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NOTIZIE EST #95 - BOSNIA
20 ottobre 1998


L'EPILOGO DELLE ELEZIONI NELLA REPUBBLICA SERBA DI BOSNIA ALLA LUCE DELLA CRISI NEL KOSOVO
di Natasa B. Odalovic

Dopo le elezioni nella Bosnia di Dayton, some ha detto Biljana Plavsic (fino a poco tempo fa presidente della Repubblica Serba di Bosnia [RS] e che ora ha raccolto solo 286.914 voti), i serbi hanno fatto la figura dei più democratici - perché sono stati gli unici tra le tre nazionalità della Federazione a decidere tra più candidati di pari livello. Il fatto che la maggior parte di essi abbia deciso per il radicale Poplasen, che ha ottenuto per la precisione 324.033 voti, non rappresenta un grande spostamento rispetto a quello che rappresenta, e soprattutto a quello che è stata in precedenza, Biljana Plavsic.

Lo stesso Seselj il 1° ottobre ha confermato che la Plavsic e Poplasen si sono cordialmente incontrati e hanno discusso di tutto. L'incontro è stato preceduto da un briefing presso il presidente Milosevic, al quale hanno partecipato, oltre a quest'ultimo, anche il quartetto: Plavsic, Kalinic, Radisic e Poplasen e, in aggiunta, secondo quanto ha affermato egli stesso, anche Vojislav Seselj, vicepresidente del governo della Serbia. Perché mai Seselj abbia partecipato a tale incontro è solo una delle tante domande alle quali ormai nessuno cerca più di rispondere.

I risultati delle elezioni nella RS portano necessariamente a speculazioni del tipo: c'è stato un baratto tra Milosevic e la comunità internazionale - la RS in cambio del Kosovo. La stessa Plavsic ha dichiarato: "La comunità internazionale ha in buona parte contribuito a questi risultati". Durante campagna molti hanno richiamato l'attenzione sul fatto che l'aperto sostegno finanziario e l'appoggio politico dato a Biljana Plavsic e a Milorad Dodik dagli USA e dagli altri paesi occidentali sono stati controproducenti. Ivi compresa la lettera di Robert Barry [responsabile della missione OSCE che ha monitorato le elezioni - N.d.T.], il quale, dopo che Seselj aveva concluso con successo la sua campagna elettorale nella RS a favore di Nikola Poplasen, ha inviato una lettera a quest'ultimo, nella quale comunicava che Seselj era escluso da ogni altra partecipazione al processo di pace, affinché le "elezioni possano continuare in un'atmosfera corretta". In caso contrario, secondo l'interpretazione dei radicali, da essi ampiamente ribadita nel corso della campagna elettorale, Poplasen sarebbe stato "cancellato dalla lista dei candidati". I radicali hanno stampato la lettera di Barry nel giornale "Velika Srbija" ("Grande Serbia"), inserendola nella rubrica "Contributi a una storia senza chiacchiere" e descrivendo tutte le "Scilla e Cariddi" attraverso le quali i radicali sono dovuti passare "nella propria sacrosanta lotta della moralità contro l'immoralità, del patriottismo contro gli interessi personali".

Non ci vuole molta saggezza per comprendere quanto la lettera di Barry, così come le accuse della sottocommissione OSCE per la trasmissione di un'intervista con Seselj e Poplasen durante il periodo di silenzio elettorale, sia stata sfruttata dai radicali per aumentare il loro rating nella RS. Robert Barry ha poi successivamente, nel momento in cui sono stati resi pubblici i risultati delle elezioni, dichiarato che il "mondo è meravigliato della vittoria di Poplasen". Egli ritiene che la colpa della sconfitta della Plavsic sia dei musulmani che "invece di votare per la Plavsic, come abbiamo suggerito loro, hanno votato per il candidato del partito bosniaco" (il famigerato Zulf Nisic, che ha ottenuto 107.000 voti). [...]

LA TESI DEL GRANDE SCAMBIO
Le due dichiarazioni di Barry, apparentemente contraddittorie, sono la migliore illustrazione dell'approccio a dir poco estremamente confuso della comunità internazionale, se si vuol credere che il suo obiettivo fosse veramente che nella RS vincesse l'ala cosiddetta "riformista". I sostenitori della tesi del "grande scambio" ritengono il modo in cui la campagna nella RS è stata coscientemente condotta come una delle prove principali del fatto che esistesse già un accordo preliminare e che di conseguenza la vittoria della cosiddetta "ala dura" della SRS-SDS, rafforzata dal controllo ottenuto nella stessa Presidenza della Federazione da un uomo di Milosevic, Zivko Radisic, il quale ha sconfitto Momcilo Krajisnik nella corsa al posto di membro serbo della presidenza bosniaca (Radisic 360.286, Krajisnik - 315.480), rappresenta esattamente la concessione che la comunità internazionale ha fatto a Milosevic.

E' interessante notare che la Plavsic, la quale ogni giorni diventa più costruttiva nella sua collaborazione con i partiti che hanno vinto e che, con ogni probabilità, formeranno un governo di coalizione di unità nazionale, sotto il patronato o comunque sotto l'occhio vigile del presidente Milosevic, dopo i risultati elettorali è uscita con un'interpretazione come "l'influenza di Seselj nella RS è fortemente diminuita, perché la sua entrata nel governo di Belgrado lo ha fortemente compromesso e quindi non potrà più mentire nella RS". La Plavsic vede in questo fatto una "salvezza". Questo ragionamento piuttosto bizzarro dell'ex presidente aggiunge ulteriore confusione a tutta la storia.

Ancora più interessante è la relazione Dodik-Seselj. In particolare, mentre Milorad Dodik, che ha guidato fino a oggi il governo della RS (e del quale la Plavsic ha detto che per le sue qualità e per l'appoggio di cui gode nel mondo "dovremmo continuare ad averlo anche se fosse giapponese"), continua ad affermare sicuro di sé che "il candidato della coalizione Sloga [si tratta della coalizione dei partiti "riformisti", presentatisi insieme alle elezioni - N.d.T.] sono io, perché è stato deciso così e in caso contrario vi saranno nuove elezioni". Seselj nel frattempo ha detto con decisione (dopo essersi consultato con Milosevic): "Sono pronto a scommettere qualsiasi cosa che Dodik in nessun caso sarà presidente del governo".

LA COOPERATIVITA' DI BILJANA PLAVSIC
Questa dichiarazione di Seselj, così come la già ricordata cooperatività di Biljana Plavsic e il suo trattenersi dall'attaccare coloro che mettono in dubbio il "diritto" di Dodik a rivestire la funzione di premier, va a conferma della tesi secondo la quale in occasione dell'incontro svoltosi presso Milosevic tutto è stato concordato. Ciò viene in una certa misura confermato da Seselj, il quale con non celata soddisfazione annuncia che tra i partiti politici serbi si stanno conducendo consultazioni. "Il Partito Radicale Serbo è a favore di un governo di unità nazionale a quattro formato dal SRS, SDS, SPRS e SNS. Non escludiamo la possibilità che anche parte del partito di Dodik entri a farne parte, così come il Partito Democratico della Krajina e della Posavina", dice Seselj e aggiunge in particolare che ora è ormai evidente l'esistenza di accordi tra i principali partiti politici e che le "tensioni stanno chiaramente diminuendo". [...]

Anche se le nostre valutazioni fossero relativamente paranoiche, non ci rimane comunque che accettare l'opinione di coloro i quali ritengono che lo stesso presidente Milosevic non abbia alcuna idea in merito all'aspetto geopolitico che l'area balcanica avrà quando tutto si sarà assettato. Perché, come ha detto in occasione di una recente riunione sui risultati elettorali in Bosnia un esperto: "La categoria nebulosa di uno status temporaneo di tre anni per il Kosovo servirà a Milosevic solo per guadagnare altri tre anni durante i quali sarà al potere come garante della pace e della stabilità. La simmetria con la Bosnia è più che evidente. Questo non vuol dire che Milosevic abbia una strategia o un'ideologia. L'unica sua ideologia fino a oggi confermata dai fatti è l'intenzione di rimanere al potere".

La domanda se, alla luce di tutto questo, il ritorno dei nazionalisti (alla guida di tutti e tre i popoli della Bosnia-Erzegovina) porterà a una crisi di Dayton o meno, forse è in questo momento dal punto di vista della politica globale completamente trascurabile. Ma proprio questo fatto è l'indice più eclatante della profondità della crisi nella quale ci troviamo.

(da "Danas", 3-4 ottobre 1998 - traduzione dal serbo di A. Ferrario)


[Le tesi sostenute da "Danas" in merito alle elezioni nella Repubblica Serba di Bosnia sono condivise anche da un articolo scritto per la AIM da Branko Peric, di cui citiamo un passo:]

Si può considerare che la posizione della comunità internazionale nei confronti della RS e il sostegno che essa ha dato a Biljana Plavsic in svariate occasioni nel corso della campagna elettorale, hanno influenzato in grande misura il crearsi tra gli elettori di un'atmosfera di diffidenza. Il modo in cui il sostegno è stato esibito ha avuto un controeffetto, perché è servito ai suoi avversari politici come pretesto per smascherare la "congiura internazionale il cui fine è quello di affogare la RS in una Bosnia-Erzegovina unitarista". L'introduzione forzata nel corso della campagna elettorale di trattative tra le varie entità sul sistema scolastico è stata abbondantemente sfruttata dai nazionalisti della RS per lanciare la tesi che era in corso un'unificazione dei manuali scolastici e del sistema educativo della Bosnia, un fatto che ha diffuso la paura di una unitarizzazione. L'arrivo del segretario di stato statunitense Albright a Bijeljina e il suo incontro con i leader dei partiti politici della coalizione di governo "Sloga" due soli giorni prima delle elezioni, nonché il successivo arrivo a Sarajevo del ministro degli esteri tedesco Kinkel, sono stati interpretati come un sostegno che rendeva le elezioni irregolari e il governo in carica nella RS una marionetta e un traditore. Inoltre, si sono intensificate le comparse preelettorali dell'ambasciatore americano Kauzlaric a fianco del premier Dodik in occasione dell'inaugurazione di varie scuole, ponti, ambulatori e acquedotti, un fatto che i nazionalisti hanno sfruttato per dimostrare come il governo in carica collaborasse ai "diabolici piani dell'occidente per affondare i serbi in una Bosnia fondamentalista".

(da AIM Banjaluka, 7 ottobre 1998 - traduzione dal serbo di A. Ferrario)