LA SCELTA DI PARTIRE
RELAZIONE
SUL LAVORO SVOLTO NELL'ATELIER "STATO SOCIALE E DONNE MIGRANTI"
dicembre 2003, di Pina
Sardella
A) La discussione è stata introdotta da tre relazioni:
1) Italia: rapporto tra lo smantellamento dello stato sociale e la svalorizzazione del lavoro di cura svolto dalle donne migranti; complessità delle relazioni tra migranti e native
2) Grecia: insicurezza e assenza di diritti caratterizzano le condizioni di vita e di lavoro delle donne migranti
3) Francia: valorizzazione del coraggio che distingue le donne migranti nella scelta di partire e nel misurarsi con le nuove realtà; significatività e consistenza del loro apporto economico al paese di origine.
Tutte e tre le relazioni hanno sottolineato la necessità di una lotta comune per la "sicurezza dei diritti", che devono essere individuali e legati alla residenza.B) Nel dibattito, molto partecipato, l'argomento è stato arricchito dalle testimonianze di donne francesi (riconoscimento della scolarizzazione acquisita nel paese di origine e necessità di una formazione professionale adeguata), polacche (illegalità e precarietà delle condizioni di vita) e di una nigeriana (rappresentante il gruppo "Droits avant tout" di Parigi: un'associazione di donne immigrate per l'autoaiuto) che ha denunciato il disinteresse della maggior parte delle associazioni femministe per le condizioni in cui vivono e lavorano le donne migranti, sottolineando contemporaneamente l'apporto che queste danno all'economia del paese in cui vivono-lavorano-pagano le tasse e rivendicando che i loro figli rappresentano il vero "futuro europeo".
C) Proseguendo, le partecipanti si sono espresse sugli Obiettivi e sulle Proposte da riportare all'Assemblea generale del pomeriggio, indicando alcune modifiche e/o aggiunte al documento di apertura dell'atelier.
D) A conclusione, una compagna francese ha cantato una canzone da lei composta sulle ragazze migranti, prostitute.
ALCUNE RIFLESSIONI PERSONALI SU BOBIGNY E IL SFE
A) La giornata del 12 è stata importante e positiva: per il numero delle partecipanti, per la gestione dell'assemblea e degli ateliers, per la realizzazione del programma che ci eravamo date, per la presenza e circolazione di materiale di documentazione; per l'essere riuscite a dare visibilità e valorizzazione al percorso di elaborazione delle donne.
L'approfondimento delle tematiche è risultato necessariamente limitato al tempo che avevamo a disposizione. Quel che è stato inadeguato è invece a mio parere il confronto tra le diverse realtà europee: negli interventi (e forse anche nella presenza) le francesi sono state decisamente maggioritarie,mentre sono mancate molte voci del panorama europeo.
Inoltre (e questo è un dato che riguarda anche i seminari dei giorni successivi), si è evidenziata una diversità nella sensibilità ai problemi e nelle modalità di affrontarli tra noi e le francesi (sullo stato sociale, ad esempio, sul lavoro "volontario", sul concetto di "cura", sulla "relazione" fra donne migranti e native).B) Sul piano organizzativo (viaggio, alloggio, presenza numerica, iscrizione...), siamo state bravissime: grazie al lavoro svolto dalle compagne del gruppo di coordinamento e soprattutto grazie alle dedizione e alla bravura di Anna La Cognata.
Meno bene ha funzionato il coordinamento dei singoli gruppi tematici: avremmo dovuto farci carico responsabilmente (tutte) delle relazioni prodotte, della loro traduzione, della loro presenza nelle cartellette.
Ma soprattutto, non siamo state in grado di programmare e coordinare la nostra presenza ai tavoli di discussione delle giornate seguenti: ciascuna ha finito per seguire il proprio interesse o desiderio personale, nella scelta. Incidendo così in modo disordinato; anche se siamo state ben visibili!C) Un'ultima riflessione riguarda il "dopo", il nostro ritorno alla quotidianità.
Considero il percorso che ci ha portato a Parigi un dato estremamente importante e significativo: per la prima volta siamo riuscite a confrontarci nell'accettazione e nel rispetto delle nostre diversità; abbiamo affrontato insieme delle tematiche nodali e raggiunto quasi sempre un non indifferente "comune determinatore"; ci siamo presentate e rapportate al SFE come "Parigi diverse".
Esprimo quindi il desiderio vivissimo che saremo capaci di mantenere questo livello, di non cadere nelle vecchie logiche contrapposte delle singole appartenenze e nei giochi di potere.
Il pericolo c'è e già si palesa: nelle diatribe dei messaggi che ho trovato al mio arrivo, nelle voci che circolano...
Personalmente, non intendo investire neppure un istante per cercare di capirne motivazioni e contenuti. Mentre sono interessata e disponibile a continuare a lavorare insieme per meglio approfondire e precisare le tematiche e gli obiettivi emersi dal confronto per e nel SFE. Perchè sono sempre più convinta che dobbiamo (con e nelle nostre diversità) ripensare il mondo a partire da noi, e farcene carico a pieno titolo, insieme; se vogliamo che cambi.