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NOTIZIE EST #122 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
10 dicembre 1998


KOSOVO: IN ATTESA DELLA PRIMAVERA
a cura di Andrea Ferrario

[La situazione in Kosovo è caratterizzata negli ultimi giorni da una pesante situazione di stallo, con le trattative che sembrano arrivate a un punto morto, mentre continuano azioni anche sanguinose da entrambe le parti e si fanno sempre più insistenti le voci secondo cui bisogna attendersi per la prossima primavera il riaprirsi di un nuovo, e forse ancora più intenso, conflitto. Riportiamo qui sotto una breve rassegna di materiali sulla situazione - a.f.]

Il quotidiano "Dnevni Telegraf" dell'8 dicembre scrive in merito al rifiuto da parte delle forze albanesi della nuova versione delle proposte di accordo presentate da Hill. A tale proposito il giornale di Belgrado cita quanto riferito da Momcilo Trajkovic, presidente del Movimento di Resistenza Serbo [un'organizzazione ultranazionalista di serbi del Kosovo che è in coalizione con il movimento "democratico" fondato dal miliardario americano serbo-americano Milan Panic, a sua volta legato al Partito Democratico americano e alla Casa Bianca - N.d.T.], il quale sarebbe venuto a conoscenza del piano attraverso l'ambasciata francese a Skopje. Secondo Trajkovic, il nuovo piano fa propria la richiesta di Milutinovic di limitare i poteri del Tribunale Supremo del Kosovo (del quale nella prima versione del piano era prevista la totale autonomia da Belgrado), che verrebbe ora sottoposto al diritto di veto da parte della Corte Suprema serba. Il movimento di Trajkovic, che è all'opposizione rispetto a Milosevic, ha appoggiato senza riserve le proposte di accordo presentate negli scorsi giorni dal presidente serbo Milutinovic.

Le reazioni al nuovo piano di Hill da parte dei politici albanesi sono state molto nette. Il mediatore Agani, braccio destro di Rugova, ha detto: "Avevamo delle riserve anche riguardo alla precedente versione, ma questa è assolutamente inaccettabile. E' evidente che Hill propone una versione dopo avere parlato con noi e, poco dopo, una completamente diversa dopo avere parlato con Milutinovic", riferisce "Dnevni Telegraf" sempre l'8 dicembre, riportando anche la posizione, particolarmente dura, del portavoce dell'UCK Adem Demaqi: "Bisogna completamente rivedere il ruolo di Hill e di Holbrooke, perché si tratta di due persone che non conoscono a sufficienza il problema e la storia del Kosovo" e "il nuovo piano rappresenta una grande concessione al regime serbo". Anche il Movimento Democratico Unito, che raccoglie le forze politiche albanesi che si oppongono a Rugova, ha respinto la nuova proposta definendola "un grande passo indietro".

A Washington si sono riuniti d'urgenza il 7 dicembre Clinton, Hill, Steinberg (del Consiglio di sicurezza nazionale) e il segretario di stato Albright per consultarsi in merito alla situazione. Al Dipartimento di Stato, senza nessuna spiegazione, è stata cancellata all'ultimo momento la conferenza stampa di Hill sulla situazione in Kosovo, come riporta sempre il "Dnevni Telegraf". Lo stesso giorno Madeleine Albright ha ribadito che "il cuore del problema del Kosovo è costituito dal fatto che non esiste in Jugoslavia una dirigenza democratica e responsabile", dichiarando di sperare che vengano appoggiate attivamente "le aspirazioni democratiche del popolo serbo", confermando, anche se indirettamente, che per gli USA ogni soluzione deve comunque passare per la Serbia. Albright si è detta inoltre preoccupata anche per le provocazioni dell'UCK, precisando tuttavia che "il maggiore fattore di crisi in Kosovo sono le repressioni di Belgrado". Più schierati gli europei: il Consiglio dei Ministri della UE ha infatti emesso un comunicato nel quale si dice preoccupato per la recente ripresa degli scontri armati in Kosovo; tale ripresa è dovuta, si scrive nel comunicato, "al rafforzamento delle attività delle unità dell'UCK, che hanno portato a una maggiore presenza di forze di sicurezza serbe nella regione". Il Consiglio ha invitato la Commissione europea e gli organi competenti ad adottare misure per vietare la raccolta di fondi destinati a finanziare le forze armate albanesi.

Il 9 dicembre il "Dnevni Telegraf" ha riportato alcuni importanti particolari sulla nuova proposta (non resa pubblica) di Hill, paritcolari da prendersi con la dovuta cautela poiché ottenuti da non meglio precisate "varie fonti bene informate", e tuttavia in parte confermati da quanto riferito da Trajkovic (vedi sopra): "Nella nuova variante del piano Hill, il Kosovo, con qualche piccola modifica, conserverebbe lo status di provincia autonoma. Il piano che l'ambasciatore americano ha messo a punto dopo essersi incontrato con Milan Milutinovic, il presidente serbo, prevede che il Kosovo rimanga all'interno della federazione jugoslava, nonché all'interno della Serbia e del suo sistema giuridico. L'ultimo piano di Hill, secondo le nostre fonti, prevede la possibilità che il Kosovo formi un suo governo. Da tale governo è tuttavia stata cancellata la funzione di presidente, prevista dalla precedente versione, e l'organo politico supremo del Kosovo diventerebbe una presidenza collegiale nella quale sarebbero rappresentate tutte le comunità nazionali del Kosovo, ciascuna con diritto di veto. Inoltre, secondo la nuova versione il Kosovo avrebbe diritto a una costituzione, ma allo stesso tempo verrebbero diminuiti i poteri decisionali del parlamento kosovaro, che non avrebbe funzione legislatrice, vale a dire che in Kosovo varrebbero le leggi della Serbia. Lo stesso modello è stato applicato al sistema giuridico dove, secondo il nuovo piano di Hill, tutte le decisioni dei tribunali locali del Kosovo dovrebbero essere approvate dal Tribunale supremo della Serbia. Secondo il piano, inoltre, i serbi conserverebbero il controllo dell'attuale sistema scolastico, di quello dell'informazione e di quello sanitario, mentre il potere kosovaro locale potrebbe formare solo delle sottosezioni, che sarebbero comunque sotto il controllo serbo".

L'ufficio di Pristina dell'agenzia di stampa balcanica AIM ha pubblicato negli ultimi giorni due commenti del giornalista Fehim Rexhepi. Nel primo, pubblicato il 29 novembre con il titolo "Il Kosovo in attesa della primavera", Rexhepi scrive: "Militari, diplomatici, politici... tutti si preparano alla primavera che verrà in Kosovo. I militari si preparano a fare la guerra, i diplomatici a fermare la guerra e i politici sia all'uno che all'altro, tenendo sempre presente anche il proprio destino". Il giornalista ritiene che le divisioni interne alla parte albanese siano uno dei fattori che hanno portato all'attuale situazione di stallo e continua: "Quasi tutti gli attori sulla scena del Kosovo considerano la primavera come una specie di Rubicone che deciderà se in Kosovo ci sarà la pace o la guerra" e intanto il tempo passa senza che alcun passo avanti importante venga fatto. "A differenza degli albanesi, che attualmente sono divisi grosso modo in due raggruppamenti politici, Belgrado agisce in maniera decisamente unitaria", sia a livello di federazione che a livello della repubblica serba. Il suo problema è quello di mostrarsi accondiscendente di fronte alle richieste internazionali, ma allo stesso tempo rimanere sulla posizione per cui i "problemi del Kosovo si possono risolvere esclusivamente all'interno del sistema giuridico serbo", continua Rexhepi. Tuttavia, secondo il giornalista, le sceneggiate come quelle del presidente serbo Milutinovic, che a Pristina ha siglato alcuni giorni fa un accordo con le "minoranze del Kosovo" (vale a dire con forze che rappresentano solo una parte limitata delle minoranze serba, turca, rom, valacca ecc., che già raccolgono solo il 10% della popolazione dell'area) sono una dimostrazione "dell'incapacità di offrire un contributo serio agli sforzi per trovare una soluzione con mezzi diplomatici", aggiungendo che "la Serbia è militarmente forte, ma è lontana dal potere offrire una pace durevole e stabile".

Il 9 dicembre, in un altro articolo, intitolato "Il rifiuto del piano Hill in attesa della primavera", Rexhepi scrive ancora: "Negli attuali accordi interpersonali tra i rappresentanti delle grandi potenze e i loro contatti a Belgrado riguardo alla questione del Kosovo, i rappresentanti degli albanesi sono stati nella maggior parte dei casi emarginati. Vengono relegati in questa posizione anche quando si tratta di giungere ad accordi per la soluzione di problemi sul terreno o relativi a questioni essenziali per la cui soluzione, come è evidente, gli albanesi rappresentano un fattore indispensabile. Per fare degli esempi, sono stati ignorati negli accordi relativi a questioni pratiche come il cessate il fuoco, gli osservatori esteri, o verificatori, nonché l'individuazione delle mdoalità che dovranno regolare il periodo temporaneo di tre anni o di cinque anni". Tale rifiuto, secondo Rexhepi, è "il primo serio scontro pubblico tra le grandi potenze e la parte albanese nell'ambito della crisi del Kosovo. Come è noto la composizione del gruppo [dei mediatori] albanesi è stata presentata da Rugova in grande pompa, in presenza dei diplomatici stranieri, nello stesso giorno di agosto e solo poche ore dopo che l'UCK aveva nominato Demaqi proprio rappresentante politico. Per questo il rifiuto della proposta Hill da parte del gruppo dei mediatori, dietro al quale vi è Rugova e che in buona misura si è in passato adeguato alle richieste e alle raccomandazioni delle grandi potenze, rappresenta in un certo senso una sorpresa. In precedenza era possibile attendersi una posizione così aperta solo dal blocco politico rivale, che si presenta, o viene ritenuto, come vicino all'UCK. [...] Il nuovo piano americano è stato respinto quasi all'unanimità da tutte le forze politiche albanesi, una cosa che fino a poco tempo fa era impensabile". Rexhepi si domanda quindi se "non è forse all'orizzonte l'unione di tutte le forze politiche albanesi intorno a un programma minimo per gli interessi albanesi e del Kosovo". Il giornalista fa notare come per la prima volta Agani e Demaqi si siano incontrati per valutare insieme la nuova proposta statunitense e che il loro rifiuto è stato questa volta altrettanto netto ed entrambi hanno concordato sul fatto, come scrive Rexhepi, che "rifiutando questa proposta, il gruppo dei mediatori ha allo stesso tempo respinto il tentativo di una legalizzazione internazionale dell'occupazione serba del Kosovo". Rexhepi prosegue scrivendo che "si ha l'impressione che con l'avvicinarsi della primavera vi sia sempre più panico" e che "dopo che sono passate senza frutti le scadenze di novembre per trovare un accordo tra serbi e albanesi, rimandate successivamente a dicembre, oggi si è ormai passati a parlare di gennaio o addirittura di inizio febbraio [...]. Che sia un caso o meno, con il rimandare tali scadenze è stato rimandato anche l'inizio formale del funzionamento della missione dei verificatori OSCE. E' passato prima novembre, poi dicembre e ora si prevede che essa diventerà operativa, ma assolutamente senza certezze, nella prima metà di gennaio. [...] I capi della missione non nascondono che la loro prima preoccupazione è la sicurezza dei verificatori disarmati. A quanto è noto, fino a oggi essi non hanno ancora avuto dei seri problemi di sicurezza, ma ciò non vuol dire che non li avranno se gli eventi in Kosovo subiranno un'accelerata". Gli scontri a fuoco, gli agguati, gli arresti in massa di questi giorni, sono una prova del fatto "che la guerra sta continuando, anche in condizioni di tregua formale". Un fatto che si può vedere a occhio nudo: "movimenti di truppe, conquista di posizioni per la guerra, rifornimenti di armi, scavi di trincee e, nonostante la situazione critica dal punto di vista umanitario, un rigoroso controllo delle strade, un movimento delle persone e delle merci fortemente limitato, numerosi arresti e maltrattamenti di albanesi e condanne anch'esse numerose. Gli uomini di nazionalità albanese non utilizzano praticamente mai i trasporti interurbani. Si spostano lungo le vie di comunicazione locali, per sfuggire al rischio di essere arrestati o uccisi come appartenenti all'UCK". Dall'inizio di quest'anno, solo nel distretto di Pec, al confine con il Montenegro, sono 800 gli albanesi arrestati con accuse di terrorismo, scrive Rexhepi.

Dall'altra parte della barricata, i media serbi hanno annunciato oggi la partenza di una marcia dei serbi di Orahovac e di altre città della regione che protestano contro la scomparsa di loro parenti e conoscenti. Secondo dati confermati dalle autorità ONU sono circa 300 le persone scomparse dal marzo scorso, delle quali 200 di nazionalità serba, per la maggior parte civili.

Dal Kosovo arriva anche una notizia che riguarda direttamente l'Italia, riportata da Radio B92 di oggi: "L'OSCE ha speso più di un milione di dollari per convertire l'hotel Narcis del Monte Brezovica, in Kosovo, in un centro di addestramento per i verificatori. Ma il team di militari italiani incaricato di dirigere l'addestramento aveva probabilmente in mente qualcosa di diverso dall'osservazione, quando ha portato un gruppo di prostitute da Belgrado per l'intrattenimento dei suoi soldati. Il "Times" di Londra scrive questa mattina che i funzionari OSCE di Vienna sono rimasti inorriditi quando sono venuti a sapere dei dieci giorni di baccanali che si sono svolti al Narcis e hanno ordinato alle donne di tornare a Belgrado". Di inchieste o punizione ai responsabili non si fa parola e fino a stasera non si hanno reazioni del Ministero della Difesa italiano.

(fonti: "Dnevni Telegraf", 8 e 9 dicembre 1998; AIM, 29 novembre e 9 dicembre 1998; Radio B92, 10 dicembre 1998 - traduzione dal serbo e dall'inglese di A. Ferrario)