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I Balcani


NOTIZIE EST #87 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
14 ottobre 1998


I MOTIVI PER NON BOMBARDARE
di Dragoljub Zarkovic

[Per fortuna la decisione di procedere a bombardamenti NATO non è stata presa, anche se non è stata nemmeno cancellata e la minaccia resta in atto. L'articolo che riportiamo qui sotto è stato scritto qualche giorno fa, prima della sospensione della decisione di bombardare, ma buona parte del suo contenuto rimane attuale. Sul dopo-accordo Milosevic-Holbrooke torneremo presto. Va solo segnalato per ora che l'accordo è stato stipulato solo con Belgrado, mentre della parte albanese non parla nessuno, né i media, né la NATO o la "comunità internazionale". In realtà oggi sia la parte più moderata (Rugova) che quella politica e militare più radicale (gli oppositori politici di Rugova e l'UCK) si sono dichiarati contrari alle bozze di proposta e pertanto rimane la domanda su quale base concreta poggino questi accordi. Intanto il regime di Belgrado ne sta approfittando per un giro di vite interno e per sfruttare ulteriormente la propria popolazione, come segnaliamo più sotto - A. Ferrario]

Chiunque sia dotato di un minimo di senno teme i bombardamenti ed è contro di essi. Il governo serbo, come accade sempre quando è messo sotto pressione, ha intrapreso tutta una serie di passi: ha inviato vari inviti alla missione OSCE e agli osservatori del Consiglio di Sicurezza, sta visibilmente ritirando le forze armate dal Kosovo... Cercando di ricuperare tempo si appella alla Risoluzione 1199 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e all'accordo tra Eltsin e Milosevic. Non è del tutto chiaro cosa la maggiore potenza del mondo chieda ancora a Milosevic. Forse è qualcosa che solo Milosevic e Holbrooke sanno. Il resto dei cittadini della Jugoslavia pensa che saremo bombardati da "un atto di dio". Non è chiaro come la Jugoslavia diventerebbe una minore minaccia per la pace nella regione se venisse bombardata ora. Al contrario, tutto lascia pensare che la minaccia per la pace non farebbe che aumentare. Dopo un intervento aereo, il numero delle vittime aumenterebbe rapidamente, la crisi umanitaria diventerebbe assoluta e il governo di Belgrado si farebbe di gran lunga più brutale. Tutto dice che non vi sono chiari motivi - né militari, né umanitari, né addirittura politici - perché la guerra fredda tra la Serbia e il resto del mondo venga risolta con le armi.

Gli albanesi non avranno alcun desiderio di negoziare fino a quando rimarranno convinti che la forza di qualcun altro risolverà i loro problemi. I leader degli albanesi del Kosovo stanno dando prova di un cinismo pragmatico con il quale non fanno altro che peggiorare la crisi umanitaria nella provincia. Stanno chiedendo un intervento che potrebbe includere lo stanziamento di truppe di terra e un numero limitato di vittime umane tra gli albanesi, i serbi e le forze d'intervento. Stanno sottovalutando la prontezza dei serbi a combattere in Kosovo e stanno sovrastimando la prontezza degli americani a inviare un Ryan Privato a Drenica. Indipendentemente da quanto chirurgicamente precisi possano essere, degli intensi attacchi aerei farebbero altrettanto male agli albanesi che ai serbi. Uno stato infranto, attraversato da una rabbia impotente, verrebbe travolto dalle passioni più crude, mentre i cadaveri sulle strade dei Balcani vengono sempre raccolti dagli avvoltoi prima che sia possibile intraprendere misure sanitarie. Il Kosovo non potrà mai essere un giardino celeste, fino a quando il suo suolo è bruciato.

Il regime serbo non può essere cambiato con le bombe. E nessuna bomba cambierà l'elemento radicale della scena politica albanese, mentre ogni altro argomento sembra francamente essere del tutto assente. Le potenze mondiali non saranno più democratiche per il fatto di avere scaricato un carico intero di bombe sul fuoco che sta bruciando qui. L'opinione pubblica occidentale, come una parte della nostra opinione pubblica, è disgustata della situazione nel nostro paese. Tuttavia, il senso di disgusto non si farebbe che più intenso dopo un intervento. D'altra parte, le grandi potenze sono definite come tali per la loco capacità di mettere in atto minacce. Le minacce hanno già portato dei frutti a un livello: Milosevic e i suoi satelliti stanno facendo gli spacconi sulla scena interna, mentre hanno fatto molte concessioni che possono interpretarsi come un'accettazione degli atteggiamenti della comunità internazionale. C'è qualcuno in occidente che è dell'opinione che la questione politica del Kosovo dovrebbe essere risolta ora mentre sono in atto le minacce? Un accordo a tale fine richiede almeno due parti. Holbrooke, anche se si mettesse una sciarpa intorno al collo [una chiara allusione al leader kosovaro Rugova, il quale indossa perennemente una sciarpa intorno al collo - a.f.] non riuscirebbe mai a giungere un accordo che sia soddisfacente anche per l'UCK, uno dei principali fattori sul terreno. Qual è allora la posizione politica della parte albanese? E' stata mai formulata? Gli albanesi sono unanimi nella loro posizione? Chi è autorizzato a trattare a nome della parte albanese? Accettano qualche sorta di autonomia oppure accettano unicamente una soluzione che dia loro un nuovo stato nazionale? Cosa si deve negoziare e con chi? Anche quando si va a fare la spesa, l'idea è quella di pagare il meno possibile, mentre il compito del venditore è quello di ottenere il miglior prezzo per la sua merce. Esiste una bomba che sia in grado di sincronizzare le aspettative degli albanesi e dei serbi sul mercato politico? Da quale lato del campo cadranno i "tomahawk"? Il prezzo di chi dovrà essere abbassato? Quello dei serbi o degli albanesi?

(da "Vreme", 10 ottobre 1998)



IL REGIME DI BELGRADO CHIUDE DUE DEI MAGGIOR QUODITIANI SERBI

Il Ministro dell'Informazione serbo ha fatto chiudere ieri due dei principali quotidiani serbi. Funzionari del ministro, accompagnati dalla polizia sono entrati ieri presso la sede di "Danas" con un decreto che proibisce l'ulteriore pubblicazione del giornale e autorizza a sequestrarne le proprietà. La scena si è ripetuta identica stamattina presso la sede del quotidiano "Dnevni Telegraf". Il direttore di "Danas" Grujica Spasovic ha riferito che i funzionari del ministero hanno detto che il divieto di pubblicazione rimarrà in atto fino a quando il decreto di emergenza del governo sui media [vedi sotto] resterà in vigore. Il Ministero dell'Informazione serbo ha annunciato che misure simili sono state decise contro un altro quotidiano non governativo, "Nasa Borba", ma per il momento non è stata intrapresa alcuna azione.

(da "Radio B92", 14 ottobre 1998)



IL DECRETO DI CENSURA DEI MEDIA SERBI

Decreto del Governo della Repubblica Serba

Art. 8

I mezzi di pubblica informazione non possono nei propri programmi, oppure nei propri testi, diffondere il disfattismo e agire contro le conclusioni del Parlamento Federale e del Parlamento Nazionale della Repubblica Serba, con le quali è stata dichiarata l'unità nazionale in merito a tutti gli interessi della nazione e dello stato; essi sono inoltre tenuti a opporsi, con il contenuto dei propri programmi, a ogni tale azione di altri mezzi d'informazione [quelli esteri, dei cui materiali con un precedente decreto è stata vietata la riproduzione. Tra l'altro, il presente decreto viola apertamente la Costituzione serba, che garantisce il rispetto di tutti i diritti, ivi compreso esplicitamente quello alla libera espressione, anche in condizioni di guerra o di emergenza nazionale - a.f.]

(da "Nasa Borba", 10-11 ottobre 1998)



JUGOSLAVIA: TASSE PER LA GUERRA

Il parlamento serbo ha approvato con procedura d'urgenza il 5 ottobre la Legge per il finanziamento delle spese eccezionali per la difesa. Tale legge prevede l'applicazione fino alla fine dell'anno di una tassa straordinaria sui consumi compresa tra lo 0,6% e il 4%. In particolare, a essere maggiormente colpita sarà la gente comune, perché si prevede che la maggior parte degli introiti verrà generata dalla tassa del 2% su tutti i generi di prima necessità (alimentari, indumenti, energia elettrica per l'uso domestico, gas, giornali, detersivi ecc.), la quale andrà ad aggiungersi alla tassa del 10% già in atto. Il governo montenegrino ha dichiarato che non applicherà tale tassa.

(da "Nasa Borba", 6 ottobre 1998)