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![]() NOTIZIE EST #92 - JUGOSLAVIA/KOSOVO DOPO L'ACCORDO MILOSEVIC-HOLBROOKE: Cominciamo questa rassegna di aggiornamenti in breve con un particolare che può sembrare folcloristico, ma che è pur sempre un indice di quale sia il ruolo dell'Italia nella crisi del Kosovo. Tutti questi ultimi giorni il quotidiano di Belgrado "Politika", organo del Partito Socialista di Milosevic, è uscito con una vistosa reclame in prima pagina della Telekom serba, una società nella quale l'azienda pubblica italiana STET, come abbiamo più volte ricordato, detiene un'importante quota. L'Italia non si limita quindi al ruolo fondamentale svolto con il versamento, in occasione della privatizzazione della Telekom, di fondi senza i quali difficilmente Belgrado avrebbe potuto permettersi le operazioni militari degli ultimi mesi, ma prosegue anche ora contribuendo di fatto a finanziare la propaganda del regime (e questo mentre i quotidiani d'opposizione vengono chiusi con leggi degne del Minculpop). Non vi è quindi da meravigliarsi se il ministro Dini, a più riprese sponsor del regime serbo, si preoccupi sempre, oggi come all'indomani del massacro di Drenica, di indicare negli albanesi del Kosovo il principale problema: "E' stato compiuto un importante progresso verso la creazione di condizioni per la soluzione della situazione in Kosovo attraverso i mezzi politici sui quali l'Italia ha insistito fin dall'inizio della crisi", ha affermato Dini in dichiarazioni riportate ieri dal quotidiano "Blic". "Sono tuttavia di grande ostacolo le proteste e l'insoddisfazione espressi dai rappresentanti della minoranza albanese rispetto all'accordo Milosevic-Holbrooke", ha proseguito Dini, il quale ha concluso affermando che "nessun rappresentante della comunità internazionale ha mai fatto alcuna promessa ai rappresentanti della minoranza nazionale albanese in merito all'indipendenza della provincia meridionale della Serbia". L'impiego del termine "minoranza nazionale albanese" e di quello "provincia meridionale della Serbia" dà una misura del completo sostegno di Dini alle posizioni serbe sul Kosovo. Come Dini, anche Seselj ha espresso la propria soddisfazione per l'accordo. "Le concessioni da parte serba sono state minime rispetto alla minaccia in atto, e comunque le richieste fondamentali del nostro partito [Partito Radicale Serbo] sono state soddisfatte", ha affermato Seselj, smentendo le voci che parlavano di un possibile abbandono del governo serbo da parte del Partito Radicale. Seselj ha spiegato che il suo partito "non è mai stato così forte" e che il presidente jugoslavo si è consultato con lui prima di dare il proprio assenso a Holbrooke. Intanto, è stato annunciato che il 20 ottobre si recherà a Washington, per incontrarsi con Bill Clinton, il miliardario serbo-statunitense Milan Panic, già premier a Belgrado. Panic effettuerà la visita insieme al patriarca Artemije in veste di rappresentante dei serbi del Kosovo. Il Gruppo di Contatto sta discutendo su chi comanderà la missione degli osservatori internazionali OSCE in Kosovo (ieri l'inviato dell'OSCE Geremek ha dichiarato che un primo limitato contingente di osservatori giungerà sul posto tra dieci giorni, gli altri arriveranno dopo un periodo di tempo ancora imprecisato) e già cominciano i litigi. Il candidato principale è il generale americano Klein, a suo tempo impegnato in Bosnia, ma nei suoi confronti è già arrivato il veto di Gelbard, l'inviato americano nei Balcani, che lo ha attaccato duramente. Secondo il quotidiano serbo "Blic" Gelbard avrebbe detto che "per l'ex generale americano non c'è più posto. Klein parla troppo, non ha rispettato la subordinazione all'interno della cancelleria dell'Alto rappresentante per la Bosnia e a quanto pare era in combutta con l'ex presidente della Repubblica Serba di Bosnia, Biljana Plavsic, alla quale era politicamente più vicino che alle autorità ufficiali di Sarajevo". Sempre lo stesso quotidiano riferisce che "l'UCK ha accusato i funzionari americani di mentire in merito alla situazione effettiva in Kosovo dove, secondo l'UCK, continuano gli attacchi dell'artiglieria serba contro villaggi albanesi [...]. Il portavoce dell'UCK in Svizzera, Bardilj Mahmuti, ha dichiarato che le forze serbe hanno rafforzato le proprie posizioni nella regione. Egli ha detto anche che l'UCK è rimasta finora fedele all'impegno di un cessate il fuoco, ma "se l'Occidente continua a prendersi gioco di noi e ignora la politica di genocidio, non resisteremo a lungo". Anche Bujar Bukoshi, premier del governo-ombra kosovaro in esilio ha detto che "gli albanesi del Kosovo non hanno sopportato la distruzione di 500 villaggi per accettare ora la capitolazione". L'agenzia cinese Xinhua segnala che il governo di Tirana ha accettato con riserva l'accordo Milosevic-Holbrooke. Secondo un portavoce del governo, il piano rappresenta un passo avanti, ma Tirana non ritiene che Milosevic lo rispetterà. Infine, l'agenzia AIM commenta alcuni particolari della seconda bozza di soluzione proposta dagli americani (consegnata al solo Milosevic; non è stata ufficialmente presentata alla parte albanese) che si presuppone debba essere alla base dell'accordo Milosevic-Holbrooke: "L'elemeno chiave della proposta consiste nel fatto che il Kosovo rimarrà parte della Serbia e della federazione jugoslava, anche se il fatto non viene direttamente menzionato. Ma poiché si prevede che i rappresentanti del Kosovo faranno parte degli organi della Serbia (20 deputati) e della Jugoslavia (10 deputati) è evidente che gli autori della proposta hanno voluto in tale modo accontentare sia l'una che l'altra parte, senza toccare direttamente quello che esse non vogliono sentire: da una parte, che il Kosovo rimarrà in Serbia e nella Jugoslavia, e dall'altra, che né la Serbia né la Jugoslavia potranno governare senza gli albanesi del Kosovo! Per quanto riguarda i diritti all'autoamministrazione degli albanesi del Kosovo, questi ultimi, secondo la proposta, decideranno di tutto quello che non rientra nelle classiche funzioni dello stato, ovvero quelle di maggiore significato istituzionale, come sono gli affari esteri, la difesa, le finanze, il mercato comune, le dogane e così via. Ciò vuol dire che la Serbia (e la Jugoslavia) non avranno il diritto di immischiarsi nelle competenze kosovare, ma allo stesso tempo nemmeno gli albanesi del Kosovo potranno mettere in questione in alcun modo le summenzionate classiche funzioni statali. Il fatto che per il Kosovo sia previsto un governo, un sistema giuridico, un parlamento con un relativo "presidente", il quale per la sua posizione assomiglia a un capo di stato, fa sembrare che questa proposta sia in parte ispirata dal piano Z-4 che a suo tempo era stato proposto ai serbi della Krajina e che essi, come è noto, hanno rifiutato, con il risultato che immediatamente dopo le autorità croate sono intervenute militarmente contro di loro causando il più grande esodo di popolo dopo la Seconda guerra mondiale. Il problema della polizia è stato risolto dando al Kosovo il diritto di formare una polizia di carattere locale e in maniera proporzionale alla composizione nazionale della popolazione. Gli organi di sicurezza serbi, cioè quelli della repubblica, svolgerebbero solo una funzione di collegamento con la sicurezza comune, con il controllo dei confini, delle dogane ecc., senza potersi immischiare nel lavoro della polizia locale. Una delle novità è l'introduzione di una cosiddetta Camera delle Nazionalità, composta da rappresentanti di tutte le collettività etniche del Kosovo, con la funzione (e i diritti) di influenzare le decisioni degli organi di autoamministrazione del Kosovo. E' interessante che gli autori della proposta di questa camera delle nazionalità non propongano lo stesso per la Serbia, che è di gran lunga più etnicamente mista rispetto al Kosovo e con una minore concentrazione etnica del popolo maggioritario, un fatto che di per se stesso parla chiaramente di come in tal modo si sia voluto evitare una sua federalizzazione e che può essere interpretato come una concessione a Belgrado e a Milosevic". (fonti: "Blic", 16 ottobre e 17-18 ottobre 1998; Xinhua, 15 ottobre 1998; AIM, 15 ottobre 1998) |