Dopo qualche anno di polemiche sulla riforma scolastica, sarebbe giusto godere di una tregua, placare gli scontri e limitarci di nuovo ai nostri ruoli: gli insegnanti a le loro lezioni e l'amministrazione a provvedere ai pubblici bisogni. Purtroppo, il momento della pace non sembra sia arrivato.
Anzi, la Riforma era soltanto il principio. Il concetto finora dominante dell'istruzione sarà annientato nel corso dei prossimi 5 o 6 anni.
Nell' ambito europeo la storia comincia nel 1989, anno in cui la Tavola rotonda della patronale europea (ERT) pubblica un rapporto col titolo Educazione e competitività in Europa. Il suo obiettivo: comunicare ai politici che dovevano trasferire a loro la gestione dell'istruzione. Era giunta l'ora che l'Europa, sull'esempio degli USA, cominciasse a concepire il settore educativo come un valore mercantile di più, oggetto d' investimenti e sogetto alle condizionature del mercato. L'inserzione delle technologie nel settore scolastico apre senza dubbio un succulento orizzonte agli investitori: guadagni nella crescita delle comunicazione telefoniche e nella vendita continua e massiva di prodotti e servizi sempre più "performanti".
Nel 1995, sul rapporto di la ERT: Un'educazione europea, verso una società che impara, si afirma che l'istruzione deve considerarsi un servizio reso al mondo economico, e che i goberni nazionali devono cominciare ad abituare la loro cittadinanza a consumire "formazione" tutta la vita.
La Commissione Europea rispose sollecita a questa richiesta e nel seguente anno pubblica il Livro bianco sull'istruzione e la formazione sul quale si insiste nel bisogno di una formazione polivalente che inciti ad "imparare ad imparare" lungo il corso della vita. Inoltre, avvia il programa Socrates (provvisto di un budget iniziale di 5,64 milliardi) che pretende fomentare l'acquisizione delle conoscenze a casa.
A tutto ciò si aggiunge un nuovo rapporto, questa volta dell'OCDE, che considera l'istruzione lungo la vita un imperativo nello sviluppo e nella stabilità del mercato della formazione. Secondo le loro predizioni, la presenza permanente dei docenti non occorrerà più nella nueva forma di tele-insegnamento, comunque dovrà sempre sussistere un rimanente di scuole pubbliche che "assicurino l'accesso all'istruzione a tutti coloro che non saranno mai un mercato redditizio e la cui esclusione della società in generale si accentuarà mentre gli altri continueranno a progressare."
[Adult Learning and Technology in OECD countries, OCDE, Parigi, 1996.]
Il potenziale di cinismo di questo messaggio forse scandalizzarà ancora tutti quegli che non vivono direttamente la scuola, agli insegnanti, nonostante, non fa altro che confermarci ciò che la realtà rivela tutti i giorni chiaramente. La più umana ed ambiziosa proposta della Riforma scolastica: l'unniversalizzazione dell'istruzione era una bugia. Un bel rivestimento che tingeva di giustizia sociale l'imperativo della trasformazione. Adesso sapiamo già che le riforme scolastiche avviate nell' Europa negli scorsi anni erano concessioni alle pressioni del settore finanziario, e non benedette iniziative sociali.
La Commissione Europea, sempre così preoccupata per non essere relegata ad un posto secondario nell'economia globale, ha assunto volentieri le richieste di questo settore eseguendo parecchie misure per rimettere il ritardo della scuola europea agli imperativi della società dell' informazione. Queste misure, svolte su qualche rapporto della Commissione disegnano alla perfezione ciò che si desidera: in nome della competitività economica dell'Europa e della creazione di lavoro si propone l'insegnamento di una nuova cultura chiamata NUMERICA che sostituisca la tradizionale ALFABETICA (scrittura, lettura e calcolo) propria della già obsoleta società industriale. Il sistema scolastico tradizionale (che proviene di questa società superata), non può più essere il depositario e trasmettitore della nuova cultura. Ora saranno le ditte multimedia che provvederanno "servici educativi e formativi" così a casa come ai rimanente delle scuole, ribattezzate come "centri di acquisizione di conoscenze polivalenti".
La nuova cultura NUMERICA, se qualcuno è incuriosito, si definisce nel seguente elenco di competenze: tecnologia dell'informazione, lingue straniere e cultura tecnica, ed anche in una serie di attitudine personali come: capacità di adattamento, autonomia, lavoro in gruppo e tolleranza verso l'autorità e gli altri. Con lo scopo di assicurare la stabilità del mercato dell'istruzione, rendere più economica la formazione dei lavoratori e mantenere i cittadini occupati perfino fuori del lavoro, questa nuova cultura non si considera assimilabile in una unica tappa della vita, anzi si prevede sempre incompiuta e in consequenza farà difficile l'acquisizione di un profilo professionale stabile.
Di fronti ad obiettivi così irrispetosi con le conquiste sociali del XX secolo, risulta perfino desiderabile che la polemica sull'istruzione non attinga una tregua. Infatti, sarebbe l'ora d' intensificarla coinvolgendo tutta la cittadinanza, giacché è di più in più ovvio che non siamo di fronte ad una semplice trasformazione del sistema, ma di fronte a la sua liquidazione.
Gemma Suñé. (Barcellona, Spagna).