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![]() NOTIZIE EST #94 - JUGOSLAVIA/KOSOVO SERBIA-KOSOVO: LE MINACCE DI BOMBARDAMENTO [Questo articolo è stato scritto prima dell'accordo Milosevic-Holbrooke - a.f.] La grancassa dei media è quasi unanime e si può riassumere in tre affermazioni, tutte false: 1. La NATO sta per intervenire in aiuto degli albanesi del Kosovo. 2. Solo gli attacchi della NATO hanno fatto recedere Milosevic in Bosnia - e lo faranno recedere anche in Kosovo. 3. L'intervento della NATO è legittimo e per questo il governo francese vi deve partecipare. La tesi numero 1 è l'apparente giustificazione delle minacce d'intervento della NATO contro il potere serbo. Ma la NATO non vuole l'indipendenza del Kosovo per la quale l'UCK (l'Esercito di Liberazione del Kosovo) ha preso le armi e che il portavoce dei kosovari, Ibrahim Rugova rivendica dal 1990... sperando che gli Stati Uniti sosterranno questa causa. Si può essere sicuri che non lo faranno. La causa essenziale del non intervento della NATO in tutti questi ultimi mesi è che sul terreno i miliziani serbi dovevano fare il lavoro sporco contro l'UCK. Oggi, invece, la NATO può minacciare Milosevic... perché la dinamica indipendentista è stata sradicata ed è quindi ormai possibile ottenere da Milosevic uno statuto di autonomia per il Kosovo. La tesi numero 2 è falsa sia per la Bosnia che per il Kosovo: gli attacchi della NATO in Bosnia hanno indebolito Karadzic a favore di Milosevic, il quale ha firmato a nome di tutti i serbi gli accordi di Dayton. Per quanto riguarda il Kosovo, non sono le minacce di bombardare che aprono la possibilità di negoziati: all'inizio di ottobre, il parlamento serbo aveva dichiarato che "i bastioni dei terroristi sono stati distrutti, i terroristi arrestati e disarmati". Quindi, dal punto di vista serbo, possono essere aperti dei negoziati. Sono piuttosto gli albanesi del Kosovo che li rifiutano, perché sono nuovamente in posizione di debolezza sul terreno e, inoltre, divisi: Ibrahim Rugova vuole essere a ogni costo l'interlocutore delle grandi potenze. Quindi è docile. Ma troppa docilità nel dialogo con Milosevic (desiderato dalle grandi potenze) ha suscitato denunce da parte dei suoi oppositori, in particolare nell'UCK. Si può scommettere che sarà più facile impegnarsi in negoziati presentati come uno pseudo-arretramento di Milosevic, ma conformi ai termini proposti da quest'ultimo (con l'accordo sostanziale delle grandi potenze): autonomia, sì; indipendenza; no. La tesi numero 3 nega le regole di funzionamento dell'ONU ed è politicamente aberrante. L'intervento della NATO non ha alcuna legittimità dal punto di vista delle risoluzioni dell'ONU e del suo Consiglio di Sicurezza (che cerca di aggirare). E' una decisione politica del governo americano, sostenuta, in particolare, dal governo francese (e dalla sinistra plurale...). Non si può che sottoscrivere la tribuna libera di Jean-Louis Dufour (direttore della rivista "Défense") in "Liberation" del 10 ottobre: "L'America è seria. Certo, sa che una raffica di missili di crociera non avrà alcun effetto sulla politica serba in Kosovo. Un bombardamento delle installazioni militari avrà tutte le chance di rafforzare la mano di Milosevic, che potrà avanzare presso i suoi concittadini la scusa di un'aggressione dall'esterno. La posta in gioco non è dunque la maniera in cui i profughi kosovari passeranno l'inverno senza riparo sulle loro montagne. La posta in gioco è la credibilità della NATO, che è l'essenziale per Washington, tanto la Casa Bianca aspira a disporre di uno strumento a sua disposizione, utilizzabile senza veto di alcuna sorte, al contrario delle Nazioni Unite". Ma il gioco degli Stati Uniti e della NATO è pericoloso: il giornale d'opposizione di Belgrado, "Nasa Borba", è arrivato a titolare "Un bombardamento della NATO farebbe comodo a Milosevic". Il clima di censura si è brutalmente rafforzato a Belgrado ed è l'estrema destra nazionalista (sostenuta da Le Pen) che ne trarrà i benefici. E se non ci saranno bombardamenti della NATO dopo tutte queste minacce, Milosevic ne uscirà ugualmente rafforzato. No, quindi, alle bombe della NATO, ma sì ai seguenti obiettivi: - Il ritorno delle persone sfollate e dei profughi, la ricostruzione delle case: sono d'altronde delle promesse già inserite nella risoluzione del Parlamento serbo... Ma bisogna verificarne l'applicazione: la presenza massiccia di osservatori OSCE sul terreno è essenziale. - L'apertura di inchieste sui crimini commessi in Kosovo, in particolare sulle responsabilità dei massacri recentemente scoperti. Anche se Milosevic si rifiuta di permettere al tribunale dell'Aja di giudicare i crimini commessi in Kosovo, è necessario esercitare tutte le pressioni affinché sia fatta chiarezza su questi massacri e sugli altri crimini. - La ritirata delle forze paramilitari serbe è iniziata. Ma deve essere accelerata - e anche in questo caso verificata - con la creazione di una forza di polizia binazionale serbo-albanese accettabile per le popolazioni. Questa è la precondizione irrinunciabile per la posta in gioco più importante: l'apertura di negoziati sullo status del Kosovo che consentano un'autentica rappresentazione pluralista dei kosovari con, come minimo, il ritorno immediato a un'autonomia (autogoverno) sostanziale, che garantisca i diritti della minoranza serba. Ciò deve avere come sbocco, a una scadenza prefissata, una consultazione di autodeterminazione. Anche se gli albanesi del Kosovo hanno uno statuto di minoranza nello stato serbo, hanno ben più ragioni dei montenegrini di rivendicare uno status di popolo totalmente a parte. Ma questo status può avere svariate forme: diverse varianti di autonomia (con parlamento e governo propri del Kosovo) in seno alla federazione jugoslava, oppure indipendenza totale. Quest'ultima soluzione è evidentemente la più conflittuale e su essa grava il rischio di un'esplosione della vicina Macedonia. L'alternativa consiste nel riconoscimento al popolo albanese di diverse forme di autonomia in Kosovo e in Macedonia, combinate con dei legami tra gli stati balcanici. La scelta di battersi per l'indipendenza o accettare un'autonomia deve spettare alle popolazioni in causa... Non a noi, né alla NATO. (da "Rouge", 16 settembre 1998 (http://www.lcr-rouge.org/) - traduzione dal francese di A. Ferrario) |