Palestina: il problema
dell'acqua .
L'acqua
è problema nascosto ma fondamentale per capire il perché dell'occupazione
dei territori palestinesi. Fonti: "L'amica dei potenti. Risorse idriche
e conflitti internazionali" di Monica Baldassarri e "Le guerre dell'acqua"
di Donato Rivolta. Ottobre 2002.
L'approvvigionamento
dell'acqua è uno degli elementi più importanti dell'occupazione dei territori
palestinesi da parte di Israele. Infatti la situazione è ancora più degradata
nelle zone che attingono acqua dal sistema del fiume Giordano e del Litani.
Gran parte delle provviste di acqua dolce di Israele hanno origine in corsi
d'acqua sotterranei condivisi, come quello costiero a Gaza e come quello della
Cisgiordania occidentale, e con la loro progressiva salinizzazione lo stato
israeliano ha dovuto sviluppare un sistema di riutilizzo delle acque residue,
che è uno dei più grandi nel mondo. Anche la
popolazione araba della Cisgiordania dipende quasi esclusivamente dalle acque
sotterranee, ma Israele ha imposto un sistema di controllo riguardo allo sfruttamento
di questi corsi d'acqua che definisce una situazione di assoluta ineguaglianza
rispetto all'accesso alle loro risorse. Secondo i palestinesi, infatti, questo
popolo consuma solo un quinto della sua acqua. Mentre gli Israeliani possono
andare a cercare le loro acque fino a 800 metri di profondità, i Palestinesi
possono perforare solo fino a 20 metri, ottenendo un gettito più basso e una
concentrazione maggiore di sali che non aiuta lo sviluppo delle terre destinate
all'agricoltura. Anche il sistema delle tariffe per il consumo di acqua, gestito
fino dal 1982 da una compagnia israeliana (Mekorot), finisce per penalizzare
i Palestinesi: secondo le fonti israeliane gli arabi pagherebbero l'acqua
un prezzo doppio rispetto agli abitanti di Israele, mentre secondo le fonti
palestinesi si arriverebbe addirittura a prezzi moltiplicati per cinque. Nella fascia
costiera di Gaza la situazione è oltremodo drammatica per i Palestinesi. Le
quote loro riservate per lo sfruttamento delle acque sotterranee è rimasto
ai livelli stabiliti nel 1967, in seguito all'occupazione israeliana. Quello
che colpisce di più è la sproporzione tra le tariffe pagate dai coloni israeliani
e quelle dei palestinesi, che pagano la stessa acqua circa venti volte di
più. Il consumo pro-capite di acqua in Israele è da 3 a 15 volte più alto
del consumo palestinese. L'amministrazione
militare israeliana è, inoltre, ritenuta responsabile di un'insufficiente
allocazione delle risorse idriche presso le popolazioni palestinesi, con grave
pregiudizio dello sviluppo urbano ed industriale e delle esigenze di valorizzazione
del territorio occupato. Gli sforzi per raggiungere un accordo sulla divisione
dell'acqua nel bacino del Giordano risalgono agli inizi degli anni Cinquanta.
Nel 1953 una industria statunitense abbozzò un piano idrico per il sistema
del Giordano, che fu mandato in Medio oriente tramite un inviato speciale
del presidente Eisenhower. Dopo due anni e quattro tornate di difficili e
nervosi negoziati, finalmente tutte le parti in causa si accordarono sui dettagli
tecnici del progetto. I negoziati cessarono nel 1955. Da allora si sono avuti
diversi tentativi di mediazione in merito a questioni specifiche, ad esempio
la diga sullo Yarmuk, ma non si è arrivati a una soluzione delle dispute idriche
nel bacino del Giordano.