no ocse siena 10 11 12 luglio 2002

[ Il Social Forum Amiata Fiora sull'acqua ]

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NON SOLO ACQUA

Accompagnato dall'emblematico silenzio della stampa locale e da quello delle varie Amministrazioni Comunali, anche in Provincia di Grosseto il processo politico che porterà alla privatizzazione dell'acqua sta arrivando al capolinea. Entro la fine del 2002, il 40% del pacchetto azionario della s.p.a Fiora -attuale gestore unico del Sistama Idrico Integrato di un territorio di 7.144 kmq nel quale vivono 352.000 cittadini, tutti quelli della provincia di Grosseto e 24 della provincia di Siena- sarà ceduto ad un unico soggetto privato.

L'acqua, patrimonio dell'umanità, bene primario irrinunciabile, sarä da quel momento considerato alla stregua di un qualsiasi altro prodotto, una merce da cui trarre profitto, il cui valore, trasformato in prezzo, sempre piu'vedremo comparire ed oscillare nei listini delle contrattazioni di Borsa.

Chi ha deciso tutto cio', quale è stato il percorso `democratico' che ha portato a simili conclusioni e, soprattutto, qual'è la visione sociale che ha determinato decisioni di questo tipo?

Nonostante le odierne giustificazioni di alcuni amministratori di centro-sinistra, non vi è stata, e a tutt'oggi non c'è, nessuna direttiva Comunitaria che ha determinato o imposto gli scenari attuali. E' stata invece approvata nel 1994 dal governo di centro-sinistra una disposizione (la Legge Galli) -approvata all'unaninità dal Parlamento- la quale, anche se formalmente definisce l'acqua un diritto e un bene collettivo, di fatto, attraverso la prescrizione della costituzione della società di capitali per gli organismi di gestione delle risorse idriche, ha indicato la direzione di marcia verso la liberalizzazione del mercato.

Una porta aperta a favore di quelle privatizzazione del servizio pubblico acqua che oggi, il governo Berlusconi nell'art. 35 della finanziaria del 2002 , ha prontamente recepito.

Che tutto cio' non sia una semplice interpretazione, lo si deduce chiaramente dal disegno di Legge n.4014 del Maggio 1999, a firma dell'allora presidente del Consiglio D'Alema.

Partendo dalla cosiderazione di come ``l'attuale assetto si caratterizza per il rilievo con cui viene considerato il profilo della funzione sociale dei servizi pubblici locali....sottovalutamdo pero' la valenza economica e imprenditoriale dei servizi di erogazione di energia e gas, di gestione del ciclo dell'acqua, dei rifiuti'', la nuova legge si propone tra i suoi obbiettivi ``la creazione di un mercato aperto alla concorrenza, nel rispetto dei principi di trasparenza, economicità e parità tra soggetti pubblici e privati, nel quale possono esprimersi appieno le migliori capacità imprenditoriali''.

Sarà forse per questa illuminante progettualità sociale che, sempre a partire dal 1999, sarà proprio la Toscana ad aprire ai capitali privati la gestione dell'acqua. Un modello di riferimento per le future scelte del centro-destra.

In sostanza già oggi, 37 Comuni della provincia di Siena e Arezzo, hanno affidato la gestione dell'intero ciclo dell'acqua ad una miltinazionale francese - la Lyonnaise des Eaux- la stessa che, in Argentina, ha conquistato l'appalto dell'acqua potabile di Buenos Aires, alzando enormememnte i prezzi e tagliando le forniture a centinaia di migliaia di cittadini impossibilitati a pagare il servizio.

Imbottigliati nell'A.T.O

Il 15/12/2001, la Conferenza dei sindaci dei comuni dell'A.T.O 6 (circoscrizioni territoriali che hanno l'acua in comune, sono gli organismi con cui la Regione Toscana ha suddiviso il territorio accorpandolo in Ambiti Territoriali Ottimali), ha sottoscritto un ``accordo di programma'' con il quale impegna l'attuale gestore unico -il Fiora spa- ha indire entro 12 mesi una gara per la cessione del 40% delle azioni ad un soggetto privato. Il rimanente 60%, rimanendo `pubblico', sarà suddiviso tra i Comuni senesi e grossetani che dell'Ato 6 fanno parte.

Possiamo immaginare come, a livello locale, queste decisioni siano state prese.

Superficialmente, in zona cesarini, Giunte e consigli comunali, per non rimanere fuori dal gioco, approvano protocolli d'intesa kilometrici e apparentemente solo tecnici. L'intravvedere future possibili monetizzazioni, è quanto basta loro per contribuire a fornire quell'apporto al degrado profondo della vita politica e amministrativa di queste comunità, ancora una volta fuori gioco.

Questo quanto meno è cio' che è successo nel nostro specifico: nessun Consiglio Comunale si è aperto all'esterno, nessuna assemblea è stata convocata, fosse solo per sentire il punto di vista della popolazione a riguardo.

Il fatto è che la privatizzazione dell'acqua, in un contesto locale e globale di mercatizzazione dell'intera vita umana, è un affare troppo `sicuro' e lucroso per essere oggetto di dispute partecipative. Il percorso che in base a questi piani condurrà alla privatizzazione, contiene del resto, già nei suoi passaggi procedurali e nelle forme concrete di attuazione, un deficit di democrazia significativo:

già nello stato attuale, la sostanza del gestore Fiora spa, prevede una quota azionaria in proporzione alla popolazione di ogni singolo comune. I comuni piu' piccoli sono evidentemente penalizzati, pur essendo quelli dove sono dislocate le maggiri risorse idriche.

un collegio ristretto (Collegio di vigilanza sull'accordo di programma) formato dai Sindaci di Grosseto, Siena e Massa Marittima, elaborerà il bando e le procedure di gara, effettuerà la gara e stilerà la graduatoria finale. In pratica, spetterà a questo collegio l'individuazione e la scelta del privato che entrerà nella nuova società per azioni.

I consigli comunali dovranno ``approvare l'accordo di programma, la determinazione delle quote azionarie e la scelta del socio privato. Nel caso di mancata approvazione, il Collegio procederà all'esclusione dei comuni inadempienti dalla società di gestione ed attribuirà ai rimanenti le loro quote''.

Un'analisi del ``Piano d'Ambito''nel quale sono delineate le strategie d'intervento e il piano di investimenti dell'ATO 6, getta una ulteriore luce sulla filosofia complessiva che muove il nuovo organismo.

Le linee guida sono cosi' sintetizzate:

-Integrazione delle fonti di approvigionamento ed incremento progressivo correlato alla richiesta.

-ottimizzazione delle fonti di approvigionamento.

-riduzione graduale delle perdite, dal valore complessivo del 46%, al valore medio del 21%.

Modulato su un arco temporale di 25 anni, il Piano d'Ambito, individuando nella fatiscenza delle reti distributive una delle aree di criticità maggiormente rilevanti (attualmente il volume complessivo dell'acqua prelevato dalle diverse fonti risulta pari a circa 51.866.000 mc/anno; l'acqua fatturata all'utenza pari a circa 27.820.000 mc/anno), enfatizza l'urgenza delle opere di ammodernamento e manutenzione delle condotte idriche e cio', richiedendo una notevole mole di investimenti, necessita dell'apporto di capitali.

Queste, assieme alla scelta già dal primo esercizio, di ``non ricorrere al finanziamento esterno'' sono tra le principali motivazioni dell'apertura al mercato del Fiora spa.

Il piano economico finanziario prevede infatti un capitale di costituzione di 30 miliardi (in lire). I conti sono presto fatti.

Ipotizzando nel primo anno di gestione una offerta di acqua per l'intero comprensorio di 50 milioni di mc al prezzo medio di 1935 lire al mc, si realizza un introito di 100 miliardi. Stando a queste proiezioni (i dati sono dell'Ato) l'apporto del socio privato è quantificabile in 12 miliardi (40% del capitale di costituzione), un contributo decisamente esiguo ma comunque decisivo, questo si, per realizzare, a partire dal primo anno di gestione, un bel rientro di denaro al capitale investito.

Una ottimizzazione economica perfetta, un bel modo di attrarre i capitali e le capacità imprenditoriali nell'affare acquifero!

Viene da pensare che il contributo di 12 miliardi da parte del socio privato, sarà indirizzato alla costruzione della nuova sede dell'ente gestore, per la cui realizzazione è previsto uno stanziamento di 7 miliardi, a fronte di un investimento di 15 miliardi finalizzato alla riduzione delle perdite.

Certo, niente a che vedere con gli scalcinati uffici comunali dell'acqua, negli ultimi anni poco piu' che depositi per vetrini e contatori ma, non siamo per nulla persuasi che il salto di `qualità'consista nello sfarzo estetico e negli arredamenti ammiccanti dell'attuale moderna sede del Fiora a Grosseto. Né, tanto meno, dai 56 addetti all'organizzazione `pensante' del servizio, tra staff e dirigenti.

E' fuori discussione tuttavia che la gestione `pubblica' (in economia) del ciclo dell'acqua si è concretizzata, in moltissimi casi, in una lunghissima serie di sprechi, inadempienze e in una condizione clientelare che, indifferentemente, ha dilagato dalla realizzazione delle nuove utenze fino all'assunzione del personale di servizio.

Lavori di riparazione fermi per giorni e giorni per la mancanza di uno scavatore o perché le finanze comunali, vuote, impedivano il semplice acquisto di nuove condutture. Vuoto e smarrimento totale negli uffici tecnici al pensionamento dell'ultimo operaio addetto all'acquedotto, vera e propria memoria storia e patrimonio di conoscenze locali sull'acqua. Poiché, è il caso di sottolinearlo, buona parte dei Comuni sono del tutto sprovvisti di una banca dati in grado di fornire una mappatura dettagliata della dislocazione delle fonti idriche quando, e non sono i casi meno frequenti, non si è neppure in grado di indicare con esattezza il pozzetto a cui allacciarsi.

La realtà quotidiana per paesi del grossetano quali Sorano, Pitigliano, Manciano, è fatta quasi esclusivamente di rituali ordinannze le quali, all'avvicinarsi dell'estate, impongono una sfilza di divieti e limiti all'uso dell'acqua. Non rispettati e disattesi in massa.

E perché poi non annaffiare l'orto o lavare l'automobile quando è a conoscenza di tutti la `storia' che racconta come, l'acqua del Fiora, da giugno serve per irrigare i campi da golf di Punta Ala, e lavare i panfili a Porto S.Stefano?

Non è questa quindi la dimensione pubblica che vogliamo difendere, ed è sintomatico come oggi, tra i paladini di questa svendita, ritroviamo coloro che, nel corso degli ultimi anni, hanno contribuito-per inefficenza ed arroganza- al disastro della gestione diretta del bene acqua: che si tratti di acqua per usi civili, termali, agricoli.

Certo che, cosi' come sta configurandosi, il passaggio ai privati determinerà (e i casi di Arezzo e Chianciano lo confermano) una amplificazione di alcuni dei tratti piu' negativi del recente passato.

Una società per azioni non è un istituto di beneficenza, per sua stessa natura la sua azione è volta all'ottenimento del massimo profitto. E allora, ci si preoccuperà sempre piu' di vendere la maggiore acqua possibile (l'obbiettivo dell'ATO 6 è di portare l'attuale dotazione media di 149 litri/ab. x g a 177 dopo i primi tre anni; a 185 dopo tredici anni, ed a 210 dopo 20 anni), indirizzando i flussi nelle zone dove, in base ai parametri relativi ai meccanismi tariffari, il prezzo dell'acqua sarà piu' elevato.

Le innovazioni tecniche, nel Piano d'Ambito, sono tutte rivolte all'ottimizzazione e alla crescita dell'offerta acqua, a scapito degli interventi e degli incentivi mirati al risparmio delle risorse, nonché alla prevenzione e `l'educazione' al consumo.

Non a caso, tra i fattori che possono determinare aumenti di tariffa, mentre si prevedono le voci `ammortamento impianti' di una riserva potabile inquinata ( se l'acqua fa proprio schifo, è difficle venderla), non vi sono analoghe considerazioni riguardo le coperture dei costi necessari per attuare interventi di prevenzione e salvaguardia, Interventi, quest'ultimi, necessariamente da estendere sull'intero territotio in cui si trova la risorsa idrica.

Di fronte a queste analisi, dove sono presenti solo alcuni degli elementi caratterizzanti la strategia del Piano d'Ambito rivolta ``ad un'attenta programmazione e pianificazione di una nuova iniziativa imprenditoriale'', le giustificazioni degli amministratori, non reggono.

Solo la gestione dell'acqua, affermano, verrà privatizzata, rimarranno pubbliche le proprietà delle reti distributive. Ma, a parte il pericolo concreto, considerando la lunghezza delle concessioni di gestione, che si perdano nella collettività le necessarie conoscenze e competenze per gestire gli impianti (oggi ancora in larga misura affidati all'esperienza pratica di personale locale), chi puo' scommettere- stante i dilaganti orizzonti liberisti- sulla capacità e sulla volontà del ceto politico di mantenere l'adeguato controllo sui privati?.

E, chi controllerà chi, se la legge individua nell'ATO l'organismo preposto a questa vigilanza, visto che, paradosso nell'assurdità,quest'ultimo dovrebbe controllare proprio chi lo finanzia e che entra in società con un buon 40%?

In base a quali argomenti poi si afferma che solo attraverso la privatizzazione il servizio diverrà efficiente, razionale, al passo con i tempi? Non certo basandosi sulla situazione generale degli altri paesi europei. Stati come l'Olanda, la Danimarca, la Svezia, operano tutt'ora in regime di gestione diretta delle acque e, non vi sono disposizioni dei governi verso la privatizzazione.

Non omogenea la realtà francese, dove gestione pubblica e privata convivono, tanto che le stesse grandi multinazionali francesi, agiscono e si arricchiscono, piu' all'estero che in casa propria.

La scelta della privatizzazione dell'acqua, in un panorama generale contrassegnato dalle dismissioni pubbliche dei principali servizi sociali è, fuori dalle righe, ideologia pura, applicata ad un modello di sviluppo che consuma oltre che merci e prodotti, le stesse prerogative essenziali della convivenza civile.

L'Italia, sesta potenza industriale del mondo, è il paese dove un terzo dei cittadini non ha regolare accesso all'acqua potabile, con punte del 88,4% in Molise e Calabria, dell'82,4% in Campania, del 71% in Abruzzo. Cattiva gestione delle risorse, eccessivo sfruttamento delle falde, inquinamento, stanno, fin da adesso, restringendo le possibilità per le collettività di attingere direttamente alle riserve idriche locali.

Non c'è dunque `solo' il problema della quantità, ma anche quello della qualità dell'acqua.

Nel comprensorio dell'Amiata, (terra di mercurio e geotermia) dove si trovano le sorgenti del Fiora, è urgente un monitoraggio popolare autogestito il quale, sulla base dell'esperienza e delle lotte dei minatori di Campiano per l'inquinamento del Merse, sia capace di abbattere i muri di omertà e disinformazione intorno all'uso e allo stato di qualità del fiume Fiora.

Dagli anni '60 l'ENEL ha intrapreso su questo territorio lo sfruttamento intensivo della geotermia per la produzione di energia elettrica, con conseguenze sull'ambiente e sulla salute dei cittadini coperte dalle comparse istituzionali locali, da sempre succubi del potere e della strafottenza dell'Enel Green Power. Su tutto questo, dati inoppugnabili, ci dicono come dal'87 al '98 questo grande serbatoio delle riserve idriche naturali per le province di Grosseto, Siena e Arezzo, ha perso un terzo della sua portata (circa 10 milioni di mc all'anno). Quali le possibili cause?

In una pubblicazione ufficiale dell'Enel del dicembre 1988 (`References Notes on Geothermal Area Tuscany and Latium) in cui l'Amiata viene considerata area di ricarica dell'acquifero regionale, quindi idraulicamente collegato, si evidenzia come ``in quest'area, studi idrogeologici e sondaggi hanno mostrato che il serbatoio geotermico è localmente in contatto -attraverso camini vulcanici e faglie- con l'acqua fredda contenuta nelle vulcaniti''.

Sulla falsariga di queste osservazioni, uno studio della Regione Toscana datato 11/12/2001 presentato dall'Assessore all'Ambiente e Tutela del Patrimonio Tommaso Franci, afferma come non sia da escledere ``che lo sfruttamento geotermico in atto, con relativa riduzione delle pressioni, comporti in aumento della ricarica, per altro difficilmente quantificabile, a favore dell'acquifero regionale''.

In altre parole, riducendo la pressione nell'acquifero profondo, si produce un travaso di acqua dall'acquifero superficiale che alimenta le varie sorgenti naturali, all'acquifero profondo, sfruttato dall'Enel per la geotermia.

Se a tutto cio’ aggiungiamo (come fa notare lo stesso documento regionale) il rilevamento in alcune sorgenti di "problemi di inquinamento,in relazione ai parametri tossici, da nitrati di mercurio, la presenza di ferro maggiore della C.M.A nei pozzi e nelle captazioni in galleria di miniera ad Abbadia S.Salvatore, la presenza di arsenico in alcune sorgenti 11microgrammi/litro, il C.M.A è 10-", ce ne è a sufficienza per iniziare nel comprensorio dell’Amiata e del Fiora, una battaglia ampia, che metta l’acqua al centro del risveglio sociale delle comunità locali.

Forum Sociale Amiata Fiora