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NOTIZIE EST #107 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
9 novembre 1998


LA COMPARSA DI UNA NUOVA FAZIONE KOSOVARA COMPLICA L'EQUAZIONE
di Chris Stephen

MALISEVO - Un nuovo esercito di ribelli è emerso in Kosovo e minaccia il fragile cessate il fuoco, entrato in vigore mentre le unità dell'Esercito jugoslavo si stanno ritirando dalla provincia. I guerriglieri delle FARK, una forza di élite con basi nella vicina Albania, si sono dispiegati nella travagliata provincia, contribuendo con nuove armi e con la propria esperienza militare alla lotta contro i serbi. Ma la loro prima battaglia potrebbe non essere contro l'Esercito jugoslavo, bensì contro i loro connazionali albanesi.

Le FARK sono arrivate in Kosovo non per aiutare i guerriglieri dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK), ma per prendere il controllo delle loro unità. Nelle prime settimane dell'estate, l'UCK ha conquistato il controllo di un quinto del Kosovo, dichiarandolo una "zona liberata". Questo fatto ha posto una minaccia non solo alle autorità jugoslave, ma anche alle posizioni degli attuali politici albanesi, guidati da Ibrahim Rugova, l'autoproclamato presidente della popolazione albanese, maggioritaria in Kosovo.

Rugova, collaborando ampiamente con Bukoshi, il leader del governo in esilio con sede in Svizzera, ha lavorato per otto anni alla costruzione di una strategia di resistenza passiva al dominio jugoslavo. Ma gli improvvisi successi ottenuti dall'UCK durante i combattimenti della primavera scorsa minacciavano di mandare in frantumi il suo lavoro - e di lasciare un nuovo Kosovo indipendente nelle mani dell'UCK. La soluzione della vecchia guardia si chiama FARK, le Forze Armate della Repubblica del Kosovo, organizzate utilizzando le abbondanti risorse di molti dei 300.000 emigrati kosovari sparsi in tutta Europa. Bukoshi ha inviato un'avanguardia di 14 ufficiali, per la maggior parte con un passato di esperienze nell'Esercito jugoslavo. Ne sono poi arrivati altri. Sebbene abbiano potuto portare con sé solo le armi che potevano essere trasportate su di un mulo attraverso le montagne al confine con l'Albania, gli ufficiali delle FARK hanno portato due cose di cui i ribelli dell'UCK mancavano - l'esperienza tecnica e l'organizzazione.

Sono arrivati in Kosovo proprio nel momento in cui la Jugoslavia scatenava i propri carriarmati contro l'UCK: troppo sicuro di sé e impreparato, l'Esercito di Liberazione del Kosovo ha dovuto abbandonare le città e i villaggi conquistati in primavera, mentre il grosso delle sofferenze ricadeva sulla popolazione civile.

"Mi sono arruolato nelle FARK, invece che nell'UCK, perché erano più professionali", ha detto un ex studente della città nord-orientale di Pec, entrato a fare parte della nuova formazione l'estate scorsa. "Sono persone arrivate con un buon addestramento militare. Sapevano cosa stavano facendo, e davano l'impressione di essere bene organizzate", ha dichiarato ieri a The Scotsman. Le FARK hanno raggiunto il campo di battaglia troppo tardi per potere avere alcun effetto sulle cocenti sconfitte che i ribelli stavano subendo, ma si sono distinte nella sanguinosa difesa di un villaggio di confine di importanza chiave, Junik. Come nel caso dell'UCK, le loro unità si sono ritirate, ma sono comunque rimaste intatte e sono fuggite nelle montagne e nelle foreste dell'interno del Kosovo.

In molte zone del Kosovo, le FARK e l'UCK hanno lavorato fianco a fianco: "Avevamo degli uomini delle FARK qui, sono venuti in numero limitato, avevano molta esperienza", dice un albanese nei pressi della città centrale di Malisevo.

I comandanti dell'UCK, tuttavia, una miscela di vecchie famiglie rurali e di esiliati che vivevano in Europa, dicono di temere che Rugova sia pronto a "svendere", scambiando il loro sogno di indipendenza con un'autonomia della provincia del Kosovo all'interno della Jugoslavia.

Le ostilità sono esplose in settembre, con l'UCK che ha pubblicato una dura messa in guardia contro le FARK, ingiungendo a queste ultime di lasciare in pace le sue unità. Tre giorni dopo, il 21 settembre, l'uomo chiave delle FARK in Albania, il Ministro della Difesa Ahmet Krasniqi, è stato assassinato nella capitale albanese, Tirana. All'incirca nello stesso momento, un importante comandante dell'UCK, Naim Maloka, è stato oggetto di un attentato e ferito - fonti in Kosovo affermano che l'attentato è stato organizzato dalle FARK. Indipendentemente da quale sia la verità riguardo a queste uccisioni, esse hanno creato una radicale acrimonia tra le due fazioni rivali.

"Le FARK non sono nulla, le FARK non sono qui - siamo noi quelli che stanno combattendo", dice imbronciato un comandante delle UCK, vestito con una tuta da battaglia nera, mentre sorveglia un bunker abbandonato dai serbi questa settimana. "Lasci che le spieghi", dice un ufficiale delle UCK che si occupa di logistica e che collabora con la base dei ribelli in Albania: "Quando la Jugoslavia combatteva contro la Croazia, ha mandato dei jet a bombardare il presidente croato nel suo palazzo. E cosa succede invece ora con Rugova? Lo lasciano andare tranquillamente sulla sua Audi nera per le strade di Pristina".

Sembra che le FARK abbiano stipulato una tregua a parte con i serbi, fermando le ostilità. La settimana scorsa, mentre i combattimenti infuriavano nella regione centrale di Drenica, in Kosovo, e la NATO minacciava di effettuare raid aerei, le unità dei ribelli all'improvviso sono scomparse dalla regione occidentale controllata dalle FARK. "Nel giro di un giorno sono scomparsi tutti", afferma un agricoltore locale che è ritornato alla sua casa nei pressi di una delle ex roccaforti della guerriglia, Glodjane, vicino al confine con l'Albania. "Non è che abbia paura di dirvi dove sono, ma onestamente non so proprio dove se ne siano andati. Penso in Albania". I diplomatici in Jugoslavia affermano che ora è in atto una fragile tregua tra l'UCK e le FARK. "Vi sono quattro aree operative e le FARK ne controllano una", afferma un ufficiale. "Bukoshi continua ad appoggiare le FARK, vuole assicurarsi di avere una fetta della torta a qualsiasi tavolo di trattative al quale si possa giungere".

Tutte queste macchinazioni sono ignote a coloro che agiscono sul terreno - i ribelli del Kosovo sono per la maggior parte contadini ai quali sono stati dati uniformi e fucili fatti entrare di contrabbando dalle basi in Albania. "Io sono a favore dell'UCK, di Rugova e delle FARK. Dobbiamo stare uniti", ci ha detto ieri un soldato a un posto di blocco dell'UCK.

Sia le FARK che l'UCK sono occupati a riarmarsi. "Stanno arrivando armi di qualità, e in buona quantità", ha detto un ufficiale. I soldati dell'UCK sulle colline ora fanno mostra di armi antiaeree, giubbotti e caschi realizzati sul modello di quelli dell'esercito USA, e alcuni sono armati del gigantesco fucile Barat, che può uccidere a una distanza di più di quattro chilometri. Fonti occidentali affermano che l'UCK stia cercando di trovare dei mortai e dei razzi anticarro, con i quali rifornire il proprio arsenale in preparazione di una nuova tornata di combattimenti prevista per l'anno prossimo.

E mentre sia Rugova che l'UCK affermano di preferire la pace alla guerra, nessuno dei due vuole essere il primo a deporre le armi e a cercare di ottenere una soluzione negoziata con la Jugoslavia. Per il momento, tuttavia, sembra che l'inverno darà un attimo di respiro, grazie alle imminenti nevicate che con ogni probabilità fermeranno le operazioni contro gli jugoslavi e quelle tra le due fazioni albanesi. "Penso che ci troviamo di fronte a un periodo di un paio di mesi di tregua, ma dopo, cosa succederà?", si domanda un diplomatico.

(da "The Scotsman", 30 ottobre 1998 - traduzione dall'inglese di A. Ferrario)