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NOTIZIE EST #123 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
11 dicembre 1998

[Riportiamo qui sotto parte di un lungo articolo scritto da James R. Hooper per il Balkan Action Council e ripubblicato dal giornale "Illyria", organo della comunità albanese negli Stati Uniti, tradizionalmente legato al Partito Repubblicano americano. Al di là delle opinioni filoatlantiche che traspaiono in alcuni punti del testo, dalle quali dissentiamo totalmente, l'articolo dà un quadro molto efficace dell'atteggiamento degli Stati Uniti rispetto al conflitto in Kosovo. Dopo l'articolo riportiamo un paio di aggiornamenti recentissimi sul Kosovo, alcuni dei quali sembrerebbero confermare le ipotesi segnalate ieri riguardo al contenuto dell'ultima proposta di accordo avanzata da Hill - a.f.]


COSA SUCCEDERA' ORA IN KOSOVO?
di James R. Hooper

Il momento della verità si sta rapidamente avvicinando in Kosovo. Il ritmo delle attività degli Stati Uniti per mettere a punto un accordo politico tra gli albanesi del Kosovo e i serbi si sta facendo sempre più intenso. Nelle prossime settimane alcuni leader albanesi prenderanno delle decisioni fondamentali per il futuro del Kosovo, che incideranno sulla stabilità regionale dei Balcani e sul proseguimento del coinvolgimento della NATO in Kosovo e in Serbia.

E' importante comprendere l'accordo che si sta delineando e il processo che ha portato al suo prendere forma. La mediazione americana è il prodotto di due presupposti chiave che, giusti o errati, sono condivisi dalla maggior parte dei governi NATO. In primo luogo, Washington ritiene la Serbia lo stato più potente dei Balcani e tratta Milosevic come un partner "ripugnante, ma indispensabile" per la sicurezza, la cui collaborazione in Bosnia è ancora essenziale. In secondo luogo, Washington è convinta che il prerequisito per una soluzione politica in Kosova sia stato e rimanga la sconfitta dell'UCK da parte dei serbi. La comunità internazionale ha deciso di vedere nell'UCK, e non nella Serbia, la forza principale di destabilizzazione della regione. Ciò ha incoraggiato Milosevic a ignorare le ripetute minacce degli USA e della NATO durante gli otto mesi di conflitto brutale. La sua guerra contro il popolo albanese del Kosovo non ha fino a ora ancora provocato una reazione militare della NATO.

E' utile tenere presente che Milosevic rispetta il potere militare della NATO, ma non si preoccupa più di tanto della determinazione politica di Washington e dell'alleanza. Egli ha portato a termine un buon affare con i mediatori americani, perché ha ricevuto da loro importanti concessioni che gli consentono di mantenere il controllo del Kosovo. In particolare, nonostante la richiesta alla Serbia, formulata nella Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, di ritirare tutte le forze coinvolte nella repressione di civili nel Kosovo, Milosevic ha ottenuto l'approvazione per mantenere sul posto all'incirca 20.000 effettivi di tali forze speciali. I mediatori americani hanno anche sorvolato sulle responsabilità di Milosevic per crimini di guerra, nascondendosi dietro alla cortina di fumo della prevista "collaborazione" con le indagini del Tribunale contro i crimini di guerra delle Nazioni Unite. Come era facile prevedere, in nessuno dei due casi Milosevic ha rispettato i propri impegni, un atteggiamento che, secondo le minacce rivoltegli, avrebbe dovuto portare a un intervento NATO.

Tutto, ma proprio tutto, quello che è avvenuto a partire dal 28 febbraio di quest'anno, quando i combattimenti sono iniziati, è stato una prova della indisponibilità di Washington a mettere in atto la "messa in guardia del Natale 1992", che ha aiutato a mantenere la pace in Kosovo per oltre cinque anni. Spogliato di tutti gli orpelli delle pubbliche relazioni, è questo l'asse portante delle trattative politiche in corso.

Gli Stati Uniti hanno mediato tra Belgrado e Pristina per mettere a punto una bozza di accordo temporaneo di tre anni per il Kosovo che, a quanto si dichiara, è mirata a porre le fondamenta per i negoziati relativi allo status finale. La bozza di accordo che si sta delineando, tuttavia, riflette la propensione degli Stati Uniti, quando trattano con Milosevic, a fare pressione sulla parte più debole, trattando invece con i guanti di velluto quella più forte, premiando in tal modo i comportamenti più negativi. Washington ha continuamente promosso la bozza di statunitense della "autonomia aumentata", che a quanto si dichiara dovrebbe rappresentare una soluzione migliore dello status di autonomia di cui gli albanesi del Kosovo hanno goduto dal 1974 al 1989 in virtù della costituzione del 1974. Ma le cose non stanno affatto così.

Accettando la richiesta da parte di Milosevic di un potere di veto di Belgrado su ogni modifica dell'accordo dopo il periodo "temporaneo" di tre anni, i diplomatici statunitensi hanno nei fatti offerto a Pristina uno status definitivo sotto mentite spoglie. L'accordo garantirebbe alla esigua minoranza serba in Kosovo una diritto di veto sulla legislazione, che porterebbe sicuramente a una situazione di blocco del parlamento del Kosovo. I serbi avrebbero un diritto di veto anche sull'operato del Ministero dell'Interno del Kosovo e sull'apparato di polizia. E' questo il motivo per cui i mediatori stanno concentrando i loro sforzi sulle questioni municipali, cercando di convincere gli albanesi del Kosovo che potranno ricuperare attraverso i governi locali il potere al quale rinunceranno a livello della provincia.

I mediatori stanno anche attivamente aumentando le aspettative in merito a quello che sarà il ruolo della comunità internazionale nell'implementazione e nella verifica dei termini di qualsiasi accordo. Il capo della Missione di verifica nel Kosovo (KVM), William Walker, un diplomatico abile ed esperto, avrà poteri di gran lunga più limitati di quelli conferiti all'Alto Rappresentante per la Bosnia. L'Ombudsman e le altre funzioni che la bozza di accordo prevede verranno ricoperte da personale internazionale, sembrano rivestire una grande importanza agli occhi di coloro che leggono distrattamente il testo della bozza, ma mancano in realtà del potere per fare rispettare le proprie decisioni da parte dei serbi. Il loro ruolo è poco diverso da quello di pizzi per le finestre, messi lì per dare false garanzie agli albanesi del Kosovo che un efficace appoggio internazionale avrà la meglio su quella che sarà la facilmente prevedibile inadempienza da parte delle autorità serbe. Un accordo temporaneo durevole che non sia lontano da un'indipendenza del Kosovo è invece sia possibile che essenziale per la stabilità della regione. [...]


AGGIORNAMENTI IN BREVE SU HILL E RUGOVA

Dopo essersi incontrato ancora una volta per due ore con il presidente serbo Milutinovic, il mediatore americano Hill è partito per Parigi, dove informerà il Gruppo di Contatto in merito agli ultimi sviluppi in Kosovo. Radio B92 di Belgrado, nel suo notiziario di ieri sera, ha confermato nella sostanza la descrizione del contenuto della nuova proposta di Hill data ieri mattina dal quotidiano "Dnevni Telegraf": "La nuova versione propone che la missione di verifica OSCE si assuma il ruolo di arbitro nelle eventuali dispute tra serbi e albanesi. Un rappresentante dell'OSCE dovrebbe presiedere un comitato comprendente rappresentanti delle istituzioni politiche di Jugoslavia, Serbia, Kosovo, nonché di tutte le comunità etniche del Kosovo e della comunità internazionale. La nuova bozza di Hill lascia inoltre le questioni relative all'educazione, alla salute e alle politiche sociali nelle mani della Serbia. L'autogoverno a livello locale verrebbe messo in atto da parte di entità amministrative, che risponderebbero direttamente di fronte al presidente della Serbia. La bozza inoltre non contiene proposte relative alla creazione di un governo del Kosovo, ma prevede per i kosovari una rappresentazione diretta sia nel governo serbo che nel governo della Jugoslavia". Radio B92 scrive anche di come Albright se la sia presa con Rugova per il mancato raggiungimento di un accordo: "Il segretario di stato statunitense Albright ha oggi esercitato pressione sul leader degli albanesi del Kosovo Ibrahim Rugova affinché riconsideri il proprio rifiuto della proposta di Hill [in realtà Rugova non si è pronunciato direttamente in merito e ha lasciato che a esprimersi fosse il suo collaboratore Agani - a.f.]. Un alto funzionario degli USA ha dichiarato ai media oggi che Albright ha fatto giungere un messaggio molto semplice a Rugova quando lo ha incontrato a Parigi questa mattina [il 10 dicembre - a.f.], dicendogli che ormai il tempo sta scadendo e che gli albanesi devono unirsi dietro alla proposta degli Stati Uniti. Il segretario di stato ha anche ricordato a Rugova che gli Stati Uniti lo hanno appoggiato contro il presidente jugoslavo Milosevic e di essere delusa del rifiuto del piano di Hill. Secondo la fonte americana, Rugova si è mostrato più che ansioso di soddisfare Albright e ha accettato di rendere una dichiarazione a favore dei negoziati di Hill oggi o domani".

(fonti: "Illyria", 9 dicembre 1998; "Radio B92", 10 dicembre 1998 - selezione e traduzione dall'inglese di A. Ferrario)