no ocse siena 10 11 12 luglio 2002

[ Il Contributo di Roberto Barocci sul tema dell'acqua ]

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L' acqua un bene inalienabile.

Non deve stupire se nel nostro paese le società di capitali hanno cercato ed ottenuto dai Governi di centro sinistra (vedi legge Galli n°36 del '94), la possibilità di investimenti relativamente sicuri sul mercato interno in un settore, come quello della fornitura di acqua, tradizionalmente di esclusiva presenza pubblica e sottratto fin dall'età classica alla speculazione per il carattere sociale del servizio erogato. Il recente e crescente trasferimento delle produzioni di beni di consumo nelle periferie del mondo, dove c'è però un minore potere d'acquisto, non fa che accrescere i rischi di crisi da sovrapproduzione e l'insicurezza degli investimenti, segnalata anche da grossi fallimenti e dai relativi contraccolpi in tutte le borse finanziarie. Ecco allora l'esigenza di avere settori d'investimento sicuri, come l'erogazione dell'acqua nei paesi ricchi, con capitalizzazioni sottratte alle fluttuazioni delle borse mondiali. E quale migliore investimento può esserci rispetto a quello che si appropria di un servizio primario alle famiglie, un servizio a domanda fortemente rigida, specie se è storicamente strutturato in regime di monopolio, perché bisognoso di una rete di distribuzione (le condutture idriche) che non può che essere unica in un dato territorio? Il governo di centro destra con l'ultima finanziaria ha trovato una porta già aperta e, ovviamente, la sta spalancando, come per la fornitura di energia elettrica, come per lo smaltimento dei rifiuti (vedi il cdr per gli inceneritori privati) ecc., tutti servizi irrinunciabili per le famiglie, le quali strutturano una domanda rigida, che consentirà ai gestori privati di imporre prezzi crescenti. Il rendimento di capitali investiti in tali settori sarà tanto più sicuro e garantito quanto più si andrà incontro ad una carenza della risorsa disponibile (l'acqua, come pure le risorse energetiche fossili) ed è questo il quadro prossimo futuro delle nostre province, che fino ad oggi hanno goduto di una relativa tranquillità.

L'inquinamento nelle aree minerarie, l'uso dissennato della risorsa idrica nei distretti dell'industria conciaria e dell'industria chimica sulla costa toscana, la conseguente salinizzazione delle falde costiere e la modifica del regime pluviometrico stanno molto velocemente, più di quanto si creda, creando le condizioni favorevoli per l'investitore privato e per una rapida crescita delle tariffe. Il grande serbatoio naturale rappresentato dal cono vulcanico dell'Amiata, che costituisce il serbatoio delle riserve idriche naturali rinnovabili per le tre province meridionali toscane (Grosseto Siena ed Arezzo), ha perso dall'87 al'98 un terzo della sua portata (circa 10 milioni di mc all'anno di acqua è la perdita di portata delle sorgenti del Fiora !), evidenziando l'assoluta irresponsabilità e insostenibilità dello sfruttamento geotermico. Riducendo la pressione nell'acquifero profondo, si produce un documentato travaso di acqua dall'acquifero superficiale, che alimenta le varie sorgenti naturali, all'acquifero profondo, sfruttato dall'ENEL per la geotermia. Altro che energia naturale e rinnovabile, come qualcuno ancora oggi sostiene! E' in questo quadro che la lotta alle varie forme d'inquinamento delle ridotte risorse idriche disponibili (o alla sottrazione delle risorse idriche all'uso civile) assume un valore strategico e va collegato all'iniziativa, purtroppo quasi assente nelle istituzioni, per mantenere un controllo pubblico sulla gestione del servizio. Lascio ai compagni del social forum dell'Amiata il compito di approfondire l'inquinamento prodotto dalla geotermia e vengo a delineare l'inquinamento delle falde nella zona mineraria, limitatamente al ruolo svolto dall'amministrazione provinciale senese nella vicenda dell'inquinamento del Merse, dopo lo sversamento di acqua inquinata dalla miniera di Campiano.

Tuttavia voglio prima rammentare che l'inquinamento del reticolo idrico di superficie e delle falde profonde in Maremma, che ho potuto accertare e documentare è allarmante ed oltre a minacciare la salute di decine di migliaia di cittadini, già nega oggi a questo territorio l'acqua potabile necessaria ed è già oggi causa della chiusura di attività economiche (ad esempio villaggi turistici, oppure il pomodorificio di Scarlino). Basti pensare che nella scorsa estate, l'acqua potabile, completamente assente dai rubinetti delle case d'interi paesi, veniva distribuita agli abitanti della costa in buste sigillate di plastica. Contemporaneamente la ASL locale ha registrato nei bambini un incremento di malattie gastrointestinali, tipiche della scarsa igiene nelle abitazioni.

Qual è stato il ruolo delle istituzioni locali nell'inquinamento della Merse? Nella sostanza di copertura e di subalternità ad interessi privati della multinazionale ENI. Ma nonostante il costante, documentato tentativo di occultamento dei fenomeni di inquinamento da parte delle istituzioni, le quantità di arsenico, cadmio, mercurio, ecc presenti in quantità modestissime e mai pericolose nei minerali scavati, ma prima concentrate con la flottazione e poi con la fusione nell'industria chimica e divenute tossiche, smaltite illegalmente nel territorio, sono talmente grandi (si sono concentrate decine di milioni di tonnellate di minerale), che le leggi fisiche, chimiche e biologiche con cui si diffondono e si trasformano non lasciano spazi di manovra agli stolti o ai furbi. E' stata superata di molte volte la capacità naturale di smaltimento. Il Sindaco di Montieri, rispondendo il 15 maggio 2001 ad una nota risentita e preoccupata del Sindaco di Chiusdino, il cui territorio è a valle di quello della miniera di Campiano, usata dall'Eni come discarica illegale, e che sollecitava interventi di bonifica, scriveva, giustificandosi per l'impossibilità di prendere iniziative, che: "i primi risultati delle analisi consentivano al dipartimento ARPAT di Grosseto di ritenere che, a quel momento, non emergevano segni di rischio ambientale... e che la Mineraria Campiano spa (ENI), già titolare della attività estrattiva, ha fornito assicurazione circa l'effettuato recupero di tutti i materiali potenzialmente inquinanti presenti nel sotterraneo della miniera." L'ENI ha mentito consapevolmente, essendo a conoscenza della reale pericolosità delle ceneri, ma è stata aiutata da errori clamorosi. In realtà le acque analizzate dall'ARPAT fin dal 19 aprile 2001 facevano registrare per l'Arsenico, Cadmio, Piombo e Rame, rispettivamente valori 89, 12, 10 e 3,9 volte superiori ai limiti di legge per la bonifica dei siti inquinati. Solo dopo la pubblicazione dei valori delle nostre analisi, fatte presso un laboratorio privato, sulle acque in uscita dalla miniera di Campiano, anche l'ARPAT ha reso note le sue, modificando in parte il proprio precedente parere e confermando i dati allarmanti, anche sulle acque prelevate dall'ARPAT fin dal 19 aprile, i cui dati analitici non avrebbero potuto consentire a dei tecnici di esprimere un giudizio come quello fornito al Sindaco di Montieri il 9 maggio 2001, quando scrissero: "..al momento non emergono segni di rischio ambientale..." Dopo la pubblicazione sui giornali di Siena dei dati delle nostre analisi chimiche, le Amministrazioni Provinciali di Siena e di Grosseto si sono svegliate in modo stupefacente, dichiarandosi ignare in un documento congiunto del 23.5.2001, a firma degli assessori Piccini e Bramerini, e "molto preoccupate della situazione che si è venuta a creare anche per la possibilità di disastro ambientale". Le due amministrazioni esprimevano anche " vivo sconcerto nell'apprendere che conclusioni di tale gravità siano potute rimanere chiuse in un ufficio preposto ai controlli minerari e solo a distanza di anni rese pubbliche" in riferimento agli accertamenti compiuti dalla Magistratura di Grosseto sui rifiuti stoccati nella miniera. Gli Assessori personalmente potevano non sapere, ma in realtà le amministrazioni locali erano tutt'altro che ignare, ma anzi in colpevole ritardo, perché perfettamente informate nel '97 dal Distretto Minerario e dalla Magistratura, che aveva trasmesso alla Provincia di Grosseto e a tutti i Comuni della zona che le ceneri di pirite, prodotte a Scarlino e rinvenute a Campiano, dovessero essere ritenute tossiche e nocive e non materiale inerte, come certificato invece dalla Regione Toscana. Tutti i dirigenti provinciali (l'arch. Pettini ) e regionali (l'ing. Barca) sapevano che molte decine di migliaia di tonnellate di quelle ceneri erano state collocate anche dentro la miniera e sapevano che erano tossiche e nocive.

Nel '96, quando fu deciso di chiudere la miniera di Campiano, e con essa le pompe di drenaggio delle acque che filtravano nella miniera, un Comitato spontaneo di minatori aveva denunciato pubblicamente che con l'allagamento della stessa miniera si sarebbero inquinate le falde idriche. Quei minatori organizzarono una manifestazione di popolo mai vista e dissero a tutti che le acque delle falde, intercettate negli anni precedenti dai lavori di scavo in miniera e fino allora allontanate dopo drenaggio, non dovevano venire a contatto con le ceneri ematitiche, provenienti da un'altra industria chimica dell'ENI, rifiuti che erano stati smaltiti nelle cavità della miniera, assieme a fanghi di depurazione, mantenuti asciutti fintanto che la miniera era rimasta in funzione. All'epoca, la denuncia rimase inascoltata: l'Ufficio Assetto del Territorio della Provincia di Grosseto (l'arch.Pettini) trasmise all'ARPAT la richiesta di indagine avanzate dal Comitato, sollecitandola a dare priorità all'indagine su Campiano. Non ci furono accertamenti sulle falde idriche, nonostante i finanziamenti erogati e le pompe della miniera furono chiuse la miniera allagata. Ai minatori, che chiedevano di sapere: "se tali fanghi sono classificabili come rifiuto speciale o come rifiuto tossico" non fu data risposta. L'ARPAT non produrrà mai le analisi commissionate e le cavità della miniera non sono mai state inserite negli elenchi dei siti da bonificare. Assessore all'Ambiente in Provincia di Grosseto era allora Giampiero Sammurri (DS), Dirigente della Provincia di Siena, oggi Presidente del Parco della Maremma. Quando si verifica un degrado profondo della vita politica e amministrativa, le conseguenze sono allarmanti. Un esempio per tutti riguarda Claudio Del Lungo, Assessore all'Ambiente della Regione Toscana nella precedente legislatura, la cui responsabilità nelle vicende in oggetto si triplica, perché Assessore regionale all'Ambiente, perché espressione di una coalizione di "sinistra", perché appartenente ai Verdi. Del Lungo era stato chiamato in causa in una assemblea pubblica svoltasi nella primavera scorsa a Rosia, in provincia di Siena sull'inquinamento del Merse, per non aver dato risposte nel '97 in Consiglio Regionale ad una interrogazione di Rifondazione Comunista che chiedeva alla Giunta Toscana di intervenire sulla bonifica della miniera di Campiano. Nel '97 la Magistratura aveva da pochi giorni comunicato anche alla Regione che quei rifiuti smaltiti nella miniera non erano inerti, come la Regione aveva fatto credere fino allora, ma tossici. Allora la miniera non era stata completamente allagata e non fuoriusciva sulla Merse acqua avvelenata. L'ex Assessore ha avuto la faccia tosta di scrivermi per sostenere che la Giunta Regionale, retta da Vannino Chiti e Mauro Ginanneschi, non rispose, perché il Consigliere di Rifondazione, che aveva firmato l'interrogazione, non era presente in aula. Quel consigliere segnalava un fatto tecnicamente accertato dalla Magistratura, un fatto che faceva prevedere un imminente disastro ambientale e chiedeva alla Giunta di intervenire per evitarlo. L'Assessore all'Ambiente giustifica il mancato suo intervento perché era assente dall'aula il consigliere d'opposizione! Cosa c'entra l'interrogante con i mancati interventi sul territorio, con la mancate verifiche che venivano sollecitate? Dopo tre anni da quella interrogazione dalla miniera di Campiano sono iniziate ad uscire le ceneri tossiche, che per essere separate dalle acque nell'impianto temporaneo di depurazione realizzato nell'agosto scorso dal Comune di Montieri, comportano per la Regione Toscana una spesa, da agosto fino al novembre scorso, di oltre un miliardo di lire! E mentre l'ENI dichiara che è tutto naturale. le risposte ufficiali della Regione Toscana e delle Province di Siena e Grosseto sono preoccupanti. Sollecitati dalla presentazioni di mozioni nei rispettivi Consigli provinciali, le due Province di Grosseto e di Siena hanno richiesto alla Regione Toscana, con due ordini del giorno votati all'unanimità (quello di Siena è avvenuto in data 10.9.2001), di inserire nel Piano Regionale di Bonifica la miniera e il tratto di fiume inquinato. Questo prevede la legge nazionale e regionale per vincolare l'ENI alla bonifica. L'Assessore Regionale all'Ambiente, il Verde Tommaso Franci, ha risposto che tale atto compete alle due Province. A loro volta gli Assessori all'Ambiente della Provincia di Siena e di Grosseto, che secondo Franci sarebbero gli inadempienti, hanno dichiarato pubblicamente il pieno accordo con la Regione, senza precisare come rimediare all'omissione tutt'ora in atto e senza compiere l'atto formale che vincolerebbe l'Eni a compiere la bonifica. L'Assessore Franci, pur di non aprire un contenzioso vincente con ENI, si "inventa" in Consiglio Regionale una normativa inesistente, che attribuirebbe ai Piani provinciali la previsione di bonifica di siti inquinati come quelli del Merse e Campiano, coinvolgenti due province e sui quali tutte le segnalazioni tecniche hanno concordato nel dover intervenire con urgenza per la messa in sicurezza (vedi Ordinanza del sindaco di Montieri) e che richiedono opere di bonifica definite dalla legge "a breve terminei". In sostanza, le Province di Siena e Grosseto sono silenti e fingono di non sapere che l'Assessore Regionale scarica su di loro le responsabilità. In questo contesto appare svanita all'interno dei Consigli provinciali anche la vantata autonomia di valutazione de* comunist*. In occasione dell'ultima marcia sul Merse del mese scorso abbiamo chiesto alla Regione Toscana e alle amministrazioni locali di portare nelle sedi giuridiche, dove si sarebbe aperto un contenzioso con l'ENI, tutta la documentazione finora tenuta scrupolosamente nascosta sull'uso della miniera di Campiano quale discarica di rifiuti tossici. Se non lo faranno lo faremo insieme.


Nomi, fatti e circostanze sopra rammentati sono stati ricavati da brani già pubblicati in "Maremma avvelenata", edito da Stampa Alternativa e i documenti che testimoniano tali fatti sono a disposizione di chiunque ne faccia richiesta presso l'Editore o presso il sottoscritto.

Roberto Barocci

24.6.02