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![]() NOTIZIE EST #103 - JUGOSLAVIA/KOSOVO I CONFLITTI TRA I KOSOVARI La guerra in Kosovo ha compiuto una nuova svolta mortale. Proprio nel momento in cui è necessario un fronte unito per rispondere ai serbi al fine di evitare un disastro umanitario, i politici albanesi del Kosovo stanno saltando alla gola uno dell'altro come mai in passato. Gli scettici affermano che è in atto una diabolica e astuta politica serba del "divi et impera", ma i fatti suggeriscono qualcosa di diverso. Il presidente jugoslavo Slobodan Milosevic deve sicuramente essere contento del fatto che i kosovari, a quanto pare, hanno cominciato a spararsi a vicenda. In giugno, quando era giunto al vertice delle sue fortune, l'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) non solo controllava larghe aree di territorio, ma sembrava avere ormai consegnato Ibrahim Rugova, il leader pacifista del Kosovo, alla pattumiera della storia. Ma non era così. Indeboliti, ma non sconfitti, Rugova e i suoi colleghi del governo in esilio hanno cominciato a reagire. La mente dietro al tentativo del governo di prendere il controllo dell'UCK è Xhafer Shatri, il ministro dell'informazione di Rugova, che risiede a Ginevra. Lavorando con Bujar Bukoshi, il capo del governo che vive a Bonn, ha inviato quattro ufficiali militari in Albania e in Kosovo. I due membri del gabinetto hanno anche attivato il Ministero della Difesa, da lungo tempo inattivo, nominando Ahmet Krasniqi ministro. I 14 ufficiali, anche se formalmente operanti sotto l'egida delle loro Forze Armate della Repubblica del Kosovo (FARK), avevano come obiettivo la presa di controllo dell'UCK. L'idea era che una volta raggiunto tale obiettivo, Rugova avrebbe potuto procedere all'apertura di trattative da una posizione di forza - con un governo, un parlamento e un esercito. Forse gli Stati Uniti hanno involontariamente esercitato una certa influenza sulle ambizioni delle FARK. Il 4 luglio, Robert Gelbard, l'inviato speciale USA per i Balcani, ha affermato in occasione di una riunione a Londra che a suo parere un buon compromesso per il Kosovo sarebbe stato quello della cosiddetta "soluzione delle tre repubbliche". Tale progetto prevedeva una Jugoslavia in cui Serbia, Montenegro e Kosovo non solo si sarebbero autogovernati all'interno degli attuali confini del paese, ma avrebbero anche avuto ciascuno un proprio esercito. Il piano delle FARK è terminato con un disastro, a causa dell'antagonismo profondamente radicato tra entrambe le parti. L'UCK è stato fondato nel 1993. La forza che ha spinto alla sua creazione è stato il Movimento Popolare per il Kosovo (LPK), una frangia clandestina che, fin dalla sua fondazione nel 1982, ha sempre propugnato un'insurrezione contro i serbi. Molti dei suoi membri erano, e sono, ex prigionieri politici che disprezzano Rugova e la sua cerchia di stretti collaboratori. Essi mettono in evidenza che mentre loro, come radicali, sono stati in prigione negli anni '80, molti di coloro che ora circondano Rugova erano ai tempi politici e funzionari della provincia autonoma del Kosovo. Inoltre, alcuni dei membri della cerchia più vicina a Rugova, come Xhafer Shatri, sono stati in passato membri dell'LPK. Sabri Hamiti, il consigliere più vicino a Rugova, è anch'egli un ex esponente della linea dura, che ora viene accusato di essere un defettore, un traditore e un'opportunista politico. L'UCK considera anche Ahmet Krasniqi un traditore, perché quando è stato catturato dai croati come ex ufficiale dell'Esercito jugoslavo a Gospic nel 1991, è stato rimandato a Belgrado nella sua funzione. Altri che hanno avuto un destino simile hanno invece disertato per combattere i serbi. Il 21 settembre persone ignote hanno assassinato Krasniqi a Tirana. Tre giorni prima, l'UCK aveva praticamente pronunciato una sentenza di morte contro di lui dopo avere denunciato un altro comandante delle FARK come traditore. In un comunicato l'UCK ha affermato: "Un giorno questo tipo di persone pagheranno per i danni che hanno causato alla nostra nazione". Fonti vicine all'UCK non si sono per nulla preoccupate di nascondere il fatto che la morte di Krasniqi sia stata opera dell'UCK. La forza militare dell'UCK è stata devastata dall'offensiva serba. Ma Rugova non è stato certo parco nel dimostrare la propria soddisfazione. Poiché non è stato capace di prendere il controllo dell'UCK, il suo potere e la sua influenza ora dipendono dal riuscire a eliminare quest'ultimo come rivale credibile. L'UCK quindi è indebolito, ma, così come nel caso di Rugova diversi mesi fa, non è sconfitto. In primavera, una comandante di nome Qazim ha dichiarato che chiunque osasse firmare un accordo di compromesso con i serbi sarebbe stato "giustiziato". A metà settembre, 13 politici di Pristina sono stati trattenuti dall'UCK per due giorni. Lo scopo dell'UCK non era solo quello di mostrare a tali politici che esisteva ancora, ma anche quello di impaurirli. Il 24 settembre contro Sabri Hamiti sono stati sparati dei colpi di arma da fuoco, che tuttavia non lo hanno ucciso. Finora Rugova non ha fatto marcia indietro rispetto alla sua richiesta di indipendenza, ma ha accettato la cosiddetta "soluzione temporanea", in virtù della quale lo status definitivo del Kosovo non verrà deciso se non fra tre anni, dopo che sarà stato raggiunto un accordo preliminare. Di fronte alla catastrofe che ora i kosovari si trovano ad affrontare, la stella di Rugova sta nuovamente ascendendo. Se riuscirà a fermare la guerra, a ottenere una misura di autonomia accettabile per il Kosovo e offrire allo stesso tempo la prospettiva dell'indipendenza, riuscirà con ogni probabilità a ottenere il sostegno di un'ampia maggioranza dei kosovari. E' precisamente questa eventualità che l'UCK vuole evitare. Il suo obiettivo è quello di ricostituirsi durante l'inverno in modo tale da riemergere in primavera come organizzazione di guerriglia rinvigorita, ma snellita, il cui scopo sarà quello di logorare i serbi in una guerra di attrito. [L'autore è un giornalista britannico, autore del libro "The Serbs: History, Myth and the Destruction of Yugoslavia", Yale University Press, 1997] (da RFE/RL, 17 settembre 1998 - traduzione dall'inglese di A. Ferrario) |