentare le inimicizie a livello interregionale o interetnico sono più che probabili. Soprattutto in un momento in cui, mai come prima, l'occhio cade di frequente sulle piste dei servizi stranieri, tra i quali quelli jugoslavi sembrano essere i più attivi.

Gli avvenimenti del 14 settembre, quando il funerale di Azem Hajdari è degenerato in aperte violenze militari contro le istituzioni centrali dello stato, sono diventati un grande punto di domanda rispetto al ruolo di alcuni elementi kosovari che agiscono in Albania. I circa 30.000 albanesi del Kosovo fuggiti nel corso degli ultimi sei mesi nelle zone settentrionali dell'Albania sono continuamente tenuti sotto osservazione dalla stampa e dalle cancellerie straniere come un potenziale pericolo di destabilizzazione del paese. Il ministro della difesa italiano Andreatta ha dichiarato alcune settimane fa di avere avuto informazioni secondo le quali unità armate kosovare si sono infiltrate nel nord dell'Albania al fine di destabilizzare il paese e di andare in aiuto dell'ex presidente Berisha. Andreatta ha dichiarato alla stampa di temere una libanizzazione del paese.

Questa posizione ha suscitato preoccupazione nei circoli governativi di Tirana. La notte prima che il corteo funebre di Hajdari assaltasse con le armi in mano la sede del Governo di Tirana, dal confine con il Montenegro sono entrati tremila profughi ai quali il governo montenegrino ha rifiutato di offrire rifugio. Questa valanga in continuo aumento di profughi viene considerata con sempre maggiore paura da parte delle autorità di Tirana, le quali, a parte i problemi economici che si trovano ad affrontare, si rendono conto che l'opposizione non manca di manipolare politicamente questo fenomeno. Berisha e il suo partito insistono da lungo tempo sulla tesi del carattere antialbanese del governo guidato da Fatos Nano. A questo proposito, i democratici hanno sfruttato il motivo della provenienza della maggior parte dei ministri del gabinetto dalle regioni meridionali del paese, giocando così la vecchia carta della "geopolitica" albanese - quella del luogo di origine dei dirigenti dello stato. Ricorrendo alle stesse motivazioni, Berisha ha cercato di compromettere la reputazione del Governo di sinistra anche tra gli albanesi del Kosovo. Il leader dell'opposizione ha sfruttato anche alcune dichiarazioni imprudenti che il premier Nano ha rilasciato a suo tempo in merito alla crisi in Kosovo e in particolare il suo incontro dell'anno scorso a Creta con Milosevic. Non è un caso che il giornale del Partito Democratico pubblichi regolarmente la foto dell'incontro Nano - Milosevic. Si sono venute così a creare le premesse per un atteggiamento contrario al governo di Tirana tra le fila di gran parte della popolazione kosovara, un fatto che non è senza potenziali conseguenze per la situazione da entrambi i lati del confine.

Nelle scene trasmesse il 14 settembre da parte dei media di Tirana si potevano distinguere con chiarezza tra i dimostranti armati alcune persone che esibivano lo stemma dell'UCK. Questa presenza del simbolo nel corso della rivolta violenta contro il Governo ha suscitato l'immediata reazione sia dell'UCK che di alcuni partiti politici di Pristina, che si sono dichiarati contro una soluzione violenta e l'impiego della forza contro le istituzioni. Solo alcuni giorni dopo lo scoppio della rivolta del 14 settembre, la polizia albanese ha arrestato a Tirana e in altre località un certo numero di kosovari identificati, secondo le versioni ufficiali, come partecipanti attivi alle dimostrazioni. Su un altro lato, lo stato albanese ha impartito precise istruzioni in merito all'identificazione delle persone di nazionalità albanese che arrivano dall'Occidente. Le dogane degli aeroporti e dei porti hanno ricevuto istruzione di applicare misure rigorose rispetto a tutte le persone che non possono essere facilmente identificate sulla base dei documenti personali dei quali dispongono. Ciò ha provocato delle reazioni negative da parte delle persone provenienti dal Kosovo.

Oggi in Kosovo, nel nord dell'Albania, ma anche nella diaspora albanese in Occidente vi sono ormai forze politicamente motivate che desidererebbero vedere l'abbandono del potere da parte della coalizione di sinistra. Quando l'ex premier Nano ha chiesto alle forze politiche del Kosovo di condannare con chiarezza quello che ha definito un colpo di stato, non ha fatto altro che dimostrare la paura che un giorno elementi del Kosovo possano rispondere all'appello di Berisha di "liberare Tirana prima di Pristina". E' tuttavia molto improbabile che un tale progetto apocalittico possa un giorno realizzarsi a svantaggio di tutti gli albanesi, dall'una e dall'altra parte del confine.

(AIM Tirana, 6 ottobre 1998 - traduzione dal serbo-croato di A. Ferrario)