Avvenire - Martedi 31 Ottobre 2000

De Mauro smentisce l'allarme lanciato dalle organizzazioni dei docenti: nessuna crisi occupazionale. Ma confederali e autonomi rilanciano la denuncia. Sul piede di guerra anche le associazioni studentesche
Nuovo appello dal fronte degli istituti cattolici perché il provvedimento venga congelato e riaperto il confronto

Riforma dei cicli, è guerra sui posti
I sindacati: 50mila cattedre a rischio. Il ministro: è falso

di
Enrico Lenzi


Milano. Riesplode la battaglia sulla riforma dei nuovi cicli scolastici. Rimasta sotto traccia per alcuni mesi dopo l'approvazione in febbraio, è riemersa all'annuncio del ministro De Mauro che il provvedimento attuativo sarà discusso e varato dal consiglio dei ministri venerdì prossimo. E ad alimentare le polemiche è giunta l'anticipazione dei contenuti del provvedimento su un quotidiano di domenica.
«Un meccanismo approssimativo» denuncia l'Unicobas, che lancia l'allarme: «L'unica certezza è il taglio del 25% delle cattedre risultanti dalla somma delle elementari e delle medie». E i Cobas quantificano in 50mila le cattedre a rischio di questo accorpamento di elementari e medie nella nuova scuola di base e la riduzione di un anno del loro percorso. Ma il ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro non ci sta e controbatte l'allarmismo del fronte sindacale. «È assolutamente falso, è una notizia falsa e tendenziosa» commenta con i giornalisti a margine di una cerimonia al Campidoglio. «Non ha ragione di essere il timore, paventato da alcuni sindacati, di una drastica riduzione di personale docente conseguente all'attuazione della legge sul riordino dei cicli. La legge comporta, al contrario, una stabilizzazione del personale attualmente in servizio». E per rafforzare la rassicurazione ecco una nota ufficiale da viale Trastevere. «Nei prossimi anni l'attuazione della legge comporterà l'esigenza di coprire posti vacanti, ciò perché nell'arco della sua applicazione saranno collocati a riposo, per raggiunti limiti d'età, oltre 122mila docenti».
Ma al di là delle polemiche sulle cattedre a rischio, ci sono diversi aspetti che non piacciono al fronte sindacale. Nel mirino in particolare la scuola di base, che sostituirà quella dell'obbligo. «L'utilizzazione a tutto campo dei docenti, indifferentemente dalla loro specializzazione, professionalità e esperienza acquisita, significherà dilapidare un patrimonio enorme» denuncia il coordinatore nazionale della Gilda, Alessandro Ameli. Di scelta «sbagliata, offensiva, antidemocratica» parla la Cisl-scuola, che chiede a De Mauro una fase «di capillare discussione delle linee del progetto in tutte le scuole anche come momento di conoscenza che coinvolga personale e organi collegiali». Preoccupazione viene espressa anche dalla Cgil-scuola, il cui segretario nazionale Enrico Panini chiede un documento politico nel quale «siano esplicitati impegni, garanzie e nuove opportunità per il personale della scuola, a partire dalla difesa degli attuali posti in organico».
«Perfino nella fedelissima Cgil la base mogugna - commenta Francesco Nembrini, responsabile dell'ufficio scuola della Compagnia delle Opere -, ma il ministro De Mauro non demorde: è determinato a realizzare a tutti i costi quella riforma della scuola italiana che nessun altro vuole, ad eccezione del suo predecessore». Ma a De Mauro il rappresentante della Cdo chiede «un atto di saggezza: congeli la riforma, torni a convocare intorno a un tavolo i soggetti interessati. il disegno della scuola di tutti non può essere calato dall'alto, a dispetto di coloro che nella scuola vivono». Ma la preoccupazione di Nembrini esprime quella del mondo della scuola cattoliche, che proprio venerdì scorso a Roma aveva espresso dubbi sui tempi troppo stretti per l'applicazione di una riforma i cui contenuti sono ancora vaghi.
Già, perché, la polemica sui posti a rischio sembra ridurre soltanto ad una questione occupazionale questa riforma che al contrario è destinata a segnare la formazione delle future generazioni dei ragazzi italiani. E proprio alcune associazioni studentesche chiedono a gran voce di poter dire la loro sulla riforma. «Come funzioneranno le cosiddette passarelle, ovvero i curricula personalizzati per passare da un indirizzo all'altro» domandano i giovani dell'Unione degli studenti, mentre l'organizzazione Studenti.net confermano che da un loro sondaggio i giovani vogliono decidere sui nuovi contenuti.
La strada che separa il provvedimento dal suo passaggio a Palazzo Chigi appare tutt'altro che facile. E chissà se questi pochi giorni porteranno il ministro De Mauro ad apportare qualche modifica.

 


 

La scuola di base

Si chiama «scuola di base» ed è destinata a raccogliere l'eredità delle attuali elementari e medie inferiori. Durerà complessivamente 7 anni, cioè uno in meno dell'attuale percorso. Sarà un unico ciclo e questo significherà predisporre un cammino unitario che inizia ai 6 anni e termina ai 13. È un ciclo obbligatorio e, secondo alcune anticipazioni, dovrebbe avere una forte caratterizzazione prepedeutica nei primi due anni e orientativa negli ultimi due. Nel triennio centrale si punterà ad un intreccio didattico tra elementari e medie. Il monte ore annuale sarà di 1000 ore, cioè 30 ore settimanali. A queste si potranno aggiungere altre 10 ore settimanali decise dai singoli istituti per progetti specifici. Al termine del percorso ci sarà l'esame di Stato orientativo per l'ingresso nella secondaria.

 

Le materne

Rimaste fuori dall'obbligo scolastico, restano comunque un percorso formativo consigliato per i bambini dai 3 ai 6 anni. Ma già oggi il 94% dei bambini italiani frequenta la materna.

 

Maestri o professori?

È uno dei nodi più difficili da sciogliere. Se per le superiori non cambia nulla, la scuola di base prevede la creazione di una nuova figura docente. Ma come dare vita a questa figura amalgamando gli attuali maestri e i professori sembra impresa ardua.

 

Edifici

Anche le sedi dovranno adeguarsi al nuovo percorso formativo. Ma meno della metà delle attuali elementari è in grado di accogliere corsi di 7 anni. Stessa sorte per le medie, mentre le superiori non dovrebbero avere problemi logistici. Per la scuola di base prevedibile il ricorso ad un piano straordinario di interventi edilizi.

 

Programmi e materie

È uno dei punti fondamentali della riforma, anche se per il momento non si è ancora entrati nello specifico. La commissione infatti ha fornito al ministro soltanto delle linee guida, indicando quali aree devono essere presenti nella scuola del 2000. Ma soltanto dopo l'approvazione del provvedimento attuativo si potrà entrare anche nei contenuti che le materie dovranno affrontare. Un'altra novità è rappresentata dal fatto che il 75% dei programmi sarà definito dal ministero, mentre il restante 25% verrà definito dai singoli istituti.

 

Le nuove superiori

Avranno la stessa durata dell'attuale, ma i primi due anni saranno obbligatori per tutti. Quattro le aree previste: classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale. Ai 15 anni gli studenti dovranno scegliere se proseguire gli studi fino alla maturità, oppure accedere alla formazione professionale (fino ai 18 anni) o all'apprendistato nelle aziende (fino ai 18 anni).

 

 

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