Documento di minoranza presentato da "Lavoro/società - area programmatica della CGIL" al comitato direttivo nazionale della CGIL Scuola
Con la sigla dell'accordo per il comparto scuola si avvia a conclusione una lunga stagione contrattuale caratterizzata da non pochi travagli. Ai guasti prodotti dalle politiche contrattuali ispirate dagli accordi del 23 luglio 93, si è aggiunto il fallimento delle misure previste dall'ultimo CCNL, prima fra tutte l'art.29, fallimento ben evidenziato dal movimento di opposizione a quel passaggio contrattuale, che ha determinato la grande mobilitazione del 17 febbraio dello scorso anno.
E' merito di quel movimento il cambiamento di fase che ha determinato l'avvio di una stagione di lotte che si è sviluppata, sostanzialmente senza soluzione di continuità, fino allo scorso autunno e che ha registrato straordinari livelli di partecipazione, mettendo all'ordine del giorno la questione retributiva.
Così, mentre è ormai alle porte la scadenza del quadriennio contrattuale, sulla scadenza naturale del secondo biennio sono confluite nuove esigenze e nuovi contenuti vertenziali, dando a questa vertenza un significato inedito.
Il rinnovo del biennio si viene a configurare, di conseguenza, con tutta la corposità e la complessità di un nuovo contratto di lavoro che arriva ad investire le progressioni di anzianità dei docenti, le dimensioni del fondo di istituto, le collocazioni professionali del personale ATA.
Tutto questo avrebbe richiesto l'elaborazione di una vera a propria piattaforma da sottoporre ad una discussione diffusa dentro la categoria. Ciò non è avvenuto, anzi, alcune soluzioni rischiano di precostituire gli esiti del prossimo rinnovo contrattuale senza che se ne sia avuta una adeguata riflessione neppure negli organismi dirigenti.
D'altra parte, il quadro determinato dal movimento di lotta e le conseguenti aspettative della categoria costituiscono il riferimento per la valutazione di questo accordo. Da questo punto di vista l'accordo sottoscritto enfatizza l'insufficienza dei risultati conseguiti con l'intesa del 15 dicembre e ne peggiora gli esiti.
La volontà, tutta ideologica, di segnare un punto a favore di una differenziazione fine a se stessa, ha condizionato la definizione dell'atto di indirizzo e di conseguenza ha portato ad attribuire al fondo di istituto 300 dei 1260 miliardi dell'ex art.29, sottraendoli al volume retributivo atteso in categoria. Questa scelta, insieme con le modalità di attribuzione degli incrementi retributivi, porta ad attribuire ai docenti un incremento lordo mensile medio di 260.000 lire e non consente di raggiungere l'obiettivo delle trecentomila lire medie per gli insegnanti lasciato intravedere al momento della firma dell'intesa.
Se da un lato con l'attribuzione di risorse aggiuntive al fondo di istituto si tenta di dare risposte sia alle esigenze che le scuole esprimono in tal senso, sia per consentire un più corretto margine di operatività alle Rsu, dall'altro la scelta di attribuire risorse in quantità tale da non poter neppure essere spese e prevedendone forti incrementi futuri, implica la scelta di fondo di non intervenire in modo strutturale sul lavoro, sulla sua quantità e sulla sua qualità, e di affidare non a questi elementi, ma alla istituzionalizzazione di una nuova carriera professionale il compito di un reinquadramento che innalzi i livelli retributivi, riproponendo di conseguenza meccanismi di valutazione della professionalità individuale.
Sul fronte degli ATA la situazione è decisamente peggiore. Per questo personale, infatti, se si escludono i direttori amministrativi, non si va oltre il recupero dell'inflazione programmata, nonostante l'aumento dei carichi di lavoro ricaduto su tutti, sia in termini di flessibilità che di maggiori responsabilità. La scelta di riversare tutte le risorse disponibili sul fondo di istituto, finalizzata sostanzialmente alle funzioni aggiuntive, prelude ad una stratificazione corporativa e ad un'ulteriore gerarchizzazione dell'organizzazione del lavoro. In altri termini invece di avviare una seria riflessione sulla crisi evidente di questo istituto contrattuale, si punta a farla diventare il trampolino di lancio di ipotetici profili "super".
L'inadeguatezza delle risorse complessive e le scelte politiche dell'accordo non consentono di rispondere in modo adeguato alle esigenze, alle aspettative e alle sofferenze dell'insieme della categoria. Si sta pagando anche il prezzo della mancanza di coraggio che non ha fatto porre, se non fuori tempo massimo, la questione, a noi nota da almeno due anni, dei maggiori costi imputati al contratto per oneri contributivi sul salario accessorio che non hanno alcuna giustificazione contabile.
Inoltre l'ipotesi di accordo in merito alla democrazia sindacale all'interno delle scuole rende inagibile il diritto di indire assemblee da parte di singoli rappresentanti eletti nella Rsu, configurando un gravissimo vulnus alla democrazia e al diritto dei lavoratori che hanno scelto un particolare delegato.
Nulla è previsto, infine, in merito alla consultazione della categoria. Ancora una volta viene negato l'esercizio di un diritto democratico fondamentale, incrinando il rapporto con le organizzazioni sindacali ritrovato negli scioperi e nella grande partecipazione alle elezioni delle RSU.
Per tutti questi motivi il C.D.N. della Cgil Scuola ritiene che non ci siano le condizioni per una firma definitiva dell'accordo che potrà essere apposta solo in presenza delle seguenti modifiche:
- attribuzione degli interi 1260 milardi alla RPD per garantire le 300.000 lire medie;
- i 60 miliardi di rivalutazione del salario accessorio per il personale ATA devono essere finalizzati al riconoscimento dell'aumentato carico del lavoro di tutti aumentando il CIA attualmente in godimento
- revisione del punto b comma 2 dell'art. 13 dell'ipotesi di accordo consentendo anche ai singoli componenti delle Rsu di indire assemblee in orario di servizio.