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NOTIZIE EST #93 - MACEDONIA
18 ottobre 1998


**** SPECIALE ELEZIONI IN MACEDONIA / 5 ****


FORSE SI', FORSE NO
di Teofil Blazevski

[...] Il presidente Gligorov, in un'intervista rilasciata all'inizio della settimana alla televisione statale, ha commentato per la prima volta dopo lungo tempo la questione del Kosovo e in particolare l'eventualità di un intervento NATO. In tale occasione Gligorov ha evitato di prendere una posizione aperta in merito al fatto che la Macedonia si possa permettere o meno di partecipare a un'eventuale intervento militare e si è accontentato di constatare che si tratta di una questione molto complessa, e che non è assolutamente indifferente se la Macedonia parteciperà, anche solo logisticamente, prestando il proprio spazio aereo o parte del suo territorio, attraverso i quali le forze NATO attaccherebbero obiettivi militari e della polizia serba in Kosovo.

Solo alcuni giorni più tardi, il sabato della settimana scorsa, Gligorov ha detto NO. Parlando agli ex combattenti in occasione dell'anniversario dell'insurrezione contro il fascismo, l'11 ottobre, Kiro Gligorov ha detto chiaramente che la Macedonia non può permettersi di partecipare ad azioni belliche contro qualunque suo vicino e che ciò, pertanto, vale anche nel caso della Jugoslavia. Inoltre Gligorov ha detto che di questa sua posizione sono stati portati pienamente a conoscenza i diplomatici stranieri a Skopje, così come i funzionari della NATO. Non è chiaro se ciò è in relazione con la cancellazione della visita a Skopje del generale Wesley Clarke, comandante generale della NATO, prevista per il 7 ottobre, ma è senz'altro il segno che vi è stato un cambiamento in Gligorov o nella politica macedone.

In particolare, Gligorov solo alcuni giorni prima (il 3 ottobre) aveva dichiarato che la decisione in merito alla concessione dello spazio aereo macedone alla NATO non era stata ancora presa. Parlando in presenza del presidente turco Suleyman Demirel, in visita ufficiale per due giorni a Skopje, Gligorov aveva aggiunto che la decisione verrà presa dal governo macedone.

Il governo si è riunito due giorni dopo, ma non ha comunicato se ha discusso o meno la richiesta formale dell'Alleanza Atlantica di un appoggio logistico a un eventuale attacco. In una breve dichiarazione si dice solamente che il governo ha raccolto informazioni in merito al Kosovo che sono state trasmesse al ministro degli esteri e a quello della difesa e che la posizione della Macedonia è che la crisi si può risolvere ancora in modo pacifico.

La settimana scorsa, parallelamente a questa, si è aperta una polemica anche tra i rappresentanti dei vari partiti politici in merito all'opportunità o meno di concedere lo spazio aereo macedone agli aerei della NATO diretti verso il Kosovo e la Serbia. Le posizioni si sono rivelate essere relativamente uniformi. Se si eccettuano il partito al governo del premier Crvenkovski, che ha espresso alcune riserve in merito, e i partiti degli albanesi, il PDP e il DPA, che fin dall'inizio della nuova crisi in Kosovo hanno dichiarato che ritengono un intervento armato l'unico modo per risolvere la crisi, tutti gli altri partiti, sia quelli facenti parte della coalizione di governo, che quelli all'opposizione, hanno reagito abbastanza duramente contro l'intervento militare.

La precedente dichiarazione pubblica di Gligorov secondo cui la Macedonia non si può permettere di partecipare a operazioni belliche contro i propri vicini, indipendentemente dagli obblighi che conseguono dalla partecipazione alla Partnership per la Pace e al SOFA (il patto militare bilaterale tra gli USA e la Macedonia, in virtù del quale è stata resa possibile la presenza di truppe statunitensi in Macedonia) pone un'altra domanda, e cioè chi è che chiede alla Macedonia di partecipare a tali operazioni belliche. Con le sue parole, il presidente intendeva parlare della concessione dello spazio aereo e di strutture di comunicazione, oppure voleva dire che qualcuno aveva chiesto all'esercito macedone di effettuare massicce operazioni sul territorio del Kosovo? Gli esperti locali che meglio conoscono la situazione e i rapporti in atto tra la NATO e la Macedonia sostengono che l'ipotesi giusta sia proprio quest'ultima. [...]

Tutto ciò [ha portato i leader politici a essere coinvolti nella questione]. In particolare, è stato rilevato da più parti che la questione dell'intervento della NATO in Kosovo e di un eventuale coinvolgimento della Macedonia in tale intervento, può essere uno dei fattori più importanti della campagna elettorale. Sulla base degli ultimi sondaggi elettorali effettuati immediatamente prima delle elezioni, a Skopje molti sostengono che la NATO potrà aiutare il partito di governo, la SDSM, solo se bombarderà i serbi. Tali tesi seguono un filo di ragionamento preciso: l'intervento della NATO comporterà un "immediato pericolo di guerra" il quale verrà interpretato dagli organi di governo come una giustificazione per rimandare le elezioni, oppure agirà a livello psicologico sui cittadini, i quali saranno spaventati dell'imminente guerra e non vorranno cambiare nulla, vale a dire che sceglieranno di sostenere l'attuale partito di governo, perché fino a oggi si è presentato come il partito che negli ultimi otto anni è riuscito a mantenere la pace in Macedonia.

Dall'altra parte vi sono interpretazioni del tutto diverse, secondo le quali l'intervento dell'Alleanza Atlantica avrà in realtà un effetto negativo sulla SDSM del premier Crvenkovski. Secondo questa tesi, i cittadini della Macedonia sono in buona misura ancora legati a livello emotivo al vecchio sistema socialista nel quale la Serbia aveva un'influenza dominante sulla Macedonia. E a parte le influenze culturali, politiche ed economiche, i serbi e i macedoni, ancora ai tempi della Jugoslavia socialista, avevano un problema comune - la lotta, come allora si diceva, contro "gli irredentisti albanesi". Gli albanofobi in Macedonia, e sono tanti, vivono le minacce della NATO contro la Serbia come un illecito immischiarsi degli imperialisti occidentali - come ha dichiarato recentemente un cittadino - negli affari interni di un paese sovrano. Se il governo del premier uscente Crvenkovski non si opponesse a questo intervento o, addirittura, lo dovesse appoggiare anche solo a livello logistico, ne conseguirebbe che si è alleato col "diavolo" e che quindi non bisogna più votarlo - sostengono i fautori della seconda tesi.

Ma indipendentemente da quale tesi sia quella giusta (e in realtà sembra che lo siano in parte tutte due, così come è reale la paura di una ritorsione serba) la legittimità dei risultati elettorali è messa in questione. E' del tutto chiaro che questa psicosi generale influirà in un modo o nell'altro i risultati delle elezioni. Quello che nessuno sa definire esattamente è la misura di questa influenza.

Va tuttavia sottolineato che questo processo è stato favorito dall'attuale governo, che non ha ritenuto opportuno prendere alcuna posizione, se si eccettua la dichiarazione fatta sottovoce secondo la quale "la crisi si può ancora risolvere con mezzi politici". Il fatto che si sia evitato di ricorrere alle normali procedure democratiche per decidere se la Macedonia sostiene o meno un eventuale intervento della NATO riguardo al Kosovo (pronunciamento degli organi del governo competenti per la sicurezza, poi dello stesso governo e quindi dibattito in parlamento) ha contribuito a generare in Macedonia una confusione ancora maggiore, a causa della quale i cittadini continuano a trovarsi di fronte al dilemma: "Forse sì, forse no".

(da AIM Skopje, 14 ottobre 1998 - selezione e traduzione dal serbo-croato di A. Ferrario)