Scheda: chi sono i naziskin.
Dell'Osservatorio contro la nuova destra
e il razzismo. Luglio 2001.
La questione naziskins, periodicamente riemerge
dall'oblio, richiamando l'attenzione della distratta opinione pubblica, in riferimento
alle aggressioni razziste, ai cori antisemiti e xenofobi delle curve nere negli
stadi, per le risse e le parate neonaziste nei concerti giovanili.
Le vicende di questo primo scorcio di anno, soprattutto nel nord est del paese,
non sono passate sotto silenzio.
Fatti certamente inquietanti che turbano le coscienze della pubblica opinione
democratica, ma che da soli non riescono a rendere fino in fondo il contesto
in cui i naziskin tornano ad essere un serio problema. Un dato su cui l'attenzione
non sarà mai troppa, da oggi ma per molto tempo temiamo, è quello
già visibile almeno dalle nostre parti in relazione al tentativo di legittimare
la destra nazi e naziskin.
Ancor oggi non è chiaro se si tratti, almeno per il nord est, di un naturale
processo legato allo spostamento dell'asse politico e culturale a destra, oppure
se si tratti di una operazione politica di settori di Alleanza Nazionale, da
una parte, e della Lega Nord dall'altra.
Sta di fatto che gli episodi di normalizzazione
dei rapporti tra destra istituzionale e settori naziskin, sono innumerevoli.
Rubiamo le parole a Bruno Luverà, giornalista e attento osservatore del
fenomeno delle destre estreme, così da dare una premessa assolutamente
condivisibile da parte nostra, al materialepubblicato di seguito: "Con
il termine generico di naziskin si ricomprende un arcipelago variegato di gruppi
e gruppuscoli: si va dalle bande di Skinheads, attive nelle curve degli stadi,
fertile terreno di reclutamento, alle formazioni più propriamente politiche,
che nei diversi Paesi dell'Europa hanno fatto del mito della purezza e dell'omogeneità
etnica il loro credo ideologico.
La nuova destra estremista politica si articola in tre aree: i partiti di elettori
del neopopulismo, le formazioni naziskin, le bande di Skinheads. Numerosi i
punti in comune, a partire dal tentativo di far leva sulle paure d'inizio millennio,
criminalizzando la globalizzazione: produrrebbe la cancellazione delle singole
culture, l'affermazione del modello americano di società.
L'arcipelago estremista lancia la sfida dell'identità: la difesa del
proprio popolo e del territorio, minacciato dalla contaminazione dello straniero,
passerebbe attraverso la riscoperta della regione, che diventa un duplice baluardo:
interno, contro la diffusione della società multiculturale, esterno
contro l'immigrazione. E' il ritorno a Camelot, al mito medioevale della fortezza
chiusa, che anima un'offerta politica fondata sull'esclusione del diverso.
Gli Skinheads sono la componente, tra le più
violente, dell'estremismo di destra. Le loro origini più lontane affondano
nella sottocultura periferica degli anni Cinquanta, nell'East End londinese,
dove i "teddy boys", cioè i sottoproletari dei quartieri poveri,
si caratterizzano fin dagli inizi per uno stile di vita contrapposto a quello
della "beat generation": amano il rock and roll di Elvis Presley,
sono aggressivi, vestono un'uniforme che li rende immediatamente riconoscibili.
Periferici e marginali, maturano una forte avversione per lo straniero. Xenofobi
e razzisti, si dedicano alla violenza di strada. Ma è da una costola
dura della tribù sottoproletaria dei "mods", che raccoglie
negli anni Sessanta l'eredità dei "ted", che nel 1969 nascono
gli Skinheads. La musica e il look sono i loro tratti distintivi. Teste rasate,
giubbotti gonfiati, stivali militari, gli "anfibi", jeans con bretelle,
tatuaggi, l'amore per il calcio. Questi i segni distintivi delle "bande",
chiamate"ciurme". Sciovinisti, maschilisti, nazionalisti bianchi e
xenoofobi, fanno della difesa e purificazione del territorio, dalla curva dello
stadio allo Stato, la loro missione. Gli Skinhead a larga maggioranza simpatizzano
per l'estrema destra. Gli Skinhead più politicamente orientati sono i
naziskin. Vittime delle loro scorribande: gli stranieri, ma anche bambini e
portatori di handicap.
Nei laboratori francesi e tedeschi, intorno
a personalità di spicco come Alain de Benoist e agli intellettuali nazionalrivoluzionari
tedeschi, sono state attualizzate le ricette politiche etnoculturali elaborate
dai pensatori della "Rivoluzione conservatrice" degli anni Venti,
il movimento intellettuale che in parte confluì nel nazionalsocialismo.
Nella rielaborazione del suo Pantheon ideologico, l'estrema destra ha modificato
la forma dei due pilastri portanti, il nazionalismo e il razzismo. Al nazionalismo
statalista e centralista della "Grande Nazione" è stato preferito
il micronazionalismo delle "piccole patrie" regionali, al razzismo
gerarchico che affermava la superiorità della razza ariana è stato
contrapposto il neorazzismo delle differenze. La globalizzazione, il grande
nemico, viene combattuta perché con la diffusione del mercato favorisce
l'affermazione dei principi universalisti, a partire dal principio di uguaglianza.
Comunitarista, neoregionalista e neofederalista, la nuova destra intellettuale
privilegia i diritti del gruppo su quelli dell'individuo. I naziskin hanno assimilato
gran parte delle linee guida del pensiero della nuova destra intellettuale,
coniugandolo nell'appello alla violenza."