0.1.
Il nuovo movimento internazionalista del quale siamo parte, ha
descritto le proprie traiettorie a partire da una grandissima quantità di
lotte locali, sviluppatesi in risposta ai pesanti e nocivi effetti ecologici
e sociali delle dinamiche finanziarie e produttive della fase più recente
della mondializzazione del Capitale.
Dopo le mobilitazioni e l' esplosione costruttiva di Seattle e di Porto
Alegre, e le manifestazioni contro i vertici finanziari, politici e militari
dei potenti della Terra, il movimento sta oggi sedimentando la propria
consistenza in differenti luoghi del pianeta e sta cercando strade per
radicarsi nei corpi sociali e territoriali ed estendersi.
PUNTI GENERALI DI CONFRONTO COLLETTIVO
1.1.
Il rapporto tra le variegate esperienze del movimento (comitati,
associazioni,........) e la necessità di raggiungere più diffuse capacità di
incidenza, opponendosi agli effetti dannosi del sistema
economico-finanziario e risalendo però alle cause di tali effetti, impongono
al movimento nel suo complesso di costruire strumenti ed azioni per passare
dalla critica al processo di globalizzazione del capitale, alla costruzione
reale e radicale di alternative (in modo che l' idea che "un altro mondo é
in costruzione" non resti una petizione di principio).
Le politiche pubbliche, le forme di democrazia radicale locale sono
aspetti non proprio secondari della sedimentazione organizzata dei
conflitti.
1.2.
Lo strumento de la "Carta del Nuovo municipio" può avere diritto di
cittadinanza nel processo di radicamento e di estensione del movimento se,
anche per suo tramite, il comune diventa espressione reale dei bisogni
fondamentali e dei saperi progettuali delle società locali e delle loro
articolazioni conflittuali.
La costituzione e l' esercizio di strumenti di democrazia locale radicale e
reale ( oltre le fertili ma spesso ambigue e inafferrabili formulazioni
della "partecipazione" e dei "bilanci partecipati") non possono configurarsi
che come produzione collettiva e politica di territorio e di socialità.
n questo senso, e stante l' esteso degrado ecologico, sociale ed umano
(civile) dell' attuale sistema socio-economico, é secondo noi indispensabile
forzare alcuni assunti teorico-pratici che sono alla base della Carta del
Nuovo municipio, piegandoli all' avvio di reali processi di autogoverno
locale, e contemporaneamente utilizzare l' insieme delle esperienze di lotta
e propositive dei comitati popolari, delle associazioni e dei sindacati di
base.
1.3.
Secondo noi bisogna porre al centro le relazioni : tra gli elementi ed
i sistemi ecologici e storici; tra la società e l' economia; tra le forme
ttuali di governo e quelle realmente possibili di autogoverno locale.
Intendiamo porre inizialmente l' accento sui corpi sociali antagonisti (sui
comitati popolari che si oppongono al degrado sociale ed ambientale e che
cercano strumenti per riprendere in mano il destino della propria esistenza;
sui gruppi e sui sindacati di base che si oppongono alle forme di
ipersfruttamento del lavoro nero e degli immigrati e che lavorano per l'
estensione dei diritti a tutti i lavoratori; sui lavoratori e sugli abitanti
che sperimentano sulla propria pelle gli effetti dannosi delle produzioni
nocive; su quanti si mobilitano per ottenere ad un prezzo equo una casa
degna e salubre; sui gruppi che lottano per una città vivibile; sui
lavoratori agricoli che si oppongono ad una agricoltura chimicizzata in
favore di una agricoltura organica che produca derrate agricole sane a costi
contenuti) poiché la sfida é oggi quella:
a) di costruire ed estendere capacità di autogoverno dei lavoratori e degli
abitanti;
b) di costruire e comunicare saperi (conoscenze) che assumano i beni comuni
indispensabili (acqua, suolo, boschi, aree rurali, patrimoni insediativi
storici) non come elementi dai quali estrarre plusvalore o intesi come mero
supporto di funzioni produttive, ma come patrimonio collettivo da accrescere
e salvaguardare. La conoscenza nasce infatti nelle azioni politiche, nelle
mobilitazioni di massa, nel fluire conflittuale e cooperativo dei corpi
sociali.
Gli atti di produzione di territorialità e di socialità e le azioni
politiche sono la partecipazione reale e radicale.
1.4.
In questo quadro si tratta di forzare il concetto espresso dalla Carta
del Nuovo municipio, che la base per la produzione della ricchezza dovrebbe
essere la produzione di territorio, articolando tale concetto a partire
anche dalle proposte di paradigma alternativi di uso del territorio e della
natura formulate dai comitati, dai gruppi, dalle associazioni di base.
Il territorio é un soggetto complesso, é natura storica, capitale fisso
sociale, costruzione storica di lunga durata, e come tale appartiene a tutta
la società umana locale, e non può essere impoverito e distrutto per
finalità economiche speculative.
La critica alla rendita fondiaria trova qui necessità di un adeguamento
teorico-pratico e di nuove vertenze.
L' incremento dei valori territoriali, dei bisogni dei gruppi sociali
danneggiati dallo sviluppo delle forze produttive, fonda la produzione della
ricchezza.
1.5.
Identificare nella produzione di territorialità e di socialità, la
produzione di ricchezza sociale ed ecologica collettiva, significa anche
lavorare per avvicinare (tendenzialmente sovrapporre) produttore -
consumatore - donna/uomo abitante. In questo quadro processi di costruzione
di "altra agricoltura" si connotano, non solo come opposizione radicale alla
agricoltura chimicizzata, agli ogm, alle monocolture, all' espropriazione
dei semi e delle colture tradizionali, all' industrializzazione dell'
agricoltura, ma anche come manutenzione delle trame e delle relazioni del
paesaggio agrario, come salvaguardia idrogeologica, come bonifica
ambientale.
1.6.
Il governo dell'economia da parte degli enti pubblici territoriali
(Regione, Provincia, Comune) non è di per se¹ una garanzia di risposta ai
bisogni sociali. Infatti anche il settore pubblico può assumere logiche di
impresa, generando discriminazioni nell'accesso a beni e servizi in modo
assimilabile a quanto avviene nel sistema di produzione capitalistico.
Invece di garantire i diritti (alla casa, alla salute, all'istruzione, al
reddito) a tutti in modo universalistico, in questo caso l'accesso avviene
in base al reddito esattamente come accade sul mercato: diritti e libertà si
acquistano con il denaro. Al contrario il governo dell'economia da parte
pubblica, appare molto arduo se effettivamente si pone in contrasto con gli
interessi delle imprese per favorire, per esempio, i lavoratori (garantendo
paghe adeguate e ritmi di lavoro accettabili) o la qualità ambientale e
sociale, mentre il rischio negli altri casi è che non venga affrontato il
nodo del conflitto capitale-lavoro, e si ammetta il lavoro flessibile e
retribuito in modo da non permettere neppure il soddisfacimento dei bisogni
più elementari, o che si pregiudichi seriamente la riproducibilità
ambientale.
1.7.
Oggi il problema di cosa, come, quanto, dove produrre è una questione
cruciale, patrimonio di tanti movimenti che hanno smesso di pensare che il
lavoro salariato possa limitarsi a una posizione puramente rivendicativa,
estranea ai fini della produzione. Tuttavia questa posizione assume un reale
valore per la trasformazione societaria solo se viene messa in relazione con
la riproduzione: intendendo con questo termine il lavoro domestico, cioè
l'attività di mantenimento quotidiano della casa e cura dei componenti il
nucleo, la riproduzione individuale e sociale, la produzione della vita.
Mentre gestazione e parto sono indubitabilmente una competenza delle donne,
l'attribuzione alle donne del lavoro domestico da svolgere gratuitamente è
un prodotto della società patriarcale che permane ancora in gran parte,
seppure in modo differenziato in base a classe e cultura di appartenenza. E'
ancora in gran parte ancora invisibile, interpretato come un ruolo naturale
e non compare nei calcoli economici, se non come sottrazione di tempo per il
lavoro retribuito o come monetizzazione del tutto teorica, che non mette in
discussione la gratuità e l'imposizione dei ruoli di genere. Si tratta di un
bel risparmio economico per l¹intera società, ottenuto sfruttando le donne,
oggi messo in discussione dalle trasformazioni sociali generate dai
movimenti femministi negli ultimi 30 anni. Il femminismo non ha solo
criticato i ruoli di genere imposti: ha anche sottolineato la centralità
sociale delle "attività di produzione e mantenimento della vita" e ha
osservato come la loro invisibilità e sottovalutazione corrispondesse alla
subordinazione delle donne nelle nostre società. Nella "nuova società in
costruzione" il lavoro riproduttivo deve diventare un lavoro assunto da
tutta la collettività e contemporaneamente va riconosciuta la sua
centralità. Occorre infatti operare un ribaltamento: la riproduzione non
deve più essere la mera condizione per permettere la produzione di beni e
servizi come avviene nel sistema capitalistico, (in cui il lavoratore deve
riprodursi cioè mangiare, dormire, ottenere sostegno affettivo, svagarsi
solo nella misura in cui gli serve per poter lavorare il giorno dopo e le
donne devono produrre nuova forza lavoro), al contrario il lavoro
riproduttivo, in altre parole la "produzione e il mantenimento della vita"
in tutte le sue espressioni (individuali, sociali, culturali, artistiche) ed
il benessere e la cura delle persone (fra cui anziani e bambini) dovrebbero
assumere un ruolo centrale mentre la produzione di beni e servizi dovrebbe
assumere il compito di sostenere e completare le attività riproduttive. La
produzione di beni e servizi non dovrebbe più essere guidata dalla
possibilità di produrre profitto (che richiede di rispondere solo ai bisogni
di chi è in grado di pagare, e per esempio privilegia le produzioni di lusso
rispetto ad altre più basilari ma rivolte a chi non è solvibile, cioè non è
in grado di pagare i prezzi di mercato), quanto piuttosto realizzare quei
beni necessari alla vita di tutti. La riproduzione individuale e sociale è
un settore fondamentale per ogni società. Solo operando questo ribaltamento
(produrre per riprodurre invece di riprodurre per produrre) si può pensare
di costruire una società che ponga al centro le persone e non le merci. E'
questo il settore che andrebbe sensibilmente ampliato in una nuova società.
Contemporaneamente mentre si sottolinea la centralità di questo settore è
necessario affermare che queste attività devono essere assunte da tutti,
socialmente, e non più assegnate in gran parte per obbligo alle donne. I
ruoli di genere legati al lavoro domestico non hanno nulla a che fare con la
differenza di genere in base alla quale la gestazione ed il parto riguardano
solo le donne. Affrontare il nodo del lavoro domestico e riproduttivo,
svalutato malgrado la sua rilevanza sociale e non retribuito, ma svolto "per
amore", è un modo per affrontare concretamente le discriminazioni di genere.
Insomma al centro del nuovo mondo ci deve essere non solo la cura del
territorio ma soprattutto la cura delle persone.
1.8.
Oggi il problema di cosa, come, quanto, dove produrre è una
questione cruciale, patrimonio di tanti movimenti che hanno smesso di
pensare che il lavoro salariato possa limitarsi a una posizione puramente
rivendicativa, estranea ai fini della produzione. Tuttavia questa posizione
assume un reale valore per la trasformazione societaria solo se viene messa
in relazione con la riproduzione: intendendo con questo termine il lavoro
domestico, cioè l'attività di mantenimento quotidiano della casa e cura dei
componenti il nucleo, la riproduzione individuale e sociale, la produzione
della vita. Mentre gestazione e parto sono indubitabilmente una competenza
delle donne, l'attribuzione alle donne del lavoro domestico da svolgere
gratuitamente è un prodotto della società patriarcale che permane ancora in
gran parte, seppure in modo differenziato in base a classe e cultura di
appartenenza. E' ancora in gran parte ancora invisibile, interpretato come
un ruolo naturale e non compare nei calcoli economici, se non come
sottrazione di tempo per il lavoro retribuito o come monetizzazione del
tutto teorica, che non mette in discussione la gratuità e l'imposizione dei
ruoli di genere. Si tratta di un bel risparmio economico per l'intera
società, ottenuto sfruttando le donne, oggi messo in discussione dalle
trasformazioni sociali generate dai movimenti femministi negli ultimi 30
anni. Il femminismo non ha solo criticato i ruoli di genere imposti: ha
anche sottolineato la centralità sociale delle "attività di produzione e
mantenimento della vita" e ha osservato come la loro invisibilità e
sottovalutazione corrispondesse alla subordinazione delle donne nelle nostre
società. Nella "nuova società in costruzione" il lavoro riproduttivo deve
diventare un lavoro assunto da tutta la collettività e contemporaneamente va
riconosciuta la sua centralità. Occorre infatti operare un ribaltamento: la
riproduzione non deve più essere la mera condizione per permettere la
produzione di beni e servizi come avviene nel sistema capitalistico, (in
cui il lavoratore deve riprodursi cioè mangiare, dormire, ottenere sostegno
affettivo, svagarsi solo nella misura in cui gli serve per poter lavorare il
giorno dopo e le donne devono produrre nuova forza lavoro), al contrario il
lavoro riproduttivo, in altre parole la "produzione e il mantenimento della
vita" in tutte le sue espressioni (individuali, sociali, culturali,
artistiche) ed il benessere e la cura delle persone (fra cui anziani e
bambini) dovrebbero assumere un ruolo centrale mentre la produzione di beni
e servizi dovrebbe assumere il compito di sostenere e completare le attività
riproduttive. La produzione di beni e servizi non dovrebbe più essere
guidata dalla possibilità di produrre profitto (che richiede di rispondere
solo ai bisogni di chi è in grado di pagare, e per esempio privilegia le
produzioni di lusso rispetto ad altre più basilari ma rivolte a chi non è
solvibile, cioè non è in grado di pagare i prezzi di mercato), quanto
piuttosto realizzare quei beni necessari alla vita di tutti. La riproduzione
individuale e sociale è un settore fondamentale per ogni società. Solo
operando questo ribaltamento (produrre per riprodurre invece di riprodurre
per produrre) si può pensare di costruire una società che ponga al centro le
persone e non le merci. E' questo il settore che andrebbe sensibilmente
ampliato in una nuova società. Contemporaneamente mentre si sottolinea la
centralità di questo settore è necessario affermare che queste attività
devono essere assunte da tutti, socialmente, e non più assegnate in gran
parte per obbligo alle donne. I ruoli di genere legati al lavoro domestico
non hanno nulla a che fare con la differenza di genere in base alla quale la
gestazione ed il parto riguardano solo le donne. Affrontare il nodo del
lavoro domestico e riproduttivo, svalutato malgrado la sua rilevanza sociale
e non retribuito, ma svolto "per amore", è un modo per affrontare
concretamente le discriminazioni di genere. Insomma al centro del nuovo
mondo ci deve essere non solo la cura del territorio ma soprattutto la cura
delle persone.
IL PROBLEMA CHE ABBIAMO DAVANTI : "LO SVILUPPO SOSTENIBILE"
2.1.
Il nuovo movimento internazionalista di cui facciamo parte, mette in
discussione lo sviluppo.
Aderiamo a quelle impostazioni che vedono il concetto e le pratiche di
sviluppo "durevole" e/o "sostenibile" non come rimedio dei disastri prodotti
dall' industrializzazione del pianeta, ma come il problema che abbiamo
davanti. Resta immutato ed immutabile lo sviluppismo, non viene rimessa in
discussione l' occidentalizzazione del mondo, la nuova mondializzazione -
presentata con la retorica dello "sviluppo sostenibile"- non é altro che lo
stesso sviluppo con altri mezzi. Lo sviluppo é nei fatti la crescita
economica del Capitale.
L' aumento dell' effetto serra, dei consumi e dei rifiuti, la scellerata
scelta dell' incenerimento di rifiuti per produrre energia e diossine, la
brevettabilità degli organismi, gli ogm, la distruzione dei servizi
pubblici, gli estesi processi di privatizzazione dei beni fondamentali; l'
attacco alla salute individuale e collettiva : é tutto questo lo "sviluppo
sostenibile".
L' assunzione dello "sviluppo sostenibile" e delle sue retoriche come il
problema centrale che dobbiamo fronteggiare, la cartina di tornasole delle
ambigue "magnifiche sorti e progressive" del sistema socio-economico
attuale,
é per noi un punto di partenza fertile ed irrinunciabile.
2.2.
In questo quadro é utile
a) partire dagli effetti e dalle implicazioni dello "sviluppo sostenibile"
in Toscana, descrivendone ed interpretandone gli effetti;
b) verificare quanto l' idea dello sviluppo locale autosostenibile della
Carta del nuovo municipio, sia prigioniera dell' imbroglio dello "sviluppo
sostenibile" o quanto possa indicare strade alternative.
L' UTOPIA PROGETTUALE NON PUO' CHE PARTIRE DALLO STATO PRESENTE DEI
TERRITORI, DELLE SOCIETA' LOCALI E DEI SISTEMI DI GOVERNO DELLA TOSCANA
3.1.
Se una delle poste in gioco per la costruzione di forme di democrazia
radicale e reale , é l' apertura di collegamenti e di reti non gerarchiche e
solidali, quali sono i soggetti di questa apertura di reti non gerarchiche e
solidali? Non si può non partire dalla presenza attiva ed evolvente di corpi
sociali antagonisti, che hanno espresso forme di resistenza, di rifiuto, di
vincoli alla valorizzazione dei ,captali, ma anche proposte e progettualità
collettive.
3.2.
Ci sono due modi, riduttivi, di immaginare una Carta.
Basarla sul salto progettuale, per sua natura u-topistico come ogni
progetto, o la bruta registrazione delle miserie dell' esistente.
I corpi sociali antagonisti della Toscana cercano di tenere insieme le due
cose.
Tuttavia occorre partire dal rapporto nocivo, tossico tra territorio della
produzione e territorio dei corpi sociali antagonisti; dai disastri sanitari
ed ambientali, dagli effetti dei sistemi produttivi - industriali, agricoli
e dei servizi, e del sistema di governo.
Tale lettura parte dall' interno dei movimenti, dei corpi sociali
antagonisti e fa emergere una pluralità di modelli toscani.
3.3.
La chiave di lettura : il rapporto in Toscana tra Produzione/lavoro
- politiche amministrative e pubbliche - Natura e natura storica (capitale
fisso sociale).
* Lavoro degli immigranti e nero sia in campo industriale che agricolo
(vedi prov. Sierna)
* Processi di privatizzazione ed oligopolio nei servizi e nei beni
collettivi
* Centri di detenzione e spazi negati
* Agricoltura esistente ; Latra agricoltura; manutenzione del territorio;
* Centralità della produzione di territorialità.
* Riduzione dei rifiuti e delle merci ; rapporto N/S, energia -
incenerimento.
* alcune aree campione : Siena - Valdelsa - Piana FI PO PT ; Pisa-LI; MERSE
* MERCI TERRITORIO PERSONE verso la cura della materia, dei territori
delle persone.
* Appalti
* Indicatori di qualità. COstruzione di indicatori di movimento.
* Normative e "partecipazione reale" : leggi regionali, 180 ecc.
UN CONTRIBUTO SU IMMIGRAZIONE E MODELLO TOSCANO (compagne e compagni del MAT,
Movimento antagonista toscano)
|