IN DIFESA DI UNA SCUOLA PUBBLICA DI QUALITA' PER TUTTI
LETTERA APERTA DELLA "RETE DI RESISTENZA A DIFESA
DELLA SCUOLA PUBBLICA",
AI GENITORI, AGLI STUDENTI E ALLE STUDENTESSE, AI
LAVORATORI E ALLE LAVORATRICI DELLA SCUOLAIn queste settimane i lavoratori e le lavoratrici della scuola di
tutta l'Italia stanno manifestando il loro profondo dissenso verso
la riforma della scuola proposta dalla ministra dell'istruzione
(non più pubblica)
Letizia Moratti. Anche gli studenti e le studentesse hanno
espresso la loro contrarietà, con occupazioni, autogestioni,
cortei che sono confluiti nella grande manifestazione a Roma
del 21 dicembre scorso contro gli Stati generali della scuola,
voluti dalla ministra, a cui hanno partecipato decine di migliaia di
persone,.
Anche noi, insegnanti e ATA delle scuole milanesi costituiti in
"Rete di resistenza a difesa della scuola pubblica", ci
opponiamo con fermezza a questa riforma, che penalizza sia i
lavoratori e le lavoratrici della
scuola, sia soprattutto voi, cittadini e cittadine di questo Paese,
in qualità di genitori e di soggetti in crescita. Tale riforma infatti
comprometterà profondamente la qualità della formazione dei
giovani,
relegando ai margini il ruolo che la scuola statale ha svolto dal
dopoguerra ad oggi.
Vogliamo in questa lettera mettere in evidenza i punti che
riteniamo più negativi e preoccupanti:LA FINE DELL'OBBLIGO SCOLASTICO
Nella proposta di riforma Moratti non si parla più di obbligo
scolastico, ma di "diritto-dovere all'istruzione e alla formazione",
dove per formazione si intende esclusivamente quella
professionale e non quella legata alla crescita della persona in
quanto tale.
L'obbligo scolastico, principio sancito dalla Costituzione, è
innanzitutto obbligo per lo Stato di istituire scuole di ogni ordine
e grado (articolo 33 Cost.) cui tutti possano accedere. E'
evidente che in tal modo lo Stato non è più obbligato nei
confronti dei cittadini. E' un aspetto fondamentale per privatizzare
sempre più la scuola, lasciando allo stato il compito di garantire
standard minimi in termini di servizi e programmi scolastici,
destinati a coloro che non sono in grado o non intendono
pagare una scuola privata sempre più agevolata.LA RIDUZIONE DELLE ORE DI LEZIONE
La proposta di riforma elaborata dallo staff della ministra Moratti
prevede di abbattere a 25 ore settimanali il monte ore
obbligatorio delle lezioni, in tutti gli ordini di scuola. Ad esso si
aggiunge un "percorso facoltativo" (laboratori di educazione
fisica, motoria, artistica, musicale, informatica, lingue straniere,
ecc.), che può raggiungere un tetto massimo di 300 ore annue,
ossia circa 9/10 ore settimanali, assicurato non da ogni singola
scuola, ma da una rete di scuole, con gli inevitabili disagi
logistici ed educativi per studenti e famiglie. Si prevede infine un
percorso "a responsabilità familiare", a pagamento, fruibile
anche in ambiti extrascolastici e certificato dalla scuola.
In pratica saltano il tempo pieno alle elementari e il tempo
prolungato alle medie, nati non solo come risposta alle
esigenze sociali delle famiglie, ma anche per soddisfare precisi
bisogni educativi dei bambini e delle bambine, per aiutarli a
superare le difficoltà e a sviluppare al meglio le proprie
potenzialità. Nelle superiori sono a rischio numerosi
insegnamenti che concorrono al pari delle altre discipline a
sviluppare una conoscenza ricca, articolata e consapevole. Non
corre invece alcun rischio l'insegnamento della religione
cattolica, previsto nell'orario obbligatorio di ogni ordine di scuola,
anzi ancor più garantito dalla nuova norma che prevede di
effettuare la scelta se avvalersene oppure no una sola volta,
all'inizio di ogni ciclo (e non più anno per anno, come finora si è
fatto).
La riduzione massiccia del tempo-scuola significa incidere
negativamente sulla qualità della formazione complessiva dei
giovani, al di là della loro estrazione sociale e territoriale, e
significa svalorizzare il tempo scuola come elemento
fondamentale di formazione e di crescita della persona.LA SCELTA PRECOCE
La riforma prevede un sistema scolastico scandito in bienni e
strutturato in due cicli: il ciclo primario di 8 anni, il ciclo
secondario di 4 o 5 anni. Alla conclusione del I ciclo, all'età di
13-14 anni, i ragazzi e le ragazze sono costretti/e a scegliere tra
due ordini di scuola completamente distinti, uno statale e l'altro
regionale: quello dell'istruzione (licei) - l'ambito della astrazione
e delle idee - e quello della formazione professionale (istituti) -
l'ambito della manualità e della praticità. In sintesi, percorsi
distinti e separati per l'accesso al lavoro o all'università.
Questa canalizzazione rigida e precoce, non solo indurrà i
ragazzi e le ragazze (o meglio i loro genitori) a scelte
difficilmente modificabili, ma punta chiaramente a fornire
un'istruzione secondaria di base diversa in relazione
all'estrazione sociale dei giovani e al territorio in cui si risiede. A
parole la riforma non impedisce il passaggio dalla formazione
professionale all'istruzione e viceversa, ma è molto difficile che
una scuola così radicalmente divisa consenta nei fatti questa
possibilità. Quanto è realistica, ad esempio, la prospettiva di un
passaggio allo studio del latino o del greco, della fisica o del
diritto, dopo che per anni si è seguito un percorso di semplice
addestramento professionale?!LA VALUTAZIONE
La riforma introduce anche un un sistema di verifiche
standardizzate e biennali, in pratica di esami, che
determineranno il passaggio o meno al biennio successivo.
Questa valutazione in serie contrasta fortemente con i bisogni
fondamentali di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, che sono
bisogni di socializzazione, di cooperazione, acquisizione e
arricchimento di conoscenze, di pratiche comunicative, nel
rispetto dei tempi necessari a una crescita armonica. Essa mira
invece a selezionare e a indirizzare sempre più precocemente,
in un'ottica individualistica, bambini e bambine, ragazzi e
ragazze e loro genitori, verso quello che dovrà essere il loro
destino scolastico e sociale: l'istruzione o la formazione
professionale, il lavoro o l'università.
* * *
Accanto alla nuova "riforma dei cicli" altre iniziative del governo -
come la riforma dell'esame di stato, il buono scuola, la riforma
degli organi collegiali - rischiano di precipitare il sistema
scolastico italiano in un vicolo cieco nel quale saranno
penalizzati valori quali la democrazia e la parità di diritti e di
opportunità per tutti.UN TITOLO DI STUDIO SENZA PIU' ALCUN VALORE
I docenti delle commissioni degli esami di stato saranno tutti
interni alle scuole (eccetto il presidente che svolgerà un ruolo di
garanzia formale). Non ci sarà più alcuna valutazione esterna
del lavoro svolto: i docenti che preparano gli studenti e le
studentesse saranno i medesimi che li sottoporranno
all'esame.
Questo priverà i giovani e le giovani di un'importante esperienza
formativa, impedirà loro di confrontarsi e di rapportarsi in
maniera nuova con adulti diversi. Inoltre favorirà i numerosi
"diplomifici" che, a fronte di costose rette annuali (anche 10
milioni), elargiranno titoli di studio senza porsi troppi problemi
sulla qualità della formazione. La modificazione imposta non
solo penalizzerà quella scuola che continua a mettere al centro
la qualità della formazione culturale e professionale dei giovani,
ma porterà alla svalutazione del titolo di studio, ponendo così le
premesse per l'abolizione del suo valore legale.LA SCUOLA DIVENTA UN'AZIENDA
L'unica preoccupazione degli attuali legislatori è ridurre i costi
del sistema scolastico statale (l'Italia è l'ultima in Europa negli
investimenti per l'istruzione: il 5% del PIL, contro il 5,7% della
media europea). La finanziaria 2002 prevede cospicui tagli che
colpiranno la scuola pubblica con danni irreparabili: 34.000
docenti in meno previsti nel prossimo triennio, 8.500 già nel
prossimo anno scolastico. Mentre si operano questi tagli alla
scuola pubblica, si finanzia col "buono scuola" la scuola privata.
C'è il rischio, a questo punto, che la scuola statale - privata di
adeguate risorse - venga ridotta al rango di scuola per i ragazzi
con difficoltà e per le famiglie disagiate economicamente e
culturalmente.
Anche la riforma degli Organi Collegiali va nella direzione della
privatizzazione e della aziendalizzazione della scuola. La
sparizione dei consigli di classe e la sostituzione del consiglio
di istituto con il "consiglio di amministrazione" denuncia, già nel
lessico utilizzato, tali intendimenti. Viene fortemente
ridimensionata la partecipazione dei docenti, dei genitori e degli
studenti alle scelte che interessano la vita scolastica; la
presenza del personale ATA viene addirittura eliminata. La
gestione della scuola viene in pratica affidata ai dirigenti
scolastici coadiuvati da "esperti" esterni. Il verticismo diventa il
nuovo parametro di riferimento,
e chi ne fa le spese è l'idea di una scuola partecipativa e
democratica, aperta al contributo di tutti.UNA SCUOLA CHE DIVIDE
La scuola dello Stato ha garantito fino ad oggi un'istruzione
pubblica di qualità, seppur da migliorare, offrendo una
sostanziale uguaglianza di opportunità educative per tutti i
giovani, indipendentente dalla loro origine sociale e culturale.
Con i "buoni scuola" verranno finanziate, con i soldi dello Stato,
quindi di tutti, scuole private che potranno essere fatte su misura
per studenti e famiglie in base al censo, all'ideologia, alla
religione, al territorio.
In questo modo la scuola non sarà più opportunità di crescita, di
confronto, di formazione umana e culturale tra studenti e
studentesse, ma si creeranno scuole e culture separate. Solo
una scuola pluralista e laica invece è garanzia di salvaguardia
della democrazia, luogo di confronto e crescita umana e
culturale per tutti i giovani, indipendentemente dalle loro origini e
condizioni sociali, dalle loro convinzioni politiche o religiose.LA VERA SCUOLA LIBERA
La vera scuola libera è quella che:
- assicura il libero confronto delle idee, salvaguardando il
pluralismo nell'insegnamento e nell'apprendimento;
- recluta imparzialmente i docenti, in base ai titoli culturali,
professionali e di servizio, secondo leggi e regolamenti;
- garantisce la libertà e l'autonomia dell'insegnamento,
esercitata anche attraverso la sua dimensione collegiale,
nell'interesse dell'allievo;
- accoglie tutti gli allievi, compresi i portatori di handicap;
- non discrimina gli allievi in base alla loro appartenenza
sociale, religiosa, nazionale, ecc., favorendone invece
l'inserimento nel rispetto delle differenze.
Tutto questo finora è stato ricercato e assicurato solo dalla
scuola statale, nonostante i ripetuti tentativi di dequalificarla, a
cominciare dalla riduzione delle risorse. Se la riforma verrà
approvata nei termini in cui è stata illustrata, la scuola pubblica
statale verrà ulteriormente e radicalmente ridimensionata,
compromettendo la qualità dell'istruzione e della formazione
culturale e professionale delle future generazioni.Una scuola di qualità diventerà possibilità e prerogativa solo di
una minoranza della popolazione italiana.
Offriamo questo nostro contributo a studenti, studentesse e
genitori, non solo per esprimere le nostre preoccupazioni, ma
anche perché riteniamo di fondamentale importanza le loro
considerazioni su un tema così importante e delicato come
quello della scuola.