LETTERA
AL MINISTRO DELL'ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA
DEI DOCENTI DEL LICEO SCIENTIFICO "A. VALLISNERI" DI
LUCCA
Ci auguriamo che l'invito al confronto da Lei recentemente rivolto agli insegnanti italiani sia serio e sincero. E naturalmente ci attendiamo conferme della Sua buona fede più sul piano dei fatti e delle scelte politiche, che su quello delle parole. Intanto, come contributo a quel confronto, vorremmo proporLe alcune convinzioni, alcuni punti di principio che ci sembra di non poter eludere né appannare, a meno di non venir meno al nostro impegno stesso di insegnanti.
1. Il primo terreno su
cui ci rassicurerebbe una sintonia con il Ministero dell'Istruzione
riguarda la funzione da attribuire alla scuola nella società
della comunicazione.
Noi continuiamo a pensare che la scuola non sia una agenzia formativa
tra le altre, ma svolga una funzione che nessun'altra istituzione
o mezzo di informazione può assolvere. Solo nella scuola
i giovani trovano la possibilità di confrontarsi con i
fondamenti istituzionali dei vari saperi: il che sostanzialmente
significa acquisire strumenti (logici, psicologici, etici, storici)
che permettano di fare ordine nella stessa congerie di sollecitazioni
ed informazioni del mondo presente, che di per sé è
disordinata, disgregata e potenzialmente disgregante. In ciò
sta essenzialmente il valore formativo della scuola. E anche il
suo valore democratico; la sua funzione di preparazione alla vita
e alla cittadinanza.
La scuola dunque - per definizione, potremmo dire - non può
appiattirsi sulle priorità e le contingenze del quotidiano,
oltretutto rapidamente obsolete, ma deve offrire orizzonti personali
più ampi del quotidiano. Non si insegna la matematica solo
perché domani uno possa fare il calcolo degli interessi
d'un mutuo. Da queste convinzioni di principio scaturiscono alcuni
corollari che hanno una loro particolare attualità:
- non sembrano accettabili scelte di riforma del sistema scolastico
che si ispirino alla infelice parola d'ordine delle tre "I"
(Inglese, Informatica, Impresa), di cui a suo tempo si è
teorizzato nella Sua stessa parte politica e che è negatrice
di ogni valore formativo della scuola stessa;
- va respinta ogni ipotesi di riforma che reintroduca la canalizzazione
precoce di una parte dei ragazzi verso l'avviamento professionale
(comunque si voglia chiamarlo): si tratterebbe, in realtà,
di un vero e proprio arretramento in democrazia e in civiltà,
che condannerebbe larghe fasce di giovani a rischi di analfabetismo
culturale e sociale;
- bisognerà difendere appassionatamente- ove necessario
- la libertà e la laicità della scuola, di cui è
condizione la sua autonomia (pur nella necessaria interazione
dialettica) rispetto al variegato sistema delle istituzioni e
dei poteri (dalla azienda alla chiesa alla famiglia stessa).
2. Una seconda questione
di principio riguarda le responsabilità dello Stato nel
garantire la massima generalizzazione e la massima qualità
dell'istituzione scuola. Uno Stato democratico ha un interesse
prioritario a che l'educazione delle giovani generazioni si configuri
come educazione al confronto e all'esercizio critico: come educazione
alla libertà. Solo la scuola pubblica è oggi, nella
concreta realtà del nostro paese, in grado di offrire agli
studenti un ambiente libero, dove si confrontino idee, stili di
vita, esperienze diverse e dove si rispetti il loro diritto alla
ricerca e alla scelta.. Basta del resto considerare le alternative
che in Italia si sono storicamente determinate alla scuola pubblica:
da una parte una scuola confessionale che, proprio per definizione,
ci risulta difficile considerare un luogo di libera crescita e
libera ricerca, dall'altra parte un sistema di istituti cresciuto
sull'offerta di diplomi a pagamento, privo spesso - con eccezioni
assolutamente ininfluenti in termini quantitativi - delle condizioni
minime per poter parlare di processi educativi. Se dunque deve
essere riconosciuto alle famiglie il diritto di avvalersi di percorsi
educativi alternativi alla scuola pubblica, non si può
tacere che queste scelte si configurano come una riduzione di
opportunità per i ragazzi, e dunque non possono essere
viste con compiacimento né tantomeno incentivate da parte
dello Stato democratico. E' questo, del resto, lo spirito che
informa il dettato costituzionale, che per noi continua a costituire
un punto di riferimento non contrattabile.
Rispetto a queste nostre convinzioni risulterebbe naturalmente
contraddittorio ogni provvedimento che mirasse a far gravare sui
bilanci statali i costi dell'istruzione privata e che favorisse
il dirottamento di studenti dalla scuola pubblica alla scuola
privata. Ma non meno discutibili sono alcune scelte recentemente
da Lei assunte - dalla riduzione degli esami di Stato a procedure
del tutto interne ai Consigli di classe ai provvedimenti che autorizzano
l'assunzione di personale non abilitato nelle scuole paritarie
- che determinano l'allentamento di un indispensabile sistema
di controllo sugli standard formativi delle scuole private, traducendosi
in un'oggettiva lesione del diritto dei giovani al sapere.
3. Solo da parte di un
governo che faccia propri i principi di politica scolastica indicati
ai primi due punti ci si può realisticamente attendere
che faccia le scelte utili ad un riscatto - non solo economico
- della funzione docente. Oggi si fa un gran parlare di professionalità
dei docenti, ma una loro effettiva valorizzazione professionale
non può affermarsi se non all'interno di una cultura della
ricerca, di una pratica dell'autonomia che si traduca in progettualità.
La sola via per coniugare l'esigenza irrinunciabile d'una scuola
per tutti con quella d'una scuola di qualità è quella
d'una forte progettualità interna alla scuola, che garantisca
la ricchezza delle opportunità, riequilibri le condizioni
di svantaggio, sostenga gli studenti nell'affrontare le difficoltà,
interagisca con la realtà sociale del territorio. Ci si
allontana da questa direzione se si accetta
- che il lavoro dei docenti venga identificato esclusivamente
con la lezione frontale;
- che per ridefinire gli organici delle scuole si assuma come
criterio quasi esclusivo l'orario settimanale di lezione dei docenti;
- che, per rispondere a necessità di risparmio economico,
si lascino cadere, considerandole uno spreco, le ipotesi di organico
funzionale che sono state largamente sperimentate negli ultimi
anni e che sono indispensabili alla ricerca/progettazione dei
docenti.
Quanto al riconoscimento economico del lavoro docente e della
sua natura specifica, ci pare francamente inaccettabile che esso
venga subordinato ai risparmi di gestione e al possibile taglio
degli organici. Pur non escludendo che si possano fare economie
a certi livelli, il diritto dei docenti italiani a stipendi di
livello europeo non può essere subordinato ad altro se
non al riconoscimento che essi hanno responsabilità, titoli,
funzioni che non si differenziano da quelli di altri sistemi scolastici.
In passato un trattamento economico penalizzante è stato
giustificato con certi "privilegi", frutto di connivenze
della stessa amministrazione (si pensi alle baby-pensioni), che
ad oggi sono stati superati. Siamo comunque disponibili a discutere
e a trattare su qualunque istituto che, alla luce di modelli professionali
dell'Europa, possa, più o meno pretestuosamente, essere
presentato come privilegio ingiustificato. Siamo perfino pronti
a farci carico di un rapporto insegnanti/alunni in Italia più
alto che altrove (per motivi, peraltro, in buona parte legati
a peculiarità storiche, sociali, geografiche e culturali
del nostro paese). Ma è comunque ormai maturo il tempo
che venga drasticamente ridotta una sperequazione che, specialmente
in questa fase di unificazione economica e monetaria dell'Europa,
è fonte di scandalo, oltre che di frustrazione e, a lungo
andare, di demotivazione per tutta la nostra categoria.
Queste sono dunque le indicazioni di principio cui ci sentiamo legati. In esse sta una buona parte dei fondamenti etici del nostro stesso essere insegnanti. Attenerci ad esse ci sembra irrinunciabile, in nome del rispetto che dobbiamo a noi stessi, ai nostri studenti, al nostro paese.
QUESTO DOCUMENTO È
STATO SOTTOSCRITTO
DA UNA LARGA MAGGIORANZA DI DOCENTI DEL LICEO SCIENTIFICO "VALLISNERI"
DI LUCCA
Lucca, novembre 2001