 Oltre i cancelli dell'inferno viaggio nel mondo della vivisezione
di Stefano cagno (scarica l'articolo stampabile in formato .rtf)
Ogni anno centinaia di milioni di animali vengono uccisi durante esperimenti di vivisezione. Ogni campo della ricerca medico/scientifica utilizza questa tecnica, sebbene i risultati che si ottengono sono sbagliati o fuorvianti. Fisiologia, patologia, genetica, farmacologia, tossicologia, chirurgia, psicologia, sono soltanto i principali campi in cui si compiono esperimenti di vivisezione. Sugli animali però vengono anche testati pesticidi, cosmetici, armi chimiche, ossia sostanze che non servono al progresso scientifico.
Come mai tanti ricercatori impiegano ancora questo metodo che non è mai stato dimostrato essere scientificamente valido? Quali interessi permettono che, nell'era del computer, si utilizzino ancora gli animali per ricavare dati riguardanti gli esseri umani? Lo scopo di questo opuscolo pertanto non è solo quello di presentare le argomentazioni scientifiche ed etiche del movimento antivivisezionista, ma anche spiegare quali interessi permettono la sopravvivenza di un metodo di ricerca crudele e scientificamente non valido.
COS'E' LA VIVISEZIONE
Per vivisezione si intende un esperimento in cui vengono impiegati animali. I vivisettori invece preferiscono il termine più neutro di sperimentazione animale. In realtà esistono ricerche in cui, pur non compiendo una "sezione da vivo", l'animale subisce un notevole grado di sofferenza. Ad esempio nel campo della psicologia si condizionano gli animali a comportarsi in una certa maniera sottoponendoli a ripetute scariche elettriche attraverso il pavimento della gabbia.
La sofferenza inoltre comincia prima dell'esperimento, quando si sottraggono gli animali dal loro ambiente naturale. Quelli invece nati negli allevamenti subiscono dal primo giorno di vita le condizioni innaturali della stabulazione, ossia della permanenza nella gabbie. La vita di questi animali è scandita dai ritmi imposti dai ricercatori. Hanno spazi ristretti, solitamente non possono socializzare e per questo motivo vengono isolati dal loro simili, mangiano quando e come vogliono i ricercatori, spesso restano in stanze perennemente illuminate artificialmente e non vedono mai la luce del sole.
L'inizio dell'esperimento porta spesso gli animali ad un lungo calvario che termina con la morte. Nessuna specie viene risparmiata: topi, ratti, conigli, uccelli, pesci, ma anche cani, gatti, scimmie, bovini e cavalli. Secondo i dati ufficiali in Italia ogni anno vengono vivisezionati più di 1.000.000 di animali, in Gran Bretagna circa 3.000.000, negli USA 20.000.000, nel mondo 300.000.000/400.000.000. Si compiono esperimenti nelle Università, negli ospedali, in Istituti di ricerca pubblici e privati (ad esempio associazioni per la ricerca delle più svariate malattie), nelle industrie di ogni genere. Tutti i prodotti, prima di essere commercializzati devono, per legge, essere testati sugli animali: farmaci, cosmetici, pesticidi, ma anche olio per i motori delle macchine, additivi alimentari, prodotti per l'igiene della casa, inquinanti ambientali, alcol e tabacco e molti altri. E' sufficiente questa osservazione per capire l'entità del fenomeno.
Le modalità con cui vengono compiuti gli esperimenti sono le più svariate: gli animali sono avvelenati, ustionati, accecati, shockati, affamati, mutilati, congelati, decerebrati, schiacciati, sottoposti a ripetute scariche elettriche attraverso elettrodi conficcati nel cervello e infettati con qualsiasi tipo di virus o batterio, anche quelli che non colpiscono gli animali, come il Treponema Pallidum per la sifilide o l'HIV per l'AIDS. Per non disturbare i ricercatori a volte gli animali sono stati persino devocalizzati, ossia gli sono state tolte le corde vocali in modo da impedirgli di urlare. Comunque, secondo i dati britannici, che sono gli unici al mondo ad essere piuttosto attendibili, nel 70% circa degli esperimenti gli animali non vengono anestetizzati e nel 30% rimanente, solo ad una parte viene somministrato almeno qualche antidolorifico.
Insomma vivisezione vuol dire rendere gli animali oggetti da utilizzare a proprio piacere e per i propri scopi, ignorando la loro sofferenza e il loro diritto ad essere rispettati.
ANTIVIVISEZIONISMO SCIENTIFICO
Il movimento antivivisezionista scientifico parte dalla semplice o oggettiva constatazione che ogni specie animale possiede una propria anatomia, fisiologia e genetica. Pertanto i meccanismi biochimici sono diversi e specifici, così come quelli patogenetici. Quindi le malattie insorgono in maniera variabile in base alla specie animale e le stesse significative differenze le possiamo constatare anche per quanto riguarda la somministrazione dei farmaci, la loro metabolizzazione ed eliminazione.
Da queste premesse risulta evidente che nessuna specie animale può essere un valido modello di ricerca per un'altra specie. Pertanto i risultati ottenuti sugli animali non possono essere estrapolati all'uomo e quindi avere un valore scientifico. Se un dato ottenuto su una o più specie animale è valido anche per gli esseri umani lo possiamo sapere soltanto dopo avere sperimentato anche sui nostri simili. Solo allora sapremo se i risultati saranno uguali, diversi od opposti. Quindi la vivisezione non è assolutamente in grado di prevedere le reazioni degli esseri umani e per questo motivo fallisce il suo compito principale.
Inoltre la vivisezione, al contrario di quanto affermano i suoi fautori, non rappresenta un'alternativa alla sperimentazione umana, ma soltanto l'anticamera. La legge infatti impone che prima di commercializzare nuovi farmaci, questi debbano essere obbligatoriamente sperimentati anche sugli umani. Ma se la vivisezione fosse utile e scientificamente valida, perché bisognerebbe compiere anche ricerche sui nostri simili? In realtà la vivisezione, non solo non è un metodo scientificamente valido e fornisce risultati che ostacolano il progresso, ma rappresenta un vero e proprio attentato alla salute umana, poiché le prime persone che assumono una nuova terapia divertano le vere cavie su cui potremmo ottenere dati reali. E tutti i disastri farmacologici del passato e dei giorni nostri sono la prova evidente.
Esiste però un'osservazione che dimostra come i risultati ottenuti su una determinata specie animale in laboratorio non possono essere utili nemmeno per gli stessi animali che vivono in condizioni naturali o comunque non di segregazione. Le condizioni di stabulazione contribuiscono a provocare alti livelli di stress che interferiscono a livello psicologico, ma anche biologico, ad alterare il funzionamento dell'organismo animale. Infine le malattie sono indotte artificialmente e pertanto vengono persi tutti quei dati che concernono lo sviluppo spontaneo e naturale di una determinata condizione morbosa.
Presentate queste osservazioni generali, è utile passare brevemente in rassegna i principali campi in cui si compie vivisezione ed analizzare le incongruenze e i danni che si sono già ottenuti. Per una trattazione più approfondita si rimanda ai libri segnalati in bibliografia.
Medicina I vivisettori affermano che l'impiego degli animali è indispensabile per il progresso scientifico e per studiare meglio le malattie. In realtà la Medicina è soltanto uno dei tanti campi in cui vengono impiegati gli animali e nemmeno il principale. Così per i loro studi, i vivisettori inducono artificialmente negli animali ogni tipo di malattia. In questo modo si commettono tre errori: non si tiene conto delle differenze tra le specie animali e gli esseri umani, si ignora che le malattie sperimentali negli animali sono artificiali, mentre quelle dei nostri simili insorgono spontaneamente, infine spesso si confondono i sintomi con le malattie (ad esempio la febbre è il sintomo e l'influenza è la malattia).
Per decenni i vivisettori hanno affermato che il fumo delle sigarette non era dannoso in base a ricerche condotte prevalentemente sui conigli, nonostante i dati epidemiologici avessero già dimostrato il contrario. Tutto ciò con grande soddisfazione delle industrie del tabacco. Da diversi anni si cerca di indurre forzatamente l'Aids in svariate specie animali, quando questa malattia è provocata da un virus (HIV) altamente infettivo solo per gli esseri umani. Tutti i fattori di rischio per le malattie cardiache (ipercolesterolemie, vita sedentaria, fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa, obesità) sono stati dimostrati grazie a studi epidemiologici sui nostri simili. Lo stesso ragionamento vale per la cirrosi epatica e l'abuso di bevande alcoliche. Infine si spendono nel mondo ogni anno migliaia di miliardi per la ricerca sul cancro che in gran parte finiscono in esperimenti di vivisezione. L'80-90% dei tumori umani ha però un'origine ambientale e quindi in teoria evitabile. Allora perché, anziché sprecare tanti soldi in ricerche inutili, non si investono per eliminare le sostanze cancerogene ambientali? In questo caso le persone, anziché essere curate, non si ammalerebbe.
Farmacologia
Nonostante ogni nuovo farmaco prima di essere immesso in commercio debba essere sperimentato su diverse specie animali, ogni anno molte molecole vengono ritirate a causa dei gravi e a volte mortali effetti collaterali riscontrati negli esseri umani, ma non negli animali.
Famosissimo è il caso del Talidomide, un sedativo che impiegato nelle donne in gravidanza, ha provocato la nascita di 10.000 bambini focomelici (privi di braccia e/o gambe). Dopo il ritiro dal commercio è stato nuovamente sperimentato su tutte le specie animali possibili e soltanto nei conigli bianchi neozelandesi si è potuto riscontrare qualcosa di simile. Meno conosciuto è il caso della Penicillina, capostipite di tutti gli antibiotici. Tale sostanza, fortunatamente, in un primo tempo non venne sperimentata sugli animali: è infatti in grado di uccidere le cavie e quindi non sarebbe mai stata commercializzata.
La vivisezione però non solo non è utile per bloccare sostanze potenzialmente tossiche per gli esseri umani, ma a volte rischia anche di eliminare farmaci utili che invece, pur essendo tossici per gli animali, non lo sono per i nostri simili. L’aspirina, ad esempio, è teratogena (in grado di provocare malformazioni congenite) nei ratti, topi, scimmie, cavie, gatti, e cani, ma non negli esseri umani.
La farmacologia studia anche il tempo impiegato dalle sostanze per essere metabolizzate e quindi eliminate. Anche in questo caso naturalmente ogni specie ha bisogno di un numero diverso di ore per eliminare ogni sostanza assunta. La Digitossina (impiegata nell’insufficenza cardiaca) viene metabolizzata in 14 ore nel cane, 18 nel ratto, mentre nell’uomo ha bisogno di 216 ore: se quindi ci comportassimo come negli animali riusciremmo a uccidere tutti i pazienti per intossicazione.
Gli esempi forniti sono alcuni tra i tantissimi possibili: tutti insieme sono la prova che la vivisezione rappresenta un attentato alla salute umana. E' invece utile alle industrie farmaceutiche che in questo modo vengono sollevate da responsabilità legali in caso di danni provocati dalle nuove sostanze commercializzate. Inoltre scegliendo la specie giusta per il proprio scopo riescono a dimostrare l'utilità e l'innocuità di quasi tutte le sostanze studiate.
Tossicologia
La tossicologia studia gli effetti tossici delle sostanze sui sistemi biologici e quindi si occupa non solo di farmaci, ma anche di qualsiasi sostanza con cui gli esseri umani potrebbero venire a contatto. Il principale test impiegato è la DL50 (Dose Letale 50) che risale al 1927. Consiste nel somministrare ad un determinato numero di animali la sostanza in esame a dosi crescenti, fino a stabilire quella che ne uccide il 50%. Anche in questo caso, ogni specie animale possiede un certo metabolismo che trasformerà ed eliminerà ogni sostanza con modi e tempi differenti. Il risultato sarà un elenco di valori che potranno discostarsi rispetto a quelli umani di poco, abbastanza o molto. Gli esempi potrebbero essere innumerevoli, ma alcuni sono veramente grotteschi. La Digitossina (farmaco per l'insufficienza cardiaca) presenta nei ratti una DL50 670 volte superiore rispetto ai gatti. Anche cambiando il ceppo di un animale possiamo osservare variazioni significative. Così la Tiourea (sostanza simile all’urea) nel ratto delle chiaviche ha una DL50 450 volte superiore rispetto al ratto del ceppo Hopkin. Anche la modalità e la durata della somministrazione rivestono un ruolo significativo. Così la DL50 del Desametazone (ormone corticosteroide) è di 120, se però la somministrazione viene ripetuta nel tempo il valore scende a 0,07, ossia 1700 volte inferiore rispetto all'iniziale.
Infine consideriamo la DL50 della diossina (vedi tabella di seguito):
Criceto 1157 - 5000 (mg/kg)
Rana toro > 1000 (mg/kg)
Topo 114 - 284 (mg/kg)
Cane 100 - 200 (mg/kg)
Coniglio 115 (mg/kg)
Scimmia 70 (mg/kg)
Pollo 25 - 50 (mg/kg)
Ratto 22 - 45 (mg/kg)
Porcellino d'India 0,6 - 2 (mg/kg)
Se quindi vogliamo dimostrare che la diossina è altamente tossica per gli esseri umani, come è nella realtà, dobbiamo citare i dati del porcellino d'India. Se invece vogliamo dimostrare che non è assolutamente tossica citiamo i dati del criceto: a questa specie animale possiamo fare ingerire enormi quantitativi di diossina senza procurargli alcun danno. La DL50 quindi permette di dimostrare tutto e il contrario di tutto: basta scegliere la specie giusta e anche la sostanza più tossica per gli esseri umani può diventare innocua e viceversa.
Chirurgia
L'anatomia di ogni specie animale è differente da quella di tutte le altre. Così i chirurghi che si esercitano sugli animali, quando passeranno agli esseri umani, commetteranno molti errori perché convinti di essere già capaci. In realtà la disposizione degli organi umani e la consistenza dei tessuti differisce in maniera significativa rispetto a quella degli animali.
Nel caso dei trapianti, tutti i primi pazienti sono morti nonostante le ricerche condotte precedentemente. Ad esempio, presso l'Università di Stanford negli Stati Uniti, prima di tentare il trapianto di cuore, i chirurghi lo provarono su circa 400 cani. Quando passarono agli esseri umani, i primi due pazienti morirono per complicanze che non si erano verificate negli animali. Poi tentarono il trapianto di polmone e il risultato fu ancora peggiore: solo 2 dei primi 39 pazienti sopravvissero più di 2 mesi.
Anche in questo caso, come nella farmacologia, vi sono due cavie: quelle animali, il cui sacrificio non fornisce alcun dato utile per il progresso scientifico, e quelle umane. Queste ultime, senza alcuna garanzia, vanno solitamente incontro a morte sicura ma, in questo momento storico, in cui ancora si insiste con la vivisezione anziché passare ad altri metodi di ricerca, sono in grado di fare comprendere ai chirurghi come migliorare i propri interventi.
Genetica
La genetica è la scienza che studia i caratteri ereditari. Negli ultimi 20 anni le ricerche in questo campo si sono moltiplicate soprattutto da quando è stato possibile modificare i cromosomi degli esseri viventi (manipolazione genetica). Nel campo della ricerca hanno quindi creato animali in cui sono stati tolti singoli geni o ne sono stati aggiunti di estranei (animali transgenici). Tale attività dimostra che fino ad ora la vivisezione non è stata scientificamente valida, poiché, se così fosse, non ci sarebbe necessità di creare nuovi animali.
In realtà nemmeno questa strada si sta rivelando utile per il progresso scientifico. Gli animali transgenici infatti si comportano in maniera differente rispetto a quelli non manipolati soltanto per le caratteristiche mutate, per il resto continuano a reagire in base alla loro specie di appartenenza. Così nel 1988 negli USA veniva brevettato un topo (oncomouse o oncotopo) in cui era stato inserito nel DNA un gene umano in grado di fare sviluppare un tumore alla mammella. A distanza di più di 10 anni non si è ottenuto ancora alcun progresso scientifico nel campo della comprensione dei meccanismi di insorgenza dei tumori o della loro cura. Tutto ciò perché l'oncomouse continua a rimanere per il 99% un topo e quindi a comportarsi in maniera significativamente diversa rispetto agli esseri umani. Non bisogna inoltre dimenticare che, a causa della manipolazione genetica, introduciamo negli ecosistemi mutazioni artificiali che non hanno subito i meccanismi naturali di selezione e quindi ignoriamo quali potrebbero essere le conseguenze. Infine creiamo esseri viventi ibridi (chimere), dove vengono mischiati geni animali e umani.
Psicologia
Tra gli esperimenti di vivisezione più sadici e aberranti, molti sono stati compiuti per ricerche riguardanti la psicologia. Un esempio classico è quello di condizionare gli animali a compiere o evitare determinate azioni o situazioni mediante scariche elettriche. Questo risultato si ottiene attraverso l'elettrificazione dei pavimenti delle gabbie in cui sono posti gli animali, oppure attraverso l'impianto di elettrodi direttamente nel cervello. Per studiare i comportamento dei bambini, vengono presi cuccioli appena nati, tolti alla madre e posti vicino a fantocci, spesso con aculei (deprivazione materna). Tutto ciò per scoprire che il bisogno di affetto nei piccoli è così grande che si attaccano anche alle madri artificiali con aculei, tanto da provocarsi ferite. In altri casi, si distruggono zone del cervello degli animali per studiare malattie umane, quali la schizofrenia, che tutti sanno non essere provocate da danni organici a carico del cervello.
Se normalmente la vivisezione è scientificamente criticabile, nel caso negli esperimenti in campo psicologico tale critica risulta doppia. Infatti, non solo non è possibile estrapolare agli esseri umani i risultati ottenuti sugli animali, ma con questi ultimi non condividiamo nemmeno il linguaggio, ossia lo strumento principale della comunicazione, attraverso il quale possiamo valutare gli aspetti psicologici di una persona. Così si giunge al paradosso che uno stesso modello animale viene considerato valido da alcuni autori per studiare la depressione e da altri per l'ansia.
Cosmesi
Le ricerche cosmetiche impiegano un numero relativamente basso di animali. E' però significativo citarle perché la cosmesi non rientra nelle discipline utili al progresso scientifico e al miglioramento della salute umana. Inoltre la sopravvivenza della vivisezione in questo campo dimostra la malafede e la pigrizia di quanti la praticano.
Per sperimentare i cosmetici viene utilizzata una tra le prove più crudeli e non scientifiche mai create, il Draize Test, di cui esistono 2 versioni: il Draize Eye Test e il Draize Skin Test, entrambi creati nel 1944. Il primo consiste nell’applicare negli occhi dei conigli le sostanze da sperimentare e proseguire la prova fino a quando gli occhi non si infettano e infine vanno in necrosi (morte dei tessuti). Il secondo è simile, ma la sostanza viene applicata sulla cute rasata dei conigli. La valutazione dei risultati da parte dei ricercatori è soggettiva, tanto che spesso varia in maniera significativa anche all'interno di uno stesso laboratorio.
In nessun campo scientifico e tecnologico le metodiche sono ancora identiche al 1944. Nel campo della cosmesi invece siamo ancora fermi da mezzo secolo e nessuno è riuscito, o meglio ha voluto, inventare test meno crudeli e più attendibili rispetto agli attuali.
La Comunità Europea sta facendo slittando di due anni in due anni l'applicazione di una Direttiva, in cui viene sancita l'abolizione della vivisezione nella cosmesi, perché negli ultimi anni non sono stati ancora validati, ossia dimostrati validi scientificamente, metodi sostitutivi. Paradossalmente però, per ottenere ciò, fino ad ora, i ricercatori hanno paragonato i dati ottenuti con i metodi sostitutivi con quelli forniti dagli animali. Si arriva quindi all'assurdo che, ad esempio un metodo che impiega la lacrima umana per valutare l'irritabilità oculare di una sostanza (Test di Bettero) non venga validato perché i dati che si ottengono si discostano da quelli sugli animali. E come potrebbe essere altrimenti? Come si può pretendere di usare come confronto un metodo totalmente differente e soprattutto senza valore scientifico?
METODI SCIENTIFICI SOSTITUTIVI
Attualmente esistono già diversi metodi scientifici che non impiegano animali. Potrebbero essere molti di più se le sovvenzioni pubbliche e private non andassero in gran parte a finanziare vivisezione. Un altro ostacolo ad un maggiore impiego è la giusta necessità di validarli, ossia di dimostrare la loro validità. Per ottenere ciò però, come abbiamo visto nel campo della cosmesi, i metodi sostitutivi vengono paragonati ai modelli animali e se non forniscono lo stesso risultato non vengono validati.
In sintesi i metodi sostitutivi possono essere divisi in due grandi gruppi: biologici e non biologici, come illustrato nella tabella di seguito.
Metodi biologici
- Procarioti
- Frazioni subcellulari
- Colture cellulari
- Tessuti ed organi isolati
Metodi non biologici
- Epidemiologia e statistica
- Banche dati
- Computerizzazione
- Modelli matematici e meccanici
I metodi biologici utilizzano materiale biologico di vario genere, prevalentemente di origine umana.
I procarioti sono organismi unicellulari come i virus e i batteri e vengono utilizzati soprattutto nelle ricerche sulla cancerogenesi e mutagenesi. Ogni cellula è costituita da diverse strutture che ne permettono la sopravvivenza e il funzionamento, alcuni metodi utilizzano tali frazioni subcellulari soprattutto negli studi sulla cancerogenesi e tossicologia delle sostanze.
Le colture cellulari invece impiegano cellule intere, ottenute mediante un prelievo molto piccolo di tessuto umano e messe in un terreno di coltura adatto alla loro sopravvivenza. Vengono impiegate in farmacologia, oncologia, fisiologia, immunologia, genetica, biochimica, microbiologia e radiologia
Tra tutti i metodi biologici quelli che impiegano tessuti ed organi isolati sono sicuramente i più affidabili. I materiali si possono ottenere ogni giorno e senza alcuna spesa nelle sale chirurgiche: infatti i tessuti e gli organi asportati sono di solito in massima parte buttati via. Se vengono recuperati invece si possono condurre ricerche soprattutto nel campo della patologia e dell’oncologia in particolare.
I metodi non biologici comprendono invece tutte quelle tecniche che impiegano sussidi meccanici o analisi teoriche.
L’epidemiologia studia la frequenza e la distribuzione dei fenomeni epidemici e quindi delle malattie nella popolazione, mentre la statistica è la disciplina che si occupa del trattamento dei dati numerici derivati da un gruppo di individui. L’impiego della epidemiologia e della statistica ha permesso, come già ricordato, di riconoscere la maggior parte dei fattori di rischio delle malattie cardiocircolatorie quali l’ipertensione arteriosa, il fumo, il sovrappeso, l’ipercolesterolemia, la mancanza di esercizio fisico.
Le banche dati consistono nella raccolta di tutti i risultati sperimentali riguardanti un determinato argomento e nella successiva archiviazione nei data-base dei computer. Questo metodo non può essere ritenuto sostitutivo in senso stretto poiché potrebbe essere impiegato anche nel campo della vivisezione, ha comunque il grosso pregio di evitare la ripetizione di ricerche identiche.
L’uso dei computer non consiste solo nell’immagazzinare dati, ma anche nell'elaborazione finalizzata alla simulazione di procedimenti metabolici e funzionali del corpo umano grazie all’uso di computer analogici.
Infine i modelli matematici e meccanici si ricollegano alla computerizzazione. Infatti i dati immessi nei computer vengono poi analizzati mediante calcoli matematici e le conclusioni possono essere applicate creando dei modelli meccanici, ossia manichini in grado di mimare una determinata situazione. Esistono manichini in grado di simulare le conseguenze sul corpo umano degli incidenti automobilistici oppure delle diverse patologie cardiovascolari.
SPERIMENTAZIONE UMANA
Da sempre la ricerca scientifica si avvale anche della sperimentazione umana. La vivisezione quindi non rappresenta un metodo di ricerca utile ad evitare l'impiego dei nostri simili. Qualsiasi dato ottenuto con gli animali deve essere confermato sugli esseri umani per diventare accettato scientificamente. Ad esempio nel caso della farmacologia, la legge impone che ogni nuova sostanza debba essere sperimentata prima sugli animali e poi sugli esseri umani. Tutto ciò dimostra in maniera inequivocabile che la vivisezione non riveste alcun valore scientifico. Perché infatti imporre anche la sperimentazione umana, se gli animali fossero in grado di fornirci i dati che vogliamo? In realtà la vivisezione serve per poter passare agli esseri umani senza tanti scrupoli e potersi tutelare da eventuali denunce per i danni provocati dalle nuove sostanze immesse in commercio.
Studi psicologici dimostrano che quanti sono insensibili verso la sofferenza degli animali lo diventano anche verso quella umana. Un'ampia documentazione storica dimostra tutto ciò. In particolare è stato pubblicato un libro intitolato “Cavie umane - La sperimentazione sull’uomo”, scritto dal Dottor Pappworth, in cui vengono citati più di 200 esperimenti aberranti compiuti sugli esseri umani e tratti da riviste scientifiche. La maggior parte di queste ricerche è stata compiuta su bambini, anziani, carcerati, orfani e malati di mente, quindi su categorie indifese come gli animali. Le motivazioni di tali ricerche sono state l’ambizione e il desiderio di facili carriere, ossia le stesse dei vivisettori.
Il problema non è se sia giusto sperimentare sugli esseri umani, ma come queste ricerche vengono compiute. Tutti i partecipanti infatti dovrebbero essere consapevoli delle eventuali conseguenze derivanti dalla partecipazione ad una sperimentazione, dovrebbero essere liberi di decidere senza condizionamenti e i rischi a cui vanno incontro dovrebbero essere più limitati possibile. Fino a quando però la ricerca di base continuerà ad affidarsi alla vivisezione, continueranno ad esserci anche "cavie umane", spesso prive di qualsiasi tutela.
Quindi coloro che si battono per l’abolizione della vivisezione, lo fanno per difendere gli animali da inaccettabili soprusi, ma anche perché l’insensibilità dei vivisettori rappresenta un pericolo per la vita e la salute dello stesso genere umano.
ANTIVIVISEZIONISMO ETICO
Il pensiero occidentale non è mai stata particolarmente benevolo verso gli animali che sono stati visti, quasi sempre, come esseri al servizio dell'uomo. Non sono mancate, già nell'antichità, voce in dissenso rispetto a questa impostazione, come ad esempio Pitagora, Porfirio, Plutarco, Celso, ma nel complesso fino a pochi anni fa la visione antropocentrica è stata quasi universalmente accettata. Anzi, in passato vi furono filosofi che hanno considerato gli animali macchine prive di sensibilità e sentimenti. Cartesio riteneva i guaiti di dolore di in cane equivalenti al rumore di un orologio. A questa visione barbara e non scientifica si oppose Kant. Questi infatti riteneva che gli esseri umani dovevano rispettare gli animali perché la crudeltà verso questi ultimi predisponeva identici comportamenti anche verso i nostri simili. Anche l'impostazione kantiana però rimaneva antropocentrica, poiché non venivano riconosciuti agli animali diritti derivanti dalla loro condizione di esseri viventi e senzienti, ma indiretti e finalizzati ad evitare analoghi comportamenti dannosi verso gli esseri umani. Solo alla fine del 1700 il filosofo utilitarista Jeremy Bentham, per la prima volta, iniziò a porre le base per il riconoscimento dei diritti animali. Egli riteneva che gli uomini nei loro comportamenti verso gli animali non dovevano considerare se questi parlavano o ragionavano, ma soltanto se erano in grado di soffrire. Per questo motivo è ingiusto comportarsi in maniera violenta verso gli animali e quindi, ad esempio, vivisezionarli.
Soltanto all'inizio degli anni '70 cominciò ad organizzarsi un vero e proprio movimento per il riconoscimento dei diritti degli animali. A guidarlo due filosofi: Tom Regan, professore presso l'Università del Nord Carolina negli Stati Uniti e Peter Singer, direttore del Centro di Bioetica Umana alla Monash University di Melbourne in Australia. Alla base delle argomentazioni di questi filosofi, vi è il concetto di specismo. Gli esseri umani mettono in atto comportamenti crudeli verso gli animali soltanto perché questi non appartengono alla nostra specie. Analogamente i razzisti discriminano in base alla razza e i sessisti in base al sesso. Quindi riconoscere agli animali diritti quali la vita, il benessere, un equo trattamento e il rispetto della specie di appartenenza, rappresenta la logica conseguenza del riconoscimento dei diritti umani. L'argomentazione che noi saremmo autorizzati a compiere determinate azioni sugli animali poiché questi sono meno intelligenti rispetto agli esseri umani, viene rifiutata utilizzando l'esempio dei casi marginali. Se noi infatti vivisezionassimo soltanto in base al grado di intelligenza, dovremmo utilizzare anche, ad esempio, i bambini gravemente cerebrolesi, poiché sicuramente meno intelligenti rispetto ai primati non umani. Se invece non ci comportiamo in questa maniera è perché discriminiamo i nostri comportamenti in base a pregiudizi di tipo specista.
Nelle valutazioni etiche delle nostre azioni verso gli animali dobbiamo quindi considerare la loro capacità di soffrire, di provare sentimenti e sensazioni. Non possiamo considerarli oggetti da usare a nostro piacimento, come suggeriva Cartesio, ma soggetti di diritto. Quindi non dobbiamo farli soffrire, non dobbiamo usarli per i nostri scopi e per i nostri vantaggi che, nel caso della vivisezione, riguardano solo chi la compie: soldi e possibilità di fare carriera e non certamente utilità per il progresso scientifico e quindi per il bene dell'umanità.
In sintesi, da un punto di vista etico, la vivisezione deve essere rifiutata poiché rappresenta un esempio di comportamento specista, gravemente lesivo di tutti i diritti che le più avanzate correnti di pensiero filosofico riconoscono agli animali.
LA LEGGE ITALIANA SULLA VIVISEZIONE
La legislazione italiana è sempre stata poco attenta al tema vivisezione. Infatti fino al 1992 l'unica legge esistente risaliva al 1931 ed era talmente inadeguata che stabiliva come sanzione massima nei casi di violazione una multa di 32.000 per i contravventori.
Finalmente, grazie alla spinta delle associazioni antivivisezioniste, nel 1992 veniva approvato il Decreto Legislativo n°116 che regolamenta l'impiego degli animali nella sperimentazione. Purtroppo, nonostante qualche miglioramento, nel complesso anche la nuova legge rimane assolutamente inadeguata, anche per chi accetta in alcuni casi la vivisezione. Il Decreto Legislativo è costituito da 20 articoli che, da un lato pongono dei limiti all'impiego degli animali nella ricerca, da un altro sanciscono anche le relative deroghe. Così si scopre che si può non usare l'anestesia, si possono impiegare tutte le specie animali comprese quelle in via di estinzione.
Teoricamente i ricercatori dovrebbero dimostrare che non esistono metodi alternativi all'impiego degli animali. In pratica però non esiste nessuna forma di controllo nelle autorizzazione che di fatto vengono concesse a tappeto. Inoltre, nei rari casi in cui sono stati eseguiti dei controlli, ad esempio dai NAS (Nuclei Anti Sofisticazione), sono state riscontrate innumerevoli violazioni della normativa.
L'aspetto più criticabile di questa legge, per altro già molto permissiva verso i vivisettori, è la quasi assoluta impossibilità a mettere in atto qualsiasi forma di controllo. Non esistono figure professionali predisposte a ciò ed inoltre il Decreto Legislativo n°116 arriva al paradosso di sancire che, per quanto riguarda le strutture private, il controllo sulla corretta applicazione della legge debba essere compito di un veterinario dipendente della stessa struttura.
L'unico vero successo conseguito fino ad ora dal movimento antivivisezionista in ambito legislativo è stata l'emanazione della Legge n°413 del 16 ottobre 1993 che sancisce il riconoscimento del diritto di obiezione di coscienza alla vivisezione da parte di studenti universitari, ma anche dei lavoratori di industrie private. In pratica gli studenti che vogliono avvalersi di questo diritto, prima dell'inizio dei corsi universitari in cui si praticano esercitazioni di vivisezione, devono comunicarlo per iscritto. Invece, i lavoratori che cercano un posto in un ente in cui si pratica vivisezione, devono dichiararsi obiettori alla presentazione della domanda di assunzione o di partecipazione al concorso.
Il vero problema di questa Legge è evitare che gli obiettori vengano discriminati sia agli esami che nelle assunzioni. Teoricamente un articolo sancisce che tutti debbano essere trattati alla stessa maniera, in pratica però di solito è impossibile stabilire, soprattutto in ambiente universitario, eventuali discriminazioni.
GLI INTERESSI LEGATI ALLA VIVISEZIONE
La vivisezione sopravvive non perché contribuisce al progresso scientifico, ma perché è utile a chi la pratica. I vantaggi che si ottengono sono sostanzialmente economici e di carriera.
Intorno alla vivisezione ruotano molti soldi direttamente legati all'allevamento e alla stabulazione degli animali da esperimento, oppure alla loro cattura (per esempio le scimmie), nonché alla produzione di tutto il necessario per il loro mantenimento e infine per l'esecuzione degli esperimenti. Ma è a livello industriale che si concentrano i maggiori interessi. Grazie alla vivisezione infatti le industrie farmaceutiche si tutelano dalle possibili denunce di quanti hanno subito effetti collaterali dei farmaci assunti. Inoltre l'estrema variabilità dei risultati permette di ottenere quanto desiderato semplicemente cambiando la specie su cui si compie l'esperimento. Così le industrie farmaceutiche possono dimostrare praticamente l'utilità o l'innocuità di qualsiasi sostanza.
Anche a livello universitario però la vivisezione fornisce significativi vantaggi a chi la compie. Gli esperimenti sugli animali permettono infatti facili e veloci pubblicazioni su riviste scientifiche, condizione questa necessaria e indispensabile per compiere altrettanto facili e veloci carriere universitarie, fonte a loro volta di fama e soldi.
Esistono però anche molti scienziati in buona fede che, abituati a ritenere la vivisezione utile al progresso scientifico, non sono in grado di mettere in discussione questo dogma. Questa visione antistorica della ricerca viene insegnata già al primo anno delle Facoltà scientifiche e rinforzata in seguito. Così lo studente al momento della laurea, pur avendo gli strumenti scientifici adeguati per farlo, non sarà più in grado di mettere in discussione l'utilità della vivisezione.
IL MOVIMENTO ANTIVIVISEZIONISTA
La nascita di associazioni antivivisezioniste, risale all'inizio del 1900. Fino a pochi anni fa si prefiggevano lo scopo di informare l'opinione pubblica sulle atrocità commesse a danno degli animali nei laboratori di ricerca. All'inizio degli anni '70 nasceva il cosiddetto Movimento dei diritti degli animali per opera di filosofi di fama internazionale quali l'americano Tom Regan e l'australiano Peter Singer. Lo scopo era quello di presentare una nuova visione della filosofia in cui anche agli animali erano attribuiti diritti, quali la vita, il benessere e un equo trattamento. Per questi filosofi, tra i quali in Italia possiamo ricordare Luisella Battaglia, Silvana Castignone e Gino Ditadi, la vivisezione rappresenta ovviamente una gravissima violazione di tutti i diritti attribuiti agli animali.
All'interno del movimento antivivisezionista è ultimamente in forte crescita anche la componente scientifica e un numero sempre maggiore di laureati in Medicina, Veterinaria, Farmacologia, Biologia, Chimica, Scienza Naturali manifesta la propria condanna alla vivisezione, perché non utile al progresso scientifico, ma addirittura dannosa. Sono nati così il Comitato Scientifico Antivivisezionista e la Lega Internazionale Medici per l'Abolizione della Vivisezione a cui sono iscritti professori come Gianni Tamino, Pietro Croce, Bruno Fedi e Raul Berkoff. Compito delle associazioni è quello di fare breccia nella comunità scientifica per giungere all'abolizione della vivisezione. A tale fine vengono organizzate conferenze, dibattiti, campagne pubblicitarie, contattati politici e distribuito materiale informativo.
COME AIUTARE IL MOVIMENTO ANTIVIVISEZIONISTA
Documentatevi sulla vivisezione, leggendo libri ed articoli
Distribuite materiale informativo e parlate del problema con quante più persone potete
Quando potete, esprimete pubblicamente la vostra condanna (es. intervenite nei dibattiti, scrivete lettere ai giornali)
Aiutate le associazioni che si battono contro la vivisezione con afferte o meglio ancora diventando attivisti
Boicottate quanti sono coinvolti nella vivisezione
Contattate i parlamentari che volete votare o che avete già votato e informateli che il vostro futuro appoggio dipenderà dal loro impegno contro la vivisezione
Mettete a disposizione la vostra professionalità se questa può servire (es. medici per conferenze, avvocati per denunce, insegnanti per parlare nelle scuole, tipografi per stampare materiale informativo eccetera)
Non finanziate le associazioni per la ricerca se queste non sono in grado di dimostrare che i soldi non vengono investiti nella vivisezione.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Battaglia Luisella. Etica e diritti degli animali. Laterza (1999)
Cagno Stefano. Gli animali e la ricerca. Franco Muzzio Editore (1997)
Cagno Stefano. Quando l'uomo si crede Dio. Alberto Perdisa Editore (2000)
Castignone Silvana (a cura di). I diritti animali. Il Mulino (1988)
Croce Pietro. Vivisezione e scienza. Calderini Edagricole (2000)
Ditadi Gino. I filosofi e gli animali. Isonomia. (1994)
Fano Alix. Lethal laws. Zed Books Ltd (1998)
Pappworth Maurice Henry. Cavie umane: la sperimentazione sull’uomo. Feltrinelli (1971)
Scharpe Robert. L’inganno crudele. Ed. Borla (1992)
Regan Tom. I diritti animali. Garzanti (1990)
Ruesch Hans. Imperatrice nuda. Garzanti (1981)
Singer Peter. Liberazione animale. Mondatori (1991)
Tettamanti Massimo. Tossicità legale, Ed. ATRA (1996)
Tettamanti Massimo. Tossicità legale 2, Ed. ATRA (1998)
Stefano Cagno è laureato in Medicina e Chirurgia, lavora come Dirigente Medico Ospedaliero ed è membro del Comitato Scientifico Antivivisezionista e della Lega Internazionale Medici per l'Abolizione della Vivisezione (LIMAV). E' autore dei libri Gli animali e la ricerca (Franco Muzzio Editore - 1997) e Quando l'uomo si crede Dio (Alberto Perdisa Editore - 2000).
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