L'ultimo contratto del 15 febbraio è nato dal fallimento del precedente, almeno per quel che riguarda la sua novità principale, l'art. 29 ovvero il concorsone che avrebbe dovuto premiare un 20% di meritevoli, talmente nato da lì che buona parte delle discussioni tra sindacati e controparte e tra i sindacati stessi ha riguardato proprio la distribuzione delle risorse originariamente destinate a questa operazione. La questione era: usarle per un aumento generalizzato dello stipendio o, almeno una parte, per un aumento legato al merito? Alla fine le risorse sono andate in buona parte a tutti, scaglionate in tre fasce di anzianità, e in una parte non grande a questa seconda operazione. Naturalmente non c'era più spazio per concorsi o valutazioni o cose del genere. L'idea è stata quella di mettere queste risorse nel fondo d'istituto, finalizzandole però solo ad alcune funzioni.
Di per sé una cosa di questo tipo potrebbe anche non avere nulla a che fare col merito. Prescindiamo dal fatto che di questo si è sempre parlato quando le due opinioni si scontravano e che questa scelta cozzava con una aspettativa forte di un aumento più alto per tutti (i mitici irraggiungibili salari europei). Prescindiamo anche dal fatto che la scelta di sottrarre queste risorse può aver deluso non solo questa aspettativa ma anche quella di coloro che sentito che l'aumento sarebbe stato di 330.000 lire al mese, non avessero capito che questa era solo una media.
Ma non c'è dubbio che il messaggio che si è voluto dare è che queste risorse, poche o tante che fossero in rapporto a quanto andava a tutti, dovevano servire proprio per quello. Sembra infatti che nessuno abbia interesse a smentire che di merito si tratti. I sostenitori del merito per dire che l'accordo risponde alle loro filosofie e i detrattori, per dire che l'accordo ripropone quello che la categoria ha già bocciato. Tutt'al più qualcuno glissa usando altri termini come impegno (Bassanini e la Cgil Scuola), ma nessuno di questi smentisce e diffida chi parla di merito. Fanno eccezione due giornali Il Sole 24 ore, con la Confindustria, e il Corriere della Sera (e forse si aggiunto Italia Oggi), i quali dicono che Merito non è in quanto la mancanza di una valutazione e il ricorso allo strumento del fondo rendono la cosa più simile ad un incentivo fondato su orario e produttività, secondo una tradizione sindacale, che ad un vero stipendio professionale ("non la quantità ma la qualità del lavoro" dice Andrea Casalegno sul Sole 24 Ore del 16 febbraio).
Ma dal momento che intorno alla cosa ruota una battaglia più di natura ideologica che altro se non è secondario che cosa questa destinazione di risorse sia nella realtà, non lo è neppure che cosa è nelle apparenze e nell'immaginario collettivo.
Vediamo allora che versione è stata data di questa destinazione di risorse attraverso una breve rassegna stampa del giorno successivo all'accordo.
Cominciamo dai dispacci Ansa. Il 15 febbraio viene riportata una dichiarazione del Sottosegretario all'Istruzione Gambale il quale dice "Il nuovo contratto destina una cifra considerevole (un terzo dei 1260 miliardi destinati al concorsone) agli insegnanti meritevoli...", e poi una di Ciliberti il quale dice di premiare il merito, ma che questi premi "non dovranno creare un clima conflittuale e poco consono ad una comunità educante", infine una dichiarazione di Veltroni: "E' anche un contratto che per la prima volta destina una parte delle risorse ad incentivare il merito". C'è anche una dichiarazione dei Cobas che parlano di "aumenti differenziati per presunto merito". Poi c'e una nota Ansa che fa una specie di scheda sull'accordo dove dice "al fondo delle scuole, vale a dire alle risorse legate al merito, sono invece destinati 416 miliardi che andranno direttamente agli istituti e titola un paragrafetto "Risorse al merito: 416 miliardi alle scuole", mentre già in un'altra scheda del giorno prima c'era un'analogo paragrafetto intitolato "Aumenti di Merito".
Fin qui l'Ansa, vediamo i giornali: Repubblica del 16 febbraio riporta una frase di De Mauro che dice: E' un passaggio importante la parte di aumenti che potranno essere destinati al merito..." Il Messaggero dice riportando opinioni di Cobas e Gilda "Inoltre il ritorno degli aumenti per merito, 500 miliardi che gestiranno direttamente gli istituti, sta aprendo un nuovo fronte di polemiche". E in una scheda intesta alla pagina due capitoli "In busta paga" e "I premi". In quest'ultimo dice "500 miliardi da assegnare agli istituti: saranno i presidi e i sindacati (sic! ndr) a decidere a chi andranno i riconoscimenti di merito". Il Mattino di Napoli riporta una piccola scheda in cui non manca il titoletto "Risorse per il merito". Sull'Avvenire in un articolo e in una scheda non mancano i titoletti "Risorse per il merito". Il Tempo oltre a riportare la già citata dichiarazione dei Cobas sugli "aumenti al presunto merito", cita De Mauro che dice "la previsione degli aumenti che potrà essere destinata al merito passerà direttamente attraverso le scuole". La Gazzetta del Mezzogiorno in un corsivo di Nicola Patruno parla di "un altro (goffo?) tentativo di instaurare un meccanismo meritocratico dopo la bocciatura del concorsone". Il Manifesto e la Stampa citano i Cobas secondo cui "gli aumenti di merito voluti dai confederali rientrano dalla finestra". Anche il Corriere nonostante la già citata polemica parla tuttavia in una scheda di aumenti di merito. La Stampa in un'altra pagina fa ben due schede in cui titola "Aumenti di merito".
Dunque si tratta solo di un modo di dire. Ma tutti i propagandisti, politici o commerciali, sanno che una cosa non vera detta ripetutamente, diventa una verità. Soprattutto quando si tratta di catturare qualche bisogno sicuramente legittimo, anche se espresso in maniera ingenua, come quello che esprimono i genitori degli alunni quando chiedono buoni insegnanti e che il Messaggero mette in bocca a De Mauro, quando dice: "Dare alle scuole la facoltà di assegnare soldi aggiuntivi è l'unica via per non fare ingiustizie: sono i genitori, le famiglie, i colleghi e i dirigenti scolastici quelli che sanno chi lavora di più e meglio". L'eterna illusione che il problema della scuola italiana sia un problema di individui, non di sistema!