Capitolo 6 de "Il paese dei campi. La segregazione razziale dei Rom in Italia", a cura dell'European Roma Rights Center*, "Rapporto nazionale" n.9, ottobre 2000, supplemento al n. 12 di "Carta", ottobre 2000, pp. 70-76 La circolare 207 del Ministero della Pubblica Istruzione, del 16 luglio 1986, stabilisce che "tutti coloro che risiedono sul territorio italiano hanno innanzitutto un pieno diritto di accedere alle nostre scuole, anche se privi della cittadinanza; è bene ribadire che ogni ostilità o diffidenza nei loro confronti costituisce una palese violazione dei principi costituzionali e civili del popolo italiano" (1). Altre circolari hanno ribadito questo principio. Malgrado ciò, l'accesso all'istruzione in Italia è precluso a un grande numero di bambini rom. Chi vive nei campi non ha la possibilità fisica di accedere al sistema scolastico. Le distanze sono aumentate dai frequenti sfratti forzati. Durante le irruzioni, la polizia spesso distrugge il materiale didattico dei bambini. Molti Rom sono troppo poveri per garantire ai figli dei vestiti decenti, i libri e i quaderni, il trasporto, necessari a garantire una regolare frequenza scolastica. Il risultato è che molti bambini non vanno a scuola o l'abbandonano molto presto. Il sistema scolastico italiano non realizza gli impegni presi a livello internazionale, in cui è compreso anche il caso dei Rom (2).
Molto spesso, i Rom vivono in campi molto lontani dalle scuole. La mancanza di scuole vicine e di un servizio di trasporto pubblico adeguato pongono seri ostacoli ai genitori rom. Le ripetute irruzioni, la distruzione di abitazioni e di effetti personali da parte della polizia interferisce con la possibilità dei bambini di realizzare il loro diritto all'istruzione. Per esempio, quando il campo di Tor de' Cenci è stato smantellato, il 3 marzo 2000, i Rom rimasti nella zona sono stati trasferiti al campo provvisorio di via Salviati, organizzato dal Comune di Roma. I bambini erano sotto choc e quel giorno hanno perso la scuola; molti hanno perso i loro quaderni con la demolizione delle baracche. Due giorni dopo, l'Ufficio Immigrazione ha ordinato un nuovo trasferimento da via Salviati al Campo Casilino, che si trova dall'altra parte della città: al mattino ci vogliono circa due ore e mezzo per attraversare Roma. Si è così posto il problema di come i bambini potessero raggiungere le scuole a cui erano iscritti. In più era un segreto di Pulcinella che la sosta al Casilino fosse solo una tappa prima dell'espulsione. Molti di quelli che abitavano in via Salviati si sono nascosti per evitarla, portando con loro anche i figli; di fatto, questi bambini sono stati espulsi dal sistema scolastico.Nella zona industriale di Eboli-Battipaglia, il 23 gennaio 1999, l'ERRC [European Roma Rights Center] ha visitato i resti di un campo abusivo distrutto il giorno prima. Come già ricordato in altra parte dei rapporto [...], facevano da guida I. B., 34 anni, e sua moglie, che stava allattando un neonato. La coppia vive con i suoi nove figli in un campo abusivo; la polizia li ha costretti a spostarsi parecchie volte. In ogni caso, i quattro figli in età scolastica hanno regolarmente frequentato la scuola sin dal loro arrivo in Italia. I genitori li hanno portati in macchina o a piedi ogni mattina. Durante l'irruzione del giorno prima, non avevano fatto in tempo a raccogliere tutte le loro cose. Molti libri scolastici erano sparsi per terra, calpestati dagli agenti che hanno distrutto il campo. Durante la visita ai resti del campo, la coppia ha detto all'ERRC di avere accompagnato a scuola i figli con il vecchio furgone, quella mattina; li avrebbero ripresi nel pomeriggio. Non vogliono tenerli a casa da scuola, malgrado la loro vita sia stata sconvolta.
Molti dei Rom intervistati hanno detto che l'ostacolo principale all'educazione dei figli è la mancanza di denaro. Molte famiglie si vergognano di mandare a scuola i figli malvestiti. È quanto ha detto, per esempio, M. V., una donna di 39 anni nata nella ex-Jugoslavia e venuta in Italia con la famiglia di suo marito dalla Romania (3). Il materiale scolastico e i trasporti aggiungono altre difficoltà gravi o impossibili da sormontare.
Tuttavia, i programmi educativi italiani indirizzati ai Rom non hanno previsto di superare gli ostacoli finanziari con cui si confrontano le famiglie rom, né di realizzare una piena integrazione nel sistema scolastico nazionale. Nel 1966, il Ministero dell'Istruzione Pubblica e l'organizzazione Opera Nomadi hanno lanciato il progetto "Lacio Drom" che offriva classi speciali per bambini rom.
A Verona, erano stati accolti all'inizio 365 bambini rom (4). Durante i quindici anni dell'esistenza del progetto nella città veneta, le classi sono state trasferite quattro volte, rimanendo sempre in edifici della periferia. Gli insegnanti si lamentavano della confusione e della negligenza dell'amministrazione. Una maestra ha scritto nel suo registro: "Non solo non sono state fatte le pulizie di fondo, ma c'è sempre polvere dappertutto, sui tavoli, sulle finestre, sui muri. È quasi un controsenso insistere coi bambini sulla pulizia personale, quando noi per primi non offriamo un ambiente che stimoli all'ordine". L'idea alla base dei programma era chiara: tenere lontani i bambini rom dalle scuole italiane e intanto "civilizzarli". Un altro insegnante ha scritto: "la scuola per zingari, che lo si voglia o no, non può svolgere un programma normale, ma deve adattarsi al livello, allo stato intellettuale degli educandi che è primitivo per non dire selvaggio". Un'altra insegnante era "fisicamente stanca, però lo spirito mi regge, poiché mi pare assurdo che possa esistere della gente, delle persone che ancora non hanno ricevuto il messaggio non solo cristiano, ma neppure civile" (5).
Nel 1976 un nuovo accordo tra il Ministero e l'Opera Nomadi ha trasformato le classi del "Lacio Drom" in classi di recupero e ha creato sessanta sezioni elementari per bambini rom (6). Il programma si è concluso nel 1982, quando un nuovo accordo tra le due parti ha stabilito che i bambini rom in età scolare dovessero frequentare le classi italiane, prevedendo la presenza di un insegnante aggiuntivo per ogni sei allievi rom con la funzione anche di intermediario tra scuola e famiglie (7).
Più di recente, le autorità hanno cercato di trasferire la responsabilità dell'istruzione dei bambini rom a delle ONG, con un successo non molto migliore. A Pisa, per esempio, si è affidato a una organizzazione locale il compito di insegnare l'italiano ai bambini del campo autorizzato di Coltano, in via Idrovora. Le lezioni non sono impartite da insegnanti professionisti e non sono previsti voti. Dunque, non hanno valore per l'accesso alla scuola secondaria. Prima dell'inizio dei corsi, all'inizio del 1999, l'ONG ha avvicinato i genitori e ha chiesto loro di compilare dei questionari dettagliati concernenti la loro famiglia e i bambini. I genitori, molti dei quali sprovvisti del permesso di soggiorno, temevano che le risposte potessero essere usate contro di loro dalla polizia, rendendo ancora più difficile ottenere dei documenti validi. Così il progetto si è bloccato. L'ONG in seguito ha creato dei contrasti, volendo usare per le lezioni la sala per la preghiera musulmana. I Rom hanno rifiutato, mostrando che loro avevano il permesso delle autorità locali per usare quella sala per il servizio religioso. Le autorità tuttavia si sono schierate con l'ONG, ritirando il permesso e ordinando la restituzione della sala. Il 18 gennaio 1999, mentre l'ERRC stava conducendo delle interviste a Coltano, sono arrivati al campo dei rappresentanti della ONG in questione, scortati da due poliziotti in uniforme e armati, per recuperare i questionari e prendere possesso della sala contesa. Come previsto, praticamente non c'erano questionari pronti e il leader spirituale della comunità, I. D., ha detto che loro non avevano intenzione di restituire la stanza. Ne è seguita un'aspra discussione, durata almeno due ore. La lite era osservata da vicino dai poliziotti, che però non sono intervenuti. Alla fine i membri della ONG se ne sono andati lanciando l'ultimaturn: sarebbero tornati il giorno dopo, senza specificare quel che sarebbe accaduto di fronte a un nuovo rifiuto da parte dei Rom. L'ERRC è stata informata che i Roin sono stati costretti a consegnare la stanza una settimana più tardi, ma in queste condizioni le possibilità di successo dei corsi di italiano sono quanto meno dubbie.I bambini rom che frequentano le scuole italiane si confrontano con difficoltà che vanno dai pregiudizi dei genitori non rom, a cui non piace che i loro figli vadano a scuola con "gli zingari", alle canzonature degli altri compagni, agli stereotipi di insegnanti e presidi che insistono col mito della intelligenza "geneticamente" inferiore dei bambini rom (8). Gli insegnanti hanno dichiarato all'ERRC che i bambini rom turbano le lezioni con la "loro puzza" e che i genitori italiani non vogliono che i loro figli stiano con "la stessa gente che loro gli insegnano a temere" (9). Tra il 1962 e il 1986, nella provincia di Verona, 136 bambini rom sono stati espulsi dalla scuola, almeno 92 dei quali per ragioni legate all'igiene (10). Un rappresentante del Comune di Firenze ha raccontato all'ERRC che l'iscrizione di alcuni bambini rom in una scuola cittadina nel settembre 1998 ha sollevato furibonde proteste da parte dei genitori non rom, che minacciavano di ritirare i figli, piuttosto che vederli dividere il banco con un bambino rom. Invece di affermare il diritto dei Rom all'istruzione pubblica, il provveditorato ha disperso i bambini rom in vari istituti per placare la protesta e diluire il pregiudizio ostile.
Un serio ostacolo al diritto all'istruzione è iscritto nel sistema dei campi che preclude tutte quelle forme di educazione che hanno luogo al di fuori dell'ambito scolastico. I bambini rom non sono mai o solo raramente invitati a casa di altri bambini, e i genitori non rom non permettono che i loro figli vadano a trovare gli amici in un campo. Si tratta di un'occasione perduta per entrambe le parti. Le conseguenze ricadono soprattutto sui bambini rom; quelle famiglie arrivate in Italia trent'anni fa e rimaste confinate nei campi stanno arrivando a una terza generazione i cui legami con la realtà circostante sono recisi.Il sistema scolastico italiano non garantisce un equo accesso ai Rom, che patiscono violenze, segregazione e discriminazioni. Le autorità hanno di recente fatto delle dichiarazioni che collegano istruzione e criminalità, promuovendo l'idea che se i bambini rom sono a scuola, allora non rimangono per le strade a rubare (11). Tuttavia, finché le autorità partono da un pregiudizio razzista per formulare le loro politiche, ci sono poche speranze che i Rom possano godere di un autentico diritto all'istruzione.
NOTE
* L'European Roma Rights Center è un'organizzazione di diritto pubblico internazionale che accerta le condizioni dei Rom in Europa e fornisce assistenza legale alle vittime di violazioni dei diritti umani. I Rom sono al presente il gruppo etnico più svantaggiato in Europa. Ovunque i loro diritti fondamentali sono minacciati. Negli ultimi anni si sono verificati dei preoccupanti casi di violenza a sfondo razziale nei loro confronti. E' comune a molte società la discriminazione dei Rom nel campo del lavoro, dell'educazione, dell'assistenza sanitaria e in altri settori ancora. Discorsi ostili rinforzano lo stereotipo negativo che pervade l'opinione pubblica europea.
L'ERRC è retta da un comitato internazionale, presieduto da Eva Orsòs [Ungheria] e Lord Lester of Herne Hill QC [Gran Bretagna] [...]. Dimitriva Petrova è il direttore [...].
Per contattare l'ERRC: European Roma Rights Center, H-1386 Budapest 62, P.O. Box 906/93, Hungary. Tel.: [36-1] 428-2351. Fax.: [36-1] 428-2356. E-mail: DimitrinaPetrova@compuserve.com; norka@errc.org. Home page: http://errc.org.1) Cfr. Circolare n. 207/16.07.1986 del Ministero della Pubblica Istruzione, Ufficio Studi e Programmazione, riportata anche Council of Europe, European Commission against Racism and Intolerance [ECRI), Legal Measures to combat racism and intolerance in the member States of the Council of Europe, 1998, p. 276.
2) L'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani eserdisce così: "Ogni individuo ha diritto all'istruzione". Il diritto all'istruzione è stato articolato in molte leggi e strumenti, compresa la convenzione CRC, Il cui ari. 29.1 stabilisce: "Gli Stati parti convengono che l'educazione del fanciullo deve avere come finalità: a] favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità; b] sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite; c] sviluppare nel fanciullo il rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del paese nei quale vive, del paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua; d] preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi, e delle persone di origine autoctona; e] sviluppare nel fanciullo il rispetto dell'ambiente naturale". La comunità internazionale ha più volte incorporato nella legislazione il principio che l'educazione, in quanto diritto fondamentale, deve essere libera da discriminazioni. L'articolo 5.e.v della convenzione CERD, per esempio, stabilisce il "diritto all'educazioiie ed alla formazione professionale". L'articolo 2 del protocollo 1 della ECHR afferma: "Il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche".
3) ERRC, intervista a M. V., Firenze, 18 gennaio 1999.
4) Dei 365 allievi, il 62% era iscritto solo per un anno, il 21,6% per due anni, il 9% per tre, il 4.4 % per quattro e il 2,1% per cinque. Cfr. Piasere, Popoli delle discariche: Saggi di antropologia zingara, Roma, CISU, 1991, p. 204.
5) Le citazioni, tratte da registri di classe di vari anni, si trovano in: Piasere, Popoli, cit., pp. 204-206.
6) Cfr. Save the Children, Denied a Future? The Rights to Education of Roma, Gypsy and Traveller Children, First Draft, March 2000, p. 103.
7) Ibid.
8) Nelle osservazioni conclusive in merito all'Italia, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti del bambino ha espresso il timore "che non siano state prese misure sufficienti per accertare e soddisfare i bisogni di bambini di gruppi vulnerabili e svantaggiati come [...] i bambini di origine straniera e rom". Tra i suoi suggerimenti e raccomandazioni, il Comitato ha affermato che "nuove misure devono essere prese per prevenire una crescita delle tendenze discriminatorie e dei pregiudizi nei confronti di bambini particolarmente vulnerabili come [...] i bambini rom e bambini stranieri. Il Governo deve adottare un atteggiamento più attivo e una politica coerente verso questi bambini e creare un ambiente favorevole alla piena integrazione nella società italiana". [cfr. United Nations Committee on the Rights of the Child, Concluding observations of the Committee on the Rights of the Child: ltaly, CRC/C/15/Add. 41, 27 November 1995, parr. 11 e 17].
9) ERRC, intervista a Simona Mattera, ex insegnante elementare del distretto scolastico di Roma, 23 marzo 2000.
10) Cfr. le indicazioni di Piasere, Popoli, cit., pp. 186-187.
11) Le recenti proposte dell'assessore Amedeo Piva e del consigliere delegato Luigi Lusi profilano l'idea che delle tattiche più dure sono quel che ci vuole per inserire i Rom nel sistema scolastico. Lusi ha dichiarato a Kate Carlisle, osservatore locale dell'ERRC: "I genitori dovranno firmare una promessa formale di mandare a scuola i loro figli. Se i bambini evaderanno l'obbligo, allora gli zingari saranno mandati via". [cfr. l'intervista di Kathryn D. Carlisie, osservatore locale dell'ERRC, cit.].