LA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO STRAVOLGE I DIRITTI DEI PRECARI

Documento CGIL Scuola, aprile 2001

La sentenza con cui il Tar del Lazio ha nei giorni scorsi messo in discussione la legittimità dell'organizzazione in fasce delle graduatorie permanenti rischia di costituire un ulteriore intoppo nell'attuazione della legge 124/99, i cui effetti a lungo attesi sono già abbastanza rallentati dalle lentezze nella formulazione delle graduatorie e nello svolgimento dei concorsi e minaccia di esasperare un settore della categoria già abbastanza provato dai ritardi nelle procedure di convocazione e di nomina;
rinfocola all'interno del personale precario quella "guerra tra i poveri" di cui si erano visti i segnali già durante gli oltre mille giorni di discussione della legge, molti dei quali dedicati a equilibrare proprio i diversi interessi e a garantire posizioni e diritti che si andavano consolidando nel tempo;
prescinde da un criterio di organizzazione complessivo previsto dalla nuova legge la quale da un lato prevede che ogni nuova integrazione non metta in discussione le posizioni di chi è già in graduatoria e dall'altro raccomanda di immettere nelle graduatorie coloro che avevano i requisiti previsti dalle norme previgenti.

E' perciò sbagliato ritenere, come ha ritenuto il TAR del Lazio, che il principio delle precedenze non sia presente nella legge e negare di utilizzare questo, nella forma delle fasce, anche nella prima applicazione così come prevede il regolamento. Occorre ricordare a tale proposito che la stesura originaria delle legge prevedeva il meccanismo delle fasce e che questo fu rinviato al regolamento proprio per alleggerirne l'impianto, ma con la raccomandazione del Parlamento, votata all'unanimità in Commissione, che questo meccanismo fosse garantito dal regolamento stesso.
Occorre inoltre ricordare che le fasce per coloro che erano già inseriti nella graduatoria del concorso per soli titoli (prima fascia), che possedevano i requisiti sia di abilitazione che di servizio previgenti alla data dell'approvazione della legge (seconda fascia), che possedevano questi requisiti alla data dell'iscrizione in graduatoria (terza fascia) danno a queste persone niente più di ciò che avrebbero avuto con la legge precedente. Essi perciò non rubano niente a nessuno: sono i docenti della quarta fascia privi dei requisiti di servizio nella scuola pubblica del medesimo grado, che prima non avevano alcun diritto di entrare nelle graduatorie dei concorsi per soli titoli, ad essere i veri beneficiati dalla legge 124/99 e dal regolamento, ancorchè i ricorrenti si sentano invece discriminati.

Ma la sentenza del Tar non è sbagliata solo nel merito, ma anche perché è una sentenza politica che nelle sue considerazioni va oltre la questione della regolarità delle procedure, lasciandosi andare ad apprezzamenti inopportuni, tanto più nella fase attuale che precede un turno elettorale in cui i temi in questione sono oggetto di forte polemica.
Non è corretto né pertinente trattare il cinquanta per cento degli immessi in ruolo dalla graduatoria permanente anziché dalla graduatoria del concorso ordinario, come dei vili che invece di migliorare le proprie conoscenze cercano di far fruttare presunte rendite di posizione, sia perché il giudizio non corrisponde alla realtà, sia perché entrambe i canali hanno per legge pari dignità.
Non è corretto né pertinente sostenere che nelle scuole private vi sono i docenti più brillanti grazie all'assunzione diretta da parte delle scuole, mentre al contrario nelle scuole pubbliche, che sicuramente hanno modalità di assunzione più oggettive, sarebbero in servizio docenti "più sanati che meritevoli".
Nella sostanza per questi aspetti la sentenza assomiglia più a un pamphlet propagandistico che ad un atto giudiziario. Un pamphlet volto a esaltare la scuola privata e farne un terzo canale di reclutamento.

Di fronte a questi atti la CGIL SCUOLA ha rivendicato che il Ministero

  • ricorra al Consiglio di Stato e verificherà che l'impegno assunto in tal senso sia portato a termine;
  • garantisca la continuazione delle operazioni di compilazione delle graduatorie, dal momento che la sentenza del Tar è operante solo limitatamente ai ricorrenti;
  • ristabilisca il dovuto rispetto per la scuola pubblica, per i suoi lavoratori e per la legge che ne prescrive la pari dignità.
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