Un buco nell'acqua
Più di 25.000 persone, provenienti da 155 paesi, si sono confrontate per una settimana, ad Istanbul, nel V forum mondiale dell’acqua delle Nazioni Unite per confermare, alla fine, il primato del profitto sul diritto alla vita . Di Leopoldo Tartaglia. Reds - Marzo 2009



La diagnosi è chiara.
Si riassume in tre aspetti fondamentali: il non accesso all'acqua potabile per 1,5 miliardi di persone ed ai servizi igienico-sanitari per 2,6 miliardi di persone; la devastazione quantitativa e qualitativa dell'acqua dolce per usi umani; le logiche sempre più forti di conflitto e di "guerre" tra gruppi sociali e tra Stati appartenenti allo stesso bacino idrologico.

Anche secondo l’ONU, il XXI° secolo sarà il secolo delle "guerre dell'acqua" come il XX° è stato quello delle "guerre del petrolio".

Il Forum ha largamente confermato che la crisi dell'acqua si è intensificata a causa della crescente competizione e dei conflitti sempre più duri attorno agli usi concorrenti ed esclusivi dell'acqua. Ad esclusione di due, tutti i 263 grandi bacini idrologici del mondo coprono dei territori plurinazionali. Il buon senso vorrebbe che per evitare i conflitti si rivedessero i due principi - quello della sovranità assoluta sulle risorse idriche "del paese" e quello della sicurezza idrica nazionale - che sono all'origine dei conflitti.

Ma niente di tutto questo è emerso a conclusione del Forum, che si è attestato su una posizione genericamente in favore della cooperazione internazionale e del partenariato, ripetendo ciò che si va dicendo da anni sulla necessaria partecipazione dei cittadini, ed in particolare delle donne, del mondo rurale.

La crisi planetaria dell'acqua si traduce nella negazione dell'accesso alla vita per miliardi di esseri umani e sta devastando il funzionamento vitale dell'insieme degli ecosistemi della Terra.

Secondo l'Unicef, ad esempio, ogni giorno 5.000 bambini sotto i 6 anni muoiono per malattie causate dall'assenza di acqua potabile e igiene. Il primo obiettivo dovrebbe essere, dunque, quello di consentire a tutti gli abitanti della Terra l'accesso all'acqua ed ai servizi sanitari riconoscendo che tale accesso è un diritto umano universale.
Ma secondo i paesi dominanti si può contribuire a diminuire il numero delle persone non aventi accesso all'acqua potabile ed all'igiene, conformemente ai modesti obiettivi fissati in materia dalle Nazioni Unite tra gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, solo se i poteri pubblici prendono le misure adeguate per attirare il capitale privato ad investire nel settore dell'acqua.
Secondo le oligarchie del Forum Mondiale dell'Acqua, se il valore dell'acqua non diventa un valore sufficientemente elevato per consentire dei ritorni sull'investimento almeno comparabili a quelli ottenuti negli altri settori, e se non si privatizzano i servizi idrici, il capitale privato non investirà nel campo dell'acqua.

A Istanbul, insomma, si è deciso di continuare nelle scelte politiche, economiche, tecnologiche e commerciali a favore dell'opzione rendimento ("more money per water drop") anziché dell'opzione vita ("more life per water drop").
Per quanto riguarda il diritto all'acqua, di conseguenza, il Forum ha affermato di rimettersi all'iniziativa presa in materia dalle Nazioni Unite, ben sapendo che, nel marzo del 2008, l’ONU ha rifiutato di riconoscere il diritto umano all'acqua, “declassata” a “bisogno”, nominando un esperto a fare rapporto sulla questione nel 2011.

A Istanbul è stato ripetuto che l'acqua è in crisi sempre di più dappertutto (in Cina, India, negli Stati Uniti, in Australia, nell'Africa subsahariana, in Russia, in Europa centrale ed orientale...) per la devastazione degli ecosistemi acquatici e la rarefazione dell'acqua dolce per usi umani.

Il capitale idrico del pianeta è stato dilapidato, prelevando acqua ad un tasso ed ad un ritmo più elevati della capacità di rinnovo naturale delle risorse idriche. Per non parlare dell'inquinamento e della contaminazione.
Di fronte a tale devastazione la proposta non è di cambiare il modello di crescita economica, di sviluppo e di consumo all'origine del disastro.
Si propongono, invece, più tecnologia, più mercato e più concorrenza.

Così, la salvezza passerebbe attraverso il dissalamento dell'acqua del mare, una nuova ondata di grandi dighe, il mercato dell'acqua, la liberalizzazoine dei servizi idrici, il partenariato pubblico privato.
Insomma, il Forum ha dimostrato l’incapacità di uscire dalla concezione produttivista ed utilitarista dell'acqua.
Altro che bene comune mondiale di cui gli abitanti della Terra dovrebbero essere corresponsabili.