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NOTIZIE EST #116 - MACEDONIA
1 dicembre 1998


WASHINGTON STA VOLTANDO LE SPALLE ALLA MACEDONIA?
di S. Jovanovska

[Questo è il primo di una serie di articoli sull'imminente stanziamento delle forze di pronto intervento NATO in Macedonia e sui striscianti conflitti d'interesse tra Europa e Stati Uniti, che continuano a evidenziarsi in ambito atlantico e non solo in esso - N.d.T.]

Il presidente macedone Kiro Gligorov ha dichiarato al ritorno da un viaggio a Berlino di non essere molto felice del fatto che alle forze di pronto intervento NATO, il cui arrivo è atteso fra breve in Macedonia, non partecipino gli americani e che inoltre il Consiglio della NATO preveda la rotazione nel corso del tempo dei paesi che ne faranno parte, senza specificare quali saranno. Ciò che ha dato un tono particolare a questa dichiarazione del più alto rappresentante dello stato, tuttavia, non è il fatto che gli USA non prenderanno parte alla forza NATO, né il fatto che vi parteciperanno alcuni altri paesi nei confronti dei quali il precedente governo aveva forti riserve, quanto piuttosto l'impressione che nemmeno il presidente non sia sufficientemente informato riguardo alla questione di politica estera in questo momento maggiormente strategica. E' chiaro che nonostante la richiesta formale di autorizzazione della missione sia stata fatta al governo uscente (con il chiaro obiettivo di guadagnare del tempo), la NATO punta fondamentalmente a ottenere una assenso da parte del nuovo governo il quale ha, secondo fonti non ufficiali, già dato il via libera all'arrivo delle forze del Patto Atlantico [nei giorni scorsi, dopo che il presente articolo è stato pubblicato, il premier incaricato Georgievski ha dato la propria approvazione ufficiale - N.d.T.]. Senza entrare nel merito dell'opportunità o meno di tale decisione, non si puà tralasciare il fatto che essa ha aperto nuovi problemi e dilemmi sul piano della politica estera ed è chiaro fin da ora che, se non altro, essa rappresenta un completo capovolgimento della politica macedone rispetto alla linea per la quale si sono battuti in passato il presidente e il governo uscente. Il dilemma fondamentale che si può leggere nelle dichiarazioni di Gligorov è, innanzitutto: gli USA stanno abbandonando politicamente la Macedonia e, se lo fanno, quale ne è la vera causa?

L'ambasciata americana spiega questi ragionamenti come frutto dell'inclinazione dei macedoni alle speculazioni politiche, ritenendo che dal punto di vista degli americani non cambia nulla nei rapporti con la Macedonia, che non vi sono motivi per guardare alla composizione delle forze NATO in tale modo e che, al contrario, l'arrivo di altri paesi nell'ambito della missione militare della NATO rappresenta per questo paese una grande chance per ottenere maggiori vantaggi nell'ambito della richiesta di adesione all'alleanza. E' tuttavia noto che i paesi che godono della protezione degli USA sono riusciti, in occasione dell'incontro ministeriali svoltosi a Berlino (nel corso del quale è stata presa la decisione di accogliere nella NATO Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria), a ottenere l'ammissione, mentre quelli favoriti dai paesi europei sono stati ignorati, o meglio, il loro nome è stato unicamente ricordato in qualche documento nel quale si parla di una vaga futura accettazione. E' quindi un po' difficile che l'arrivo degli europei con l'uniforme NATO possa esssere considerato sotto questo punto di vista, anche se in ambienti politici vi è l'intenzione di dare proprio una tale impressione. Nei fatti, il soggiorno in Macedonia di varie delegazioni militari impegnate a costruire, misurare, effettuare stime e così via, prima ancora che la presenza della missione sia stata autorizzata dal governo macedone, lascia l'impressione che lo stato sia come un'abitazione senza padrone di casa, cosa che ha fatto pensare a molti che la NATO nei fatti ha sfruttato il vuoto di potere per agire in fretta e mettere in atto decisioni che in altre situazioni sarebbero di sicuro state oggetto di maggiori riflessioni da parte nostra.

Quando poi si cercano i motivi del ritirarsi degli americani (con il tempo si vedrà se si tratta di una mossa tattica e temporanea oppure di una strategica), non si può fare altro che cercare di presupporli. La tesi più diffusa è che gli Stati Uniti vogliono dimostrare la propria buona volontà ai paesi europei della NATO, che dalla riunione di Berlino in poi si sono dati molto da fare per la componente europea, vale a dire per un maggiore ruolo militare nell'Alleanza, se non altrove, almeno sul territorio europeo. Altre tesi sostengono che il Congresso non è disposto a pagare, in aggiunta a quelle per i 350 soldati americani già presenti in Macedonia, spese per un altro contingente di una missione della quale nessuno è in grado di dire quando scadrà il mandato (a meno che qualcuno non creda seriamente nel successo delle elezioni previste in Kosovo). Secondo altri la composizione delle forze di pronto intervento è stata adeguata a ciò che ufficialmente Belgrado e Mosca potevano accettare. Vi è inoltre chi dice che la regola seguita dagli USA per queste missioni a lungo termine e incerte nelle quali non è indispensabile la loro superiorità militare, è quella di dare via libera agli europei. L'ultima tesi, infine, sostiene che impegnandosi in Kosovo, l'ambasciatore Hill, e con lui gli USA, hanno perso posizioni in Macedonia in termini di influenza politica. A sostegno di quest'ultima tesi si segnala la dichiarazione rilasciata da Tupurkovski al giornale Forum, nella quale, con alcune parafrasi, egli ha detto che il ruolo americano è importante quando vi sono crisi militari, mentre negli altri casi è più importante la collaborazione con l'Europa.

In tale contesto, diventa sempre più attuale anche la domanda relativa a cosa succederà con l'UNPREDEP [il contingente ONU di stanza in Macedonia, del quale fanno parte i 350 soldati americani di cui sopra - N.d.T.]. Anche il prsidente Gligorov ha messo il punto di domanda sul futuro di tale missione, e in particolare in merito al dilemma se insieme al contingente di pace se ne andranno anche i soldati americani che, secondo la sua valutazione, hanno avuto un'influenza positiva sugli sviluppi nella regione, soprattutto per quanto riguarda la Macedonia. Secondo il portavoce dell'UNPREDEP, Mark McWoy, per ora nulla lascia pensare che il mandato della missione verrà cambiato, né che sia allo studio la sua cessazione fra pochi mesi, in febbraio, quando verrà pronunciato il prossimo rapporto del segretario generale dell'ONU. Il fatto che arrivino le forze della NATO non significa automaticamente che il contingente di pace se ne andrà, ha affermato, poiché l'UNPREDEP ha un mandato specifico e diverso da quello delle forze di pronto intervento che, tra l'altro, riguardano il Kosovo e non si occupano in nessun modo del territorio della Macedonia. La NATO, secondo McWoy, non può assumersi i compiti delle forze di pace, tra i quali vi sono l'osservazione del confine con la Jugoslavia (la cui linea non è ancora stata definitivamente concordata tra i due paesi) e con l'Albania ; essa non ha inoltre il compito di impedire l'allargarsi del conflitto e di fornire informazioni sul contrabbando di armi e gli spostamenti di profughi, ma si limiterà unicamente a sfuttare la Macedonia come base per eventuali azioni riguardanti il Kosovo. Il fatto che già da due mesi il contingente sia privo di un responsabile e che dopo la partenza del precedente comandante, Henrik Sokalski, non si sa ancora chi ne sarà il futuro capo, non ha secondo McWoy nulla a che vedere con una possibile partenza dei caschi blu dalla Macedonia. Secondo il portavoce (e ciò viene confermato anche da fonti a New York), la procedura per la nomina del successore di Sokalski è in corso e i candidati in lizza sono due; il ritardo nella scelta sarebbe dovuto al fatto che Kofi Annan vuole scegliere l'uomo giusto per questa funzione, che dopo gli eventi in Kosovo ha assunto un'importanza particoalre. In particolare, secondo fonti dell'ONU, il nome del nuovo capo della missione verrà probabilmente reso noto tra breve, subito dopo la formazione del nuovo governo di Skopje.

Non si può tuttavia sfuggire all'impressione che con la presenza delle forze NATO il ruolo dell'UNPREDEP, come minimo e almeno da un punto di vista psicologico, si sia decisamente relativizzato, nonostante la presenza delle forze di pace abbia contribuito positivamente fin dal primo giorno al clima in Macedonia e nelle aree circostanti. Quale sarà la posizione del nuovo governo rispetto all'ulteriore permanenza dei caschi blu, e con essi anche dei soldati americani, non è una questione irrilevante e spiega probabilmente il ritardo nella nomina del responsabile della missione da parte dell'ONU, che sarebbe dovuto all'intenzione di New York di tastare bene il terreno prima di prendere una decisione importante. Ciò che è noto è che la coalizione vincente fino a oggi non ha preso alcun contatto formale con la missione e quindi la sua posizione attuale in merito all'opportunità della presenza del contingente nel paese non è nota all'UNPREDEP. Molto presto, tuttavia, si avrà una risposta anche a questo dilemma e da essa dipenderà se la Macedonia rinuncerà all'ombrello ONU, che ha funzionato con successo per quasi sei anni, rivolgendo tutte le proprie ambizioni verso l'alleanza, con tutti i vantaggi e i rischi che derivano da una tale decisione.

(da "Nova Makedonija", 24 novembre 1998 - traduzione dal macedone di A. Ferrario)