L' acqua un bene inalienabile.
Non deve stupire se nel nostro paese le società di capitali hanno cercato
ed ottenuto dai Governi di centro sinistra (vedi legge Galli n°36 del '94),
la possibilità di investimenti relativamente sicuri sul mercato interno in
un settore, come quello della fornitura di acqua, tradizionalmente di
esclusiva presenza pubblica e sottratto fin dall'età classica alla
speculazione per il carattere sociale del servizio erogato.
Il recente e crescente trasferimento delle produzioni di beni di consumo
nelle periferie del mondo, dove c'è però un minore potere d'acquisto, non
fa che accrescere i rischi di crisi da sovrapproduzione e
l'insicurezza degli investimenti, segnalata anche da grossi fallimenti e
dai relativi contraccolpi in tutte le borse finanziarie.
Ecco allora l'esigenza di avere settori d'investimento sicuri, come
l'erogazione dell'acqua nei paesi ricchi, con capitalizzazioni sottratte
alle fluttuazioni delle borse mondiali. E quale migliore investimento può
esserci rispetto a quello che si appropria di un servizio primario alle
famiglie, un servizio a domanda fortemente rigida, specie se è storicamente
strutturato in regime di monopolio, perché bisognoso di una rete di
distribuzione (le condutture idriche) che non può che essere unica in un
dato territorio?
Il governo di centro destra con l'ultima finanziaria ha trovato una porta
già aperta e, ovviamente, la sta spalancando, come per la fornitura di
energia elettrica, come per lo smaltimento dei rifiuti (vedi il cdr per gli
inceneritori privati) ecc., tutti servizi irrinunciabili per le famiglie,
le quali strutturano una domanda rigida, che consentirà ai gestori privati
di imporre prezzi crescenti.
Il rendimento di capitali investiti in tali settori sarà tanto più sicuro e
garantito quanto più si andrà incontro ad una carenza della risorsa
disponibile (l'acqua, come pure le risorse energetiche fossili) ed è
questo il quadro prossimo futuro delle nostre province, che fino ad oggi
hanno goduto di una relativa tranquillità.
L'inquinamento nelle aree minerarie, l'uso dissennato della risorsa idrica
nei distretti dell'industria conciaria e dell'industria chimica sulla costa
toscana, la conseguente salinizzazione delle falde costiere e la modifica
del regime pluviometrico stanno molto velocemente, più di quanto si creda,
creando le condizioni favorevoli per l'investitore privato e per una rapida
crescita delle tariffe.
Il grande serbatoio naturale rappresentato dal cono vulcanico dell'Amiata,
che costituisce il serbatoio delle riserve idriche naturali rinnovabili per
le tre province meridionali toscane (Grosseto Siena ed Arezzo), ha perso
dall'87 al'98 un terzo della sua portata (circa 10 milioni di mc
all'anno di acqua è la perdita di portata delle sorgenti del Fiora !),
evidenziando l'assoluta irresponsabilità e insostenibilità dello
sfruttamento geotermico. Riducendo la pressione nell'acquifero profondo, si
produce un documentato travaso di acqua dall'acquifero superficiale, che
alimenta le varie sorgenti naturali, all'acquifero profondo, sfruttato
dall'ENEL per la geotermia. Altro che energia naturale e rinnovabile,
come qualcuno ancora oggi sostiene!
E' in questo quadro che la lotta alle varie forme d'inquinamento delle
ridotte risorse idriche disponibili (o alla sottrazione delle risorse
idriche all'uso civile) assume un valore strategico e va collegato
all'iniziativa, purtroppo quasi assente nelle istituzioni, per mantenere un
controllo pubblico sulla gestione del servizio.
Lascio ai compagni del social forum dell'Amiata il compito di approfondire
l'inquinamento prodotto dalla geotermia e vengo a delineare l'inquinamento
delle falde nella zona mineraria, limitatamente al ruolo svolto
dall'amministrazione provinciale senese nella vicenda dell'inquinamento del
Merse, dopo lo sversamento di acqua inquinata dalla miniera di Campiano.
Tuttavia voglio prima rammentare che l'inquinamento del reticolo idrico di
superficie e delle falde profonde in Maremma, che ho potuto accertare e
documentare è allarmante ed oltre a minacciare la salute di decine di
migliaia di cittadini, già nega oggi a questo territorio l'acqua potabile
necessaria ed è già oggi causa della chiusura di attività economiche (ad
esempio villaggi turistici, oppure il pomodorificio di Scarlino). Basti
pensare che nella scorsa estate, l'acqua potabile, completamente assente
dai rubinetti delle case d'interi paesi, veniva distribuita agli abitanti
della costa in buste sigillate di plastica. Contemporaneamente la ASL
locale ha registrato nei bambini un incremento di malattie
gastrointestinali, tipiche della scarsa igiene nelle abitazioni.
Qual è stato il ruolo delle istituzioni locali nell'inquinamento della Merse?
Nella sostanza di copertura e di subalternità ad interessi privati della
multinazionale ENI. Ma nonostante il costante, documentato tentativo di
occultamento dei fenomeni di inquinamento da parte delle istituzioni, le
quantità di arsenico, cadmio, mercurio, ecc presenti in quantità
modestissime e mai pericolose nei minerali scavati, ma prima concentrate
con la flottazione e poi con la fusione nell'industria chimica e divenute
tossiche, smaltite illegalmente nel territorio, sono talmente grandi (si
sono concentrate decine di milioni di tonnellate di minerale), che le leggi
fisiche, chimiche e biologiche con cui si diffondono e si trasformano non
lasciano spazi di manovra agli stolti o ai furbi. E' stata superata di
molte volte la capacità naturale di smaltimento.
Il Sindaco di Montieri, rispondendo il 15 maggio 2001 ad una
nota risentita e preoccupata del Sindaco di Chiusdino, il cui territorio è
a valle di quello della miniera di Campiano, usata dall'Eni come discarica
illegale, e che sollecitava interventi di bonifica, scriveva,
giustificandosi per l'impossibilità di prendere iniziative, che:
"i primi
risultati delle analisi consentivano al dipartimento ARPAT di Grosseto di
ritenere che, a quel momento, non emergevano segni di rischio
ambientale... e che la Mineraria Campiano spa (ENI), già titolare
della attività estrattiva, ha fornito assicurazione circa l'effettuato
recupero di tutti i materiali potenzialmente inquinanti presenti nel
sotterraneo della miniera."
L'ENI ha mentito consapevolmente, essendo a conoscenza della reale
pericolosità delle ceneri, ma è stata aiutata da errori clamorosi. In
realtà le acque analizzate dall'ARPAT fin dal 19 aprile 2001 facevano
registrare per l'Arsenico, Cadmio, Piombo e Rame, rispettivamente valori
89, 12, 10 e 3,9 volte superiori ai limiti di legge per la bonifica dei
siti inquinati. Solo dopo la pubblicazione dei valori delle nostre analisi,
fatte presso un laboratorio privato, sulle acque in uscita dalla miniera di
Campiano, anche l'ARPAT ha reso note le sue, modificando in parte il
proprio precedente parere e confermando i dati allarmanti, anche sulle
acque prelevate dall'ARPAT fin dal 19 aprile, i cui dati analitici non
avrebbero potuto consentire a dei tecnici di esprimere un giudizio come
quello fornito al Sindaco di Montieri il 9 maggio 2001, quando scrissero:
"..al momento non emergono segni di rischio ambientale..."
Dopo la pubblicazione sui giornali di Siena dei dati delle nostre analisi
chimiche, le Amministrazioni Provinciali di Siena e di Grosseto si sono
svegliate in modo stupefacente, dichiarandosi ignare in un documento
congiunto del 23.5.2001, a firma degli assessori Piccini e Bramerini, e
"molto preoccupate della situazione che si è venuta a creare anche per la
possibilità di disastro ambientale". Le due amministrazioni esprimevano
anche " vivo sconcerto nell'apprendere che conclusioni di tale gravità
siano potute rimanere chiuse in un ufficio preposto ai controlli minerari e
solo a distanza di anni rese pubbliche" in riferimento agli accertamenti
compiuti dalla Magistratura di Grosseto sui rifiuti stoccati nella miniera.
Gli Assessori personalmente potevano non sapere, ma in realtà le
amministrazioni locali erano tutt'altro che ignare, ma anzi in colpevole
ritardo, perché perfettamente informate nel '97 dal Distretto Minerario e
dalla Magistratura, che aveva trasmesso alla Provincia di Grosseto e a
tutti i Comuni della zona che le ceneri di pirite, prodotte a Scarlino e
rinvenute a Campiano, dovessero essere ritenute tossiche e nocive e non
materiale inerte, come certificato invece dalla Regione Toscana. Tutti i
dirigenti provinciali (l'arch. Pettini ) e regionali (l'ing. Barca)
sapevano che molte decine di migliaia di tonnellate di quelle ceneri erano
state collocate anche dentro la miniera e sapevano che erano tossiche e nocive.
Nel '96, quando fu deciso di chiudere la miniera di Campiano, e con essa
le pompe di drenaggio delle acque che filtravano nella miniera, un
Comitato spontaneo di minatori aveva denunciato pubblicamente che con
l'allagamento della stessa miniera si sarebbero inquinate le falde idriche.
Quei minatori organizzarono una manifestazione di popolo mai vista e
dissero a tutti che le acque delle falde, intercettate negli anni
precedenti dai lavori di scavo in miniera e fino allora allontanate dopo
drenaggio, non dovevano venire a contatto con le ceneri ematitiche,
provenienti da un'altra industria chimica dell'ENI, rifiuti che erano stati
smaltiti nelle cavità della miniera, assieme a fanghi di
depurazione, mantenuti asciutti fintanto che la miniera era rimasta in
funzione.
All'epoca, la denuncia rimase inascoltata: l'Ufficio Assetto del Territorio
della Provincia di Grosseto (l'arch.Pettini) trasmise all'ARPAT la
richiesta di indagine avanzate dal Comitato, sollecitandola a dare
priorità all'indagine su Campiano. Non ci furono accertamenti sulle falde
idriche, nonostante i finanziamenti erogati e le pompe della miniera
furono chiuse la miniera allagata.
Ai minatori, che chiedevano di sapere: "se tali fanghi sono classificabili
come rifiuto speciale o come rifiuto tossico" non fu data
risposta. L'ARPAT non produrrà mai le analisi commissionate e le cavità
della miniera non sono mai state inserite negli elenchi dei siti da
bonificare. Assessore all'Ambiente in Provincia di Grosseto era allora
Giampiero Sammurri (DS), Dirigente della Provincia di Siena, oggi
Presidente del Parco della Maremma.
Quando si verifica un degrado profondo della vita politica
e amministrativa, le conseguenze sono allarmanti. Un esempio per tutti
riguarda Claudio Del Lungo, Assessore all'Ambiente della Regione Toscana
nella precedente legislatura, la cui responsabilità nelle vicende in
oggetto si triplica, perché Assessore regionale all'Ambiente, perché
espressione di una coalizione di "sinistra", perché appartenente ai Verdi.
Del Lungo era stato chiamato in causa in una assemblea pubblica svoltasi
nella primavera scorsa a Rosia, in provincia di Siena sull'inquinamento del
Merse, per non aver dato risposte nel '97 in Consiglio Regionale ad una
interrogazione di Rifondazione Comunista che chiedeva alla Giunta Toscana
di intervenire sulla bonifica della miniera di Campiano.
Nel '97 la Magistratura aveva da pochi giorni comunicato anche alla
Regione che quei rifiuti smaltiti nella miniera non erano inerti, come la
Regione aveva fatto credere fino allora, ma tossici. Allora la miniera non
era stata completamente allagata e non fuoriusciva sulla Merse acqua
avvelenata.
L'ex Assessore ha avuto la faccia tosta di scrivermi per sostenere che la
Giunta Regionale, retta da Vannino Chiti e Mauro Ginanneschi, non rispose,
perché il Consigliere di Rifondazione, che aveva firmato l'interrogazione,
non era presente in aula. Quel consigliere segnalava un fatto tecnicamente
accertato dalla Magistratura, un fatto che faceva prevedere un imminente
disastro ambientale e chiedeva alla Giunta di intervenire per evitarlo.
L'Assessore all'Ambiente giustifica il mancato suo intervento perché era
assente dall'aula il consigliere d'opposizione! Cosa c'entra l'interrogante
con i mancati interventi sul territorio, con la mancate verifiche che
venivano sollecitate? Dopo tre anni da quella interrogazione dalla miniera
di Campiano sono iniziate ad uscire le ceneri tossiche, che per essere
separate dalle acque nell'impianto temporaneo di depurazione realizzato
nell'agosto scorso dal Comune di Montieri, comportano per la Regione
Toscana una spesa, da agosto fino al novembre scorso, di oltre un miliardo
di lire!
E mentre l'ENI dichiara che è tutto naturale. le risposte ufficiali della
Regione Toscana e delle Province di Siena e Grosseto sono preoccupanti.
Sollecitati dalla presentazioni di mozioni nei rispettivi Consigli
provinciali, le due Province di Grosseto e di Siena hanno richiesto alla
Regione Toscana, con due ordini del giorno votati all'unanimità (quello di
Siena è avvenuto in data 10.9.2001), di inserire nel Piano Regionale di
Bonifica la miniera e il tratto di fiume inquinato. Questo prevede la legge
nazionale e regionale per vincolare l'ENI alla bonifica.
L'Assessore Regionale all'Ambiente, il Verde Tommaso Franci, ha risposto
che tale atto compete alle due Province.
A loro volta gli Assessori all'Ambiente della Provincia di Siena e di
Grosseto, che secondo Franci sarebbero gli inadempienti, hanno dichiarato
pubblicamente il pieno accordo con la Regione, senza precisare come
rimediare all'omissione tutt'ora in atto e senza compiere l'atto formale
che vincolerebbe l'Eni a compiere la bonifica.
L'Assessore Franci, pur di non aprire un contenzioso vincente con ENI, si
"inventa" in Consiglio Regionale una normativa inesistente, che
attribuirebbe ai Piani provinciali la previsione di bonifica di siti
inquinati come quelli del Merse e Campiano, coinvolgenti due province e sui
quali tutte le segnalazioni tecniche hanno concordato nel dover intervenire
con urgenza per la messa in sicurezza (vedi Ordinanza del sindaco di
Montieri) e che richiedono opere di bonifica definite dalla legge "a breve
terminei".
In sostanza, le Province di Siena e Grosseto sono silenti e fingono di non
sapere che l'Assessore Regionale scarica su di loro le responsabilità.
In questo contesto appare svanita all'interno dei Consigli provinciali
anche la vantata autonomia di valutazione de* comunist*.
In occasione dell'ultima marcia sul Merse del mese scorso abbiamo chiesto
alla Regione Toscana e alle amministrazioni locali di portare nelle sedi
giuridiche, dove si sarebbe aperto un contenzioso con l'ENI, tutta la
documentazione finora tenuta scrupolosamente nascosta sull'uso della
miniera di Campiano quale discarica di rifiuti tossici.
Se non lo faranno lo faremo insieme.
Nomi, fatti e circostanze sopra rammentati sono stati ricavati da brani già
pubblicati in "Maremma avvelenata", edito da Stampa Alternativa e i
documenti che testimoniano tali fatti sono a disposizione di chiunque ne
faccia richiesta presso l'Editore o presso il sottoscritto.
Roberto Barocci
24.6.02
|