riceviamo e pubblichiamo
SOLIDARIETA' CON
LE DONNE IN NERO DI SERBIA E KOSSOVA, CON IL MOVIMENTO STUDENTESCO
OTPOP, LIBERTA' PER FLORA BROVINA
INTERVENTO
DI LUISA MORGANTINI ALLA SESSIONE PLENARIA DEL 15-06-2000 DEL
PARLAMENTO EUROPEO SULLA PROPOSTA DI RISOLUZIONE SULLE LIBERTA'
FONDAMENTALI IN SERBIA E IN KOSSOVA
giugno
2000, di Luisa Morgantini
Ad un anno dalla fine dei bombardamenti della nato sulla Repubblica Federazione Yugoslava, la situazione nell'area è estremamente instabile e sempre più preoccupanti sifanno le condizioni della forze di opposizione in Serbia. Le notizie che ci giungono quotidianamente testimoniano di una scelta maggiormente repressiva del governo Yugoslavo.
Vengono colpite o intimidite le opposizioni nei tipici modi dei regimi che si sentono in pericolo: chiusi giornali, radio, sequestrate attrezzature, indagini intimidatorie sui diversi gruppi e ONG. Arresti indiscriminati e processi e condanne senza prove di cui Flora Brovina è solo un esempio.
Molte uomini e donne che oggi subiscono la repressione sono gli stessi che in questi anni hanno fatto sentire con coraggio la propria voce per la pace, la libertà, il rispetto dei diritti umani.
Ma altrettanto preoccupante la situazione nel Kosovo, dove le forze oppresse sono diventate oppressori, lo dicono perfino Kofi Annan, Solana, Kouchner. In un anno 240.000 serbi, rom, goranci ed ebrei sono fuggiti nel terrore dal Kosovo e quelli che sono rimasti sono quotidianamente aggrediti e molti uccisi. L'ultimo rapporto Unhcr e Osce, dice chiaramente che non esistono accessi all'istruzione, alla sanità e ai servizi pubblici, non esiste libertà di movimento per le minoranze in Kosovo.
Ma non solo le minoranze, anche i kosovari albanesi che si manifestano contro le vendette o per un espressione democratica del Kosovo, sono costantemente minacciate ed hanno paura per la loro vita. Ne sanno qualcosa leader come Rugova ma ne sanno sopratutto qualcosa quelle donne che in questi anni, insieme a donne serbe bosniache ed europee: la rete delle donne in nero contro la guerra, hanno voluto e saputo mantere relazioni e costruito ponti di pace. Alcune hanno dovuto lasciare il Kosovo, altre costrette a stare nel silenzio e in questi giorni in Serbia temiamo che il centro delle donne in nero venga chiuso dalle autorità yugoslave.
Ma ritengo che l'Europa, e sopratutto i 19 paesi che fanno parte della Nato debbano fare un grande sforzo di autocritica e di revisione della propria politica: i crimini e le illegalità commessi dalla Nato contro i civili sono ormai riconosciuti da tutti. In nome della difesa dei diritti umani non si possono violare le regole internazionali a partire da quella di Ginevra, come usare armi ad uranio impoverito contro la popolazione civile.
Ma oggi parliamo di libert fondamentali, riguardano anche noi, non facciamo libertà quando si pratica l' embargo. Deve essere revocato, non possiamo colpire i civili, lo chiedono le opposizioni democratiche serbe che ancora oggi sono sotto l'incudine di Milosevic e il martello della Nato, e l'Unione Europea deve fare il massimo per aiutarle.
Lo dobbiamo a noi ma anche ad uno stupendo bambino Kosovaro, Ferit, che un giorno, dopo la guerra, a Pristina mentre stavamo mangiando un gelato, mi ha detto: "con questa guerra siamo diventati tutti più cattivi".