Da una brutta intesa a un contratto peggiore
Analisi del rinnovo del biennio economico della scuola siglato il 15 febbraio 2001
Da Reds, febbraio 2001.

Il 14 febbraio è stato siglato tra sindacati confederali e Aran l'accordo sul rinnovo del biennio economico 2000-2001 del personale della scuola. Ora mancano solo il pronunciamento della Corte dei Conti e la ratifica definitiva, che si prevede entro la prima decade di marzo. Analizziamo sinteticamente i principali contenuti di questo accordo, la cui valutazione politica non si discosta da quella già data in occasione della stipula dell'intesa nel dicembre scorso (vedi Una brutta intesa). Questo perché il presente contratto non fa che confermare i timori e le ingiustizie che abbiamo già denunciato allora: la scarsa se non nulla attenzione prestata al settore ATA, il perseguimento di una logica differenziatrice contraria in questa fase alle aspettative della categoria, l'esiguità delle risorse complessive in relazione alle potenzialità di lotta espresse dai lavoratori. A ciò va aggiunto un netto peggioramento sul piano dei diritti e della democrazia sindacale, sia per quanto riguarda le novità introdotte sul piano normativo, che per la mancata consultazione della categoria in una vicenda che la vede e l'ha vista direttamente coinvolta e partecipe. E ciò nonostante le promesse dei mesi precedenti, segnatamente da parte della CGIL, che ancora una volta si distingue per doppiezza e disprezzo delle regole democratiche.
Il contratto siglato inoltre contiene aggiustamenti economici, nuove norme e discipline, ma è ancora privo della definizione di materie importantisime per i lavoratori, prima fra tutte quell'inquadramento che il personale ATA transitato dagli enti locali attende da più di un anno. In questa nota, delle materie trattate nei 19 articoli del contratto, ci soffermeremo sugli aumenti stipendiali di docenti e ATA (articoli 5, 6, 7, 10), sulle risorse destinate al fondo di istituto (articoli 14 e 15) e sui diritti e le garanzie sindacali (articoli 4 e 13).

Aumenti stipendiali di ATA e docenti

Il personale ATA, a fronte della riduzione dei contingenti previsti ed effettuati su disposizione delle finanziarie precedenti e degli aumenti considerevoli dei carichi di lavoro connessi con l'attuazione dell'autonomia, non ha visto nessun riconoscimento economico adeguato. Mediamente l'intero personale ATA percepisce un aumento di 73.000 £ lorde mensili tabellari, come recupero dell'inflazione secondo gli accordi di luglio '93. In altre parole nessun reale aumento, nonostante la partecipazione agli scioperi generali della categoria e l'attivazione in diverse zone di autonome iniziative di lotta. Per i 95.000 ATA transitati dagli enti locali allo stato questi scarsi aumenti sono ancor più esigui: in mancanza di regolare inquadramento per ora riceveranno il minimo tabellare, in attesa di una futura rideterminazione degli incrementi stipendiali. In pratica, un collaboratore scolastico passato dal comune o dalla provincia allo stato, che abbia un'anzianità di 10 o di 20 o di 30 anni, percepirà un aumento tabellare mensile di 62.000 £ lorde, pari a circa 43.000 £ nette.
Anche per questo settore il contratto prevede l'incentivazione di forme di differenziazione. Vengono infatti stanziati 85 miliardi per finanziare nuove "figure aggiuntive" (personale cioè che svolge funzioni particolari e/o di coordinamento, in altre parole "capetti") in modo da assicurare a tutte le scuole "gli stessi livelli quantitativi" e "riequilibrare la distribuzione" di queste figure "con particolare riferimento alle esigenze delle scuole materne ed elementari".

"L'aumento retributivo medio per gli insegnanti sarà di 300.000 lire lorde mensili, con un incremento variabile su tre fasce di anzianità". Questa nota Ansa del 15 febbraio, subito dopo la firma del contratto, ribadisce la stessa idea diffusa dalla stampa già a dicembre, in seguito cioè alla stipula dell'intesa tra sindacati e governo. Vediamo di capire meglio se questo è vero partendo da un esempio concreto: un docente di scuola elementare e materna con 14 anni di servizio si troverà in effetti 305.000 £ lorde mensili in più in busta paga a marzo o aprile. Tale somma è costituita dai seguenti addendi: 33.000 £ (con decorrenza 1.7.2000) + 56.000 £ (con decorrenza 1.1.2001) = 89.000 £ lorde mensili tabellari, ai quali vanno aggiunte 216.000 £ lorde di salario accessorio, che danno un totale appunto di 305.000 £ lorde mensili. Ma se consideriamo che la quota tabellare di 89.000 dovrebbe essere (e non è) il recupero dell'inflazione, come previsto dagli accordi di luglio '93, e che delle 216.000 £ di salario accessorio 96.000 £ erano già previste dal contratto integrativo del '99, vediamo che gli aumenti reali si riducono a 120.000 £ lorde mensili, che corrispondono più o meno a un aumento reale netto di 84.000 £. In altre parole gli scioperi del 2000, che hanno avuto sicuramente un significato politico enorme, si sono però tradotti in termini salariali in ben poca cosa.

Un'ultima considerazione su questa questione. Se è vero che gli aumenti destinati agli insegnanti superano il tasso di inflazione è altrettanto vero che ciò è dovuto unicamente alle quote di salario accessorio, di salario cioè che oltre a non valere ai fini pensionistici, ecc., non è neppure garantito per il futuro, ma sempre deve essere contrattato e rivendicato. Inoltre questi aumenti non sono assolutamente un merito delle politiche sindacali, come invece i dirigenti continuano a sostenere, ma sono il frutto delle mobilitazioni autonome e spontanee della categoria. Non dimentichiamo che se fosse stato per le burocrazie sindacali, oggi gli insegnanti avrebbero, come gli ATA, solo gli adeguamenti salariali all'inflazione e non le quote accessorie derivanti dagli stanziamenti dell'ex art. 29 (1260 miliardi che sarebbero toccati solo al 20%) e dai nuovi stanziamenti (850 miliardi), che semplicemente non ci sarebbero mai stati. Del resto poi questi aumenti sono ben lontani dagli standard europei che a parole i sindacati si prefiggevano di raggiungere.

Fondo di istituto

Particolarmente grave in questo accordo è il fatto che non trovino adeguato riscontro la centralità dei salari e l'urgenza di una loro rivalutazione, che è stata la nota caratterizzante delle mobilitazioni dello scorso anno. Il contratto invece porta il segno dell'affermazione del principio della differenziazione retributiva dei lavoratori, fortemente voluto e imposto da CGIL e governo, seppur in base a modalità differenti da quelle previste ai tempi del concorsone. Questo nonostante all'interno della CGIL stessa, l'unico sindacato a sostenere questa posizione, vi fosse e vi sia in merito un profondo e largo dissenso. Non solo l'area di minoranza, Lavoro/Società, si è tenuta in questa circostanza coerentemente e costantemente ferma su posizioni "egualitarie", ma anche i delegati RSU eletti nelle liste CGIL sostengono opinioni analoghe. Ad esempio, un'assemblea dei delegati RSU-CGIL tenuta a Milano il giorno stesso della firma del contratto si è espressa a larga maggioranza per un incremento delle risorse da attribuire agli ATA e una distribuzione a tutto il personale scolastico di tutti i soldi reperiti per gli aumenti. Ma nonostante questo clima generale le burocrazie sindacali confederali, agitando lo spauracchio della perdita del rinnovo contrattuale, hanno trovato e sottoscritto un accordo, rifiutandosi di sottoporlo a consultazione. Così, una parte delle risorse stanziate anziché andare sul monte salari complessivo è stata dirottata sul fondo di istituto per compensare flessibilità e attività aggiuntive dei docenti: si tratta di 300 miliardi più economie di anni precedenti per un totale di 416 miliardi di lire. Poiché le istituzioni scolastiche in Italia sono poco più di 10.000, alle scuole andranno mediamente 40 milioni. A questi soldi destinati dal contratto ai soli docenti va aggiunto l'importo previsto per gli ATA, corrispondente a 15.300 £ mensili per tredici mensilità calcolato sul personale ATA in servizio in ogni scuola. Se mediamente in una scuola vi sono 15-20 unità di personale ATA, il fondo aumenterà della bellezza di altri 4 milioni. La sproporzione tra ATA e docenti insita in questo contratto è palese anche in questo: a fronte di un numero complessivo di ATA che a livello nazionale è circa 1/4 di quello dei docenti, vengono loro destinate risorse pari solo a 1/10.

Diritti e garanzie sindacali

Oltre agli aspetti economici ora analizzati questo contratto introduce alcune novità normative gravi e lesive dei diritti sindacali dei lavoratori. La prima novità è che si legittima un'ambigua e discutibile interpretazione in merito alla titolarità della contrattazione integrativa a livello di scuola, fortemente voluta da quei sindacati che sono usciti un po' malconci dalle elezioni delle RSU, in particolar modo CISL e UIL. Secondo questa nuova norma, contemplata nell'articolo 4 del contratto, al tavolo della trattativa a livello di scuola siederanno la RSU e "i rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria territoriali delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL 26.5.1999". In questo modo si depotenziano anche a livello di base le rappresentanze direttamente elette dai lavoratori, dando spazio ai cosiddetti "trombati" alle elezioni RSU e favorendo i delegati di bandiera. La CGIL, forte anche del successo nelle elezioni, mentre denuncia e condanna apertamente questa indebita ingerenza, allo stesso tempo sottoscrive un accordo che la prevede. Sembra quasi di essere di fronte a uno scambio di favori, tenuto conto che sulla differenziazione gli altri sindacati si erano da tempo defilati: voi accettate che una parte dei fondi sia finalizzato a "riconoscere l'impegno professionale dei docenti" (la differenziazione) ed io sottoscrivo la vostra riammissione al tavolo della contrattazione di scuola!
Un altro aspetto riguarda il diritto di assemblea, che secondo l'art. 13 può essere indetta dalle "organizzazioni sindacali rappresentative" oltre che "dalla RSU nel suo complesso e non dai singoli componenti". Questo è un fatto grave perché comporta che una organizzazione sindacale che non ha la rappresentatività nazionale ma riesce ad eleggere un delegato in una Rsu non è comunque considerata rappresentativa in quella scuola. Poniamo per esempio che due eletti dei Cobas "mettano sotto" uno della Cgil (2 a 1 in una Rsu): la Cgil, in quanto rappresentativa a livello nazionale può comunque convocare l'assemblea. Se invece accade l'inverso, i Cobas non possono, non essendo rappresentativi a livello nazionale, anche se in quella scuola lo sono e hanno tanto seguito da avere eletto un rappresentante. E' evidente che ci troviamo di fronte a una disparità di diritti che minaccia seriamente la democrazia sindacale.

Conclusioni

Il clima generale che si respira nelle scuole su questo contratto, va detto, non è né di entusiasmo né di strenua opposizione. Soprattutto i docenti non disprezzano completamente il fatto che comunque sia entraranno loro in tasca quasi 200.000 £ nette mensili. Gli ATA invece sono fortemente delusi e scontenti, ma numericamente minoritari sotto ogni aspetto. Gli stessi sindacati extraconfederali che hanno criticato e si sono opposti sia all'intesa che al contratto appaiono paralizzati e non intraprendono alcuna iniziativa concreta; quelle annunciate - tipo blocco degli scrutini del I quadrimestre - sono state lasciate cadere. Le RSU sono ancora troppo giovani per essere in grado di produrre iniziative capillari e di ampio raggio, ma possono però attivarsi a livello individuale e territoriale. I sindacati confederali firmatari del contratto dimostrano un grave deficit di democrazia, in special modo la CGIL. Essa infatti, al pari degli altri sindacati, non solo rifiuta di sottoporlo direttamente alla verifica della categoria benché l'avesse più volte sostenuto, ma ostacola un'iniziativa di questo genere da parte delle RSU, che visto il suo radicamento potrebbe invece agevolmente favorire e organizzare. Nella già citata assemblea milanese del 14 febbraio la stragrande maggioranza dei delegati RSU-CGIL si era espressa in questo senso, ma il sindacato si limita a indire una consultazione tra gli iscritti che ha già in partenza il sapore della farsa. Si pensi tra l'altro che il numero dei delegati RSU eletti nelle liste CGIL ma non iscritti al sindacato si calcola possa essere anche del 50%.
Per varie ragioni quindi è difficile che si riescano a mutare i contenuti di questo contratto. Ciò nonostante è bene che le RSU, attraverso assemblee o consultazioni autorganizzate, sentano l'opinione della categoria e se ne facciano portavoce, attivando così da subito un metodo democratico la cui acquisizione tornerà utile anche per le battaglie future. Con il 2002 ad esempio si aprirà una nuova stagione contrattuale ed è bene che i lavoratori e i loro rappresentanti ci arrivino preparati.
In questo momento le lavoratrici e i lavoratori della scuola hanno comunque in mano uno strumento per svuotare il disegno che sta dietro all'ingrossamento del fondo d'istituto, e che favorisce gli interessi particolari a scapito di quelli generali: fare in modo che vengano distribuite a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici (a docenti ed ATA, precari e di ruolo) le risorse che erano destinate agli aumenti salariali e che sono state invece attribuite alle scuole. Ribadiamo ancora una volta che è vero che nella categoria ci sono varie idee sulla questione della differenziazione salariale, ma è altrettanto certo che in questa fase particolare, aperta dalla lotta contro il concorsone e l'art. 29, il sentimento comune è che i soldi reperiti debbano essere distribuiti a tutti, come segnale di una volontà di adeguamento dei salari a parametri più decorosi. Si tratta perciò di sanare un'ingiustizia attraverso un atto politico, eventualmente accompagnato da accorgimenti tecnici se l'iniziativa dovesse essere ostacolata facendo ricorso alla lettera del contratto. Se ad esempio qualcuno obietta che le risorse derivanti dai 416 miliardi sono destinati ai docenti e non agli ATA, si può proporre che per compensazione una quota maggiore del "fondo tradizionale" sia attribuito agli ATA. Ciò che conta è la volontà politica di rimediare con gli strumenti che si hanno a disposizione a un torto perpetrato ai danni della generalità dei lavoratori e delle lavoratrici da sindacati confederali e governo.

accordo

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