La Repubblica 30 ottobre 2000
ROMA - "Sono molto contento che riparta l'attuazione della riforma, c'è stata qualche esitazione, ma è interesse della scuola e del Paese che gli obiettivi vengano raggiunti". Luigi Berlinguer, il padre della rivoluzione del sistema scolastico, non nasconde la sua soddisfazione.
Perchè avete voluto un cambiamento così radicale?
"Perchè eravamo Calimero in Europa: l'obbligo scolastico troppo basso, un numero di diplomati insufficiente, cattiva qualità della formazione professionale, assenza di tecnologie multimediali nella scuola, una disciplina arcaica della professione docente e un pauroso abbandono nell'università.
Oggi si dice "equipariamoci al trattamento economico europeo".
Sacrosanto, ma perchè non adeguare l'intera scuola all'Europa? La verità è che la vecchia scuola era diventata un ostacolo all'espansione dell'istruzione e alle sue novità. Il grande fenomeno sociale contemporaneo è la generalizzazione della scuola secondaria, vale a dire un diploma per tutti. L'impianto di ieri non lo favoriva, perchè fondato su un modello unico e perchè contrapponeva la qualità alla quantità. In sostanza una scuola costruita solo per pochi. L'ispirazione della riforma è stata quella di stimolare e valorizzare le differenze di vocazione degli alunni, la creatività del corpo docente e la flessibilità dell'organizzazione, perchè l'intera scuola sia in grado di aggiornarsi continuamente".
E i cicli sono un tassello dell'intero mosaico?
"Sì. Gli altri sono l'autonomia, il rapporto tra scuola e formazione professionale, le tecnologie multimediali, il rinnovo dei programmi e dei saperi, la riforma del ministero, la valutazione del sistema scolastico e i nuovi cicli universitari con la laurea triennale e quella specialistica".
Ma il motore del sistema è l'autonomia?
"È la madre delle riforme, all' inizio ha incontrato ostilità e incomprensione. Abbiamo avviato una sperimentazione irreversibile, ora siamo giunti alla messa a regime, occorreranno anni perchè si affermi una cultura dell'autonomia e tuttavia oggi sono molte le scuole che ci hanno preso gusto e che ne reclamano un' estensione. In fondo al cammino c'è il federalismo, per il Paese e per la scuola".
Qual è la funzione dei cicli?
"Servono a differenziare l'insegnamento in funzione delle capacità, delle vocazioni e dei ritmi degli alunni. Sono indispensabili per fluidificare l'itinerario scolastico, eliminare i troppi ostacoli istituzionali, per sostenere i più bravi ed aiutare i meno bravi a crescere. Negli altri paesi europei, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Inghilterra ha funzionato proprio per questo e noi ne abbiamo preparato l'attuazione. Ergo il provvedimento applicativo del Governo non cala dall'alto".
Esistono già sperimentazioni dei cicli?
"In Italia ci sono 1.500 scuole che hanno già messo insieme le elementari e la media con un unico dirigente ed un solo collegio dei docenti, che possono sperimentare da subito l'attuazione del primo ciclo. Dal '97 abbiamo avviato l'adeguamento ai cicli in 180 istituti del bienno delle superiori. In più molte università si sono preparate ad offrire servizi per i docenti che già lavorano nelle elementari e nelle medie e devono convertire una parte della loro professionalità".
Delineati i nuovi cicli bisognerà passare ai contenuti pragmatici?
"Naturalmente. Il primo impegno riguarda i nuovi programmi e questo è uno degli sforzi più rilevanti che abbiamo di fronte, come del resto la riforma della professione docente. Si è iniziata l'esperienza del part-time, ma va sostenuta altrimenti rischia di abortire. Contemporaneamente abbiamo affacciato l'idea della carriera degli insegnanti, che oggi è diventata un'urgenza se si vuole una docenza europea. Si comprende ora il significato dell' organicità del disegno della riforma e della gradualità nell'attuazione".
Cosa vuol dire gradualità?
"Sono convinto che molte famiglie non desiderano aspettare troppi anni per godere del riordino dei cicli. Oggi, anche se in forma sperimentale, sia nella scuola di base che nella secondaria si possono anticipare gli effetti della riforma non solo per i primi due anni del primo ciclo scolastico. Un tempo c'erano ragazzi che saltavano l'anno, adesso l'autonomia consente il passaggio da una classe ad un'altra".
I problemi non mancano.
"Ci sono problemi organizzativi molto complessi, sia per il Governo che per le singole scuole. Per cominciare l'adeguamento delle strutture scolastiche. Poi i problemi del personale docente: il cambiamento è profondo e occorre una massiccia opera di aggiornamento. Molti maestri hanno la laurea e molti no. Non sarà facile superare questo scoglio. Il riordino delle materie e dei programmi comporterà un complesso sforzo di conversione professionale. In più esistono problemi retributivi all'interno della categoria dei docenti che fino ad ora è stata differenziata eccessivamente tra maestri e professori".
Come sarà la nuova scuola?
"Sono convinto che da questa riforma uscirà una scuola che, attraverso l'autonomia, eriga a cultura l'identità territoriale e locale senza scadere nel provincialismo. Tenendo però molto ferma la natura nazionale della nostra cultura e della nostra lingua che preesitono allo Stato di 800 anni. Tutto in vista, comunque, di una cittadinanza europea. L'approvazione della Carta dei diritti per l'Europa deve diventare coscienza comune dei nostri alunni, perchè è attraverso la scuola che si forma la cittadinanza e la coscienza europea. Per finire non dobbiamo dimenticare che avanza a grandi passi la telescuola, la e.book, la scuola virtuale. Tecniche che in pochi anni dilagheranno e offriranno opportunità straordinarie di circolazione della cultura e di accesso ai grandi maestri persino nelle scuole d'alta montagna o nei paesi sperduti. Attenzione a non perdere anche questo treno, come abbiamo fatto in passato".